La critica musicale è croce e delizia del mondo dell'opera.
I critici sono, lo dice il nome stesso, perennemente imbronciati, scontenti, intenti a scuotere la chioma fluente al minimo accenno di acuto scroccante o calante), oppure prostrati a tessere le lodi al cantante (o direttore) acriticamente (!) idolatrato.
Vi propongo qui di seguito una critica ai miei critici preferiti.
Ognuno si senta libero di... criticarmi e criticare!
Anche perché, come sovente accade, il pubblico è più acuto del miglior critico!
RODOLFO CELLETTI
L’unico, l’inimitabile, l’insuperabile Rudy, ovvero "Rudolf il censore".
Il più grande vociologo di tutti i tempi, apprezzato già ai tempi di Luigi XIV, di Lully e Rameau. Arbitro nella più clebri conteste tra grandi cantatrici del passato prossimo e remoto: Cuzzoni-Faustina, Pasta-Malibran, Tebaldi-Callas. Grande estimatore e frequentatore dei più grandi castrati di tutti i tempi, quegli elefanti canori cantati dal Parini dei quali egli ha celebrati la fama e, dice la leggenda, contribuito alla… lesa virilità. Dopo Caffariello, Farinelli, Moreschi tutto è, dice il Rudy, null’altro che decadenza. Del Monaco? Un cappone sgozzato! La Tebaldi? Una gallina starnazzante! La Maria passabile solo perché reincarnazione di un’altra Maria, beninteso assai più grande della “divina”, la Divina Maria Malibran. Toscanini? Un battisolfa la cui grandezza deriva unicamente dall’essere stato menato da uno squadrone di fascisti. E il teatro? Follia tutto! Sol vero la passione (della voce, ovviamente!).
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PAOLO ISOTTA
Lo scrivente non può che avvertire nel precordio un’ombra di disagio e timor sacer nel discettare del partenopeo Paulo Isotta (sì Paulo, ché solo il verbo virgiliano render può la grandezza del pensiero di colui che per anni fece della critica musicale del nostro paese dominio personale usque ad sidera, usque ad inferos), vestale custode del fuoco sacro serbato nel Tempio scaligero, e cantore sommo del Maestro optimo maximo. Dei vedovi Muti il capofila, il timbro arrochito, la voce fioca, la punta della penna smussa (al pari della "cerebralis et musicalis acuitas"), egli muto se ne sta a piangere sul cener caro del più grande dei condottieri musicali dell’Italico paese, l’astro di ascendenza e discendenza toscaniniana ormai tramontato in dorato esilio, lungi da quel soglio scaligero sul quale vittrice aquila per l’orbe il vol spiegò. “La Scala nel vil cadavere chi ravvisare or può?”, canta or sempre l’affranto Isotta, né di amare lagrime si pasce omai.
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ELVIO GIUDICI
Nomen omen, verrebbe da dire.
Per me Elvio è come la mamma. Di mamma ce n'è una sola, son tutte belle le mamme del mondo, viva la mamma, e via dicendo. Sì, perché, inutile negarlo, devo al grande Elvio la massima parte della mia formazione in ambito operistica, e i suoi giudizi hanno in buona parte condizionato la mia visione del teatro d'opera.
Forse più un critico di teatro che non un vociologo (esattamente il contrario del Rudy, vedi sopra), ciò nondimento un gigante della critica musicale.
Associo al suo nome la seguente visione:
Teatro alla Scala. Katia Baudova impegnata (!!!!) nell'Anna Bolena di Donizetti.
Finale primo (fin qui la recita è stata condotta con gli esiti che ben potete immaginare...).
Ecco salire sul proscenio il grande Elvio. E' vestito tutto di nero, in mano "L'Opera in Cd e Video", che agita in aria quale fosse un mattone da scagliare in testa al malcapitato Soprano.
GIUDICI: "Non io, sol denno i Giudici, sol denno i Giudici la tua discolpa udir!" (l'aver scritto la massima guida discografica del secolo gli deve aver dato un po' alla testa, e parla di sé al plurale).
KATIA: "Giudici... ad Anna!! Giudici... ad Anna!!"
Segue acuto lacerante e cabaletta di rito:
"Ah! segnata è la mia sorte, se mi accusa chi condanna..."
con conseguente, prevedibile montagna di fischi.
"Il Giudici implacabile ha condizionato l'esito infausto della serata, io ho cantato al solito benissimo", si lamenterà il giorno dopo il Soprano a "Domenica In".
Il fantasma della Callas intanto se la ride di gusto...