Carissimi,
premetto che trovo interessantissime le osservazioni di Luca, che inquadrano storicamente e culturalmente il mito di Taide.
Devo però aggiungere che, per quanto riguarda la mia personale visione dell'opera - che non ha pretese di sorta - il problema di Thais e quello di Athanael rigaurda soprattutto il rapporto dell'individuo con la propria vita.
La religione, in questo caso, mi pare soprattutto uno strumento: di negazione nel caso di Athanael, o di cambiamento nel caso di Thais.
Athanael è un personaggio di umanità dolorosissima.
Luca afferma che "progressivamente" cade nell'attrazione per la prostituta redenta.
il sopravvento della passione di questo monaco per l’ex cortigiana divenuta suora, fino a permettersi il lusso di andare contro i suoi stessi principi sacri dicendole in punto di morte che essi non hanno valore e che l’unica cosa è volerla possedere.
Be', sicuramente è così nella leggenda originale, non mi pare nell'opera di Massenett.
Il libretto parla chiaro: Athanael subisce la fatale folgorazione per Thais da ragazzo, da adolescente (ce lo possiamo immaginare quattordicenne o quindicenne) avendola semplicemente vista, nel pieno del suo splendore.
Quindi non è una passione che "sopravviene" in un secondo momento.
E' la radice stessa di tutti i comportamenti del giovane, prima che "salvi" Thais, ma anche prima di farsi monaco.
E' difficile immaginare lo sconvolgimento operato sull'eccitata sensibilità del ragazzo da questa apparizione luminosa, divina, che agli occhi di un giovanissimo può assumere connotati mistici e allo stesso tempo terrori peccaminosi, infernali.
La risposta al deflagrare dei suoi sentimenti per la donna irraggiungibile, malefica eppure intensamente amata, luminosa come una stella, è semplicemente la fuga fra gli anacoreti, i penitenti del deserto;
la fuga dal suo spettro eterno, la donna a cui - sia pure fuggendo - consacrerà la sua esistenza.
E' qui che comincia la grande menzogna di Athanael.
La sua religiosità non è autentica, non è una missione nè una vocazione: Dio non è una salvezza, ma solo un calmante, un antidolorifico, una pillola che cura il sintomo e non il male. Nel deserto, umiliando la propria carne, schiacciando le pulsioni brucianti della sua sessualità, Athanael non ha comunque che un pensiero in testa: la prostituta Thais.
Fatto sta che, auto-convintosi di essere al sicuro da ogni tentazione, molti anni dopo decide di tornare ad Alessandria: finalmente infatti ha trovato la “scusa” (la seconda tappa della menzogna) per rivedere Thais. Dichiara infatti che la propria missione è la “salvezza” della povera prostituta…
Inutile dire che i suoi compagni anacoreti tenteranno di dissuaderlo: non si fugge da se stessi.
Autoconvintosi di agire in nome di Dio, con nello sguardo il sovrano disprezzo per quel mondo di lussuria e dorata superficialità in cui si compiace la capitale, Athanael si prepara a rivedere il mostro che gli ha distrutto la vita (o l’Ideale che gliel’ha riempita).
Intendiamoci! Quando afferma di essere mosso solo da spirito cristiano, dal bisogno di salvare una creatura di Dio, probabilmente è sincero. Nel senso che ci crede davvero, tanto la menzogna è radicata in lui.
Ottiene quel che si è proposto: la donna infatti è anche lei alla ricerca di qualcosa. Anche lei sente l’angoscia e il bisogno di cambiare tutto. L’intervento dunque di questo giovane monaco, le cui parole e i cui sguardi brillano di un ardore che va oltre la fede, è proprio quello che a Thais serviva.
E quindi lo seguirà nel deserto, pronta a immolare alla sofferenza e alla preghiera il resto della sua esistenza.
Ma è qui, nel momento in cui Thais è pronta per abbandonare il mondo e Athanael, che la verità si rivela, senza potersi più contenere.
Athanael finalmente capisce: cosa ha mai fatto? Ha creato una santa, ma ha distrutto la donna che incarnava il suo sogno, la sua ragione di vita.
Ha immolato la creatura a cui ogni suo atto e ogni suo pensiero erano stati consacrati.
Ora tutto diventa chiaro: l'enormità del suo amore, la menzogna che lo aveva spinto nel deserto da ragazzo; la menzogna per cui era tornato ad Alessandria, non per salvare Thais ma per rivederla, per parlarle, per esprimerle (dietro allo schermo dell’amore di Dio) il proprio stesso amore.
Non è quindi “progressivo” il sentimento di Athanael: è costitutivo, genetico, parte del suo essere, fondamento stesso di tutta la sua esistenza.
Così come costituiva in lui è la menzogna.
Ben diverso il caso di Thais: profondamente vera e autentica, sia come prostituta sia come santa.
Non trovate? Sappiatemi dire.
Salutoni,
Matteo