mattioli ha scritto:Grazie al MM (Moderatore Malatesta) per l'esaustiva risposta.
In effetti il Tintore e Signora mi hanno sempre fatto pensare a una coppia usuratissima, di quelle che stanno insieme solo per dispetto. La colpa ovviamente è di lei, casalinga frustrata e amara. Ma purtroppo nessun regista me l'ha mai mostrata così.
La Schwanewilms la sentii anch'io nella Frau a Salisburgo, purtroppo non in compagna del Divino: sarebbe stata l'unica ragione d'interesse di uno spettacolo insensato. Benché poi Thielemann, d'accordo reazionario, veterostraussiano, bombastico etc. etc., alla fine le orecchie te le riempisse ben bene. Che volete, è la mia componente edonistica o, come direbbe il Divino, caciottara.
Il fanciullo
Caro
cosa vuoi farci.
Tutti noi (noi operomani) siamo sempre un po' Divini e un po' Caciottari.
L'importante è non prendersi troppo sul serio.
Come Hofmanstahl (il Divino) e Strauss (Il Caciottaro).
Quando il Divino Hoff si prendeva troppo sul serio (e succedeva spesso) non mancava di far notare a Strauss quanto fosse Caciottaro.
E il Caciottaro Strauss non mancava di ricordare al Divino quanto fosse lui, il Caciottaro, ad avere il coltello (o la borsa) dalla parte del manico.
Oppure -quando non volevano far baruffa- il Caciottaro caricava il Divino per un giro in macchina nell'Italia centrale di un mese. Per fuggire da tutto. Come Thelma & Louise...
Quando fecero la Frau il Divino si sentiva molto divino e il Caciottaro non voleva saperne di farsi strapazzare.
Anzi era lui a strapazzare il Divino perchè non lavorava in fretta.
E comunque uno andava per una strada e l'altro per un'altra.
Ed è nato quello che per me è il capolavoro del binomio.
Un po' di caciotta è finita sulla nouvelle cousine simbolista del Divino.
E un po' di divinità simbolista (per uno che maneggiava il simbolo come Ghandi un fucile a pompa) investì il caciottaro che sparò il più trascendente e trascendentale e catartico (i caciottari autentici non sanno fare le cose in piccolo) finale d'Opera della sua vita.
Pur rimanendo divisi.
Per il caciottaro quest'opera era il trionfo della famiglia, delle colazioni tutti assieme, del sole che entra dalla finestra, di "io continuerò a esistere nei tuoi ricordi, figliolo, e quindi sarò eterno...."...
Per il Divino era invece il distillato, la summa della sua teoria della trasformazione (provò a spiegarla, invano, al caciottaro in una lettera fiume) che deve portare all'accettazione di sè.
Unico nirvana, secondo il Divino, cui può ambire l'uomo.
Vedi, per me la moglie di Barak non è una moglie frustrata e poco considerata. O meglio non è solo questo e non lo è per colpa di Barak.
Anzi, sotto il profilo "tecnico", Barak la ricopre di attenzioni.
Il problema della Weib è che non si accetta.
Non accetta nè la propria natura nè il proprio stato.
Ed è irritata da Barak perchè invece vede di fronte a sè una persona appagata, empatica, serena, emotivamente realizzata.
Lei si sente Divina nella sua sofferenza.
E non capisce come il marito possa -annaspando in questa serenità caciottara fatta di ritualità anonime e fatiche fisiche- essere tranquillo, non soffrire per le contraddizioni della vita, non irritarsi nel confronto con gli altri.
C'è molto Hoffmanstahl nella Weib e molto Strauss in Barak.
Altro che Pauline bisbetica e dispettosa presa a modello...
WSM