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teo.emme ha scritto:Chiarisco la mia posizione sul Rigoletto di Carsen (mi accorgo solo ora che anche Pietro lo ha recensito). L'ho trovato inutilmente provocatorio, gratuito e volgare.
Adesso dirò la mia su questo spettacolo che ho visto dal vivo la settimana scorsa.
Pietro ha già recensito lo spettacolo in home e non avevo voglia di intervenire.
Però ho letto (non solo su OD) e sentito talmente tante sciocchezze che mi è venuta voglia di puntualizzare e di condividere con voi il mio punto di vista.
Non ho la pretesa di far cambiare idea a nessuno e vi garantisco che nemmeno mi interessa. Mi preme solo fornire alcuni spunti di riflessione che possano tutelare quello che secondo me è il più bel Rigoletto (teatralmente parlando) che io abbia mai visto. Purtroppo il livello musicale è stato talmente basso (e dal vivo rispetto alla diretta televisiva era ancora peggio) da arrivare a mortificare pesantemente perfino la parte visiva e l'idea registica. Che Noseda nel 2013 abbia avallato questa prestazione musicale ha dell'incredibile. Alla fine pensavo di avere di fronte qualche compagnia stabile dell'Est europeo, di quelle che negli anni Novanta portavano in giro una tripletta di opere verdiane a basso costo da fare nei cortili dei castelli della pianura padana.
Transeat.
E occupiamoci di Carsen.
Trovo singolare quanto detto da Teo.emme. Al di là delle valutazioni sullo spettacolo non riesco a capire come si possa anche solo pensare che Carsen abbia voluto provocare qualcuno. E' come dire che Kubrick, in Eyes Wide Shut, è stato "inutilmente provocatorio". O che Joyce, rivoluzionando la lingua, ha voluto solo provocare i lettori. Immagino che Carsen non abbia bisogno di provocare nessuno. I "bricchini" della regia sono altri, non lui.
Trovo anche singolare che molti (anche molto competenti in fatto di teatro) abbiano liquidato questa regia come il "solito" cambio di ambientazione. Invece che il palazzo di Mantova, un circo, invece del Duca, il domatore/direttore, invece del buffone, un pagliaccio. Insomma, Carsen trattato come se fosse Michieletto.
Questo Rigoletto era legato a doppio filo con il Don Giovanni della Scala e con quasi tutte le ultime produzioni carseniane. Il tema ricorrente è l'analisi del rapporto tra realtà e rappresentazione. Lo strumento per marcare e definire questi due mondi in questo Rigoletto (ma anche nel Don Giovanni e nella Tosca di Zurigo) è il sipario. Che qui chiude il boccascena e chiude anche lo spazio nel fondo del palchetto sopra l'ingresso dell'arena.
Come nel Don Giovanni avevamo personaggi che non cercavano il loro autore ma da lui scappavano per entrare nella realtà, così qui l'eterna battaglia tra realtà e finzione è combattuta in un circo dove Gilda tenta di diventare reale (se volete di crescere) e paga con la vita questo salto nella realtà.
Nel Don Giovanni avevamo il Commendatore (il reale) che entrava a "cortocircuitare" la finzione con un ingresso prepotente. Al fine era addirittura tra il pubblico.
Qui c'è Monterone che crea il cortocircuito realtà/rappresentazione portando in scena un cadavere "vero" mentre Rigoletto maneggia un cadavere "finto". Monterone -come il Commendatore della Scala- entra alla fine del secondo atto in platea e passa la battuta a Rigoletto che decide di vendicarlo convinto di rompere la catena della maledizione. Maledizione che qui è chiarissima: il passaggio dalla finzione alla realtà si paga con la morte. Che per un personaggio teatrale significa scomparire. Chiaro, no?
Un altro punto cardine dell'allestimento è da ricercare nella frase di Verdi -stracitata- che definì il Triboulet di Hugo una creazione "shakespeariana". Verdi non solo non scriveva le note a caso, ma anche le parole le diceva dopo averci riflettuto. Perchè è shakesperiano Triboulet? Perchè è un personaggio più grande del vero, con un'oratoria solenne e offre il destro a belle tirate da primattore?
