Letta con grande interesse la recensione di Pietro.
Capisco bene le perplessità circa l'edizione, anche perché Rattle, su questo fronte, era un tipo di sensibilità modernista. Da lui ci si sarebbe aspettata una scelta non dico più à la page, ma almeno più in linea con la sensibilità odierna, mentre la Oeser (al di là dei suoi limiti) è un tipico prodotto anni '60. L'universo che pulsa, dietro la scelta editoriale, è quello degli anni '60.
Sono invece molto incuriosito dalla forza interpretativa che Bagnoli attribuisce al direttore, che per inciso io considero uno dei tre o quattro maggiori del nostro tempo.
Allo stesso modo mi ha colpito il grande entusiasmo per la Carmen della Kozena, artista straordinaria ma che in Carmen, a Salisburgo, aveva anche raccolto perplessità (zingara "radical-chic", progressista ma con i tacchi a spillo).
Personalmente non solo amo molto tutto cià che la Kozena ha inciso, ma ho trovato geniale proprio quel cd di arie francesi che pure (su questo stesso sito) trovò un recensore poco convinto.
Sentirla definire da Bagnolo il nuovo step di Carmen dopo la Ewing... mi fa molto piacere.
E spero che ci dia l'occasione di parlare un po' più di lei.
Quanto a Kaufmann, sono mesi che ripetiamo che la sua voce - già da sempre centralizzante - si sta assestando da qualche anno su un baricentro più grave che in passato.
E sono convinto che il rifiuto del tenore ad accettare questo normalissimo cambiamento sia la causa principale delle difficoltà che hanno puntellato la scorsa tormentata primavera (altro che funghi!)
Il suo ritorno alle scene (l'Arianna a Salisburgo, il Requiem alla Scala) e questa recensione di Pietro confermano che abbiamo visto giusto: il cantante accusa ora le tipiche difficoltà di chi canta in una zona che non è (o non è più) la sua. E Don José (ruolo di cui ha lasciato testimonianze storiche) potrebbe essere un ruolo da lasciare ad altri.
Rispondo anche a Tucidide,
Una cosa mi "perplime" (voglio provare l'ebbrezza di usare questo orrido neologismo )
.
Non capisco... se lo giudichi orrido, perchè lo usi? E perché ti dà addirittura ebbrezza usarlo?
che tu abbia il gusto dell'orrido?
Kaufmann solo due anni fa era un Don José di notevole livello (vedi Scala) e solo un anno e mezzo dopo è già in difficoltà.
Per prima cosa non mi tornano i conti.
La Carmen alla Scala è stata nel dicembre del 2009. Ora siamo nel settembre del 2012. Quindi non sono due anni fa, ma quasi tre.
E la Carmen berlinese è stata incise a metà aprile del 2012, quindi non un anno e mezzo dopo Milano (come hai scritto), ma due anni e mezzo dopo (per la precisione due anni e quattro mesi).
Dovremmo sforzarci di essere precisi perché queste differenze, nelle carriere di un cantante, non sono bruscolini: in due anni per una voce può cambiare il mondo. Figuriamoci in tre.
Ora, anche ripensando a quel che si è detto sulla Dessay - Violetta (oramai è meglio che abbandoni Violetta. Ma come? Se solo ad Aix, un anno fa, è stata sublime!)
Forse non ho ben capito la domanda che ti poni.
Sarebbe infatti molto ingenuo porre la Traviata della Dessay a Aix del 2011 come punto di inizio di un cammino... e quella del 2012 al Met come punto di fine.
E poi stupirsi che siano passati solo pochi mesi!
L'evoluzione dellla voce della Dessay dura da almeno 10 anni e chiunque se ne è accorto.
Non è che nel 2011 a Aix io abbia ascoltato la stessa Dessay del 1995 e poi improvvisamente al Met ho sentito quella di oggi.
Oggi l'evoluzione della sua voce non le permette più di eseguire Traviata: è un momento che arriva per tutte.
Il punto è: quando arriva questo momento?
Quando una cantante perfettamente in grado di fare Traviata ...smette di poterla fare?
L'evoluzione della voce di un cantante (qualsiasi cantante, la Dessay, Kaufmann, tutti)
non facit saltus.
E' un lungo cammino che non si ferma mai, per tutta la carriera artistica.
Occorre vedere per quanto tempo un certo ruolo può restare dentro le possibilità di un artista e quando ne esce.
Prima o poi quel momento arriva.
E può succedere che sei mesi prima egli sia capace di lasciare una sublime "ultima" performance in un ruolo e pochi mesi dopo quel ruolo sia diventato troppo difficile.
Non c'è una Violetta al mondo per cui questo "punto" non sia arrivato.
E' arrivato per la Sutherland, per la Scotto, per la Zeani.
Arrivò anche per la Callas.
Le sue Traviate di Londra e Lisbona (1958) sono ancora meravigliose, anzi forse sono le sue più immense, eppure chiunque capisca un po' di canto sa che erano a un millimetro dal non-ritorno.
Chiunque avrebbe previsto le strazianti difficoltà del suo addio al ruolo, a Dallas, l'anno dopo.
Idem per la Dessay: il suo miracolo a Aix è caduto alla fine di una fase (non poi così corta).
Se avesse voluto, avrebbe potuto mangiarsi Violetta a colazione nel 1990, nel 1995, nel 2000, nel 2005 e nel 2010 (altro che pochi mesi), ma non nel 2012.
E' riuscita a darcene un ritratto favoloso nel 2011... Siamone felici!
Ma sorprendersi che nel 2012 la sua Traviata non funzioni più (a pochi mesi da Aix...ma cosa le sarà mai successo) è, ripeto, un po' ingenuo.
Idem per Kaufmann.
Il suo primo Don José non è di un anno e mezzo fa: è del 2003, ossia nove anni fa.
Dal 2003 al 2012 la voce è cambiata (e vorrei vedere che in nove anni una voce non cambiasse).
Nel 2003 il suo Don José era sensazionale, nel 2006 pure, nel 2009 alla Scala già mostrava qualche primo disagio (ma era eccellente lo stesso). Era ancora al di qua del limite.
Ora nel 2012 Bagnoli gli consiglia di passare ad altri ruoli. E, dopo nove anni, non c'è nulla di strano.
Beato e ammirevole quell'artista che riesce a dire addio a un ruolo prima di superare il limite. Pochi ci riescono...
Ma è possibile farlo, in un sistema come il nostro che li impegna in scritture con cinque o sei anni di anticipo?
Come si possono indovinare le proprie evoluzioni vocali e artistiche su un così lungo raggio, dato che bastano pochi mesi per passare dal "prima" al "dopo"?
Io sono sicuro che Kaufmann non canterà più Don José. Ma quando aveva accettato questa scrittura a Salisburgo? tre anni fa? quattro?
Salutoni,
Mat