Il furbi di Salzburg 2013

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda Maugham » mer 28 ago 2013, 15:16

Con Pereira al timone della festival e la trimurti Audi-Nestlè-Rolex padroni della borsa c'è poco da scherzare: nella Salisburgo del 2013 gli sperimentalismi e l'euro-trash sono messi al bando.
Che li facciano a Bayreuth! :D
Di conseguenza quest'anno hanno trionfato i furbi.

La palma spetta senza dubbio al furbissimo (e geniale) Stephan Herheim.
Nietzche aveva colto nel segno quando, in "Al di là del bene e del male", scrisse che i Meistersinger esprimono esattamente le genti tedesche che appartengono all'altro ieri, sono proiettate nel dopodomani e non hanno alcun presente.
Herheim ha capito l'antifona.
Il dopodomani dei Meistersinger (svasticamente parlando) è ancora ingombrante e, soprattutto, stravisto. Il presente -come dice Nietzche e come ha dimostrato Guth nel suo deludente allestimento contemporaneo- non esiste. Conviene concentrarsi quindi sull'altroieri, dimensione dello spirito più tranquilla e più adatta a una celebrazione festivaliera. Bisogna però aggiornarsi; allora -e qui sta la furbesca genialata- infiliamo questo "altroieri" dentro una cornice altamente simbolica così lo "stravisto" diventa "voluto" e il "tradizionale" diventa "scelto" e non "subìto".
Wagner -ci dice Herheim- è un padre della patria e i Meistersinger sono un totem dell'identità nazionale tedesca. Tutta l'opera diventa quindi la fotografia di un gioioso raptus creativo wagneriano in cui Sachs e Wagner e Beckmesser e forse Herheim sono tutt'uno. Un momento creativo così gioioso dove anche il terribile Wahn (che comunque Wagner considerava parte integrante di qualunque atto creativo) perde ogni terribilità se privato di ogni conflitto e raccontato come un'innocua follia da cartone animato dei fratelli Grimm (altri padri della patria e della lingua).
Impacchettati dentro un konzept da prima elementare (che infatti hanno capito tutti, ma proprio tutti, anche i blogghettari più ottusi e reazionari), scenograficamente costruiti con un insolito sfarzo e una strabiliante tecnologia di solito destinata al musical, questi tradizionalissimi Meistersinger hanno trovato un loro perchè. Come tutte le cartoline Liebig leggermente riviste hanno messo d'accordo tutti. I progressisti si sono sentiti coinvolti da uno spettacolo tutto sommato nuovo ma pieno di innocue tradizioni e i coservatori si sono sentiti coinvolti da uno spettacolo tradizionale ma pieno di innocue novità.
Non a caso anche il tradizionalissimo Gelb ha comprato questi tradizionalissimi Meistersinger per il tradizionalissimo pubblico del Met e per le tradizionalissime proiezioni in HD nei cinema di tutto il mondo.
Non c'è niente di male, intendiamoci. Lo spettacolo è visivamente molto bello e merita di essere visto. Dal vivo è stata per me un'esperienza scenotecnica esaltante.
Mi stupisce solo che pochi, davvero pochi, abbiano sottolineato la genericità di certe soluzioni sceniche, la scarsa cura riservata alla recitazione dei singoli e il senso di stasi che permeava molti momenti. Non lo nego: due o tre trovate erano interessanti, il finale bello e ruffiano faceva esplodere la platea, le carabattole sceniche erano tantissime e bellissime... bene, tutto questo non è riuscito a riempire il vuoto di questo allestimento per me sostanzialmente freddo e soprattutto ammantato di un giustificazionismo quantomai fastidioso.
"Hier gilt's der Kunst" sembrano dirci, parafrasando Siegfried, sia Herheim che Pereira. L'ombra nera di Mordor, il Wahn che distrugge l'equilibrio di una Nurnberg simbolo di un quiete e di un ordine ( il "Tag" tristaniano?), il Wahn che è anche depressione e vuoto dell'anima (Jones a Cardiff ma anche McVicar), il Wahn che è anche lo stordente profumo di gelsomino in una notte estiva dove il buio sembra non venire mai, il Wahn che è rinuncia a un qualcosa di vitale (la rinuncia di Sachs che è anche la rinuncia di Alberich, di Elsa, di Siegmund, di Brunnhilde e di Tristan e di Marke)... tutto questo rimaneva ben nascosto dentro questo lussuosissimo giocattolone dove le antiche caccole Sachs-Beckmesser sono state rispolverate tutte, ma proprio tutte, con magistrale furbizia. E' stato divertente (e istruttivo) vedere quelli che fino all'altro ieri ironizzavano su Otto Schenck e Wolfgang Wagner (senza mai aver messo piede a Bayreuth o a Monaco) cascare nella rete, ipnotizzati come il bravissimo Pogner-Zeppenfeld di questa edizione, e scandire "ge-nia-le" con entusiasmante e ingenuo candore. Ha diretto Gatti in maniera spigolosa e contrastata ricordando il Solti dei giorni peggiori. Del cast il migliore era Werba. Volle è stato un Sachs a forti tinte, un po' troppo sopra le righe, sovraccarico e -riascoltate i due monologhi- per niente aiutato da Gatti. Nel secondo addirittura sfasato ritmicamente. C'è la registrazione che lo testimonia. Alla mia recita, un po' meglio.