No.
Lo è perchè condivide con i grandi personaggi shakespeariani quella straordinaria verità drammatica ottenuta facendo coesistere in un solo carattere diversi registri espressivi. I sentimenti più bassi, vili, plebei, crassi convivono in Triboulet assieme alla passioni più alte e nobili in una oscillazione continua tra tragico e grottesco. Oscillazione che Verdi raccoglie con fiuto incredibile costellando di improvvisi scarti di registro la sua prima, autentica partitura in senso moderno. E che Carsen raccoglie con straordinario e geniale mestiere costellando la sua regia di alternanze pressocchè continue ottenute con le luci, con l'aprirsi e chiudersi del sipario e con un controllo perfetto delle entrate e delle uscite dei personaggi.
Ne dico solo due. Il Duca esce grottescamente a culo nodo con uno sberleffo verso il pubblico (Carsen aveva già utilizzato questo espediente nella Semele all'ENO non in quella "censurata" con la Bartoli) mentre entra Rigoletto; non si sono ancora spente le risate d'imbarazzo del pubblico che già arriva Rigoletto con la sua maschera di dolore. Gilda entra durante il "Miei signori" ormai diventata reale (e contenta di esserlo) assistendo all'umiliazione del padre (Gagnidze vocalmente improponibile), genitore che durante il "piangi, piangi...", anzichè essere consolatorio -come sempre accade- diventa aggressivo obbligando la figlia a "piangere" (e quindi a continuare nella finzione) rivolta verso il pubblico. Gilda, che ormai è indiscutibilmente reale dopo essere stata col Duca, ovviamente si rifiuta e rimane ad occhi asciutti, anzi vuole risalire la scala a pioli per rientrare in quella realtà che non le è per nulla dispiaciuta e, raccolta da terra una maschera molliccia, scuote la testa con consapevole delusione guardando suo padre che, mascherato, ancora continua a credere nella finzione.
E sono solo spunti di riflessione -ce ne sarebbero decine- su una regia che per me è stata sensazionale. E che ha aderito come un guanto al nocciolo più autentico della drammaturgia del'opera scoprendone i dolorosi e inquietanti meccanismi teatrali.
Poi, se ci si ferma ai saltimbanchi, alle tette e ai culi nudi, allora è vero, Carsen è volgare, irritante e provocatorio.
WSM
mattioli ha scritto:questa produzione del Rigoletto è l'unica a risolvere la sola incongruità drammaturgica dell'opera, cioè l'aria del tenore del secondo atto?
Maugham ha scritto:Però ho letto (non solo su OD) e sentito talmente tante sciocchezze che mi è venuta voglia di puntualizzare e di condividere con voi il mio punto di vista.
Enrico ha scritto: cosa che sicuramente NON farò nelle prossime settimane, anzi credo fino a settembre, un po' perché non posso, e un po' perché non ne ho voglia.
mattioli ha scritto:Apperò, Bugs!
Come diceva Kipling: la femmina della specie è più micidiale del maschio
Non me ne sono accorto. Mi spieghi meglio?
DottorMalatesta ha scritto:Fino a quando, signor Mattioli, il mondo sará disposto a tollerare le sue parole?....
Altro che mignotte, gobbi assassini, poppe al vento e culi all´aria!
Cordialmente sua,
Adelia degli Adimari
Presidentessa della Lega Italiana a difesa dell´autentico spirito verdiano
Maugham ha scritto:Malatesta, dopo questa tirata sei entrato a pieno titolo nella rosa degli operomani al vetriolo di cui Mattioli è presidente.
Quando ci vedremo ti canteremo il finale dei Meistersinger e Bagnoli di metterà sul capo (come Eva con Walther) "il lauro ambito di seta e d'or". Il verso non è Wagner ma zanardinese puro.
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