Suzuki al traguardo (delle Cantate)

sinfonia, cameristica e altri generi di musica non teatrale.

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Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda pbagnoli » gio 14 nov 2013, 22:41

Col disco 55, Masaaki Suzuki ha completato la registrazione integrale delle Cantate di Bach.
Lo sto ascoltando in questo periodo.
E' una segnalazione che credo doverosa per l'importanza del progetto, e per l'autorevolezza dell'interprete: il Bach di Suzuki è sereno, cantabilissimo, apollineo, fruibile da chiunque per la bellezza tranquilla e pensosa.
Harnoncourt è molto più dionisiaco e contrastato.
Rilling discretamente più "denso" e... teologico.
Gardiner ancora non so.
Alla fine, scegliere è davvero difficile ma forse Suzuki è adatto proprio a tutti.

Che ne dite?
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda Revan » ven 15 nov 2013, 0:34

Io di Suzuki possiedo alcune cantate (4 pesantissimi volumi scaricati da internet per poterli ascoltare in qualità SACD, visto che purtroppo non ho il lettore dedicato :cry: ), da cui ho ricavato le tue stesse impressioni, un Bach cristallino e sereno e tra l'altro la sua orchestra suona in modo favoloso; peccato che il costo sia proibitivo, almeno finché non ne pubblicheranno in cofanetto economico; anche volendolo scaricare, il formato SACD sorgente richiederebbe una quantità immensa di spazio in HD .
Gardiner (sto esplorando il cofanetto del "pellegrinaggio" in questi giorni, vera goduria) predilige la tensione drammatica alla bellezza così pura della musica di Bach e l'ho trovato emozionante, più coinvolgente di Suzuki.
Richter (ti ringrazio per la dritta della ristampa economica, ascoltarlo da tubo non è assolutamente la stessa cosa), nonostante l'importanza del suo lavoro pionieristico, lo trovo meno credibile alla luce delle nuove interpretazioni, nello stesso modo in cui trovo meno credibili (anzi forse lo sono ancora di meno) Furtwaengler, Klemperer, Schereier; resta il fatto che le sue interpretazioni vanno ascoltate, e btw l'oratorio di Natale è sempre favoloso - ho sempre avuto un amore particolare per questa incisione (regalata da una persona carissima).
Koopman (ho da poco scaricato l'integrale) non l'ho ancora ascoltato. Peccato che Herreweghe si sia fermato ad una manciata di CD, la sua interpretazione mi sembra molto ben calibrata, una via di mezzo tra Suzuki e Gardiner (e la sue mat passion e messa le considero capolavori assoluti)
Harnoncourt ha inciso una semi-integrale stupenda, con le voci bianche. Magari l'orchestra, i solisti ed il coro non raggiungono le vette di virtuosismo di Suzuki e co, ma Harnoncourt cattura benissimo a mio avviso l'essenza e la carica "spirituale" di questa incredibile opera di Bach.
Rilling non l'ho ancora ascoltato pochissimo, ma ho letto che ha inciso le cantate integralmente ed in un lasso di tempo molto ampio e volevo chiederti se tra le prime e le ultime incisioni la sua interpretazione ha avuto sostanziali evoluzioni.
Per adesso preferisco Gardiner e Harnoncourt, ma anche il livello interpretativo ed esecutivo di Herreweghe e Suzuki è altissimo.
A proposito... ma tu di Harnoncourt hai la nuova o la vecchia, ingombrantissima, raccolta? Io ho la nuova ed i CD si sentono male sul pc, è capitato anche a te? L'oratorio di Natale ad es è della vecchia serie e non fa questo scherzetto, mah?!
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda pbagnoli » ven 15 nov 2013, 9:13

Revan ha scritto:A proposito... ma tu di Harnoncourt hai la nuova o la vecchia, ingombrantissima, raccolta? Io ho la nuova ed i CD si sentono male sul pc, è capitato anche a te?