Il secondo furbo -ma molto, molto meno capace rispetto ad Herheim- è stato Michieletto.
Che non è uno sprovveduto, assolutamente. Ha un certo talento nel capire quali siano le tendenze drammaturgiche più accreditate del momento, sa circondarsi di bravi collaboratori, si capisce che ha visto una sacco di teatro e giurerei che ama profondamente l'opera. Lo si capisce dalla compunta serietà dei suoi approcci e perchè non appartiene, fortunatamente, alla schiera dei cosiddetti Innovatori che, per risolvere certi passi "melodrammatici" che nel melodramma ci sono :D, o scavano nel simbolico o la buttano in burletta. No, Michieletto si prende sul serio.
E quindi abbiamo un Falstaff ambientato nella casa di riposo per artisti voluta da Verdi a Milano.
Se leggiamo un bignamino verdiano possiamo anche pensare che sia giusto, dopotutto è un'opera crepuscolare, scritta da un vecchio, pensata per dei vecchi, malinconica, autunnale, a finecorsa... 8)
Come ci si aspettava ecco la solita scenografia iperrealistica, la musica che comincia in ritardo rispetto all'azione scenica (ormai lo fanno tutti), tulle trasparenti per i trapassi di registro e l'onnipresente, onnipotente, ubiquitario e universalmente usato "sogno del protagonista", utilissima foglia di fico e al contempo facile scappatoia per giustificare vuoti d'ispirazione. Un vecchio cantante "sogna" il Falstaff. Come è successo per la Frau di Loy, anche qui troviamo un'idea iniziale che non è nè buona nè cattiva, ma che non può essere giudicata semplicemente perchè non viene sviluppata. Dopo il colpo d'occhio inziale ti aspetti che ogni elemento, ogni apparizione, ogni gesto trovino una loro giustificazione e ci appaiano finalmente significanti e, soprattutto, necessari in questa ambientazione nuova e non convenzionale.
E invece niente.
Parte il solito Falstaff dove le comari si muovono aggraziate e a passo di danza (la Cedolins, tremenda!!!) attorno al corpaccione del protagonista che continua a fare il Falstaff goloso e laido degli anni cinquanta (il mangione!) mentre Fenton e Nannetta vengono doppiati da una tenera coppia di anziani che sembrano usciti da una trasmissione di Paolo Limiti. Bardolfo e Pistola fanno i buffoni come hanno sempre fatto, Ford nel monologo delle corna fa le corna, quando le comari vogliono specificare un concetto fanno il tarallo con indice e pollice... Davvero non riesco a capire come coloro che -giustamente- hanno accusato Jones e Wernicke di eccedere in caccole possano passare sotto silenzio questo campionario di smorfie, di broncetti, di gesti esagerati, di baccani... Giustamente anche Michieletto ha i suoi fan... : Nar :
Cast "difficile", con un Maestri, nella mia sera, un bel po' fuori forma. Mehta era come se non ci fosse.

