Quanti argomenti appassionanti e quanto poco tempo per rispondere a tutto...
Mi prendete in un momento di super-attività e mi spiace non contribuire come vorrei a questi bellissimi dibattiti.
DottorMalatesta ha scritto:1. Penso che l´atteggiamento donbartolesco del “la musica ai miei tempi era altra cosa” debba essere un po´ mitigato.
(cut)
Come ho giá detto altrove rimpiango (e come altrimenti) il non aver potuto vedere dal vivo una Callas o una Mödl, ma sono felice di vivere in un momento storico che mi ha permesso di vedere la Violetta della Dessay!!!!
Certo, ma qui si parla di Wagner e non della Violetta di Natalie Dessay.
Nè il discorso di Aspro sul calo intepretativo di Wagner (estremamente interessante e per me con più di un elemento di verità) si può ridurre alla solita laudatio temporis actis tipica di altri lidi, non certo del nostro.
Cerchiamo di limitare a Wagner le nostre osservazioni, perché ogni compositore e ogni repertorio fanno storia a sé.
Quell'interessante e complesso fenomeno che è l'esecuzione di testi del passato (su cui, per buona parte, si fonda il fenomeno "Opera" da un secolo in qua) non si comporta, come ho già scritto altre volte, come un macigno univoco, in cui la storia procede uguale per Mozart come per Strauss, per Verdi come per Massenet.
Ogni singolo autore, ogni singolo esponente del passato che recuperiamo nelle nostre stagioni d'opera (anche Wagner) vive in modo diverso il suo cammino attraverso i secoli ed evolve diversamente nel gradimento e nella sensibilità del pubblico.
Gli ondeggiamenti di popolarità che i compositori incontrano attraverso i decenni (che si riflettono in qualità di esecuzione) dipendono dallo spirito del tempo, dalle caratteristiche delle epoche.
Quello che in questo forum sto dicendo da moltissimo tempo è che l'incidenza di un certo compositore sul pubblico di una data epoca non è dettata da elementi "oggettivi" (del tipo: Handel è grande, quindi il pubblico DEVE amarlo e se non lo ama vuol dire che è becero), ma da selezioni che le varie epoche operano nel grande serbatoio del passato.
Insomma: un'epoca sviluppa certe caratteristiche (certi valori, certe sensibilità, certi obiettivi, certe problematiche, certe visioni del mondo) e sulla base di queste SELEZIONA i suoi compositori e i suoi repertori.
L'atteggiamento di chi non crede all'evoluzione è quello di disperarsi perché certi autori sono peggio eseguiti oggi di come si eseguissero ieri. L'atteggiamento (altrettanto sbagliato) di chi crede troppo al proprio tempo è quello di accusare il passato di non aver saputo eseguire certi autori bene come li si esegue oggi.
L'atteggiamento che io vi invito ad avere è quello di osservare che il nostro tempo (proprio come quello dei nostri bisnonni e quello dei nostri pronipoti) può sviluppare certe affinità col passato ed è su quelle che potrà sfoggiare le sue interpretazioni operistiche migliori.
Tornando a Wagner e alle tesi di Aspro, quello che lui osserva è quello che tutti vediamo.
Solo che il problema, per me, non sta nel calo qualitativo degli interpreti.
Non sono d'accordo che oggi Wagner si canti e si suoni peggio di come si faceva negli anni '50.
Anzi da certi punti di vista (per esempio la resa orchestrale i cui standard si sono alzati un po' dovunque, o la cura degli allestimenti scenici) il livello medio di qualità di un'interpretazione wagneriana è persino più affidabile oggi che nei mitici anni '50 (o anni '40).
Potremmo persino aprire qualche riflessione sugli interpreti classici (a partire dal Wotan di Hotter) e chiederci se davvero - per grandi che fossero - non avessero a loro volta limiti e difetti.
Eppure il problema che Aspro pone resta.
C'è qualcosa nel Wagner che si fa oggi che lo rende diverso, meno travolgente, forse anche meno "sincero" di come era in altre epoche.
Chiamala scintilla interiore, chiamala intensità emotiva, chiamala autenticità di convinzione...
Ma è così.
E questo, stando alle mie teorie, dipende dal fatto che la nostra epoca si sta lentamente ma incessantemente allontanando dall'universo estetico e ideale wagneriano.
Ci sono state epoche in cui Wagner era la perfetta realizzazione operistica dei convincimenti più profondi delle persone, in cui tutto suonava fresco, vero, appassionante, sentito (la Neue Bayreuth è un esempio o gli anni grandiosi di Cosima, prima della grande guerra).
Ora invece ci ...trasciniamo Wagner perché è doveroso farlo, perché una stagione che si rispetti non può non mettere in piedi l'ennesima nuova produzione inutile, in cui il povero regista di turno debba arrabattarsi disperatamente per trovare una qualche ideuzza diversa che dia un senso qualsiasi alla sua produzione.
Infatti non c'è un Ring che possa competere (in termini di impatto sulle sensibilità attuali) quanto quelli di Wieland o di Chereau ai loro anni.
Questi sono i problemi su cui secondo me Aspro ci invita a riflettere.
Se amiamo tanto i Ring del passato è perché sentiamo in loro un'urgenza di verità che oggi forse è smarrita.
(perfino la realizzazione musicale del parto: prendi il racconto che Mime fa a Siegfried nel I atto della seconda giornata!!! Nessun´opera prima o dopo si era spinta a tanto!
Se è per questo Wagner è andato anche oltre.
Se prendi le ultime tre battute del Siegfried hai una perfetta realizzazione musicale dell'eiaculatio precox.
(Scusa me me le tiri fuori con le tenaglie).
Salutoni,
Mat
PS: spero di avere presto il tempo di rispondere anche a zietta Ebe.