Riccardo ha scritto:Perché mai le performing arts non dovrebbero essere una branca della musicologia?
Perché si occupano d'altro, Ric.
Le une si occupano di segni visivi e sonori dotati di caratteristiche ben precise (percepibilità sensoriale, finitezza e concretezza nello spazio e nel tempo, ecc..), l'altra si occupa di segni scritti, la cui fruizione, i cui canali, i cui mezzi di comunicazione sono talmente lontani da reclamare una diversa strumentazione critica per poter essere non solo fruiti, ma anche analizzati.
Non stiamo parlando solo di un diverso codice... stiamo parlando di forme della comunicazione umana totalmente diverse!
Ma già gli anglosassoni la pensano diversamente, per non parlare degli americani,
A me invece pare il contrario: le cose che sto affermando in questi thread le hanno dichiarate proprio gli americani e inglesi da moltissimo tempo in qua.
Loro sono stati i primi a concepire le performing arts come discipline totalmente autonome, a cui destinare ricerche e metodologie specifiche.
Mi viene in mente un saggio che lessi qualche anno fa e che mi colpì per l'evidenza abbagliante (voglio assolutamente recuperarlo per dirti il nome dell'autore); uno studioso americano osservava che ci sono più affinità morfologiche e sintattiche fra un concerto sinfonico e una manifestazione di agonismo sportivo che tra lo stesso concerto e lo spartito da cui è tratto!
Il problema è che a noi europei una simile frase sembra strana perché siamo ancora dominati da un'ideologia romantica e idealistica che ci ha abituato a porre il compositore su un piedistallo e l'interprete ai suoi piedi, come un "umile ancello".
Bah!
E dire che invece per millenni le "performing arts" non hanno avuto alcun bisogno della "letteratura" (che sarebbe arrivata molto tempo dopo).
Erano forme di improvvisazione o di memoria orale, eppure erano già raffinatissime e complesse, assai prima che a qualcuno venisse in mente di fissarle (a priori o a posteriori) in pre-testi o post-testi letterari.
Erano il Canto, la Danza, il Teatro... tutti con la maiuscola.
Durante quei millenni a nessuno sarebbe neanche passato per il cervello di interpellare studiosi di "segni scritti" per decifrare queste antichissime, primigenie e del tutto autonome forme dell'espressione umana. Ma accidenti a noi... ci è bastato uno stupido secolo di farneticazione estetico-romantica e abbiamo stravolto tutte le più normali e ovvie distinzioni.
argomentando la pari (se non talora inferiore) dignità di Beethoven rispetto a Duke Ellington
Che c'entra questo, scusa?
Gli spartiti delle composizioni di Duke Ellington sono a loro volta letteratura, proprio come quelli di Beethoven.
Se i musicologi americani (e non solo loro... siamo onesti, dai) hanno imparato a porli sullo stesso piano fanno solo bene.
E' proprio quello il loro ambito di azione. La nota su un pentagramma.
tu lamentavi che i musicologi talvolta si laureano senza aver sentito una nota di Wagner - ma in base a quel criterio ci si dovrebbe invece poter laureare senza mai avere sentito una nota di Bacharach, dei Beatles o di Henze?)
E' un po' più grave se permetti.
E lo dico proprio, in questo caso, da un punto di vista musicologico.
Magari Wagner non sarà stato grande come Bacharach (opinione che ti lascio volentieri) ma il suo esempio - volenti o nolenti - ha gravato su migliaia e migliaia di compositori novecenteschi, che - imitandolo o opponendovisi - si sono comunque rapportati a lui.
Pensare che un musicologo possa prescinderne, equivarrebbe a pretendere - per uno studioso di letteratura italiana - che si possa fare a meno di leggere Petrarca.
Eh no! Non si può... Chiedi a Tuc e a Enrico se non ci credi!
Se vuoi puoi anche dire che Petrarca non sapeva scrivere (liberissimo!) e che i versi delle canzoni di Mogol sono assai più belli; ma dovrai conoscerlo lo stesso... e bene! Perché se non avrai studiato Petrarca non ti sarà concesso di capire nemmeno l'abc di un buon sessanta per cento della nostra letteratura.
Tutto questo per dire che non è così evidente che i settori di indagine siano (e debbano essere) così separati come vorresti tu.
...veramente finora hai solo dimostrato che non dovremmo tenere distinti i settori della musica "cosidetta colta" da quella "cosidetta pop", problema che a dire il vero nessuno aveva posto...
Anzi, se ti ricordi io scrivevo queste cose già molti anni fa!
Ciò di cui si parlava era del fatto che la Musica (intesa come arte dei suoni, arte "performante") è tutt'altra cosa dalla letteratura musicale.
Tantopiù che, da ormai molti anni a questa parte, l'incrocio con le performing arts è avvenuto anche sul fronte della musica "colta" quando musicologi come Gossett si sono accorti ad esempio che per le edizioni critiche della musica dell'Ottocento (di Bellini, ma anche di Beethoven) è indispensabile considerare la prassi esecutiva dell'epoca, lettere e specificità varie dei cantanti, oltre a tutti queli aspetti esecutivi ed interpretativi che con la storia testuale della composizione profondamente s'intrecciano. Se poi consideriamo anche che oggi addirittura qualcuno sostiene, non a torto, che per una storia dell'evoluzione testuale delle sonate di Beethoven varrebbe la pena considerare come "testi" anche le incisioni di Schnabel oltre alle edizioni da lui curate...
Oh... qui torniamo in tema.
Il punto di vista di Gossett è quello filologico (in senso letterario): a lui continua a interessare pertanto l'autenticità del testo LETTERARIO (la partitura rossiniana), avendo capito che la sua decifrabilità dipende anche da certe "convenzioni di lettura", non conoscendo le quali non possiamo sperare di comprenderlo fino in fondo.
Nulla di più normale che, per ottenere questo rispettabilissimo risultato "musicologico", egli si avvalga anche di "altre discipline" (come appunto lo studio della pratica musicale dell'epoca).
Se è per questo anche gli storici (per decifrare le ondate migratorie degli Indoeuropei) si sono appoggiati alla linguistica comparata e alla toponomastica. Non per questo la linguistica è una branca della storia. Qualunque linguista ti strangolerebbe se lo dicessi!
Gli archeologi (che hanno imparato a datare i loro ritrovamenti col radiocarbonio) si sono a loro volta appoggiati alla chimica.
E tuttavia la chimica non è una branca dell'archeologia.
Quanto al fatto che le incisioni di Schnabel (o della Callas, o di Caruso) siano "testi" io sono il primo a dirlo e a gridarlo.
Anzi, lo vado dicendo da molti anni.
E tuttavia non sono e non saranno mai testi letterari!
Anche i quadri sono testi (dotati di codici e di messaggi), ma non sono letteratura.
Anche le regie, le coreografie sono testi (idem), ma non sono letteratura.
I segni di cui si compongono tutte queste forme di comunicazione umana (nessuna delle quali è letteraria) sono una cosa troppo seria e troppo importante per permettere agli studiosi di letteratura (e segnatamente ai musicologi, che poveretti hanno già abbastanza problemi da risolvere) di continuare a impedirci di analizzarli come meritano.
E ancora, per riprendere il tuo raffronto, non pensi piuttosto che il biologo corrisponda al musicologo (all'europea o all'americana) mentre il medico al direttore d'orchestra (insieme a cantanti, registi ed esecutori vari)?
Questo è vero.
Il mio esempio si prestava a fraintendimenti, perché contrapponeva discipline "teoriche" ad altre "applicative".
Spero con questo post di aver risolto l'ambiguità.
Salutoni,
Mat