Io ho la nuova raccolta, molto più comoda, e i dischi sul pc si sentono benissimo.
Circa la tua domanda su Rilling, non saprei risponderti.
Di Gardiner ho qualche volume in ordine sparso: in linea di massima, per quel poco che ho ascoltato concorderei con te, ma con Gardiner la tensione drammatica è una costante. La sua Messa in si minore, a distanza di anni e dopo moltissime versioni ascoltate, è ancora la mia favorita, anche se da un po' più di un anno a pari merito con quella di Minkowski che, se proseguirà con la scoperta di Bach, spariglierà le carte e costringerà tutti a fare i conti con lui.
Circa Richter e i vecchi classicisti: ti dirò, li sto riscoprendo!
La Passione di Furtwaengler, la prima Passione di Richter, le prime incisioni di Harnoncourt (la sua prima San Matteo se non ricordo male è del 1964, sono quasi 50 anni, la dobbiamo considerare ormai un classico): sono un po' come dei porti tranquilli in cui sostare nella tempesta di sperimentazioni, ultima in ordine di tempo quella di Jacobs, che a me per il momento non piace, ma che merita una riflessione attenta...
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 15 nov 2013, 12:38

Suzuki l´ho ascoltato in Bach dal vivo qualche anno fa. Idem Gardiner.
Devo ammettere che, da assoluto ignorante, preferisco Gardiner, per una lettura più "colorata", più vivace, più mossa.
Ma, ripeto, questo è un repertorio che, ancorché bellissimo, conosco davvero poco.
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda VGobbi » ven 15 nov 2013, 13:05

DottorMalatesta ha scritto:Ma, ripeto, questo è un repertorio che, ancorché bellissimo, conosco davvero poco.

Se e' un repertorio che conosci poco, perche' lo reputi bellissimo? :twisted:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 15 nov 2013, 13:09

Quel poco di Bach che conosco (messa in si minore, le passioni, qualche oratorio, concerti brandeburghesi, variazioni Goldberg) è splendido.
Ma ha composto troppo. E francamente non posso star dietro a tutto (ho talmente tante voragini nel repertorio operistico! :cry: ).
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda teo.emme » ven 15 nov 2013, 14:16

Del ciclo di Suzuki sono fermo al 40esimo cd: attendo l'uscita degli ultimi capitoli in un comodo cofanetto - come gli altri quattro - ma sino ad ora lo trovo entusiasmante.
Non conosco le cantate di Rilling, ma il suo Bach sì...e molto bene: è un direttore STRAORDINARIO che mi ha regalato - anche qui in Italia - momenti di ascolto assolutamente indimenticabili (Elijah di Mendelssohn, Creazione di Haydn, Messa in Si minore di Bach).
Richter: il suo Bach è un riferimento, un punto di partenza...non si può ascoltare un "classico" con gli scrupoli filologici di oggi. Non è questione di "credibilità"..che è una parola orrenda e ingiusta. Rispetto a chi o a che cosa? Perché non sarebbe credibile Richter o Furtwaengler, Klemperer, Schreier (peraltro interpreti diversissimi)? Lo stesso Harnoncourt si è recentemente ribellato a questa "intransigenza" barocchista - e lui non può essere sospettato di pregiudizi - quando ha criticato le diciture "storicamente INFORMATO" o "AUTENTICO" apposte ad esecuzioni o incisioni. Harnoncourt afferma che si tratta di marchi arroganti e fuorvianti, come a dire - e non è vero - che tutto ciò si discosti da QUELLE modalità esecutive, sarebbe storicamente DISINFORMATO o NON AUTENTICO. Bisogna accostarsi ad ogni singolo interprete con la curiosità intellettuale che sa considerare il periodo storico e la storia personale dell'esecutore, la sua cultura, la sua visione estetica. E' ovvio che nel Bach di Klemperer non ricerco la spigolosa vivacità delle più moderne esecuzioni, ma ritrovo altro.
Gardiner: voglio approfondire la sua ultima integrale edita dalla SDG, ma con l'ultimo Gardiner ho qualche problema...
Koopman: non lo sopporto proprio.

Su Bach il discorso è potenzialmente immenso...
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 15 nov 2013, 14:21

teo.emme ha scritto:Su Bach il discorso è potenzialmente immenso...
+

Ciao teo,
interessantissimo quanto detto da Harnoncourt, che si conferma musicista dalla grande intelligenza.
bach mi intimidisce. E´ un compositore straordinario, ma la sua musica è per me un po´ una parete di sesto grado. Mi sembra un´architettura cosí densa, cosí complessa che senza solide, solidissime basi musicali si rischia di apprezzare solo superficialmente.
Per cui lo ascolto, ne resto ammirato, ma purtroppo mi fermo alla superficie.

