I Ruoli Ronzi de Begnis

cantanti, direttori, registi, scenografi

Moderatori: DocFlipperino, DottorMalatesta, Maugham

Messaggioda teo.emme » dom 30 set 2007, 22:45

pbagnoli ha scritto: No.
E' giusto affermare la trascendenza della Sutherland nei ruoli belliniani, nei grandi ruoli francesi e nella riscoperta di alcuni ruoli barocchi.
E' persino doveroso affermare la superlatività della Sutherland in ruoli apparentemente così lontani dalla sua sensibilità artistica come Turandot o la Lucy della Beggar's Opera.
Ma affermare che la sua Maria Stuarda non aveva nemmeno un grammo della violenza sotterranea presente in interpreti così distanti fra loro come la Gencer o la Sills non è fare un torto alla grandissima interprete che fu (e che adoro).
Spero di aver chiarito il mio pensiero


Chiarissimo, avevo in parte frainteso :wink:

Ps: pure io adoro la Stuarda della Sills..
teo.emme
 

Messaggioda stecca » lun 01 ott 2007, 10:00

Io sono intervenuto perchè mi aveva colpito il fatto che tra le varie citazioni dei vari interpreti di Stuarda mancasse totalmente un accenno a Montserrat Caballè che è stata la cantante che ha più volte eseguito tale ruolo in Teatro.
Ci tengo anche a ribadire di non essere certo il solo a ritenere notevole la sua Stuarda e a tal fine compiego queste (rispetto a me) ben più illustri considerazioni critiche tratte qu e là, affinchè chi legge non creda che si tratti di un mio personale abbaglio dovuto a passione di fan....
al punto che dopo il Roberto veneziano Mario Messinis su "Il gazzettino" del 11.02.1972 così scriveva:
"Il canto di M.C è di incredibile emozione. Una sensibilità comunicativa che al giorno di oggi è dato di ascoltare soltanto in certe interiorizzazioni di S.Richter."

Su "Maria Stuarda" vedasi ad esempio:

"Maria Stuarda" di Donizetti
13.04.1971 (MI) CD Myto
(Cillario, Verret, Garaventa)
S.Galatopoulos in "Music and Musicians" di Luglio 1971 pag.57
"Nei momenti di umiltà di tenerezza e di malinconia, M.C possiede una straordinarietà mai ascoltata prima di ora. E' per questo che ritengo che Maria Stuarda sia il ruolo donizettiano migliore per la C. che nella scena della confessione è assolutamente incomparabile. La sua voce è di timbro talmente puro da isolarsi sopra tutto il resto. Solo una geniale musicalità consente tutto quello che la C. ottiene in questo ruolo."

"Maria Stuarda" di Donizetti
26.03.1972 (Parigi) CD Legato
(Santi, Carreras, Vilma)
E.Giudici (ed il saggiatore) pag.187
"Formidabili quegli anni per la C. e per noi che abbiamo avuto la fortuna di ascoltarla. Le sue non sono soltanto gemme di purissimo canto: sono gli accenti squisiti coi quali sa esprimersi un vero personaggio. La linea dell'aria di entrata coniuga la tersa luminosità madreperlacea a una tenera elegia, in cui si infiltra un morbido, rilassato abbandono sensuale capace di farne qualcosa di personalissimo e affascinante, che si addensa con perfetta logica teatrale nel duetto con Leicester. Era il tempo della saggezza per la C. Ma tutta la scena finale assicura alla C. un posto di prima fila tra l'esigua schiera -bastano le dita di una mano sola- delle cantanti donizettiane veramente grandi degli ultimi cinquant'anni. Struggimento intriso di sottile, stilizzata sensualità il 'Quando di luce'. Altissima lezione di elegia romantica in musica il 'd'un cor' che trapassa con naturalezza in un 'Ah se un giorno' dai virtuosistici effetti d'assottigliamento e di rinforzo del suono, possibili solo a chi sa controllare il fiato in modo spettacolare. Un brano soprattutto, la cui forza di accento sublima sdegno e regalità in pura poesia."

Quanto al raffronto con il Donizetti di Leyla Gencer si veda altresì:

"Lucrezia Borgia" di Donizetti
24.02.1970 (MI) CD Myto
(Gracis, Rota, Sordello, Raimondi)
E.Stinchelli su "L'Opera" n.43 pag.95
"La C. all'apogeo per una Lucrezia che mandò in visibilio il pubblico della Scala una ventina di anni fa. Fin dall'aria di entrata la cantante spagnola poteva fare sfoggio di quei suoni aerei, fluttuanti sul fiato, di purezza adamantina necessari per affrontare con pertinenza stilistica e tecnica la scrittura donizettiana. Non resta che affrontare questo cofanetto e ascoltare con un pìzzico di nostalgia lecita i ricami e le dolcezze contenute nei duetti con Gennaro, nel finale del prologo, nella grande scena che chiude il primo atto. Dieci giorni dopo alla Scala la parte passava alla rivale di sempre Leyla Gencer. La selezione propone un confronto spietato, poiché nonostante la consueta perizia tecnica e il rigore del soprano turco il divario timbrico è enorme."

"Caterina Cornaro" di Donizetti
25.11.1973 (Parigi) CD Rodolphe e Phoenix
(Masini, Aragall, Sardinero)
E.Giudici (op.cit.) pag.221
"Nella C. l'artificio della maniera s'infiltra nelle preziosità calligrafiche dei suoi celebri pianissimi, che non sempre riescono a fungere da ingredienti narcotizzanti per nascondere acuti lievemente troppo aspri. Si fa per dire ovviamente, giacché quelle stesse note, ove confrontate con i suoni prodotti dalla Gencer, appaiono immediatamente paradisiache."


"Roberto Devereux" 10.02.1972 (VE) CD GOP
(Bartoletti, Raimondi, Alberti)
D.Annichini su "L'opera" n.87 pag.85
"Dopo una entrata di paradisiaca levigatezza e sospensione, questa Elisabetta doveva rimboccarsi le maniche e mostrare gli artigli sino alla fine dell'opera, fatta eccezione per l'altra oasi di lancinante intimismo che è il 'Vivi ingrato'. C'è da dire che anche sotto questo aspetto la C. degli anni d'oro sapeva il fatto suo, grazie ad una vocalità pienissima e squillante, capace di dominare la tessitura pazzesca della cabaletta finale e di tutto quello che la precede con una franchezza assoluta, senza la minima incrinatura di suono, senza intorbidimenti dello splendido timbro, senza apparente sforzo. Una prestazione quindi di un belcantismo purissimo, che si sontrapponeva al disegno decisamente drammatico propugnato dalla Gencer, ma che per questo non mancava di una sua intensità e di una sua forza, efficacissima alla resa del personaggio."


Tralascio ovviamente perchè "fuori tema" i tanti peana dei critici più svariati su esecuzioni storiche tipo la Lucrezia del 1965 alla C.H o la Parisina del 1974 sempre alla C.H

Tutto questo giusto per dare un giusto senso alla mia citazione altrimenti sembrava che avessi ficcato nel therad una cantante che poco ci azzeccava....
stecca
 
Messaggi: 219
Iscritto il: mar 11 set 2007, 11:49

Messaggioda MatMarazzi » lun 01 ott 2007, 11:28

stecca ha scritto:Ci tengo anche a ribadire di non essere certo il solo a ritenere notevole la sua Stuarda e a tal fine compiego queste (rispetto a me) ben più illustri considerazioni critiche tratte qu e là, affinchè chi legge non creda che si tratti di un mio personale abbaglio dovuto a passione di fan....
....


Ti confesso che non ritengo affatto "autorevoli" molte delle firme da te quotate! :)
Se ne potevano citare altre mille con opinioni radicalmente diverse.

Ma a parte questo è molto più interessante confrontare le opinioni nostre che non citare quelle altrui.
Io personalmente sono d'accordo con Pietro: il paragone con la Gencer - parlo dei ruoli Ronzi de Begnis - non esiste proprio.
Posso riconoscere alla Caballé di essere stata interessante in questi personaggi (specie il Devereux), ma non quanto altre interpreti.
Se vuoi possiamo discuterne.