Il terzo furbo, furbissimo, è stato Stein.
Permettetemi la sfrontatezza, ma forse lui è stato il più furbo di tutti. Ha intascato il cachet per una regia... senza fare la regia. Vi giuro che ad apertura di sipario mi sembrava di essere tornato agli anni Settanta.
Che dolce malinconia... il coro dei boscaioli fermi a raccogliere i bacchettini tutti rivolti verso il pubblico, Don Carlo che entra seguito da un occhio di bue e si mette a sedere su una pigna di tronchi... nell'auto-da-fè il coro che entra metà da destra e metà da sinistra si incontrano in mezzo alla palcoscenico con fare stupito e poi, sulla tonica, come soldatini si girano tutti schierati in fila per attaccare il "Spuntato ecco il dì"... Che dolce malinconia! E c'erano persone che per vedere questo allestimento avevano pagato anche 500 euro. E critici che hanno parlato dell'asciuttezza drammaturgica di Stein.
Pappano conosce questa partitura anche capovolta ed è stata l'unica ragione di interesse in questa produzione. Kaufmann era davvero in difficoltà. Lo abbiamo sempre detto: Kaufmann non è un tenore buono a tutti gli usi. Purtroppo si è convinto del contrario e, dopo l'imbarazzante Manrico di Monaco, ha deciso di continuare sulla strada verdiana e ci ha consegnato questo Infante generico, faticoso negli acuti, dalla linea spezzata, spezzata da prese di fiato continue. In certi momenti se chiudevi gli occhi ti sembrava di sentire Bonisolli. Gli altri, se possibile, sono stati ancora meno interessanti con un Salminen capace di tutto. Anche di un duetto con l'Inquisitore (Halfvarson) degno di una parodia alla Mel Brooks. Certo che se paghi 500 euro ed hai dovuto corrompere qualcuno per avere un biglietto (come è capitato ad alcuni conoscenti per questo Don Carlo) allora devi dire per forza che è stato bello. Anzi bellissimo.

Resta lei.
Anzi Lei. La regina di tutte le furbe.
Il genio primadonnesco allo stato puro. Cecilia Bartoli e la sua Normafuorinorma.
L'evento era di quelli telefonatissimi.
Interviste dappertutto, manifesti ovunque, pigne di cd da firmare , giustificazioni musicologicamente infondate (la Norma della Malibran), chiacchiere fintodrammaturgiche (Norma donna del popolo), isterismi di fan venuti da mezzo mondo (Norma della "Ceci"!), idiozie cinematografare (Norma alla Rossellini), e via di questo passo. I biglietti -ovviamente al mercato nero- hanno raggiunto cifre da capogiro (si parla anche di 1000 euro per un posto di platea) e nella mia sera l'Haus fur Mozart ha ospitato il più ricco e vistoso gerontocomio che il frullo festivaliero potesse produrre. Una bomba nel foyer e sarebbe sparita la metà dei principali contribuenti delle casse austriache.
Pereira ci aveva anche messo del suo.
Fuori, in una galvanizzante teoria che arrivava fino ad Herbert von Karajan Platz, il boss aveva schierato una cinquantina di lucidissime Audi nuove di zecca (sponsor del Festival) che aspettavano, con tanto di autisti bellissimi e aitanti, alcuni straricchissimi patron del festival che, assieme al biglietto per la Normafuorinorma, avevano comprato anche il transfert con cui fuggire nella notte che prometteva tempesta.
Tempesta che, all'interno del teatro, non c'è stata. A parte un tuono così potente che ha fatto partile le emergenze di sala. :)
Com'è stata la Norma della Bartoli?
Interessante in alcuni momenti (Teneri figli), fuori stile in altri (Ah bello a me ritorna...), faticosa in certi appuntamenti fissi (Casta Diva), timbricamente monotona e quindi un po' noiosina nei recitativi (tutto quel soffiare), meravigliosa (questo senza mezzi termini) nel finale, e applauditissima tipo rockstar ai ringraziamenti.
E' stata una grande Norma?
Nello specifico penso di no e, per quel che mi riguarda, non ho una gran voglia di riascoltarla.
In assoluto invece ritengo che l'operazione abbia una sua ragione d'esistere. Non fosse altro che per provare a togliere Norma dalla secche callasiane in cui -vista l'autorevolezza del modello- ancora si dibatte.
Non si scappa; tutte le Norme del dopocallas hanno comunque declinato il taglio callasiano (leggi eloquio altero e dignitoso, sacralità sovrumana e iscritta nella pietra, Matteo felicemente parlava di "piedistallo") allontandosene negli intenti (vedi Suthrland e Caballè) ma di fatto rientrandoci senza proporre delle valide alternative. Bravissime, intendiamoci, ma, con tutto il rispetto, "genialmente derivative".
Al di là della valutazione del risultato, almeno la Bartoli ha provato a percorrere un'altra strada.
Certo, l'ha fatto da furba, inventandosi, di fatto, una Norma che non esiste (lei dice quella della Malibran, noi che è quella solita senza acuti e in certi passi abbassata) e costruendo un personaggio dal taglio realistico (anzi, neorealistico) che con Norma ha poco da spartire. Però ci ha provato e certe pagine, ad esempio il finale, hanno trovato un altro significato teatrale ed espressivo. Nè migliore nè peggiore di quanto siamo abituati ad ascoltare, ma diverso.
Purtroppo l'allestimento di Leiser e Courier rientrava nei parametri e nella scuola Loy/Michieletto. Ambientazione originale (la Roma dell'occupazione nazista) risolta solo scenograficamente. Una palestra di una scuola dove si riunivano i partigiani. Poi, dai che ti dai, alla fine tutti si muovevano, passo più passo meno, come nelle Norme che abbiamo sempre visto. E al "guerra! guerra!" il coro faceva il catenone come nell'antico allestimento di Ceroli.
La Bartoli con indosso il vestitino della sora Cecioni e un coltellaccio da ragù tipo Cianciulli prometteva, da ogni angolo di Salisburgo, sfracelli teatrali ed emozioni sceniche al calor bianco. Ne sono arrivate poche, ma valeva lo stesso la pena esserci.
Anche se vi garantisco che io ho pagato il biglietto solo 80 euro. :P
E meno male! : Chef :

