DottorMalatesta ha scritto:Si tratta, come ha scritto teo.emme, di una ripresa variata della cabaletta. In altre parole, qui Kunde ripropone la cabaletta (cosa prevista, dal momento che la cabaletta, solitamente, viene ripetuta) con delle variazioni. La ripresa variata della cabaletta (secondo lo schema A A’ anziché A A) era pressoché la norma verso gli anni ´30 dell´Ottocento. Ma la scelta di Kunde qui mi lascia un po´ perplesso. [...]
La questione delle variazione nelle opere verdiane è un problema delicato e, per certi versi, ancora aperto: non è il caso di far qui storia dell'opera - e soffermarsi su questioni musicologiche - però è indubbio che in Italia le formule del melodramma sopravvivono oltre la loro reale funzione. Così la cabaletta col "da capo" diviene parte del linguaggio codificato anche se, negli anni '50 dell'800, l'interprete aveva perso quella centralità che solo qualche decennio prima ancora rivendica. Del resto anche con Donizetti e Bellini l'interprete ha più vincoli rispetto alla stagione rossiniana, e infatti gli interpreti più attenti calibrano con senso stilistico e attenzione le variazioni nelle riprese (la Sutherland, ad esempio, è molto più attenta rispetto ad una Sills: si prendano Lucia e Puritani ad esempio). Con Verdi i problemi si amplificano perché è vero che i tempi dei ghirigori erano finiti da un pezzo e il pubblico non si aspettava più di sentirne (interessantissime, in questo senso, sono le lettere di Muzio all'indomani dei Masnadieri londinesi, dove la scrittura fiorita pretesa dalla Lind - e le ulteriori libertà prese dalla diva - vengono stigmatizzate come residuato di glorie passate), ma è pur vero che la formula della cabaletta rimane. Se, dunque, è sbagliata la risposta che negli anni passati il Tosi e Serafin davano al problema (ossia tagliare le incrostazioni dell'epoca precedente poiché - sostenevano - Verdi le scrisse solo per rispettare una formula vuota), bisogna pur dare un senso alle riprese e a tutto il linguaggio di genere, poiché ripetere esattamente come nella prima esposizione appare davvero un esercizio inutile. Innanzitutto, però, si deve sgombrare il campo dall'idea che Verdi "vada eseguito esattamente com'è scritto in partitura" (idea che da Toscanini ai suoi più recenti epigoni fa capolino spesso in dissertazioni pseudo filologiche), perché piaccia o meno, il cigno di Busseto era uomo del suo tempo e l'autore di Falstaff è passato pure per Ernani, Alzira e Giovanna d'Arco, e in una carriera così lunga la sua scrittura è cambianda com'è cambiata e si è evoluta la storia della musica. E non è solo un problema di variazioni nelle riprese, ma di appoggiature (che sino a metà '800 non erano segnate nel testo, ma andavano considerate) e cadenze. Certo non si può neppure variare come se si trattasse di Rossini. E allora si deve calare l'opera nel suo contesto e nella sua peculiarità. Trovatore, in questo caso, è per me opera sommamente donizettiana che guarda al passato, al melodramma classico più che al futuro (come Traviata e Rigoletto, per restare alla "trilogia popolare"). Ecco perché credo che una maggiore libertà non nuoccia al testo, anzi. Qui Kunde non esagera, varia leggermente la ripresa e inserisce alcuni acuti dove logicamente e stilisticamente possono stare, senza alterazioni musicali...purtroppo, però, si lascia andare al vizio da tenore, col brutto "ut de poitrine" finale che, a mio gusto, è un pugno nell'orecchio, una nota inutile e volgare che banalizza il brano e che fa a pugni con la musica (soprattutto quando è tenuto sulla coda orchestrale).
Ps: la direzione è veramente orrenda...evidentemente la bacchetta non si smentisce.