è difficile da spiegare senza avere nelle orecchie il tipo di suono.
Ho provato a guardare sul Devoto-Oli, ma la definizione che dà non mi sembra soddisfacente.
La tanto deprecata Wikipedia ci mette qualcosa di più:
il falsetto si produce attraverso la tensione delle corde vocali in seguito all'inclinazione della cartilagine tiroidea, che provoca una vibrazione "per giustapposizione" delle corde stesse invece che per battimento.
Grazie alla minore tensione muscolare prodotta dal falsetto è possibile raggiungere note più acute rispetto alla "voce piena".
Questo modo di emissione può essere un effetto voluto oppure un riflesso automatico della laringe, che se forzata a emettere suoni più acuti di quanto può fare (o se è affaticata) si protegge emettendo suono in falsetto. I cantanti addestrati possono controllare la zona di passaggio dagli acuti in voce piena a quelli in falsetto, ottenendo il cosiddetto falsettone, una tecnica usata spesso nelle opere barocche.
Solitamente, con le dovute eccezioni, il suono di una voce in falsetto è più acuto e meno potente di quello della voce parlata, ed è più sibilante e meno ricco di sonorità (contiene meno armonici)
E in effetti è quello che percepiamo se ci mettiamo a cantare in falsetto, imitando cioè l'emissione femminile. Ed è il tipo di suono che emettevano i primi sopranisti documentati dal disco, come per esempio Bowman.
Mi sembra molto interessante anche la definizione che Wikipedia dà di falsettone:
Il falsettone è un'antica tecnica vocale impiegata dalle voci maschili nel canto lirico, consistente nell'amplificazione dei suoni bianchi tipici del falsetto con la stessa tecnica utilizzata per le note emesse a voce piena. Ne risultavano note lucenti e voluminose, spesso acutissime, anche se di "colore" diverso e dalle sonorità femminili rispetto a quelle emesse a voce piena.
Questa tecnica era impiegata abitualmente, almeno a partire dal la acuto, nell'esecuzione dei ruoli tenorili fino al primo Ottocento. Molti ruoli per tenore delle opere dell'epoca, in particolare di quelle scritte da Rossini, Bellini e Donizetti, richiedono l'emissione di note estremamente acute, la cui esecuzione era molto facilitata grazie all'uso di questa tecnica. Tra gli specialisti dell'epoca spicca Giovanni Battista Rubini, al quale Bellini giunse ad assegnare nel finale dei Puritani (la coda dell'ensemble "Credeasi, misera") un fa sovracuto.
Con l'avvento del Romanticismo, il ricorso al falsettone scomparve quasi completamente, e, in epoca moderna, note quali il do acuto, il do diesis, il re sovracuto e anche il mi sono state di solito emesse dai tenori (in grado di raggiungere tali altezze) a voce piena. Perfino per il famoso fa dei Puritani, che viene normalmente omesso o eseguito in falsetto (ad esempio da Luciano Pavarotti), ci sono stati tentativi di passare all'emissione a voce piena, peraltro con risultati non sempre gradevoli e spesso comunque controversi. I suoni raggiungibili a voce piena, in ogni caso, hanno un effetto del tutto diverso da quello che probabilmente si produceva fino agli inizi dell'Ottocento: l'uso del falsettone riduceva infatti il carattere eroico degli acuti, ma consentiva verosimilmente al tenore un fraseggio più sottile e maggiori sfumature espressive necessarie a interpretare quegli spartiti e previste dagli stessi compositori
Da questa definizione, che mi sembra molto pertinente, evinciamo che:
quello di Gedda e di Merritt è, molto probabilmente, un falsettone (detto anche falsettone rinforzato) o emissione mista di testa, come la chiama ogni tanto anche Elvio Giudici nel suo volume. Un'emissione, cioè, che slitta nel falsetto al di sopra del si bemolle, ma viene avvolta da sonorità di petto che la rinforzano. Lo scopo è quello di raggiungere suoni nettamente più alti che nel registro di petto puro, cui note al di sopra del re bemolle (ed è già un gran bell'andare, di petto) sarebbero precluse. Come giustamente ricordi tu, tutti i tentativi di raggiungere di petto il famoso fa4 di Credeasi misera si riducono a pietose caricature.
Un esempio eccezionale di falsettone, o emissione mista di testa, è data dal già citato Nicolai Gedda (cantante di eccezionale padronanza tecnica e di stile supremo) nel duettone degli Ugonotti, di cui ti propongo un frammento:
Quello che puoi percepire è il contrasto fra le dinamiche di Tu l'as dit - e tutto quello che segue - giocate sul filo del fiato tutto in falsettone rinforzato (il che gli permette smorzature assolutamente celestiali) - e il tono virile del registro centrale, tutto mantenuto sull'emissione di petto, qui dolente e ricca di rimembranze, come dovrebbe essere e come, invece, non è mai in cantanti anche bravi ma che se la giocano solo sul petto. E nota, anche nel suo caso, la perfetta progressione al re bemolle di Ah viens!, nettamente superiore a quella di esempi passati non meno celebri (fra cui il geniale Marcel Wittrich). By the way: al suo fianco, esemplare la prestazione di Enriqueta Tarrès.
il recupero del falsettone permetterebbe una maggior varietà dinamica, una miglior espressione di un registro acuto funambolico come quello richiesto in questi ruoli e una più ampia varietà espressiva nel registro centrale. Come giustamente fatto notare da Matteo, i ruoli Nourrit sono caratterizzati da sgomento, tormento interiore, estasi, anti-eroismo: tutto ciò che sarebbe stato negato e annichilito dalla rivoluzione di Duprez1
Credo quindi che il suono adatto per questi ruoli sia definitivamente un falsettone.
Il falsetto propriamente detto sarebbe (uso volutamente una formula dubitativa: non siamo in un campo di certezze assolute!) quello dei controtenori - o come preferiamo chiamarli.
Il falsettone sarebbe forse un suono misto, più indefinibile e sfuggente, ambiguo.
Sono invece nemico del suono di petto; almeno in questi ruoli!