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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda pbagnoli » mer 28 ago 2013, 15:49

Io credo che quest'uomo sia un Genio.
Lo dico senza timori di essere smentito.
E' per noi tutti un grande, grandissimo onore che scriva su questo sito.
Grazie, zio Bill: ti adoro : Love :
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda DottorMalatesta » mer 28 ago 2013, 17:43

Oddio, e adesso come faccio a ribattere al Divino?
Lungi da me anche solo tentare di giudicare i Meistersinger di Herheim in una prospettiva di storia dell´interpretazione. Ti confesso che erano i primi Maestri cantori che vedevo dal vivo . Conosco tutte le edizioni DVD disponibili (che non sono poi molte: Wolfgang e Katharina Wagner, Lehnhoff, McVicar, Schenk) e ho letto qualcosina delle regie di Wieland e di Joachim Herz a Lipsia sufficienti a malapena per farmi un´idea.
Se si guarda ai contenuti i Meistersinger sono un´opera talmente esplosiva e problematica (anche, e forse soprattutto) per la sua ricezione nel corso della storia che tanto varrebbe definirla ineseguibile e farla finita. Oppure far esplodere la bomba sperando che qualcosa di quest´opera rimanga in piedi (come ha fatto la pronipote Wagner) e che il pubblico non ti mangi vivo (sai chissene).
Peró, mi domando, e se per un attimo ci astraessimo dai contenuti e dalle superfetazioni ideologiche, sociali e politiche? Hier gilt´s der Kunst! Perché non limitarci a giudicare uno spettacolo accettandone il contenuto (lineare o complesso, elementare o elaborato, risaputo o innovatore) e le premesse di base, concentrandosi su come il contenuto è sviluppato e tradotto in immagini?
Dei Meistersinger Herheim elimina ogni complicazione ideologica. Lecito? Direi di sí. Una furba ruffianata? Forse! Per lui quest´opera è una fiaba, un sogno, una visione. Sará riduttivo, ma perché considerarlo necessariamente una regressione rispetto a quella commedia nera (anzi nerissima) della Wagner? E´ semplicemente un´altra cosa! Dal punto di vista della forma, della resa teatrale regge? Secondo me sí. Le premesse ideologiche e contenutistiche sono sicuramente inferiori (nel senso quantitativo, non necessariamente qualitativo), ma lo svolgimento è da grande teatro.
Poi si potrá discutere se questi siano realmente i Meistersinger. Secondo me, in quest´opera c´è infinitamente piú di quanto Herheim ha voluto mostrarci. Ma quello che ci ha mostrato nell´opera c´é.
Delle perplessitá comunque ne ho anch´io: ad esempio sono rimasto perplesso nel vedere Beckmesser ridotto nuovamente a caricatura come ai tempi delle incisioni di Karajan…. Ma da qui a dire che la regia ha sorvolato sul “nero” di Sachs (con quel capolavoro che è stato il Sachs di Volle nel primo quadro del III atto!) direi proprio di no. Ha “solo” sorvolato sul “nero” che si è accumulato su quest´opera dal 1933 in poi… Ma perché mai poi quest´opera deve necessariamente essere riscattata da una colpa (in parte) non sua?

