da beckmesser » lun 29 set 2014, 12:27
In linea generale amo poco i dischi di recital di grandi cantanti; ancor meno amo i dischi di recital in cui grandi cantanti escono dal loro repertorio abituale. Questo cd è decisamente un’eccezione: ed è un capolavoro. Lo è prima di tutto dal punto di vista editoriale: non un’accozzaglia di brani messi insieme a maggior glorificazione del divo (come un po’ lo erano, per restare a Kaufmann, quelli dedicati a Verdi e al verismo), ma una scelta oculata e intelligente finalizzata a riaccendere i riflettori su un repertorio e un periodo da troppo tempo lasciati nell’ombra.
È un capolavoro, in secondo luogo, dal punto di vista tecnico: quando escono dal loro repertorio abituale i cantanti lirici (con poche eccezioni) danno sempre l’impressione di pesci fuor d’acqua, creano un fastidioso senso di innaturalezza e impaccio. È questione di tecnica, ovviamente. Che Kaufmann potesse venire a capo più che bene dei capisaldi dell’operetta austro/tedesca era probabilmente facile da prevedere, dato che sono parti pensate per cantanti non molto diversi come caratteristiche. Ma che riuscisse a piazzare un tale funambolismo ritmico, una simile libertà espressiva, in altre parole: uno swing così irresistibile in brani come quelli di Heymann o di Abraham, fa veramente trasecolare… Così come è divertentissimo ascoltare come il più grande tenore wagneriano dei nostri tempi giochi con gli stilemi pseudo-wagneriani di un brano come il “Lied vom Leben des Schrenk” di Künneke: la parodia di una parodia...
Ma questo cd è un capolavoro (infine e soprattutto) dal punto di vista interpretativo. Rivisitare il repertorio di un’epoca così intrinsecamente legata alle proprie radici storiche e culturali è sempre molto rischioso. Bene: ascoltare Kaufmann alle prese con Lehár e Kálmán e confrontarlo con le celeberrime incisioni di Tauber fa un po’ lo stesso effetto che confrontare, nel repertorio straussiano, Kleiber figlio con Clemens Kraus. Da una parte (Tauber e Kraus) la testimonianza diretta DI COSA erano uno stile e un’epoca; dall’altra (Kaufmann e Kleiber) una rievocazione e una riflessione SU COSA quello stile e quell’epoca erano e, soprattutto, su cosa ancora significano per noi.
Si prenda ad esempio un brano emblematico come “Grüss mir mein Wien” dalla Contessa Mariza di Kálmán: il canto di Tauber ha la solidità e l’immediatezza di un uomo che rievoca qualcosa che ha vissuto direttamente, di uno che le “donnine affascinanti” le ha conosciute davvero, di uno che ha girato le “stradine misteriose” di quella Vienna, di uno per cui i “valzer di Vienna la bella” erano musica da ballare e non da ascoltare in concerto. Basta sentire come scandisce il ritmo ternario da valzer del brano, solo occasionalmente incrinato da lievissimi rubati.
In Kaufmann invece tutto si fa citazione: il ritmo ternario diventa più libero, i rubati un filo più accentuati, come "virgolettati". C’è un incredibile tono di nostalgia e ironia allo stesso tempo: è il canto di un uomo per cui quella Vienna è solo un mito, un oggetto d’arte, come lo è per noi che ascoltiamo, del resto.
In sintesi, quello che dovrebbe essere sempre essere lo scopo di un recital in disco… Imperdibile.
Saluti,
Beck
PS: il prossimo anno Kaufmann porterà in tour per tutta Europa un concerto basato su questo cd. A quanto pare, nessuna tappa italiana. Ma è giusto così: in Italia noi siamo troppo impegnati e superiori per musichette di questo tipo…