Sembra proprio che il disco per le registrazioni di opere integrali oramai esista quasi esclusivamente in funzione del repertorio barocco in genere, e di Haendel in particolare.
Oltre alla Decca che ha pubblicato un bellissimo Alessandro, con la direzione di Petrou (alla sua prima incisione con Decca) e un cast all stars capeggiato da Cencic e da Julia Lezhneva, c'è anche l'ennesimo Giulio Cesare (già inciso ottimamente dallo stesso Petrou, ma per altra etichetta), questa volta di Alan Curtis che, con la Naive, prosegue la propria integrale di Haendel partita prima con la Archiv/DGG e proseguita con la Virgin.
A parte il balletto delle etichette, c'è da fare qualche osservazione:
Petrou è il nuovo vero talento direttoriale del repertorio barocco. Fantasia, sound ricco e vario, interpreti ottimamente scelti e perfettamente motivati: ce l'aveva fatto sentire anche con l'etichetta DG (che sta per Dabringhaus und Grimm) per cui registrava prima con minore disponibilità di mezzi e con cantanti meno interessanti, ma complessivamente elettrizzanti. Questo Alessandro - di cui discuteremo approfonditamente più avanti sul nostro sito - è una delle riuscite discografiche più intriganti dell'anno che sta finendo: Cencic è ormai - e al di là di ogni considerazione personale - l'interprete più elettrizzante dei ruoli Senesino, nei quali riesce a infondere un mix molto equilibrato di eroismo, virilità e malinconia. Al suo fianco, Julia Lezhneva conferma le impressioni già date di essere una delle realtà più entusiasmanti del canto d'opera: la sua Rossane è favolosa per colori, appropriatezza stilistica e bellezza del canto
Curtis fa un deciso passo indietro rispetto all'ottimo Ariodante inciso per la Virgin, probabilmente il punto più alto della sua discografia. Quella registrazione era però nobilitata - e animata, va detto - dal talento istrionico di un'altra fra le più straordinarie cantanti dei nostri tempi, Joyce DiDonato che, da sola, vale l'acquisto. Qui Curtis fa l'ennesima registrazione nel proprio personalissimo stile: l'organico molto ridotto favorisce la pulizia della linea musicale, ma la totale mancanza di fantasia rende il tutto di una noia mortale. In Giulio Cesare, una delle opere più belle scritte da Haendel, riuscire a annoiare è veramente un'impresa non banale; ma lui ci riesce. Peccato, e abbastanza inspiegabile se si considera che si tratta di una persona di simpatia e calore umano non indifferente. Oltre a ciò, cast veramente scarso: la Lemieux non ha nulla, ma proprio nulla di un ruolo Senesino (e non è questione di essere un mezzosoprano invece di un controtenore) e non è nemmeno particolarmente irreprensibile come canto; la Gauvin è corretta, ma non ha fascino né timbrico, né di personalità, né di tecnica come Cleopatra (quanto meno rispetto alla Dessay o alla Kozena); Mineccia come Tolomeo non vale nemmeno un'unghia di Dumaux o di Mehta; sicché l'unico elemento veramente interessante è tale Emoke Barath, soprano ungherese, che interpreta Sesto
ultima considerazione: come già suggerito da Matteo Marazzi in altro post, i ruoli del Senesino oggi dovrebbero sempre essere affrontati da un controtenore. Ovviamente, non un controtenore qualunque: personalmente, oltre al già citato Cencic, preferisco Zazzo