Continuo a non capire la presunta grandezza dello spettacolo di Vick. Sarà che per natura preferisco l’understatement e detesto le sottolineature, ma continuo a ritenere che, per esprimere il sadismo prevaricante di un regime su un popolo oppresso, ci siano mezzi più efficaci di venti minuti di pedate sul sedere (come giustamente ricordato dal bravo DottorMalatesta, la Salomè di McVicar docet…); o che, per rendere l’ottusità mentale di un despota sadico, non sia necessario farlo continuamente sganasciare dal ridere con tanto di schiena arcuata all’indietro e braccia spalancate; e che, infine, se nella gestione del coro si ricorre ad originali equazione tipo: sdegno=pugni alzati e gioia=girotondo, allora non capisco più cosa rimproveriamo a Pizzi… Per riprendere i:
DottorMalatesta ha scritto:Perché?
del dottore, la risposta mi sembra in verità semplice: Vick non ha, e non ha mai avuto, la coerenza di pensiero e la profondità di fantasia necessarie a gestire operazioni di questo tipo. È un buon professionista che ottiene buoni risultati finché rimane attaccato al testo così com’è; quando si avventura in orizzonti astratti, simbolici, destrutturanti (dal cubo del Macbeth scaligero a questo Tell), diventa impacciato, superficiale e sopra le righe.
Per la parte musicale, Mariotti si conferma autore di una bella lettura, ben diretta, ben suonata, ed essere venuto a capo più che onorevolmente di una partitura come questa è già risultato encomiabile. Continua però a sembrarmi un’interpretazione appena embrionale, con alcuni spunti interessanti alternati ad altri tirati via ed appena abbozzati. Ma soprattutto, problema non piccolo in un’opera come questa, mancava un’ampiezza di prospettiva che rendesse ben chiaro dove si stava andando: ogni brano succedeva al precedente in modo un filo meccanico ed uniforme. In altre parole, cosa sia il Tell per Mariotti, al di là ovviamente di una miniera di musica sublime, non l’ho capito.
Dal cast, sulla carta, mi aspettavo di più. Alvarez è senz’altro meglio dell’Alaimo di Pesaro, ma ancora una volta la parte di Guillaume, senza un vero fuoriclasse, tende a passare in seconda linea. Discreta anche la Ayuanet, ma la grande aria del terz’atto la spinge pericolosamente vicino al limite. Terribile Spyres, e ne sono sorpreso. Al di là del disastro della cabaletta, persino peggiore di quella di Florez (ma poi dico: se stecchi tutti i do scritti da Rossini, perché aggiungerne un altro alla fine, solo per steccare anche quello?), tutto il personaggio è stato tirato via in modo grossolano e muscolare, senza un briciolo della complessità psicologica ed emotiva che un ruolo come questo reclama. Spero si sia trattato solo di una serata infelice, ma il risultato è stato veramente modesto.
In altre parole, una buona serata in compagnia di una buona esecuzione di un capolavoro che è sempre una gioia sentire dal vivo. Per la storia dell’interpretazione, come già diceva il buon Maugham a proposito degli spettacoli a Pesaro, per il momento restiamo fermi a Muti…
Saluti,
Beck