Caro Vittorio,
tu m´inviti a danza!
Ti rispondo più che volentieri precisando tuttavia che nella vita faccio il neurologo (excusatio non petita accusatio manifesta?? ), e che quindi potrei scrivere delle inesattezze.
Per “sintomo somatico da conversione” si intende la presenza di un sintomo (ossia di un disturbo riportato dal paziente ma non dimostrabile oggettivamente, ad esempio disturbi della sensibilitá tipo formicolio ad un braccio) o di un segno clinico (cioè di un disturbo clinicamente ed oggettivamente evidenziabile: ad esempio un disturbo nella forza di un braccio con impossibilità a sollevarlo) o di entrambi, che non sono l´espressione di una lesione corporea, ma piuttosto una reazione del corpo ad un disagio interno.
Per parlare di “disturbo di conversione” è´ tuttavia necessario 1. dimostrare una relazione causa-effetto tra la sofferenza emotiva del soggetto e il disturbo clinico; 2. dimostrare la valenza “simbolica” del disturbo clinico.
Provo a spiegarmi con un esempio (se non ricordo male uno dei primi casi descritti da Freud o dal suo maestro Charcot). È il caso di un uomo che presentava una paralisi (funzionale, cioè non conseguente ad alcun danno neurologico dimostrabile) del braccio destro. Grazie all´ipnosi Freud (o Charcot, non ricordo) riuscì a far emergere alla coscienza del soggetto l´evento traumatico – sepolto nell´incoscio del paziente – che aveva indotto la comparsa di quel tipo di disturbo clinico: da ragazzo, nel corso di un alterco con il padre, il paziente lo aveva ferito leggermente con un coltello. Il paziente aveva poi rimosso (“de-vertere” da cui “di-versione”, rimozione) l´evento traumatico dal suo stato cosciente (che infatti in condizioni di veglia non ricordava, ma aveva richiesto l´utilizzo dell´ipnosi per riaffiorare). Tuttavia questo evento traumatico era talmente forte (un atto di violenza contro la figura paterna!), talmente energico (come una pentola a pressione senza valvola di sicurezza), che sebbene rimosso dallo stato cosciente, aveva utilizzato il linguaggio del corpo per la sua espressione (con-vertere, da cui “con-versione). Di qui la comparsa della paralisi funzionale al braccio destro (quello con cui aveva impugnato l´arma). Paralisi “simbolica”, punizione inflitta dalla figura paterna (internalizzata e radicata nella psiche del soggetto a formare il cosiddetto “Super-Ego”) contro un gesto impulsivo commesso dall´”es” del figlio e con potenzialitá distruttive (la violenza contro il padre, quando reale e non solo “simbolica” – come nel transitorio complesso edipico – è un atteggiamento condannato da tutte le forme di societá; costituisce una forma di tabù, come e al pari dell´incesto, perché mina la sopravvivenza della specie e della società stessa).
La moderna psichiatria ha rivisto moltissimo di queste concezioni, che però mantengono il loro indubbio fascino.
Circa la corrispondenza strettissima tra la vicenda di Lucia di Lammermoor (soprattutto la scena della follia) e i quattro stadi dell'isteria descritti da Charcot decenni dopo, ti consiglierei di recuperare l'interessantissimo saggio: The origins of Lucia di Lammermoor’s cadenza di R.M. Pugliese pubblicato in Cambridge Opera Journal, 2004; 16, 1, 23–42. (se ti interessa contattami con messaggio privato).
Ciao!
DM
P.S.: un film che rappresenta in modo quasi didascalico (forse troppo) questi strani disturbi è il celebre “Io ti salverò” (quello con la scena del sogno realizzata da Salvador Dalì) di Hitchcock. Film tuttora godibilissimo e sorta di "bignami" per appassionati di psicanalisi freudiana.