Un concerto fra il buono e l’ottimo. Ottima è la lettura di Philip Jordan che, avvalendosi delle caratterisitiche dei complessi a disposizione, ha optato per una lettura fortemente melodrammatica della Missa senza peraltro tralasciare lo slancio utopico, l’estremismo anche strumentale. Bravo e seguito benissimo dal coro, tornato qui a prova di rilievo dopo quella discutibile fornita in Fidelio. Notevolissimo, per tecnica ed espressività, il fugato conclusivo del Gloria. Salvo una certa spocchia negli atteggiamenti, dignitosa la prova dell’orchestra, menzione per l’ottimo preludio delle viole al Beneditctus, nel quale si è ben esibito Francesco Manara. Ottoni sortiti bene anche dalla fanfare di guerra dell’Agnus Dei. Quartetto vocale valido nelle voci femminili Stoyanova e Sindram e nel tenore Skelton, un po’ manchevole nel basso Grissbock, cavernosetto un po’ afono e in costante ritardo nelle entrate, fra cui, nonostante la sollecitazione di Jordan, nell’Agnus Dei.
Comunque un’ottima prova di Jordan, direttore che speriamo di vedere piuttosto spesso su questo podio (penso che Fidelio in mano a lui sarebbe stato di ben altra suggestione): alcuni orchestrali ci fanno le puzzette snob, ma è il tipo di direttore che fa benissimo all'orchestra scaligera
Citazione doverosa per uno strumentista. Credo che il timpanista fosse Gianni Massimo Arfacchia (o Giuseppe Cacciola). In ogni caso straordinario, meritevole di citazione a parte. Il rullo in morendo sul finale dell’Agnus Dei è stato qualcosa di meorabile, e non solo quello. Colore ed espressione profuse… a piene mani dalla percussione!
marco vizzardelli