Per concludere, visto che ami le citazioni, potevi citare anche le tante dichiarazioni di ammirazione e ammissioni di debito che la Caballé ha sempre rivolto a Leyla Gencer, che si inventò quel particolare stile espresivo che la Caballè si sforzò (con voce effettivamente più piacevole e doviziosa) di ereditare.

Salutoni,
Matteo
Avatar utente
MatMarazzi
 
Messaggi: 3182
Iscritto il: gio 05 apr 2007, 12:34
Località: Ferrara

Messaggioda pbagnoli » lun 01 ott 2007, 11:38

stecca ha scritto:Io sono intervenuto perchè mi aveva colpito il fatto che tra le varie citazioni dei vari interpreti di Stuarda mancasse totalmente un accenno a Montserrat Caballè che è stata la cantante che ha più volte eseguito tale ruolo in Teatro.
Ci tengo anche a ribadire di non essere certo il solo a ritenere notevole la sua Stuarda e a tal fine compiego queste (rispetto a me) ben più illustri considerazioni critiche tratte qu e là, affinchè chi legge non creda che si tratti di un mio personale abbaglio dovuto a passione di fan....

OK.
Fin qui va tutto bene, nel senso che - giustamente - dai libero sfogo alla tua passione di fan per la cantante catalana. E sei in ottima compagnia, perché la Caballé ha avuto appassionati in tutto il mondo, giustamente innamorati della sua voce splendida.
E se anche avessi un abbaglio - come lo chiami tu - dovuto alla tua passione di fan, ben venga lo stesso! E che cavolo, non siamo macchine, amiamo un'Arte che tocca come nessun'altra le corde dell'emozione, vorrei anche vedere che proponessimo i nostri beniamini con l'aplomb di Lord Brummel: "Scusi, veramente mi piacerebbe la Caballé"...

No, Stecca, non sono queste le cose che mi sconvolgono, credimi. E non avresti davvero bisogno di pezze giustificative per la tua passione per la Caballé che, almeno in parte e sicuramente non con tutto questo entusiasmo, mi sento di condividere.
Non è per questo che mi sono venuti i cinque minuti e ho sentito il bisogno di mettere giù quel post che ti ha un po' scosso.
Io ho scritto quello che hai letto come risposta precisa ad una serie di affermazioni oggettive (non, quindi, pareri personali che avrei rispettato in quanto tali) che non trovavo attendibili sulla base di dati storici che ho inserito a confutazione.

E, già che ci siamo, un allargamento del discorso erga omnes.
In questo forum le idee personali sono e saranno sempre rispettate.
Se uno dice: "Per me la cantante Tizia è un cesso mentre Caia è un genio", rispetterò sempre la sua opinione anche se la penso esattamente al contrario.
Diversamente, se uno fa affermazioni oggettive con intento apodittico, converrà che siano sempre supportate da argomentazioni ben precise e storicamente attendibili, altrimenti si troverà scatenati contro...i bulldog.
Col che, spero di aver chiarito definitivamente il pensiero dell'Amministrazione del sito e considero chiuso l'incidente.

Un abbraccio a tutti
Avatar utente
pbagnoli
Site Admin
 
Messaggi: 4006
Iscritto il: mer 04 apr 2007, 19:15

Messaggioda Luca » lun 01 ott 2007, 12:35

Condivido quanto Pietro e Matteo dicono sulla Caballé e sulla Stuarda: la Gencer, sopra tutti, guarda davvero da Regina in tutti i sensi, Caballé inclusa, Sutherland inclusa, e pur anco Sills. Chi si è avvicinata a questo modello Gencer (limitatamente a Stuarda) resta, tutto sommato, la Gruberova non solo per le qualità virtuosistiche, ma anche per quel senso allucinato e a volte stravolto che sa dare a situazioni conflittuali tipiche di certo Donizetti (Stuarda, appunto, ma anche Roberto Devereux). Poi vorrei aggiungere 2 osservazioni di completamento, spero, a quanto detto:
- sulla Caballé c'è un thread apposito (che ho iniziato io);
- sulla Caballé c'è da dire che è una cantante globalmente a mezza strada tra tante sublimi raffigurazioni e che ha seri parametri di confronto quando la si vuole far diventare più grande di quello che è stata. Gencer, Callas, Tebaldi, Sutherland, Sills stanno lì quasi a dirci, alla romana, "dateve 'na regolata". Poi se qualcuno la vuole porre sugli altari faccia pure ma non è oggettività. Se lo fosse - venendo ai nomi citati nell'intervento di Stecca - si sarebbe anche dovuto citare Celletti che, osannandola in Giovanna d'Arco, non esita a dire che anche in Norma è appunto a mezza strada e, in un'altra fase di repertorio come in Gioconda, Santuzza ecc., beh....... usa ben altre espressioni.

Saluti, Luca.
Luca
 
Messaggi: 1184
Iscritto il: ven 06 apr 2007, 0:25
Località: Roma

Messaggioda pbagnoli » lun 01 ott 2007, 13:14

Luca ha scritto:
- sulla Caballé c'è un thread apposito (che ho iniziato io);

E' vero, Luca ha perfettamente ragione.
Cerchiamo di concentrare i post sulla Caballé nell'apposito thread.
Questo, oltre che per una questione d'ordine espositivo, anche per utilità nel riprendere i discorsi anche a distanza di tempo.
Grazie!
Avatar utente
pbagnoli
Site Admin
 
Messaggi: 4006
Iscritto il: mer 04 apr 2007, 19:15

Messaggioda Domenico Donzelli » lun 01 ott 2007, 13:55

in primo luogo Maria Stuarda richiede una grande primadonna.
Per grande primadonna intendo una cantante, in grado di affrontare e superare le difficoltà di scrittura della parte e rendere il personaggio.
Semplice a dirsi difficile a farsi.
In più, grazie al cielo aggiungo, tutti i personaggi del primo 800 lasciano all'esecutore un ampio margine di manovra. Margine che sarebbe ancora superiore se oggi rispettassimo le prassi esecutive di un tempo.
Le prassi esecutive avallate, autorizzate e talvolta invocate dall'autore stesso per motivi di cassetta ( vedi Rossini che scrisse Arnold per Nourrit e lo vide trionfare per Duprez ) incontrano il solo limite di non tradire il carattere del personaggio.
Quello che Stendhal, ma anche Foscolo -critico letterario- o Scudo o Monaldi chiamavano il Sublime tragico.
Maria Stuarda come Anna Bolena, come Lucrezia Borgia è , del sublime tragico, la compiuta rappresentazione.
Attenzione spesso è facile dire che anche la qualità timbrica voglia la sua parte. Riportato a Maria Stuarda l'assunto porta ad escludere sia la Devia che la Gruberova (entrambe sentite dal vivo, la seconda in epoca di assoluto splendore vocale, Bonn 1991), però Beverly Sills (sentita come Pamyra e come Lucia) era quanto a colore e peso specifico un soprano legegre e le cose non cambiavano molto con un'altra Stuarda a mio giudizio di grande interesse (Lella Cuberli, Parigi gennaio 1990).
Credo che alla Devia ed alal Gruberova manchi del personaggio la tragicità ossia la capacità di esprimere un qualche cosa che trascenda dalla situazione, per fare della situazione stessa il paradigma o l'esempio.
Insomma quando Maria confessa l'adulterio non è la semplice confessione di un corno al marito, ma la rappresentazione universalmente valida di quel comportamento e del conseguente rimorso e pentimento. Per giunta riportato ad una regina, ossia ad un personaggio di per sé solo emblematico.
Poi entrambe cantano benissimo con dinamica sfumata, controllo assoluto del mezzo vocale, però.....non sono tragiche, non sono sublimi. E riportiamo i termini al loro significato originale e classico.
Quando invece penso alla Sutherland alla Gencer alla Caballè, alla Sills per certo posso stilare una graduatoria vocale pesando piani e pianissimi, abbellimenti e loro pertinenza, fedeltà ad una corretta esecuzione filologica pertinenza e proprietà d'accento.
Posso , anzi devo per forza prediligere l'aspetto virtuosistico delle anglosassoni, la qualità vocale assolutamente insuperabile di Montsita ( il suo "oh nube che lieve" o "il quando di luce rosea" sono sotto il profilo della bellezza vocale insuperati ed insuperabili) o l'accento sempre perfettamente calibrato della Gencer, ma in ogni caso sarò dinnanzi al personaggio che con assoluta aderenza a gusto e poetica dell'epoca Donizettie d il buon Emanuele Bardare hanno pensato.
Domenico Donzelli
 
Messaggi: 47
Iscritto il: dom 29 lug 2007, 21:02

Messaggioda stecca » lun 01 ott 2007, 15:34

Luca ha scritto:. Se lo fosse - venendo ai nomi citati nell'intervento di Stecca - si sarebbe anche dovuto citare Celletti che, osannandola in Giovanna d'Arco, non esita a dire che anche in Norma è appunto a mezza strada e, in un'altra fase di repertorio come in Gioconda, Santuzza ecc., beh....... usa ben altre espressioni.

