MatMarazzi ha scritto:Se il "marketing" vuole che tu ascolti qualcuno, tu lo ascolterai!
E come te lo ascolteranno diverse centinaia di migliaia di persone!
Perché l'arte è un fenomeno sociale, in cui gli individui contano poco.
il "marketing" è il filtro posto fra l'arte in potenza e ciò che i teatri materialmente fanno: è ciò che permette all'una di diventare l'altro.
Non vorrei sviare dall'argomento, visto che il thread è sul Lohengrin; comunque io non discuto assolutamente la veridicità di quanto affermi: infatti, come ho detto, riconosco alla pubblicità, alla promozione e al marketing la capacità di diffondere, di far conoscere, di stimolare curiosità ed incrementare i consumi di questo o quel prodotto.
Se un soprano X e un soprano Y oggi, 26 dicembre 2012, sono conosciuti da 100 persone o poco più, ma X viene messa sotto contratto dalla Decca con corredo di pose glamour, CD ruffiani e uscite DVD, mentre Y resta confinata nei teatri della sua regione, ovviamente fra un anno X sarà notissima mentre Y non lo sarà. E magari a me, consumatore, piacerebbe di più Y di X. Però X la conosco, Y no.
Questo è ovvio e, ripeto, sono il primo a dirlo.
Quello che non mi convince è l'idea che la pubblicità possa convincere della "bontà" del prodotto, insomma agire "subliminalmente" sul gusto. Perché alla fine io, fruitore cliente consumatore, quando metto in bocca un biscotto o ascolto un soprano, me ne frego se quel biscotto o quel soprano mi è stato pubblicizzato come il non plus ultra nel rispettivo settore. Se il biscotto non è di mio gradimento, o se il soprano non mi piace, la pubblicità può poco. Certo, resta il fatto che ho comprato quel pacchetto di biscotti o sono andato a sentire quel soprano perché mi è stato pubblicizzato: questo è innegabile, e in questo la pubblicità ha ottenuto il suo scopo, indubbiamente. Ma poi bisogna vedere se io, come tanti altri, ricomprerò quei biscotti o andrò a sentire di nuovo quel soprano. Se sarò convinto della bontà del prodotto, INDIPENDENTEMENTE dalla pubblicità, riconsumerò. Sennò, tanti saluti. Altrimenti dovrei avere la casa piena dei CD di Calleja, che la Decca sponsorizza come "the golden voice".
Invece mi sono bastati pochi ascolti per dire, indipendentemente dal battage, che Calleja non mi interessa. Non dico che sia un prodotto, uno specchietto per le allodole, una nullità di cartapesta: può darsi che piaccia, anzi sicuramente piacerà a molti, ma a me no. Ora, io non penso di essere un titano, un superuomo che è riuscito a combattere alfierianamente contro il complotto delle multinazionali che volevano impormi Calleja.
Penso che come me tanti altri, per non dire tutti, si regolino come me, cioè mettano davanti a tutto il proprio gusto.
Tutto qua.
Se poi vogliamo credere alle storielle che zio Rudy ci raccontava la sera per farci addormentare fra le rassicuranti coltri della critica seria e ARGOMENTATA (eh, signora mia, non ci sono più i critici di una volta), quelle storie che narravano di un pubblico incompetente, incapace di giudicare perché avvezzo ad una critica inconsapevole o, peggio, connivente, padronissimi di farlo. Le fiabe sono piacevolissime, un vero nutrimento per lo spirito.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...