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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda pbagnoli » ven 07 mar 2014, 15:31

vittoriomascherpa ha scritto:Il ciclo, di cui persi pochissimi concerti, fu inaugurato dall'ormai anziano Eric Ericson (scomparso novantacinquenne circa un anno fa), e presentò via via Leonhardt, Herreweghe, Gardiner, Peter Neumann, Rilling, Kujken, Koopmann, accanto ad altri minori o emergenti (Harding, Biondi e Suzuki tra questi).

Io vidi Hogwood - se non ricordo male - con la sua AAM.
Purtroppo non ricordo la chiesa in cui fu ambientata l'esecuzione.

vittoriomascherpa ha scritto:Il carattere delle esecuzioni di Suzuki, per come le ricordo da quel paio di sue serate che ascoltai durante il «Progetto», è stato descritto molto bene da Pietro in apertura del thread con le parole "tranquillo e pensoso". Credo mi sia lecito dire che, proprio per questo, non lo trovai molto consono al mio gusto; ma le impressioni d'ascolto dal vivo e quelle discografiche sono, lo si sa bene, sempre piuttosto diverse tra loro.

E' sempre invariabilmente molto bravo.
Credo che dia - di questi splendidi lavori - l'esecuzione probabilmente più enciclopedica; e, come tale, va tenuta strettissima.
Ma anche - inevitabilmente, data la premessa - la più asettica.
Allora mi accorgo di preferire, soprattutto in alcune cantate esegeti meno ortodossi ma più emotivi: lo stesso Gardiner, anche Rilling o il vecchio duo Harnoncourt/Leonhardt.
Non amo proprio invece Koopman
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda teo.emme » ven 07 mar 2014, 18:19

Sempre in attesa dell'ultimo cofanetto dell'integrale di Suzuki, ribadisco il mio giudizio sul musicista. Non sono molto d'accordo con Pietro sulla definizione del carattere di quelle letture come "tranquillo e pensoso". Trovo, invece, che l'approccio di Suzuki sia molto più profondo di un mero intento enciclopedico (che invece rilevo in Leonhardt/Harnoncourt). Poiché i tempi dello sperimentalismo sono finalmente esauriti (con gli estremismi del caso a reazione di un passato ritenuto - per le ragioni più diverse, anche sbagliate - da cancellare), ci si può oggi concentrare, anche nell'ambito delle letture cosiddette "filologiche", sulle diverse scuole e sui differenti approcci. E sui diversi punti di partenza: la prassi esecutiva, il suono (compreso ciò che, ai tempi dei pionieri, pareva un tabù, ossia la "bellezza del suono"), la presunta riproposizione dell'originale etc... In questo senso trovo Suzuki molto moderno: la rilettura dell'approccio filologico attraverso la lente della modernità. L'atteggiamento di Suzuki nei confronti di Bach, non è dissimile da quello di Boulez nei confronti di Mahler: un'approccio analitico e scientifico che tende a porre in evidenza la singola particella, la singola frase o misura piuttosto di una visione più generale che privilegi l'architettura. Si ascoltino i contrappunti che paiono "farsi da soli", sgorgando dal libero amalgamarsi delle note, ma senza perdere l'estrema razionalità del disegno. Diversissimo è invece Gardiner - sto approfondendo le nuove incisioni SDG - che pure in una visione intimistica, privilegia l'aspetto collettivo e mistico (caratteristica che mi pare ricorrere in tutto l'ultimo Gardiner: da Brahms all'ultima Missa Solemnis).
Resto sempre un po' stupito quando leggo come "improponibile" il Bach di Klemperer o Furtwaengler: anche perché si riducono letture importantissime - frutto di travaglio interiore (immaginiamoci cosa doveva essere per un tedesco che ha vissuto il nazionalsocialismo in bilico tra gli onori e gli orrori, dirigere la Passione secondo Matteo) - a un mero conto dei volumi d'orchestra, della velocità d'esecuzione o dell'assenza di strumenti "d'epoca". Ricordiamoci, poi, che anche la più estremista delle pratiche filologiche, è figlia del nostro orecchio di uomini del XXI secolo che esegue Bach (pur rifacendosi a pratiche ricostruite) dopo aver ascoltato e assorbito Beethoven, Bruckner, Mahler e Šostakovič. La "prassi autentica" è un'illusione, una scorrettezza terminologica e in un certo senso un'arroganza (come dice Harnoncourt) perché di fatto è impossibile riprodurre una verginità d'ascolto come poteva esserci nel secolo XVIII. Non ha senso, quindi, parlare di correttezza o scorrettezza quando si ascolta un'interpretazione (storica o moderna), anche perché non si può ridurre la musica ad una burocratica accademia. Ho ascoltato e visto in dvd (recentemente) alcuni concerti/lezioni del fortepianista Malcolm Bilson alle prese con le sonate di Beethoven, in cui il musicista spiegava come eseguire correttamente quei lavori, tacciando di "scorrettezza" le esecuzioni su pianoforte e senza certi abbellimenti che (a suo dire) all'epoca si davan o per scontati. Francamente tra il grigio diteggiare di Bilson e la "scorretteza" di una Grinberg o di un Gulda non ho alcun dubbio su cosa preferire. Purtroppo spesso - quando si parla di prassi esecutiva - si tende a privilegiare più il contenitore del contenuto, in un formalismo assolutista che sembra avere l'ansia della specializzazione a tutti i costi.
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 07 mar 2014, 19:14