Ciao!
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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda Maugham » mer 28 ago 2013, 18:40

DottorMalatesta ha scritto:Peró, mi domando, e se per un attimo ci astraessimo dai contenuti e dalle superfetazioni ideologiche, sociali e politiche? Hier gilt´s der Kunst! Perché non limitarci a giudicare uno spettacolo accettandone il contenuto (lineare o complesso, elementare o elaborato, risaputo o innovatore) e le premesse di base, concentrandosi su come il contenuto è sviluppato e tradotto in immagini?


Malatesta, sei bravo e acuto. Ma in questo caso non riesco a capire dove vuoi arrivare.
I Meistersinger -piaccia o meno a Herheim- sono qualcosa di più che una semplice farsa su come il vecchio soccombe di fronte al nuovo.
Così come il Falstaff è qualcosa di più che la farsa di un ciccione che si crede irresistibile e cade in un tranello.
Nessuno pretende di sovraccaricare i Meistersinger.
E' Herheim che ha lasciato per strada il "difficile" e si è concentrato sul "facile".


Dei Meistersinger Herheim elimina ogni complicazione ideologica. Lecito? Direi di sí. Una furba ruffianata? Forse! Per lui quest´opera è una fiaba, un sogno, una visione.


Come no. Anche Otto Schenk o, in tempi recenti, Lepage hanno spogliato il Ring di ogni implicazione concettuale e si sono lanciati nella fiaba, nel sogno e nella visione. E quindi anche loro vanno bene no? :D

Le premesse ideologiche e contenutistiche sono sicuramente inferiori (nel senso quantitativo, non necessariamente qualitativo), ma lo svolgimento è da grande teatro.


Sinceramente consideri grande teatro quelle buffonate degli apprendisti e dei maestri nel primo atto? Consideri grande teatro che, al tema della ghirlanda, nel finale primo gli apprendisti comincino a ballare in girotondo tenendosi per mano e canzonando i presenti come in Wolfgang? Consideri grande teatro la scena Sachs e Beckmesser con spintoni, pacche, puzze d'alito e ceffoni? Consideri grande teatro l'apertura del terzo atto dove un impacciatissimo David sembra una figurina di bisquit? E Volle che fa la faccia imbronciata. E si piglia paura dell'acuto di David come in una brutta comica? E prima che si butta in ginocchio a pregare mentre gli archi di Gatti sventagliano il tema della Rinuncia...
Non ci credo.
Niente di nuovo. L'abbiamo sempre detto: Herheim è un grande uomo di palcoscenico ma non riesce ancora a dirigere in maniera convincente i cantanti che sono lasciati a loro stessi e ai loro tic.
Mi dispiace contraddiriti, ma per me questi Meistersinger non sono stati "grande teatro".
Sono stati un grande spettacolo. Che è diverso.
Del tutto legittimo, ovviamente.
L'ho anche scritto.

Grazie come sempre delle tue ottime recensioni.

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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda VGobbi » mer 28 ago 2013, 19:07

Una domanda ... ma il Maugham come fa a rendere tutto più facile anche i concetti più difficili da spiegare!
Complimenti anche a Dottor Malatesta per la sua recensione dello spettacolo.

Interessante le considerazioni sul post-Callas in merito al ruolo di Norma. Insomma, non c'è una Sutherland o chi per essa che sia al passo della Callas.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda DottorMalatesta » mer 28 ago 2013, 19:16

Maugham ha scritto:I Meistersinger -piaccia o meno a Herheim- sono qualcosa di più che una semplice farsa su come il vecchio soccombre di fronte al nuovo.
Nessuno pretende di sovraccaricare i Meistersinger.
E' Herheim che ha lasciato per strada il "difficile" e si è concentrato sul "facile".
Questi Meistersinger sono stati sovraccaricati da molti che li hanno definiti un capolavoro.
E da un capolavoro, sai, io pretendo che sbaragli tutti gli altri? Senno, che capolavoro è? :D


Lo sapevo che contro il Divino era persa in partenza :mrgreen:
Hai ragione. Non é una regia che sbaraglia tutte le altre, e sicuramente siamo su un altro livello rispetto al Parsifal di Bayreuth.
Peró, parliamoci chiaro, se l´ottica é "sbaragliare" non é che i (peraltro bellissimi) Meistersinger di McVicar fossero un capolavoro... Di fatto erano i Meistersinger di Wolfgang Wagner o Schenk messi in scena da uno che sa far recitare anche i tavoli (talento che, lo riconosco, non é di Herheim). Idem per Lehnhoff (con il suo rifare il verso a Wieland piazzando simboli cretini a tutta scena: e pensare che aveva Van Dam e Volle!!!). E quindi? Va a finire che si salva solo la Katharina!
Herheim ha scelto la via facile e ha vinto facile.