Saluti, Luca.



Non so perchè tirare fuori Norma ma cmq riporto quanto scritto da Celletti sul CD RCA dove si legge che la Caballè non è la Callas (condivido)
R.Celletti (ed Rizzoli) pag.36
"Del recitativo di entrata, cantato con aristocratica autorevolezza, e della preghiera la C. si serve come di ingredienti narcotizzanti per ammaliare l'ascoltatore, costringendolo a pensare quasi esclusivamente in termini di colori delicati e di emissioni angeliche. Nelle pagine di canto teso, l'accento è spesso ben dosato, nè mancano, qua e là slanci. In questo modo, la Norma della C. partecipa alla vicenda, non è assente e statica come quella della Sutherland. Ma la cupa rabbia e le taglienti invettive della Callas sono un altra cosa. La C. non può avventurarsi su questo terreno. Il suo registro centrale, già un poco fragile in zona di passaggio, ne uscirebbe frantumato; e lo stesso timbro, così prezioso e levigato, mal si accorderebbe con un fraseggio ferino."

Tornando a Donizetti questo scriveva Celletti sul CD RCA di Lucrezia
Rodolfo Celletti su op.cit. pag. 139:
"Il magistrale uso del mezzoforte, dei piani, dei pianissimi, ed il canto puro ed etereo che ne é la diretta emanazione, già contrassegnano l'avvento di uno stile raffinatissimo e di moduli vocali destinati a grande successo. Quanto all'intrepratazione, è sempre o quasi sempre lodevole per l'accento ben dosato e l'aristocratico equilibrio. In qualche tratto, poi, la C. è veramente una grande cantante, vibrante, eloquentissima. La C. ripristina, inoltre, l'aria finale 'Era ad esso', francamente il gioco non valeva la candela, anche se la C. canta in modo eccellente l'aria incriminata".

Pensa che scrive bene persono della Lucia Philips che viceversa a me non soddisfa:
R.Celletti (op.cit.) pag.238
"E' interpretativamente una Lucia delicata e dolente, senza essere leziosa e querula. Ai recitativi la C. porta quell'illuminazione interiore della parola che nasce da uno spiccato talento di fraseggiatrice. Un esempio per tutti: il senso dato alla frase 'e l'onda sì limpida'. Il canto della C. si snoda comunque all'insegna dell'elegia pura. L'attacco di 'Verranno a te sull'aure' è splendido ed altrattanto brava è la C. nel larghetto 'soffriva nel pianto'. A tratti ha anche energia e mordente: 'il pallor funesto, orrendo' e nel sestetto spazia e nella scena della pazzia modula con sapienza. Esegue inoltre con nitore le agilità e, tutto considerato, questa sua Lucia dice qualcosa di nuovo nella storia dell'interpretazione dell'opera."

P.S: anche Celletti così come la Caballè mi piace molto....
stecca
 
Messaggi: 219
Iscritto il: mar 11 set 2007, 11:49

Messaggioda MatMarazzi » mar 02 ott 2007, 2:34

stecca ha scritto:lascia a zelig le pugnette

Per prima cosa, caro Stecca, ti faccio presente che queste espressioni schifose (pugnette e robe varie) nel nostro forum non sono gradite.
Non la censuro solo perché ho notato che il mio co-moderatore (sbagliando) l'ha lasciata passare.
Ma ti devo pregare di non farti scappare un'altra volta simili metafore!

Quanto alle lezioncine, non puoi offenderti che ti siano rivolte, quando te ne esci con "enormità" come quella della Arangi Lombardi (leggendaria Gioconda e Aida) "soprano leggero".
Ma anche sulla Gencer sia ha l'impressione che tu non sia molto documentato.
Negli anni 64-67 (che sono stati quelli di Devereux e Stuarda) tutto era la Gencer fuorché un soprano leggero. La voce si era assestata in basso, aveva acquisito splendore drammatico e bruniture nel centro da vera vocalista di forza: lo dimostra proprio il fatto che in questi anni non avrebbe più potuto cantare Lucia e Rigoletto che invece eseguiva fino ai primi anni 60.
Ma era la particolarità di questa voce (aspra, tagliente, sfolgorante sugli acuti, ringhiosa nei gravi, ma capace di legati e filature estatici) a predisporala a un canto particolare, che non era già più "callassiano".

A questo proposito, suggerirei di lasciar perdere quella vieta formuletta da rotocalchi lirici della "trilogia Tudor".
Non esiste alcuna trilogia Tudor.
Non esiste storicamente (per la semplice ragione che la Stuarda non è un Tudor: è un Stewart, come dice il suo stesso cognome).
Ma non esiste nemmeno drammaturgicamente-vocalmente.
Anna Bolena appartiene a un mondo.
Devereux e Stuarda a un altro mondo.
Il mondo di Bolena è ancora quello neoclassico di Felice Romani, in cui la protagonista (Giuditta Pasta) infonde le sue marmoree illuminzioni poetiche, affidandole al mito e al sublime.

Il mondo di Devereux e Stuarda è invece quello torbido, malato, patologico di Salvatore Cammarano (e del secondo Donizetti) anche se la Stuarda fu scritta da un suo (praticamente) allievo.
E anche le protagoniste di queste opere (che in realtà sono cinque, non contando quelle scritte per la Ungher) sono l'opposto per vocalità e psicologia rispetto alla Pasta, in quanto scritte e pensate per quella leonessa impazzita che era Giuseppina Ronzi de Begnis, la "musa nera" di Donizetti, la porta verso il delirio, il contorcimento dell'anima.

Mi permetto di sottolineare che tutto questo ciarlare della Callas (che in realtà non ha mai fatto nessun ruolo scritto per la Ronzi e nemmeno uno simile) è fuori posto.
Forse li avrebbe fatti bene, ma in effetti non li fece mai.
Non ebbe mai l'occasione di inventarsi uno stile acconcio, che sarebbe stato l'opposto delle sue Bolene e Lucie... uno stile fatto di strappate cupe, di incoerenze shakespeariane, di alterezze rabbiose e dirupi sinistri, da rendersi con sottigliezza di colori, con inquietudine di chiaroscuri e portentoso (direi primadonnesco) senso del contrasto.

Il compito di inventarsi uno stile per queste singolarissime eroine e di dar loro voce e corpo (per la prima volta nel 900) toccò tutto alla Gencer.
Stile - giova ripeterlo - talmente geniale e perfetto da scatenare una ridda di emulazioni imbarazzante (fra cui la stessa Caballé).

E nemmeno la Sutherland può minimamente essere additata a valida risposta ai ruoli Ronzi, troppo omogenea e unilaterale, troppo priva di fantasia del male... avrebbe dovuto accontentarsi di restare lassù, fra i cieli di Giuditta Pasta.
A onor del vero, se ne dovette accorgere anche lei: solo tardivamente osò avventurarsi in Stuarda (e a mio giudizio avrebbe fatto benissimo ad astenersi) senza tenerla troppo a lungo in repertorio, mentre rifiutò sempre il Devereux (con la pietosa scusa che "odiava il personaggio").

