Il fatto che negli anni '820 la scuola italiana fosse presente, in qualche modo, fuori dall'Italia è un fatto fin troppo scontato per essere rimarcato.
La diffusione della tecnica italiana in europa era un dato che aveva caratterizzato tutto il 700 e persino prima.
Questo non toglie che, proprio a partire da quegli anni, si cominciassero a diffondere stili diversissimi e nuove tecniche di emissione, forgiati sulle esigenze della nuova musica "nazionale" e spesso proprio ostili e competitivi al "vecchio" vocalismo all'italiana.
Negli anni della Sembrich la germania (in senso lato) aveva già concepito una tecnica e un gusto radicalmente autononi, e non solo per la compresenza della rivoluzione wagneriana (da cui non erano esenti nemmeno i soprani di coloratura, come la giovane Lehmann) ma anche per le peculiarità del gusto e della sensibilità del pubblico dell'epoca.
Proprio gli esempi di Jadlowker e di Urlus, ben lungi (a mio parere) da rappresentare reperti archeologici di un ipotetico rossinismo di cinquant'anni prima (con cui non vennero certamente mai in contatto), rapresentano proprio le differenze abissali di gusto e vocalità che si erano aperte rispetto ai contemporanei cantanti italiani.
Anche l'emissione (in termini tecnici) è radicalmente diversa.
Questo perché i teatri della Germania non erano affatto "in ritardo rispetto alla produzione operistica" ma semmai all'avanguardia.
In ritardo (già allora) era l'Italia, al punto che Verdi doveva andare in Germania a cercare la sua prima interprete di Amneris; al punto che tutto il repertorio dei teatri italiani dal 1870 in poi cominciò a imitare quello dei tedeschi (con allargamenti non solo wagneriani, ma soprattutto a Meyerbeer). Qui il grande esperto Dottor Cajus potrebbe intervenire! :
La Sembrich, con il suo vocalismo strumentale, con le sue note fisse e poco vibrate, con la tipica cristalleria di intonazione e il rigetto per portamenti, è in tutto e per tutto una coloratura tedesca (come la Abendroth e la Siems) il cui vocalismo sarebbe ovviamente confluito nel Liberty, di cui non ritengo affatto improprio attribuirle le caratteristiche.
E' da questo tipo di coloratura (del tutto e per tutto mitteleuropea) che sarebbero poi discese le Zerbinette e la Fiakermilli di Strauss (e, in astratto, la stessa Lulu di Berg).
Che si sia perfezionata anche a Milano non vuol dire nulla: gli studi principali li ha fatti a Vienna, studiando con Rokitansky e quindi con Lewy.
Viennese poi è tutta la sua formazione musicale e culturale (era egregia pianista, allieva di Epstein, amica di Listz). Ma quel che più conta è tedeschissimo è il suo canto, il suo gusto, la sua emissione.
Chiunque, dopo un nanosecondo di ascolto, si rende conto dell'inconciliabilità di un'emissione come la sua rispetto a quella (che so) della Tetrazzini.
Che tra le sue allieve ci sia stata Maria Jeritza mi pare abbastanza significativo (a meno che non vediamo anche nella Jeritza un preclaro esempio di belcanto rossiniano)
Quanto a Battistini, il fatto che fosse "vecchio stile" negli anni '90 dell'Ottocenteo (il ché è abbastanza evidente anche dai suoi dischi) non ci autorizza affatto a considerarlo (cinquant'anni e più dopo il tramonto degli ultimi veri campioni del belcanto) un esempio attendibile di vocalità e gusto belcantista.
Come non lo è stata la Callas: anche lei non ha fatto alcuna seduta spiritica con le primedonne del primo ottocento.
Semplicemente ha affrontato un repertorio antico dotandosi di strumenti tecnici e stilistici efficienti e coerenti, in grado - se non altro - di dare risposte convincenti a quegli spartiti in un'epoca lontanissma e in un gusto completamente mutato.
E nonostante tutto è ridicolo anche solo pensare che la Pasta cantasse come cantava la Callas.
Domenico Donzelli ha scritto:Non sipuò , penso, affarmare che non esistano prima della Callas o della Sutherland modelli di esecuzione e di gusto belcantistico.
E' evidente che non si può! Ma questo era semplicemente acclarato.
Non vorrei che tutto il tuo post nascesse semplicemente da una cattiva lettura del mio. Io avevo scritto (cito testualmente)
Io non credo proprio che una Patti, un Battistini o un Marconi possano in alcun modo darci l'immagine di quello che doveva essere lo stile degli anni di cui parliamo.
Il loro era un arieggiare il belcanto, imitarlo secondo un gusto già radicalmente mutato. Ai loro anni il belcanto non c'era più; c'erano solo cantanti (specializzati in anticaglie ) che si erano inventati una tecnica idonea e coerente rispetto alle opere "vecchie".
Lo stesso che avrebbe fatto la Callas o la Sutherland, che infatti non sono "belcantiste" ma "neo-belcantiste novcentesche".
Se rileggi con attenzione (specie l'ultima frase) non solo vedrai che non ho mai affermato che prima della Callas non ci fossero interpreti specializzati nel repertorio belcantistico (anzi in un altro thread ero stato proprio io a mettere in evidenza, con nomi e cognomi, i prolegomena storici al caso Callas).
Ma addirittura ho messo Callas e Sutherland sullo stesso piano di Battistini.
Tutti costoro (Callas e Sutherland comprese) non sono belcantisti, bensì cantanti di epoche e formazioni diversa che ...hanno affrontato quel repertorio, cercando di darvi risposte più o meno indicate tecnicamente e più o meno coerenti stilisticamente.
Sta a noi giudicare l'efficacia di quegli approcci, sui risultati e tenendo ben a mente il filtro dell'epoca che li ha prodotti (che nel caso di Battistini resta irrimediabilmente la belle Epoque, mentre nel caso della Callas resta irrimediabilmente il secondo dopo guerra).