Maugham ha scritto:Sinceramente consideri grande teatro quelle buffonate degli apprendisti e dei maestri nel primo atto? Consideri grande teatro che, al tema della ghirlanda, nel finale primo gli apprendisti comincino a ballare in girotondo tenendosi per mano e canzonando i presenti come in Wolfgang? Consideri grande teatro la scena Sachs e Beckmesser con spintoni, pacche, puzze d'alito e ceffoni? Consideri grande teatro l'apertura del terzo atto dove un impacciatissimo David sembra una figurina di bisquit? E Volle che fa la faccia imbronciata. E si piglia paura dell'acuto di David come in una brutta comica? E prima che si butta in ginocchio a pregare mentre gli archi di Gatti sventagliano il tema della Rinuncia...


No
No
No
e
No.

L´unico che aveva un´idea di cosa e come fare era Volle. Ma per istinto, genio, o quel che vuoi. Tutti gli altri abbandonati a loro stessi.
Lo ammetto. E ti ripeto che sono rimasto molto perplesso da come é stata letta la figura di Beckmesser.
Peró come impostazione di base, come impianto scenico, mi sembra che qualcosa di nuovo questo spettacolo (OK, spettacolo, non regia) l´avesse da dire. Non mi é sembrata solo una semplice farsa su come il vecchio soccorre di fronte al nuovo. Almeno, rispetto alle altre edizioni dei M che conosco.
Non c´é stato grande teatro? E sia! Almeno ho visto i miei primi Maestri Cantori dal vivo in un grande spettacolo... Mi accontento : Chessygrin : !

P.S.: ma dove cavolo é finito Mattioli?! Perchè non mi dá man forte e mi lascia soccombere di fronte al Divino?! Forse é rimasto stordito da una raffica di kalaschnikov a Bayreuth? : CoolGun :

P.P.S.: concordo invece con te su tutto il resto (Falstaff e Don Carlo me li sono visti in TV e forse ho fatto bene cosí). Sulla Norma della Bartoli hai scritto le parole piú appropriate ed equilibrate che abbia letto finora. Divino, non ho parole! 8)
Un po´di tempo fa ho scritto che "il fantasma Callas" in Norma pesa e pesa parecchio (idem per Traviata: bisognava aspettare la Dessay per trovare una via nuova). Per quale motivo, in Norma, é cosí difficile liberarsi dall´"ereditá Callas"?
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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda Milady » mer 28 ago 2013, 19:59

Come faccio a chiamare Maugham Zio Bill? Premessa indispensabile : sono fiorentina .doc - nessuno è perfetto- e di difficilissima contentatura . Però affermo che , sia pure col capo cano, finalmente, mi trovo davanti ad un critico musicale di livello iperuranio .davvero geniale : scrive con chiarezza adamantina, con profondità e con ironia.
Io, per meste ragioni anagrafiche, resto alla Norma della Callas - vista da bambina alle prove pirzonalmentte di pirzona - il mio big bang operistico- (,o di alcune sue epigone).
La Callas davanti alllo spartito era umile. La Bartoli , per il continuo ambaradan mediatico e la superbia luciferina, mi sta antipatica a pelle.
Perdonami , sublime Maugham, ma credo che uno dei traguardi che la Cecilissima si propone da tempo -l' affaire Malibran docet- sia quello di essere la seconda Callas e qualcosa di più. Della "Greca" -così la nominavano nella sfiorita cità del Fiore- coriste sfiatate dicevano : "Vuole cantare tutto ". Mi pare che la Bartoli sia su questa strada. Ma a differenza della greca che , nella vita di ogni giorno dimostrava una estrema insicurezza e una fragile autostima, la Bartolissima ha un Ego a carro armato. Nulla potrà metterla in ginocchio . E gli auguro di uscire vincitrice dalle sue sfide o senza troppe ammaccature.
Noble monsieur , salut
dalla sua accanita fan
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Re: Il furbi di Salzburg 2013

Messaggioda Tucidide » sab 31 ago 2013, 10:28

Leggere le cronache di Maugham è sempre un piacere sommo! 8) 8) 8) 8)
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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