teo.emme ha scritto:Poiché i tempi dello sperimentalismo sono finalmente esauriti


Matteo, ti va di spiegarci cosa non condividi dello "sperimentalismo" in relazione al repertorio bachiano? Mi sembri piuttosto critico al riguardo. Perché?

Ricordiamoci, poi, che anche la più estremista delle pratiche filologiche, è figlia del nostro orecchio di uomini del XXI secolo che esegue Bach (pur rifacendosi a pratiche ricostruite) dopo aver ascoltato e assorbito Beethoven, Bruckner, Mahler e Šostakovič. La "prassi autentica" è un'illusione, una scorrettezza terminologica e in un certo senso un'arroganza (come dice Harnoncourt) perché di fatto è impossibile riprodurre una verginità d'ascolto come poteva esserci nel secolo XVIII. Non ha senso, quindi, parlare di correttezza o scorrettezza quando si ascolta un'interpretazione (storica o moderna), anche perché non si può ridurre la musica ad una burocratica accademia. Ho ascoltato e visto in dvd (recentemente) alcuni concerti/lezioni del fortepianista Malcolm Bilson alle prese con le sonate di Beethoven, in cui il musicista spiegava come eseguire correttamente quei lavori, tacciando di "scorrettezza" le esecuzioni su pianoforte e senza certi abbellimenti che (a suo dire) all'epoca si davan o per scontati. Francamente tra il grigio diteggiare di Bilson e la "scorretteza" di una Grinberg o di un Gulda non ho alcun dubbio su cosa preferire. Purtroppo spesso - quando si parla di prassi esecutiva - si tende a privilegiare più il contenitore del contenuto, in un formalismo assolutista che sembra avere l'ansia della specializzazione a tutti i costi.


Condivido in pieno quanto scrivi in merito alle pratiche filologiche e alla cosiddetta "prassi autentica".

Trovo inoltre molto interessante quello che scrivi in riferimento alla preferenza che accordi agli "scorretti" Grinberg e Gulda. Mi sembra di capire che per te, in questo repertorio, (talora) il contenuto sia più importante del contenitore. Per estensione, non ritieni che la stessa cosa possa (debba) valere anche per il giudizio che si dà al canto lirico? Ossia, non pensi che, in fondo, si possa passare sopra ad un acuto tirato o calante se il "contenuto" è davvero pregevole?

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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda teo.emme » ven 07 mar 2014, 19:47

DottorMalatesta ha scritto:Matteo, ti va di spiegarci cosa non condividi dello "sperimentalismo" in relazione al repertorio bachiano? Mi sembri piuttosto critico al riguardo. Perché?


Non sono critico, ma rilevo che la ricerca della "rottura" tipica dello sperimentalismo degli anni '70/80, oggi abbia lasciato spazio a maggiore varietà. Così certe sgradevolezze (intese come reazione al precedente ed entusiasmo per il nuovo) sono state abbandonate recuperando, ad esempio, l'attenzione per la bellezza del suono. Ascoltare il Monteverdi di Harnoncourt e quello di un Vartolo apre orizzonti differenti: passano 30 anni tra le due letture e la voglia di "ribaltare" tutto diviene una ricerca più profonda. Allo stesso modo con Bach.

