Ho assistito ieri alla rappresentazione del Samson di Sainst-Saens qui all'Opera con la regia de Fura del Baus. Spettacolo attraente e diciamolo anche
contro-corrente come avviene spesso con questa compagnia: molte proiezioni filmate anche crude specie nel Baccanale. Pochi colori limtati all'entrata di Dalila con enormi fiori danzanti su fondale blu-celeste, mentre il rosso del fondale e del pavimento era riservato per la grande scena della pseudo-seduzione del II atto. Baccanale (con scene di tortura sado-maso) e tutto il III atto molto lugubre e ad effetto il finale con le colonne di fiori sovrapposti che rovinavano su coro e danzatori. La direzione di Dutoit molto buona: a tratti misticheggiante nei vari passaggi corali del I atto e languida quanto basta nella scena Dalila-Sansone del II. Frenetica ed incalzante nel sostenere le battute tra Le Grand Pretre e Dalila all'inizio del II atto. Malinconica a tratti la scena della macina che accompagnava un Antonenko davvero bravo in tutta l'opera salvo un infortunio al secondo "Dalila" in acuto, dopo "Mon coeur s'ouvre a ta voix". Bene il coro.
Aleksandrs Antonenko è stato un buon Sansone: certo lontano dall'approfondimento visionario di un Vickers, ma anche - e questo è positivo - dalla monotonia di Domingo, oppure da atteggiamenti divistici di un Del Monaco. La voce del tenore mostrava buon settore acuto e anche all'occorrenza una certa grinta, ma soprattutto ripiegamento e comprensione del ruolo come eroe perseguitato (bella l'esecuzione della macina): non bellissima la sua presenza scenica che dava l'idea di un bambinone cresciutello. Olga Borodina - esperta ormai del ruolo - aveva gran presenza scenica, ma la voce in alto accusava qualche tensione, mentre in basso si udivano suoni tendenti al verismo (se ne sono accorti anche due spettatori che stavano davanti a me che hanno sogghignato silenziosamente) e ciò specie nella scena con Sansone del II atto. Un buon e voluminoso centro faceva il resto. Dario Russo era un buon vecchio ebreo, mentre Eichin Azizov era un Grand Pretre efficiente, ma non efferato come si dovrebbe. Uno spettacolo, a mio avviso, di livello medio-alto.
Per la storia e cronaca era un'opera che mancava da Roma dal 1962/63 con Del Monaco e la Simionato e, ancor più indietro, la prima esecuzione assoluta nella capitale si è avuta addirittura nel 36/37 con Stignani-Merli-Granforte-Autori e dirigeva De Fabritiis. Si vede che a Roma... i Filistei non sono molto amati...
Saluti, Luca.