"La musica è l'atmosfera morale che riempie il luogo in cui i personaggi del dramma rappresentano l'azione. Essa esprime il destino che li persegue, la speranza che li anima, l'allegrezza che li circonda, la felicità che li attende, l'abisso in cui sono per cadere; e tutto ciò in un modo indefinito, ma così attraente e penetrante che non possono rendere né gli atti, né le parole."
In questa celeberrima definizione, riportata da Antonio Zanolini nella sua “Biografia del Maestro Gioacchino Rossini”, il compositore pesarese si concentra sulla natura espressiva della musica, latrice di significato emotivo, veicolo di stati d’animo. E tuttavia, si noti che, per Rossini, il “modo” della musica – sebbene più attraente e penetrante delle azioni teatrali (“gli atti”) e del libretto (“le parole”) - è “indefinito”, e quindi sfumato, ambiguo.
L’affermazione della natura espressiva della musica può stupire in un compositore in cui la pratica – comune al tempo – dell’ “autoimprestito” travalica i generi espressivi e arriva addirittura al “trapianto” del medesimo brano musicale da un contesto comico ad uno tragico e viceversa. Il carattere saltellante, giocoso, brillante (nelle sonorità, nei ritmi, nelle linee melodiche) applicato con indifferenza al contesto drammaturgico non poteva che risultare incomprensibile per gli esponenti del Romanticismo, e ancora oggi rischia di causare forti perplessità allo spettatore aduso unicamente al linguaggio del repertorio operistico tardo-ottocentesco.
Come sostiene Luigi Allegri, “in scena il grado zero della significazione non esiste, ogni segno è significante, ogni gesto o ogni immobilità lo è, ogni suono, ogni silenzio” [“Prima lezione sul teatro”, edizioni Laterza]. La musica di Rossini, nella sua intrinseca ambiguità e “indefinitezza”, appare tuttavia sfidare questa regola, ponendosi come assenza assoluta di significazione, forma priva di contenuto, esempio paradossale di contenitore che - per la propria natura talmente malleabile e fluida - è in grado di adattarsi al proprio contenuto mantenendosi al contempo inalterata e incontaminata in quanto forma. La musica, in Rossini, è fluido non-significante, in grado di irrigare le situazioni e i contesti più diversi. In questo, essa è l’esaltazione suprema dell’ars gratia artis che – “forma ideal purissima della bellezza eterna” - è bastevole a se stessa, confinata in una torre di cristallo eppur sempre pronta ad incarnarsi negli “atti” e nelle “parole”, per renderli “attraenti” e “penetranti”.
Ecco un esempio celebre di "autoimprestito" (non lo definirei... "autoplagio" ):
DM