Qui non si sta discutendo sul fatto che la voce della Caballé fosse più bella o più brutta... è un discorso che - in questa sede - non ha alcun interesse.
Sarebbe come spiegare che Valeria Marini è più bella di Annie Girardot.
Qui si sta parlando delle peculiarità tecniche ed espressive di uno stile (Gencer) che a contatto con certi ruoli ha fatto scintille.
Uno stile che consisteva nel fondere i retaggi angelicati che le provenivano dalla prima maniera, con quel lato oscuro, tirannico, sprezzante che - da un certo punto in avanti - divenne la sua cifra stilistica.
Non si cantano i ruoli Ronzi se non si è capaci di fissare il male diritto negli occhi.
Bastano due parole della Gencer per annullare (in questi ruoli) l'illustre concorrenza delle sue tante imitatrici:
se dovessimo analizzare parola per parola, suono per suono "Alma infida" del Roberto Devereux come lo fa la Gencer potremmo scriverci un trattato.

Solo a due cantanti io riconosco di aver saputo dire qualcosa di quasi altrettanto grande (quasi) in queste parti: Beverly Sills e Edita Gruberova.
Questo non toglie che consideri la Caballé come una "buona" Stuarda e una "buona" Elisabetta, forse un po' troppo "domestica" ed edulcorata, forse un po' semplice ed edonista, ma in generale accettabile, anche se i suoi veri trionfi sono - a mio parere - da cercarsi altrove.

Certo è che è bastato che la Gencer sfiorasse Devereux e Stuarda perché le opere rientrassero IMMEDIATAMENTE in repertorio, ambite da tante primedonne.
Mentre l'unico ruolo Ronzi riportato a galla dalla Caballè (Gemma di Vergy) è rimasto lettera morta proprio come prima.

Sarà un caso e tuttavia....

Salutoni
Matteo
Avatar utente
MatMarazzi
 
Messaggi: 3182
Iscritto il: gio 05 apr 2007, 12:34
Località: Ferrara

Messaggioda MatMarazzi » mar 02 ott 2007, 3:33

Domenico Donzelli ha scritto:quando Maria confessa l'adulterio non è la semplice confessione di un corno al marito.


Anche perché non è affatto un corno che sta confessando, bensì l'omicidio del marito.

salutoni
Matteo
Avatar utente
MatMarazzi
 
Messaggi: 3182
Iscritto il: gio 05 apr 2007, 12:34
Località: Ferrara

Messaggioda pbagnoli » mar 02 ott 2007, 10:01

MatMarazzi ha scritto:
stecca ha scritto:lascia a zelig le pugnette

Per prima cosa, caro Stecca, ti faccio presente che queste espressioni schifose (pugnette e robe varie) nel nostro forum non sono gradite.
Non la censuro solo perché ho notato che il mio co-moderatore (sbagliando) l'ha lasciata passare.
Ma ti devo pregare di non farti scappare un'altra volta simili metafore!


Ehm... :oops:
Guarda che la moderazione, in prima battuta, va rivolta proprio al tuo co-moderatore. :D
Sono io che sul messaggio originale me l'ero fatta scappare nell'esagitazione della risposta, salvo poi toglierla in un secondo tempo.
Me ne riscuso con Stecca, con gli altri partecipanti e, ovviamente, con te.
A mia (parziale) discolpa ci tengo a dire che era ben evidente nel mio post il riferimento al comico di Zelig di cui questa espressione è un intercalare...
Avatar utente
pbagnoli
Site Admin
 
Messaggi: 4006
Iscritto il: mer 04 apr 2007, 19:15

Messaggioda stecca » mar 02 ott 2007, 10:04

sorry...
stecca
 
Messaggi: 219
Iscritto il: mar 11 set 2007, 11:49

Messaggioda stecca » mar 02 ott 2007, 11:00

La voce della Gencer come colore, tonnellaggio, volume, vibrazioni, registro centrale, stile stesso di legato ed emissione etc. era di natura quella di un soprano leggero a differenza di quelle di altre belcantiste come Callas, Caballè e Sutherland che invece di natura avevano una tipologia di voce diversa, analoga considerazione può essere fatta per Scotto e le da te citate Sills e Gruberova, nulla di male, ma le tipologie di voci non le ho inventate io ma qualsiasi insegnante deve sapere catalogare la natura di una voce sopranile. Poi la Gencer per crearsi un repertorio diverso da quello allora in voga si costruì quei suoni scuri e quell'accento spinto con la celebre emissione a colpi di glottide che le schiusero il repertorio del Verdi giovane e del Donizetti serio, ove colpiva quella sua caratterizzazione febbrile del personaggio. A differenza tuttavia della Callas (Sutherland e Caballè risolvevano tutto sul canto seppur diverso) che dava tragicità "naturale" ai suoi personaggi (Bolena e Lucia e Poliuto) in virtù del timbro ma mantenendo una tecnica di emissione belcantista canonica e priva di asperità, la Gencer dopo la Bolena iniziale dove era giovanissima, dovette fare di necessità virtù esagerando la emissione e le stesse aglità che molto spesso (a differenza di quelle di tutte le altre citate) erano pasticciate e scomposte e valga per tutte la prima cabaletta di Roberto di napoli (ah ritorna qual ti spero) francamente male eseguita (la differenza con quella della CH della Caballè del 1965 manco si pone). Del resto la fama di grande donizettiana della Gencer è molto "italiana" (tengo a precisare che invece il suo verdi giovane tipo battaglia o foscari mi piace molto) non a caso in giro per il mondo furono poi altre cantanti a portare le eronie donizettiana scoperte dalla Gencer, e il discorso vale anche per caterina che la Caballè eseguì in molti teatri (esistono persino due CD live uno di Londra e uno di Parigi) quindi anche l'approfondimento del personaggio rimase un pò monco dopo la scoperta iniziale.
Tra l'altro la trilogia Tudor la tirò fuori proprio la Gencre e non io perchè ricordo un suo seminario sul tema mi pare a Trieste tanti anni fa.
E ora veniamo alla Stuarda spartito alla mano.
Tu dici che ci vuole il male visto diritto negli occhi per sostenere che un canto adamantino e angelicato dovrebbe soccombere di fronte alla Gencer quasi diventasse Stuarda una sorta di Lady Macbeth ante-litteram (la fòla della voce brutta voluta da Verdi) che è un pò la tesi che deve avere ritenuta valida la Kabaiwanska quando si avventurò nel belcanto con quella sua voce invero sgradevole, permettimi di non essere d'accordo.
La entrata tripartita di Stuarda recitativo, O nube e cabaletta è trasognata e soave in tutto, una voce come quella della Caballè diventa quasi onomatopeica, un incanto, vedi le nubi galleggiare come vedevi il castel natio di Bolena (cfr. recital RCA del 1964) sembra la entrata di Parisina, poi il duetto di amore con Leichester è di chiara matrice belcantista-amorosa dell'ottocento pre-verdiano non vedo davvero perchè dovrebbe esserci necessariamente una accentazione esagitata o malvagia. Tutto l'atto finale dal celebre Quando di luce rosea alla bellissima preghiera fino alla cabaletta finale ah se un giorno (diversa da quella rabbiosa finale di Roberto e Bolena tanto per dire) è patetica e malinconica e una voce come quella della caballè (ma anche della Ricciarelli degli anni d'oro non a caso spesso Stuarda) mi pare molto indicata per quelle note, quella musica e più in genrale quella partitura e con tutte le regole del belcanto rispettate il personaggio dolente e sfortunato di Stuarda viene fuori nelal sua intata regalità offesa e non a caso pure la Sills (che sulla carta non aveva voce da Stuarda ma più da Linda) ne convengo ne uscì benissimo (anche se delle tre regine Stuarda è forse la mneo azzeccata).
Resta in pratica di tutta la Stuarda la famosa invettiva del Figlia impura sulla quale si sono costruite leggende e che molto ha contribuito alla fortuna della edizione fiorentina della Gencer, lì convengo ma solo lì occorre un accento quantomeno pulsante (Devia, Gruberova e altri leggeri non vanno bene infatti) ma qui è questione di gusti.
Se uno vuole la recitazione tutta enfatica ed altisonante stile Tina Lattanzi ci possiamo stare ma a mio parere sempre belcanto è e io lì trovo la Gencer troppo sopra le righe perchè ho l'impresione che a differenza della Callas che dava tragicità col mero timbro, qui ci sia qualcosa di artefatto e di costruito appunto di volutamente accentuato, molto intelligente per carità, nessuno discute la straordinaria intelligenza artistica della Gencer ma appunto costruita.
Grande merito della Gencer quindi essere riuscita a caratterizzare un personaggio che vocalmente era poco adatto alle sue corde ma siccome qui sembrava di leggere che la Gencer era la Stuarda "giusta" e la Caballè "no" mi limito a dire che io la penso in modo esattamente opposto e in fin dei conti faccio per le ragioni sopraddette, un grande complimento alla Gencer perchè riuscire bene nel proprio alveo è infinitamente più facile che farlo in uno meno....proprio.
Onestamente poi non vedo davvero dove la Caballè avrebbe "imitato" lo stile della Gencer....non riesco ad immaginare due concezioni di canto più diverse tra loro e non a caso ci stiamo qui ad accapiglià....anche i pianissimi (di cui entrambe un pò abbondano) sono veramente diversissimi tra loro, quali poi siano i miei preferiti tra i due ovviamente non sto a dirtelo....
Il da te citato "alma infida" da Roberto nulla togliendo a quello napoletano della Gencer forse non lo hai mai ascoltato nella edizione live del 1965 alla C.H di N.Y (con Oncina)....lo scatto veemente verso l'alto che lì fa la Caballè (con immediata smorzatura allo "scender vivo" e nota tenuta fino alla ripresa con suono crescente sulla orchestra che rallenta...brivido !!!) è una delle cose vocalmente più teatrali che si possano sentire, te lo consiglio davvero...poi ne riparliamo...
Elenco qui di seguito la cronologia Stuarda della Caballè (neppure completa) giusto per ribadire che è forse la cantante che ha eseguito più volte Stuarda a Teatro:
06.12.1967: New York (C.H) LP MRF 13 S
05.01.1969: Barcellona
05.1970: Roma
13.04.1971: Milano CD Myto
07.1971: Londra
06.03.1972: Parigi (S.P) CD Foyer
09.1973: Chicago
01.12.1978: Nizza
31.12.1978: Barcellona Video TV Spagnola TVE
07.1979: Monaco
04.1980: Nizza



