DottorMalatesta ha scritto:COS'E' Parsifal? (Questa è la domanda. Seguono mille altre domande che da essa derivano
):
Qual è il senso di quest’opera? Cosa ha voluto dirci Wagner con essa?
Che domandona/e
Non potrei risponderti se non riassumendo quello che io (assieme a molti altri) ho letto sulla materia. Sarebbe quindi una cosa inutile.
Aggiungo inoltre che il fine filosofico o etico cui mira un artista nell'atto del creare mi interessa il giusto.
Non m'interessa molto sapere a che cosa mirasse Tolstoj scrivendo la Karenina o Monet dipingendo le ninfee.
Inoltre io -è un mio limite- ho una scarsissima propensione per il pensiero astratto.
Sarei un pessimo filosofo. Quindi leggendo i percorsi mentali di Wagner m'incasino....
Detto questo sono convinto che per Wagner il Parsifal sia stato come una catartica seduta di psicoterapia. Una sorta di percorso emotivo con cui lavare i sensi di colpa e il senso di fallimento esistenziale (non solo artistico) che, dopo il 1876, sembra lo attanagliassero. Dico sembra perchè con Wagner bisogna sempre prendere tutto con le pinze: però Cosima dichiara che le sue depressioni e i suoi attacchi di panico erano al limite del patologico e lei era molto preoccupata.
Ovviamente una personalità narcisistica come quella di Wagner non poteva accontentarsi di un semplice testamento spirituale con cui regolare i conti prima di trapassare. Questo sarebbe bastato a Verdi o a Rossini. No, per Wagner, il lavacro doveva essere cosmico, superumano, immenso e fecondante. Non bastava una conversione; lui doveva fondare una chiesa bayreuthiana con la sua teologia. E così la riscrittura del mito cattolico (la compassione dei primi cristiani) mischiato alle letture orientali (il niente cui aspirare per purificarsi) con una spruzzata di ascetismo da padri rupestri di Cappadocia (niente sesso, niente cibo, niente acqua, solo pietre e sole) un po' di antisemitismo con Kundry tra i rovi come l'ebreo dei fratelli Grimm finendo con l'aristocratico snobismo dei templari, tutto questo -e anche altro che tu sai meglio di me- è diventato il Parsifal.
Bignami, dici?
Certo. Wagner era un dilettante nel più alto significato del termine. Non riusci mai a dare una dimensione organica al suo sapere e alle sue letture. Lo dimostra che nessuno dei suoi scritti è mai stato usato da qualche studioso di mitologia nordica. Ed è giusto così. Lui pescava a piene mani da tutte le parti in una sorta di disordinato websurfing ante litteram. Da Darwin a Gobineau tutto quello che leggeva, si trattasse di scienza o si storia o di critica letteraria, era solo cruda materia da prendere, prosciugare, sintetizzare, sminuzzare, cestinare, recuperare per fare teatro. Solo i più miopi -o semplicementi sgobboni- degli esegeti si chiedono il perchè di questa o quella deviazione da un sapere condiviso come se a monte di una qualche scelta o di una qualche censura ci fosse chissà quale riflessione da parte dell'artista. Forse c'era; lui ha scritto complicatissimi tomi per dircelo, ma a me sembra di no. Mi sbaglierò, ma, gratta gratta, a lui come a tutti i geni del teatro interessava il palcoscenico. E il pubblico. Molto più di quanto si creda.
Ti chiedi cos'è la conoscenza attraverso la compassione?
Nient'altro che quella che noi chiamiamo empatia. Ovvero la capacità di "sentire" come proprie le sofferenze, ma anche le gioie altrui. Guarda un po' la qualità che a un egotista come lui era sempre mancata. Perfino quando faceva il rivoluzionario Wagner faceva la sua rivoluzione. Il "problema dell'empatia" comunque è che non la puoi creare con un processo razionale. Voglio dire, o sei empatico o non lo sei; e Wagner non lo era. A prescindere da tutte lo stronazatine di amante dei cani, gatti e volatili. Perfino la tresca con la Wesendonck puzzava di razionalismo; e quindi, sotto il profilo letterario Wagner s'inventa la storia dell'empatia nella leggenda di Parsifal. Il puro folle che diventa sapiente per compassione. Cosa che nell'originale celtico mi pare non ci sia. Il punto è che questa costruzione puzza troppo di tavolino e di scrittoio. Vedi quando Gurnemanz lancia la profezia... tàcchete, ecco che il puro folle entra in scena dopo aver ucciso il cigno. Povero cigno... l'animalismo delle SS....
Invece nella musica i conti tornano tutti. Perchè in quel settore il dilettantismo di Wagner (per fortuna nostra) lo ha reso il genio sperimentatore che tutti adoriamo.
Conoscenza attriverso la compassione in musica?
Facile.
Prendi il primo tema che apre il preludio. E un tema strano, più lungo del respiro umano e quindi incantabile (nessuno infatti nell'opera lo canta), tra l'altro con una ritmica pazzesca tutto sincopi. Non capisci niente, dova cada il tempo forte, quello debole.... Questo tema viene indicato come quello della cena. In una lettera a Ludwig infatti Wagner divideva in due il preludio. La prima parte faceva riferimento all'ultima cena; la seconda alla passione da Getsemani al Calvario. In realtà il tema possiamo chiamarlo della pietà o dell'amore; il messaggio di Cristo all'ultima cena.
La prima parte del preludio si basa sulle tre virtù teologali che sono, se non sbaglio, fede, speranza e carità. Wagner ribalta l'ordine. Per prima la carità con questo tema (chiamatelo della pietà o dell'amore è lo stesso); poi il tema del Graal (l'amen di Dresda, quandi la speranza) e poi la fanfara eroica e militante degli eserciti cristiani con il tema della fede.
Soffermiamoci sul primo tema.
Questo è l'ur-motiv del Parsifal. Da cui derivano quasi tutti i temi diatonici. Tipo il Natur-motiv del Rheingold..
Questo tema Wagner lo divide in tre parti.
La prima, l'esposizione, è legata all'amore.
La seconda è associata al dolore di Amfortas e al dolore in generale, e la terza alla lancia che questo dolore ha creato in Cristo prima e in Amfortas poi.
Quindi tema dell'amore, al cui interno nasce sia il tema del dolore (che questa pietà crea) che quello dell'arma la cui essenza simbolica (basta vederla) rinnova la conoscenza del dolore.
Capito consapevolezza attraverso la compassione?
Un genio. Empatia o meno.
WSM