Non ho mai fatto mistero di non apprezzare la regia di Hans Neuenfels del Lohengrin di Bayreuth.
Non si puó però negare che Neuenfels ha scritto delle pagine importanti nella storia della regia d´opera. Basti pensare allo scandalo enorme della sua Aida di Francoforte (1980), dall´impatto pari (se non addirittura superiore) al Ring di Chereau del 1976. L´Aida in cui la protagonista è una donna delle pulizie, il successivo Nabucco ambientato in un alveare, e il recente "Rattengrin" sulla verde collina sono esempi emblematici (e celeberrimi) del Regietheater piú estremo.
Confesso di aver sempre guardato con una certa diffidenza e un pizzico di disprezzo al Lohengrin di Neuenfels. Probabilmente perché consideravo questo spettacolo come un´accozzaglia incoerente di provocazioni gratuite. Avevo invece apprezzato (e senza riserve) il Lohengrin narrato da Jones ed imperniato sulla simbologia della casa (il nido d´amore, il sogno di Elsa), e quello –densissimo di riferimenti culturali- di Guth (ho anche il DVD del Lohengrin con la regia di Konwitschny, ma devo ancora trovare il tempo di visionarlo). A paragone di quello di Jones e di Guth, il Lohengrin di Neuenfels mi sembrava uno spettacolo concepito unicamente con lo scopo di "épater les bourgeois". Cosa che, sulla scia della rivoluzione culturale e dei costumi del ´68, poteva avere un senso negli anni ´70, ma molto meno nel nuovo millennio.
Ora invece mi sono ritrovato a leggere questa (piú che) convincente analisi del Lohengrin di Neuenfels e, francamente, non so piú cosa pensare:
http://www.thewagnerjournal.co.uk/supplementarypag.htmlSi tratta davvero di una grande regia? Se è cosí, perché non l´avevo capito prima? Non avevo gli strumenti culturali/linguistici adatti per comprendere appieno questo spettacolo?
E´ un po´ il problema dell´arte contemporanea: senza qualcuno che mi guidi per mano rischio di perdermi senza riuscire a capire e quindi senza avere gli strumenti adatti per giudicare… E´ solo un problema di linguaggio? E´ il solipsismo, l´autoreferenzialitá, l´egotismo dell´arte contemporanea? Il problema dell´arte contemporanea e del Regietheater nell´opera lirica è solo un problema di comunicazione? E se sí, il problema sta in chi trasmette il messaggio (il regista), in chi lo riceve (il pubblico), o in tutti e due?
AIUTO!!!!
DM
P.S.: piccola postilla. Matteo a proposito del Rattengrin in questione scriveva "se un simbolo non si capisce, vuol dire che non c'è nulla da capire". OK. Peró va anche detto che la grandezza e la profonditá del Lohengrin di Guth l´ho potuta cogliere solo leggendo quello che ne ha scritto Matteo! Discorso analogo per il Rigoletto di Carsen di quest´anno: NESSUNO (ma proprio NESSUNO) dei critici che ha recensito questo spettacolo su riviste piú o meno importanti (Classicvoice, Diapason, Das Opernwelt) è andato oltre l´immediato ("Carsen ha ambientato Rigoletto in un circo perchè il gobbo, per il regista, é un pagliaccio"). E naturalmente tutti a bastonare Carsen
!!! Insomma, vaglielo a spiegare ai critici piú o meno togati del mondo intero che dietro quel simbolo c´era qualcos´altro!!! E, francamente, a proposito del Rigoletto di Carsen non mi sembra che possa valere l´affermazione di Matteo per cui "se un simbolo non si capisce, vuol dire che non c'è nulla da capire". Qui c´è stato un problema di decodifica del segno/simbolo da parte di... buona parte
del pubblico e della critica, non mi sentirei proprio di dire che in quel Rigoletto non ci fosse nulla da capire...
Fortunatamente noi abbiamo il divino che ci assiste ed illumina!!!!