P.S: la Gemma non l'ha più fatta nessuno (a parte la Maliponte qualche annetto fa a Bergamo, sic !!!) per la semplice ragione che se apri lo spartito e lo fai vedere ad un soprano, questa ti dice che sei....pazzo...prova a dare una occhiata alla parte di Gemma quando hai tempo...

Con affetto
Davide
stecca
 
Messaggi: 219
Iscritto il: mar 11 set 2007, 11:49

Messaggioda MatMarazzi » mar 02 ott 2007, 14:06

Eh... bagnolo, bagnolo!
Cosa mi combini! ;)
Mi scuso anche io con Stecca.
Peraltro vorrei specificare che io non sono un bigottone che si scandalizza per le paroline osé, anzi - come sentirete dal vivo quando ci conosceremo per il pranzo progettato - sono in realtà sboccato come un portuale.
Se faccio tante storie sul forum è solo perchè ci siamo dati una linea di condotta, che credo faccia piacere a tutti, considerato i toni che spesso assumono le battaglie operistiche! :)
Certo che se, per primo, l'amministratore non si trattiene... :)
Bah! Torniamo al tema.

stecca ha scritto:La voce della Gencer come colore, tonnellaggio, volume, vibrazioni, registro centrale, stile stesso di legato ed emissione etc. era di natura quella di un soprano leggero


Dunque, premetto che se mi scapperà un tono un po' troppo determinato :) è perché la Gencer è oggetto dei miei studi e delle mie ricerche fin da quando ero ragazzo.
Personaggio strano, contraddittorio, non sempre mi esalta, ma attira il mio interesse proprio per la complessità della sua vicenda artistica.
Io non amo le carriere facili: mi irritano quei tenori e quei soprani che per quarant'anni cantano gli stessi due ruoli e se ne vantano pure ("pensa! a settant'anni faccio ancora Alfredo!").

La Gencer è stata un'esploratrice incorreggibile, coraggiosa, inquieta... è vero che ha anche un po' violentato la sua voce naturale (e una carriera di oltre trent'anni con queste premesse ha dell'incredibile), ma è vero che proprio grazie a queste scorribande (unite a una musicalità e un istinto teatrale dirompente) ha accumulato un bagaglio tale di esperienze che il suo "linguaggio" ci appare caleidoscopico e ricchissimo.

Venendo alla questione della sua "vera voce", caro Stecca, quello che dici è in parte giusto e in parte sbagliato, almeno per me.
La definizione di soprano "leggero" non calza, nemmeno per la giovane Gencer.

Piuttosto io parlerei di soprano "acuto", col baricentro spostato verso l'alto, cosa che infatti le permise di avventurarsi nel repertorio dei cosidetti "lirico-leggeri".

Ma "soprano leggero" è troppo. Non lo era.
Il timbro era brunito, denso, il volume rispettabile.

Che lei si ritrovasse a cantare ruoli più gravi rispetto al suo baricentro (stiamo sempre parlando della Gencer "giovane") può essere vero, ma non che la voce (timbricamente e come volume) non ci si adattasse.

Tra l'altro affermare questo vorrebbe dire far passare per stupidi gente come Serafin, Siciliani e Di Costanzo, che erano abituati a maneggiare signore come la callas e la tebaldi.
E invece furono proprio Serafin e Di Costanzo a scritturarla - per il debutto in Italia - in Santuzza, Tatiana dell'Eugenio Oneguin, Madama Butterfly (con successo addirittura trionfale e ...in casa della Tebaldi) quindi Traviata.
Come vedi ...non ruoli da soprano leggero.

Il debutto alla Scala avvenne con Madame Lidoine dei Dialoghi delle Carmelitane, ruolo che - nelle altre nazioni - fu creato da gente come Regine Crespin e Leontyne Price.
La stessa Scala le fece poi subito cantare Leonora della Forza del Destino, in una produzione che era stata di Renata Tebaldi e la impiegò come possibile sostituta (se ce ne fosse stato bisogno) della Callas in Anna Bolena.

E' evidente che nessuno all'epoca ebbe l'idea di un soprano leggero.
E non erano anni di "vacche magre" come sostengono i nostalgici parlando di oggi, ma anni di grandissime voci drammatiche.
E' significativo che quando Serafin la chiamò a Napoil per fare il trittico, le chiese soltanto di cantare Tabarro e Suor Angelica.
Per Lauretta la Gencer era ritenuta troppo drammatica.

E' pur vero (è in questo che hai parte di ragione) che la voce della Gencer era troppo "alta" per molti di questi ruoli.
Il grave risultava debole, il medium più vellutato che perentorio, e il primo acuto (quei si bemolle e si naturali in cui un normale soprano lirico o lirico spinto doveva saper farsi rispettare) risultava poco in evidenza.

Costretta a combattere con tessiture un po' basse, la Gencer (che di voce ne aveva da vendere) cominciò a modificare le basi della sua emissione, in particolare giocando con il passaggio di registro.
Se la senti nelle incisioni tra il 59 e il 61 (che per inciso corrispondono a uno dei periodi di massima creatività della sua carriera) senti che si sforza di alzare il passaggio, con l'intento di dare più perentorietà al registro medio. La manovra non sempre riesce (il Boccanegra da Napoli risulta francamente faticoso) ma i risultati non tardano a farsi sentire.
Se senti il miracoloso Ballo in Maschera da Bologna e la fantasmagorica Francesca da Rimini da Trieste (entrambi nel 1961) dovrai convenire con me che qui del soprano leggero non c'è più assolutamente niente.
C'è un grande, fondo, scuro, vellutato soprano drammatico.

