Riporto qui questa riflessione: Opera Disc è stato, nell'occasione, forse il solo forum sul quale, nell'occasione, la discussione sia stata tal quale l'allestimento meritava, per essere amato, o discusso così come sempre si deve, ma al livello che gli era dovuto.
... e così se ne va, in gran parte non capita, una Traviata, per molti aspetti (direzione, protagonista, regia) storica. Spettacolo che ha fatto testo più sulla stampa estera che nella autodistruittività nazionale, ma di cui la Scala può andare giustamente orgogliosa.
Io non credo ascolterò più, nella vita, un Addio del Passato quale quattro volte ho ascoltato durante queste repliche. E, dopo la Dessay di Aix-En-Provence (che alla Scala avrebbero fatto passare per deficiente, laddove era immnesa) la Damrau di Milano è la seconda, grande Violetta di questi tempi. Non ascolterò più una lettura di profondità pari a quella data da Gatti, grazie a scelte di tempi ed espressione tutte legate al testo e al dramma. Vivrò, invece, altre messe in scena altrttanto valide che questa, spero altrettanto stimolanti nella ricerca non di un nuovo fine a se stesso (non c'è scandalo, se non nella testa di certo pubblico, in questo allestimento di Tcherniakov) ma di ciò che Traviata ha da dire, a me, oggi e domani (non ieri). Cero non facilmente vivrò momenti di teatro musicale intensi quali l'arrivo di Alfredo all'ultimo atto di questa Traviata: Annina girata verso di lui e Violetta girata all'opposto, l'annuncio dato mentre lui è già lì ma lei non lo vede ancora: momento grandioso dello spettacolo di Tcherniakov.
E così se ne andrà Lissner, in gran parte non capito nel tentativo di portare la Scala fuori da un provinciale narcisismo faidaté in cui certa milanesità ama cruogiolarsi, credendosi il centro del mondo (poi uno mette il naso fuori, e si accorge che così non è: Lissner veniva da fuori, lo sa, e ha provato a far aprire gli occhi ai locali, forse invano, forse - ai posteri - no).
E così arriva Chailly (non si capisce bene in base a quali meriti operistici acquisiti in anni recenti) e ci vengono annunciati i grandi ritorni di un ottantacinquenne parecchio fischiato negli ultimi anni (e non senza ragioni), di un ottantenne eccelso ma malato grave, di un grande direttore un po' invecchiato. Queste le prime grandi novità annunciate dalla nuova gestione. Auguroni.
Io penso rimpiangeremo questa Traviata, e il Tristano Cherau-Barenboim, e il Lohengrin Kaufman-Guth, e Salonen-Janacek, e Lulu-Wozzeck-Gatti, e Idomeneo-Harding, e Carmen-Buniatishvili-Dante Barenboim, e in genere il Wagner-Barenboim. E il Grimes Jones-Ticciati. E le direzioni di Harding in svariati reperetorii. E il ritorno (vero, avvenuto) di Claudio Abbado. E l'apertura a registi (Tcherniakov, Jones, Carsen, quest'anno McVicar, la Warner, Michieletto) che sono patrimonio europeo e mondiale anche se una certa prosopopea locale tende a farli passare per mentecatti
Altre cose - più che in gestione di rapporti che in scelte artistiche - non saranno rimpiante. L'abilissimo Pereira, in questo, è forse più "uomo di mondo" rispetto ad un Lissner che - esempio - di fronte alle continue tendnziosità e denigrazioni di un critico villanzone, ha detto no, a costo di mettersi contro certi poteri forti milanesi. Certo, serviva più "miele". Spero che il barattolo di Pereira (grandioso anche nel CORAGGIO delle scelte, negli anni trascorsi a Zurigo e nelle scelte inziali operate a Salisburgo, ma un po' "calato" in quest'ultimo anno salisburghese: il festival 2014 non pare . a quel livello, ovviamente! - fra i più stimolanti) non si svuoti di miele, per mancanza di quel coraggio che a Zurigo dimostrò, in acquiescenza alle conventicole milanesi notoriamente afflitte da provincialismo unito alla prosopopea, completamente fuori dal tempo, di "Milano e poi più": che non è tale (neanche in tempi di Expo) né lo è mai stata. Le prime sortite verbali sono parse più che altro astute. Spero prevalgano il Pereira e il Chailly-organizzatore "aperti" di mente. E mi auguro che il Chailly-direttore (ultimamente più mediatico che artista in parecchi esiti locali piuttosto "routinier") trovi nuovo smalto dalla nomina. Ma l'ambiente - da via Solferino alle sciurette ai cumenda ai massoni a certo loggione - resta quel che è.
Io penso che a Monaco, a Parigi., a Vienna, ad Aix, ad Amsterdam, a Berlino, a Londra, questa Traviata - a mio avviso memorabile - avrebbe avuto accoglienza diversa.
Ma, qui, siamo (o molti sono) fatti così.
marco vizzardelli