Pietro, hai scritto davvero molte considerazioni interessantissime e sulle quali varrà la pena discutere approfonditamente anche nei prossimi giorni. Per il momento mi soffermo solo su un paio di esse:
Ecco: se c’è una qualità di Abbado che emerge prepotentemente soprattutto in quella stagione, ma in assoluto sempre, è la sua capacità diabolica di fotografare con assoluta precisione il momento storico, e di calarsi nel periodo in cui vive. Abbado è figlio del suo tempo, lo legge alla perfezione e sa sempre quello che c’è da dire e come dirlo.
Penso che questa frase colga alla perfezione la grandezza, la novità, l'importanza di Claudio Abbado come direttore e musicista "impegnato".
Le sue performances degli ultimi anni mi sono sembrate chiassose (Falstaff), prive di sale (Mozart) o francamente inutili; e comunque, con la sola eccezione di Fidelio, non avvicinabili a quei grandi capolavori che avevano caratterizzato l’apogeo della sua parabola creativa.
In ambito puramente strumentale non sono d'accordo. La rilettura delle sinfonie di Mahler o di Beethoven, il suo tardivo accostarsi a Schumann con un approccio quasi "strutturale" (sinfonia Renana e concerto per pianoforte con Lupu) mi sembra si pongano sotto il segno del grande esecutore e della grandissima personalità.
Forse meno personale è stato, e qui in parte condivido, il suo Mozart. Del resto, Abbado affronta Mozart dopo la grande rivoluzione filologica, dopo Harnoncourt, dopo Gardiner. Ma non capita tutti i giorni di ascoltare una Zauberflote così "trasparente" come quella incisa per la DG. Così come non si ascoltano tutti i giorni un "Così fan tutte" o un "Don Giovanni" in cui il ritmo e i timbri orchestrali "puri" diventano specchio di un'umanità preda di una febbre vitale (mi convincono meno, invece, le sue Nozze, ma non le ascolto da molto tempo). E, come hai segnalato tu (e qui concordo apppieno), il suo Fidelio è riletto con gli occhi del Mozart massone e illuministra. L'uno è conseguenza dell'altro. A mio parere, il Mozart di Abbado non sarà un Mozart personalissimo, ma è un Mozart tutt'altro che tiepido. Per inciso, sarebbe interessantissimo confrontare il Mozart operistico di Abbado, rapinoso, febbrile, fatto di colori puri, e il Mozart autunnale, levigatissimo, immerso da una luce dorata di Muti. Due Mozart diversissimi, grandissimi, in gran parte opposti e complementari.
Curioso, infine, il suo accostarsi a Pergolesi o Bach negli ultimi anni. Quasi una tardiva "nostalgia" per un mondo classicista, levigato, ideale, quasi spirituale ritratto con una miriade di colori, ma con una morbidezza nel suono lontanissima dall'approccio più "duro" di alcuni direttori filologi. Come valutate questa scelta e i risultati ottenuti in questi Autori?
DM