La svolta (infatti) ebbe non solo l'effetto di irrobustire incredibilmente i centri, ma anche di accorciare il registro acuto (conseguenza inevitabile).
Un male? No... perché in questo modo (anche senza il mi bemolle) la Gencer valorizzava i primi acuti (quei si bemolle e si naturali di cui si diceva sopra) che cominciarono ad acquisire volume, squillo e perentorietà.
Gli acuti della Gencer (fino al do o al re) sparati come bombe atomiche alla fine dei concertati, divennero giustamente famosi.

Se confronti la Forza del Destino del 57 (colonia) a quella del 64 (Bologna) senti una voce radicalmente diversa.
Mentre quella del 57 era flessibilissima ma fragile, quella del 64 è grande come una casa e lancia dei maledizione che potrebbero competere con quelli della Tebaldi.


Siamo obbiettivi: è vero che il timbro ne risentì.
Ma anche questo non fu un male.
Se la giovane Gencer era morbida e vellutata (fin troppo placida in questo senso), la seconda Gencer cominciò ad esibire bagliori strani, durezze sospette, che tuttavia - almeno fino al 67-68 - non solo non hanno compromesso la sua vocalità (sfolgorante e avvincente) ma anzi hanno aggiunto elementi di fascino alla sua screziatissima emissione.
Per forutna, la "seconda" Gencer mantenne le struggenti mezzevoci dei primi anni, solo che a questo punto formavano constrasti sbalorditivi rispetto all'intensità e alle asprezze della sua nuova voce: da questo contrasto la Gencer desunse il suo particolare segreto del "chiaroscuro"
(questi d'amanti popoli voci e lamenti sono... s'io li ascoltassi, o perfido, meco saresti in trono?)

Per tornare a noi, il paragone con la Sills e la Gruberova non esiste.
Perché loro rimasero sempre "soprani acuti", mentre la Gencer del 64 non lo era assolutamente più.
Le sarebbe stato impossibile, a quel punto, cantare Lucia.
Al contrario suscitava tumulti di folla cantando Norma e Ballo in Maschera all'Arena di Verona (ci avrei voluto vedere la Gruberova) o Gioconda e Alceste di Gluck (idem).

E ora veniamo ai ruoli Ronzi.
Immagine
Tra l'altro la trilogia Tudor la tirò fuori proprio la Gencer

E' vero... infatti non accusavo te.
La Emi (con la Sills) ci fece addirittura un ciclo.
E non di meno è una sciocchezza, almeno per me.
La stessa Gencer è brava, ok, molto brava in Anna Bolena (ruolo pasta), ma è assolutamente inarrivabile in Stuarda e Devereux (ruoli Ronzi).

Tu dici che ci vuole il male visto diritto negli occhi per sostenere che un canto adamantino e angelicato dovrebbe soccombere di fronte alla Gencer quasi diventasse Stuarda una sorta di Lady Macbeth ante-litteram

Be' intendiamoci.
I ruoli Ronzi devono essere angelicati (non è questo - secondo me - il limite della Caballé), ma devono anche essere contemporaneamente demoniaci.
:)
E' proprio l'incoerente (psicotica) mescolanza di opposti (il contrasto) che rende così singolari queste eroine.
Lady Macbeth è un monolite di prevedibilità paragonata alla Stuarda o Elisabetta. A me personalmente affascina molto meno.

Per i ruoli Ronzi, la parola d'ordine è "dissociazione".
Il bene è confuso al male, l'innocenza alla colpevolezza, la sincerità all'ipocrisia.
Proprio come nella pazzia, quando i confini si fanno labili e il bene si confonde nel male.

Maria Stuarda è colpevole o innocente?
E' angelica o è demoniaca?
E' vittima o carnefice?
Vittima, verrebbe da dire...
Poi però (dalla confessione con Talbot, dalle stesse accuse di elisabetta), cominciano a emergere, come da un tombino di una vecchia fogna, i complotti, le congiure, le tresche, gli omicidi - non ultimo quello del marito - tutta la sfilza di mostruosità per cui ... insomma Elisabetta non aveva tutti i torti.
Che dire: poco convincente come "vittima".
E ancora è veramente Regina o non lo è?
Sì, è Regina, anzi unica regina perché è incoronata dalla cristinanità, da Dio.
Ma allo stesso tempo non è regina... perché è stata deposta, è insorta contro il suo popolo guidando gli stessi ribelli.
Perché nulla le importa dello stato: infatti nel cavatina che hai citato, la nube dovrebbe "portarla via", non solo dal carcere, ma dalla stessa Inghilterra.
E questo è importante: non è in Scozia che vorrebbe tornare (la terra dei suoi padri, di cui pure si professa "regina") ma in Francia, tra i lussi e i falsi sorrisi di Caterina di Medici, quando lei era bambina nella sua gabbia dorata, viziata e coccolata (perché gli interessi di mezza europa le convergevano addosso), baby-vedova del re di francia.
Altro che oasi di angelici sussurri... c'è del marcio anche nella dolcissima cavatina.

Anche quando supplica Elisabetta, Maria potrebbe essere semplicemente prostrata, povera vittima che implora il perdono....
Eppure anche qui i conti non tornano.
Senti come Donizetti (spartito alla mano! :)) sottolinea il "morta al mondo" con quell'isterico volteggiare del violino, quasi una rabbia sorda, nevrotica che aleggia sulle parole!
Senti come Donizetti sospinge verso l'alto, con tutta l'orchestra furibonda, quella frase "ti basti QUANTO STRAZIO A ME RECASTI".
La supplica diventa ACCUSA verso Elisabetta.

Persino il momento più idilliaco dell'opera, la preghiera del terzo atto, è un momento sinistro, terribile: non è un caso che lo abbiano definito il ....CANTICO cattolico della Stuarda.
Perché è l'ennesima sfida della "martire cattolica" alla corte protestante della scomunicata Elisabetta. E infatti la musica parte in sordina (come si conviene a una preghiera) ma poi cresce e diventa grandiosa, possente.
E il coro dei "famigli" di Maria (tutti cattolici come lei) a poco a poco si unisce al canto, ne gonfia il respiro e trasforma una preghiera a Dio in un inno insurrezionale, mentre lei volteggia lassù coi suoi trionfanti svolazzi.

mmmmm....
Siamo piuttosto lontani, mi pare, dalla preghierina tenera tenera (e bellissima) che Donizetti mise in bocca ad Anna Bolena, prima del supplizio.

Non parliamo poi della pagina che amo di più in quest'opera: il duetto della confessione: non so a te, a me pare agghiacciante.
Credo anche a Talbot, che a un certo punto (lui, pazientissimo) esplode contro Maria e la invita a piantarla con le contraddizioni e le ambiguità e a riconoscere le proprie colpe.
Donizetti inventa una musica dolcissima, sognante, cullante come una ninna nanna, sulla frase "al lieto suo sorridere.... odiava il mio consorte!"
Siamo oltre Schiller.... siamo al massimo del patologico e del mostruoso.
Lei stessa, Maria, sussurrando questo tema dolcissimo, ci descrive l'immagine dello sposino, che guarda tenero, "dolce" la propria mogliettina, le sorride...
E lei ricambia lo sguardo, gli sorride a sua volta... quadretto idilliaco, salvo che intanto lei sta già covando un odio sordo e il progetto di massacrarlo.
Roba da brividi.
Ci avrei voluto vedere la Pasta in simili ruoli! :)))

ah se un giorno (diversa da quella rabbiosa finale di Roberto e Bolena tanto per dire) è patetica e malinconica e una voce come quella della caballè

Secondo me, anche la cabaletta finale non dovrebbe essere poi tanto "patetica e malinconica".
A me sembra doppia e inquietante, prunciata (anzi sillabata) come da un pulpito.
Mi pare piuttosto un'auto-investitura di martire del cattolicesimo e di "regina vittima" (lei che come regina non convince nessuno e come vittima ancora meno), avviata al patibolo con la migliore parrucca, la croce in una mano e la bibbia nell'altra.
In quel canto altero, morbido e maestoso io sento l'ennesima sfida a Elisabetta e quasi la maledizione che Maria sa - con la propria morte - di scagliarle addosso.
Storicamente (ma questo il pubblico di Schiller e Donizetti lo sapeva bene) la decapitazione della stuarda diede la stura ai furori di tutta la cristianità - tanto a lungo sopiti - contro Elisabetta; Filippo II le dichiarò guerra l'anno dopo.
Fai caso, dopo tanti pianissimi, all'ultimo verso, che improvvisamente, senza preavviso, monta dal pianissimo in un crescendo pazzesco fino all'esplosione dell'orchestra che ti lascia di stucco!
E' come se la musica dicesse (dopo tante belle parole) "e ora Elisabetta sono cavolacci tuoi"

A me pare ancora più terribile questa cabaletta di quella del Devereux.

