La lungamente attesa stagione veneziana 2008 è stata finalmente svelata.
Si inaugura con La Rondine, opera avvezza a fini dicitrici (Olivero, Kabaivanska, Scotto), pertanto opportunamente affidata alla Cedolins, che ne farà il titolo di punta di un'annata 2007-8 già in odore di forfait. Vedremo se la celeste voce della cantante friulana saprà librarsi sopra il sicuro zumpapà governato da Carlo Rizzi.
Tornano gli anni Sessanta, nel senso degli urlatori alla sbarra, con Elektra (per la serie: "riscopriamo opere poco note di Strauss"), che offre almeno il contentino di un direttore di solido mestiere, e il dittico Leoncavallo/Schoenberg, il cui cast sembra confezionato apposta per convincerci dell'impossibilità di cantare questo repertorio.
Inutile nascondere, però, che l'attesa è tutta per il Barbiere: l'Almaviva testosteronico di Meli, la Rosina di una Polverelli che è ormai la più fulgida belcantista d'Italia, il Bartolo di De Simone, maestro di recitativi, e il Figaro di Frontali, recentemente apprezzato nella Traviata scaligera, assicurano la piena riuscita dello spettacolo. E l'assoluzione preventiva per il direttore Fogliani.
Superata la funzione sinolimpica, è il turno di Morte a Venezia (viva l'imprevedibilità), con il collaudato spettacolo di Pizzi e la non meno navigata bacchetta di Bartoletti. Non mi stupirei se si rivelasse il miglior spettacolo del 2008.
"Noi siamo i giovani" potrebbero cantare all'unisono Leo Nucci e Ferruccio Furlanetto, il primo Nabucco in un allestimento tuttora sine Abigaille (e la rogna, in quest'opera, è il soprano, non certo il baritono) e il secondo impegnato in due ruoli monumentali - Zaccaria e Boris - in cui siamo certi non farà rimpiangere il Ruggero Raimondi delle serate migliori.
Sulla Tosca una sola domanda: come mai non c'è Armiliato?