DottorMalatesta ha scritto:Trovo inoltre molto interessante quello che scrivi in riferimento alla preferenza che accordi agli "scorretti" Grinberg e Gulda. Mi sembra di capire che per te, in questo repertorio, (talora) il contenuto sia più importante del contenitore. Per estensione, non ritieni che la stessa cosa possa (debba) valere anche per il giudizio che si dà al canto lirico? Ossia, non pensi che, in fondo, si possa passare sopra ad un acuto tirato o calante se il "contenuto" è davvero pregevole?

Io credo che in qualsiasi repertorio il contenuto conti più del contenitore, ma mi poni un esempio improprio: il cantante che cala o stona, non è paragonabile al musicista che suona Bach sul pianoforte invece che sul cembalo. Sarebbe come dire un pianista che piglia un tasto per un altro o si incanta o sbaglia. Da una parte abbiamo delle mancanze tecniche - seguo il tuo esempio - che mi potrebbero rendere poco gradevole un certo momento dell'esecuzione (a nessuno piace ascoltare una stonatura), dall'altra una modalità esecutiva che non corrisponde a quel che le ricerche sulla prassi d'epoca ci insegnano. Il problema, qui, è di individuare quale sia il senso della musica: è solo il suono di note combinate oppure è qualcosa che sta dietro quelle note? E quindi l'esecuzione è "corretta" se riproduce un'ipotetica originalità (anche se, di fatto non riproducibile e accettata oggi solo in virtù di scelte convenzionali) o se comunica un'idea attraverso l'interpretazione? A mio parere fermarsi alla superficie - ossia lo strumento e non la sua funzione (che è - lo dice la parola stessa - strumentale alla comunicazione di qualcosa) - significa ridurre la musica a mero evento archeologico, a saggio dotto, a riproduzione da laboratorio (o ad esecuzione testamentaria). Oggi più che mai - visti gli sviluppi tecnici e le possibilità di variare approcci - dovremmo liberarci da certe costruzioni sovrastrutturali che ci fanno rifiutare il Bach di Klemperer e accettare quello di Jacobs, solo in virtù di una specializzazione tecnica che riduce l'arte a mero formalismo e introduce concetti soggettivi in una valutazione che vuole, invece, avere valenza universale e dogmatica.
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Re: Suzuki al traguardo (delle Cantate)

Messaggioda DottorMalatesta » ven 07 mar 2014, 19:57

teo.emme ha scritto:Oggi più che mai - visti gli sviluppi tecnici e le possibilità di variare approcci - dovremmo liberarci da certe costruzioni sovrastrutturali che ci fanno rifiutare il Bach di Klemperer e accettare quello di Jacobs, solo in virtù di una specializzazione tecnica che riduce l'arte a mero formalismo e introduce concetti soggettivi in una valutazione che vuole, invece, avere valenza universale e dogmatica.


Grazie del chiarimento.
Sono molto d'accordo. Di fatto si tratta di formulare un giudizio critico valutando un'esecuzione nello specifico contesto sociale, culturale, estetico, filosofico in cui nacque. Quello che era bello negli anni '50 potrebbe non sembrare più così "bello" nel 2014. Noi uomini di oggi non siamo gli uomini degli anni '50. Eppure se si facesse lo sforzo di contestualizzare, si potrebbe "viaggiare nel tempo" e magari provare ad apprezzare (magari non è detto che ci si riesca, qualora il nostro "presente" fosse eccessivamente "radicato" nel nostro giuzio) esecuzioni del passato. Insomma contestualizzare un'esecuzione musicale del passato ci permetterebbe di ascoltare con le orecchie dei nostri nonni o bisnonni... Anche se, alla fine, il cervello che valuta resta quello di uomini del XXI secolo.

Come sopra scrivevi:
Resto sempre un po' stupito quando leggo come "improponibile" il Bach di Klemperer o Furtwaengler: anche perché si riducono letture importantissime - frutto di travaglio interiore (immaginiamoci cosa doveva essere per un tedesco che ha vissuto il nazionalsocialismo in bilico tra gli onori e gli orrori, dirigere la Passione secondo Matteo)


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