Atttendo repliche filo-spagnole e intanto grazie del bel confronto.

Matteo
Ultima modifica di MatMarazzi il mer 17 ott 2007, 17:18, modificato 1 volta in totale.
Avatar utente
MatMarazzi
 
Messaggi: 3182
Iscritto il: gio 05 apr 2007, 12:34
Località: Ferrara

Le 3 regine Donizettiane

Messaggioda stecca » mar 16 ott 2007, 16:17

NOTA DEL MODERATORE: scusa, ma essendoci un thread apposito non vedo perché aprirne uno nuovo. Quindi trasferisco qui il tuo post, in modo che il lettore possa raccogliere, oltre alla tua opinione, anche quella di chi ha già scritto diversi post sull'argomento.
Cerchiamo, per favore, di non aprire thread nuovi quando ne esistono di già aperti.
Matteo Marazzi



Donizetti: la cd."trilogia Tudor"

Visto che se ne è discusso facciamolo in un apposito thread e metto il cd. secondo le indicazioni dell'admin....che rinnega il concetto di trilogia Tudor ovvero di Anna Bolena, Roberto Devereux e Maria Stuarda:



"Io le scoprivo, la Sills le incideva e la Caballè le cantava...." questo pare andasse dicendo qualche anno fa, con una certa punta di amarezza, Leyla Gencer grande donizettiana che sulla trilogia tudor fece anche uno splendido seminario mi pare a Trieste.
Sta di fatto che questo trittico donizettiano ha da sempre attirato le più grandi belcantiste anche perchè si tratta di 3 opere, come spesso in Donizetti, non eccelse, ma che possono diventare dei capolavori grazie alla bravura del soprano protagonista, in altri termini se la azzecchi il trionfo personale è garantito, anche se tutto il resto è scarso !!!
Peraltro pur essendo parzialmente vero quanto anche qui più volte sostenuto circa una certa differenza vocale delle tre scritture (vd. il discorso sulla Stuarda di tessitura più centrale rispetto a Bolena) è anche vero che con la giusta tecnica chi è in grado di cantarne una è in grado di cantarle tutte e 3, quindi non sono poi così d'accordo con i troppi distinguo.
I requisiti vocali difatti, e a mio parere, sono i medesimi: occorrono oltre ad una tecnica belcantista di scuola, una certa eloquenza di fraseggio, dizione precisa, registro grave e centrale sonori e pienotti, agilità di forza scandite sia in ascendenza che in discendenza soprattutto per le cabalette, dinamica sfumata per valorizzare i cantabili insomma il tipico stile donizettiano serio soprattutto quando trattasi di regine e non di contadinelle imberbi.
In sostanza belcanto si, ma sempre espressivo e mai troppo astratto o pseudo-belliniano, le "lezioni di canto" in altri termini fanno bene agli uditi ma non creano nè Bolena, nè Stuarda nè Elisabetta.
Cerchio difficile da chiudere insomma perchè spesso chi ha voce e temperamento ha scarsa tecnica e viceversa....

E ora vediamo chi sono quelle (poche) che sono riuscite a "fare quadrare il cerchio" e perchè:

Tutto (come spesso) nasce con la Callas che con la celebre edizione scaligera della Bolena del 1957 sostanzialmente "inventò" il Donizetti serio ed aprì la strada alla futura trilogia che tuttavia tardò un pochettino ad attecchire.
La Callas in quella Bolena dà la migliore delle prove di come dovrebbe essere cantato questo repertorio:
c'è l'arioso malinconico di "Come innocente" e "al dolce guidami", c'è la esecuzione perfetta sia della cabaletta di bravura "Non v'ha sguardo" che di quella di forza "Coppia iniqua", c'è la regalità di alcuni momenti "t'arresta Enrico e m'odi" o "A questa iniqua accusa", c'è il furore "Giudici ad Anna", c'è l'amore "ah di quel cor magnanimo" o di tutto il duetto con Percy e c'è la femminilità ferita "in quegli sguardi impresso", il protagonismo nei grandi concertati, insomma tutte le corde vengono valorizzate appieno e se volete una sintesi dei tanti stadi emotivi di Anna prendete il grande duetto con Seymour e ascoltate la Callas come cambia nel corso di quel terrificante confronto almeno 10 diverse sensibilità.....
Ma la Callas nel 1957 aveva ancora (a parte qualche lieve oscillazione in alto) una voce pseudo-onnipotente (oltre allo straordinario talento di artista universale) e quindi potè sostanzialemente limitarsi ad eseguire bene tutte le note scritte da Donizetti (a parte i tagli che non erano sua causa) e la sconosciuta regina trionfò.
Dopo di lei venne appunto Leyla Gencer ed ancora con Bolena, la Gencer non aveva nè la voce nè il carisma della Callas ma aveva una tecnica a quei tempi perfetta che sostanzialmente le consentiva di cantare tutto (da cavalleria a Beatrice di tenda) e quindi potè sfruttare tutte le proprie risorse timbriche e stilistiche per creare una Bolena meno sfrontata e primadonnesca ma più triste, cerebrale, composta, però sempre regina fu e si tratta di altra lettura attendibile del complesso personaggio (anche se a mio parere non comparabile alla prima).
Nei primi anni sessanta si sviluppò, mentre la Callas sostanzialmente si ritirava a fare altro....la cd. belcanto renaissance grazie alla emersione di alcune straordinarie e stranote cantanti perlopiù non italiane, e questo momento culturale interessò ovviamente anche il donizetti serio.
Fu così che Leyla Gencer nel 1964 a Napoli fece scoprire la Elisabetta del Roberto Devereux nel suo intento ideale continuazione della Bolena, ma se la regina ripudiata poteva risolversi in un generale languore semi-mesto, la Elisabetta era in pieno al potere e regnava, ed era pure una innamorata incazz....quindi occorreva lavorare sull'accento e sugli scatti per diversificarla.
Ne fece un pò troppi in quella edizione napoletana con il giovane Cappuccilli....si perse un pò così tutto l'aspetto femminile e dolce di alcune importanti pagine (le due arie tanto per dire....) ed anche la cabaletta del primo atto (difficilissima) risultò troppo scomposta quasi anti-belcantista, poi la voce della Gencer era piccolina e quindi esagerandone la spinta venne fuori talvolta caricaturale all'ascolto.
Probabile che in Teatro facesse altro effetto, ma oggi quel suo "Scender vivo" così fuori maschera lascia un pò perplessi e così pure il grande finale financo protoverista.
Però ancora e forse di più fu regina e in certo suo modo puranco Donizettiana...
Joan Sutherland intanto, ovvero la grande belcantista post-Callas, si teneva prudenzialmente e giustamente alla larga dalle regine, ben capendo che la sua voce ed il suo strabiliante canto avrebbero reso assai meno che in altro repertorio, ove infatti per almeno 15 anni avrebbe fatto terra bruciata di ogni tentativo di concorrenza (poco mi importa che in età avanzata e per divertimento si sia poi cimentata, sono curiosità ma la grande Sutherland non la si trova certo nelle Tudor donizettiane).
Le epigone della Maria ovviamente si fecero invece tentare non tanto dalla Donizetti renaissanace ma da quella Bolena, e così da Souliotis a Scotto ad altre che non mi sovvengono Anna Bolena la inserirono nel loro carnet e la Scotto in ben due CD live americani del 1975 ne dette una versione a mio parere forse poco ortodossa ma entusiasmante, ed ancora una volta è proprio nel grande duetto con Seymour che se ne può avere contezza (strepitoso), bene ha fatto tuttavia a fermarsi alla Bolena.
A quel punto, mentre probabilmente forte del grande successo del Devereux, la Gencer già stava meditando la Stuarda che porterà a Firenze nel 1967, esplode nel 1965 Montserrat Caballè con la nota Borgia e via col Donizetti a go go.
Già nel 1964 ancora non famosa nel suo primo recital di arie d'opera Vergara, il maestro Cillario le fece inserire (ancora effetto Callas) "Al dolce guidami" tra Tosca, Ballo, Otello e Louise (!!!), ma solo l'aria senza cabaletta visto che ancora la conversione belcantista non c'era stata.
Nel dicembre 1965 quindi la Caballè torna sei mesi dopo nella conquistata carnegie hall e stavolta esegue in forma di concerto una stupefacente Elisabetta di Roberto Devereux, stupefacente perchè è semplicemente cantata come meglio non è possibile fare (prima cabaletta inclusa) ed anche il "scender vivo" o il gran finale è risolto tutto col canto senza forzature ma solo con il perfetto appoggio di fiato ed immascheramento (sentire please), forse è troppo perfetta e manca della vis di Callas e Gencer, ma è viva e non è astratta e la voce è del colore e del peso giuste (perchè comunque non è nè Verdi nè il versimo).
Rimane ancora oggi e di gran lunga il più bel Devereux ascoltabile (suoi successivi compresi)
Nel 1967 si diceva la Gencer porta Stuarda la sua terza regina a Firenze ed ottiene un successo mitico anche per il contraltare della Verret e debbo dire che in Stuarda, a parte qualche esagerazione tipo il Figlia impura, trovo che la Gencer abbia dato il suo meglio nelle tudor, poi mi pare anche che abbia azzeccato in pieno il carattere fiero di Stuarda.
Ma la Caballè che arrivava a suo debutto italiano per il Pirata era lì pronta a coglierne tutti i trucchi e segreti e quindi poca sorpresa se a breve ed ancora alla ormai casa propria Carnegie Hall, sempre nel 1967 gli americani si inebrieranno con la meravigliosa Stuarda della Caballè e ancora con la Verret.
E già perchè cmq la nube iniziale doveva essere "lieve" e c'era quel "Quando di luce rosea" che andava valorizzato ben di più, ed ecco la sua struggente Stuarda che anche la Scala (oltre a tutto il mondo) potrà apprezzare nel 1971 ancora con la Verret, poi i francesi si beccheranno pure il lusso di un Carreras come LEICESTER come lo avranno anche come Roberto nel 1977 ad Aix ma è altra storia e storia nota.
Nel 1969 Montserrat Caballè e Shirley Verret incideranno uno straordinario recital di duetti per la RCA dove inseriranno uno stupefacente duettone Anna-Seymour che sta lì a miracol mostrare, ascoltare per credere, e Anna Bolena per la Caballè sostanzialmente finisce qui (sulla tardiva Scala 1982 ho aperto apposito 3d e rimando a lì).

Le regine dunque girano per il mondo ma occorre fissarle su disco.
La Gencer non è amata dalle case discografiche causa timbro poco fonogenico, la Sutherland, si è detto, se ne sta alla larga, e alla Caballè che pure sta incidendo il mondo intero per RCA, EMI, Ricordi, DG, Philips etc. etc. propongono sempre, dopo gli inizi, o lavori che non ha cantato live (il primo Verdi o Pagliacci o Mefistofele) oppure il repertorio più commerciale, quindi nisba.
A quel punto si fa avanti con giusta intelligenza una nel frattempo fattasi grande fama in america prima e alla scala poi, ovvero Beverly Sills che se le incide tutte e 3 per la stessa casa discografica e con Rudel come direttore e pure con la Verret in Bolena.
La Sills rivela qui quanto fosse cantante straordinaria perchè se c'era una che sulla carta pareva proprio inadatta alle Tudor era lei, se rivedete i requisiti che ho elencato all'inzio la Sills ne possedeva davvero pochini.
Ma la Sills (l'ho già detto nel 3d a lei dedicato) era una cantante "creativa" dalla fantasia straordinaria e dal temperamento da vera primadonna e siccome aveva voce bruttarella e piccolina ma istinto da regina e che regina fece di necessità grande virtù.
Lei ovviamente non canta le note di Donizetti sennò sarebbe stata una schifezza, ma trasporta ed inventa e crea secondo le sue peculiarità ma siccome le sue peculiartità erano somme ecco che alla fine riesce in pieno nell'intento.
Ancora una volta la cartina tornasole è il grande duettone con Seymour, ivi la Sills con puntature improvvise, rallentando efficaci, sovracuti tenuti, trilli inseriti insomma crea tutto il pathos di Anna con meri esercizi vocali, un fenomeno di artificio, un mostro di tecnica e di fantasia, una grande.
C'è chi la trova ancora oggi la più grande Tudor, non è vero ma lo si può capire perbacco, a me piace un sacco ancora, anzi oggi spesse volte ancor di più.

Poi passati gli anni 60 e 70 passa la moda e subentra la più colta Rossini renaissance, o forse passano le grandi donizettiane e così abbiamo una certa stasi anche nelle Tudor, nel senso che si cimenta come detto ma con risultati modesti la tardo-Sutherland, tenta una discreta Bolena lirica Maria Chiara (ancora effetto Callas), ci provano persino una Gasdia seppure obtorto collo e una Serra (follia pura...), e poi per qualche anno Katia Ricciarelli proporrà il suo canto suadente ma sempre un pò piagnucoloso di Bolena e Stuarda fino al bruttarello assai Roberto di Napoli che a quel punto fa preferire quello della Kabaiwanska di voce orrenda e di stile donizettiano inesistente ma almeno di emissione corretta e di una certa quale enfatica regalità di personaggio.

Quindi si arriva al recente passato quando si decide che in mancanza di altro (il che è vero) possono fare le tudor anche i soprani leggeri di coloratura o quelli comunque da Lucia.
La prima è la Gruberova che straordinaria Zerbinetta o regina della notte poteva anelare, a parte Lucia che fa storia a se, al massimo a Linda, e invece macchè: via con Bolena, Stuarda e Roberto e sia in Teatro che in disco fino a Norma. Non c'entra nulla ma nulla però è pur sempre la Gruberova, male non fa sentirla insomma, ma ormai i ruoli sono saltati.
Oggi una grandissima cantante come Mariella Devia passa da Bolena a Stuarda (dopo Lucrezia e Parisina) e fa "lezioni di canto", anche lei non c'entra nulla con le Tudor e con quel tipo di Donizetti ma è anche vero che lei canta ancora da padreterna, se le alternative debbono essere cantanti ugualmente scarsi di temperamento o di carisma vocale ma che tuttavia cantano malissimo, stra-ben venga la Devia......

P.S: quanto alla Theodossiou nuovo astro donizettiano nessuno discute che abbia temperamento e anche una certa qualità vocale di natura non indifferente o che spesso azzecchi qualche attacco emozionante etc. etc., ma non si può a mio parere affrontare il belcanto in modo così approssimativo e periclitante, fidando sull'enfasi, l'enfasi in donizetti non si crea con la esagitazione scomposta ma con un uso sapiente di una tecnica adamantina, Callas e Gencer ce lo insegnano ancora oggi sentire per credere.....
stecca
 
Messaggi: 219
Iscritto il: mar 11 set 2007, 11:49

PrecedenteProssimo

Torna a Interpreti d'opera

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 0 ospiti

cron