Concordo con Matteo che così com'è il festival areniano sia in definitiva una grande occasione (culturale/musicale/teatrale) sprecata.
Penso che comunque l'Arena rappresenti per un regista uno spazio terribile, soprattutto per le sue dimensioni. Il moderno teatro di regia (che è poi un nonsense dal momento che senza regia non si dà teatro vero) è infatti improntato sul lavoro con e sui cantanti. Ora, appare veramente arduo lavorare sulla mimica e sulla gestualità in un teatro dove, visti dalle gradinate, i personaggi appaiono non più grandi delle formichine di Vettori! Per cui, quasi inevitabilmente, la regia in Arena tende ad indentificarsi con la scenografia. Non che questo impedisca comunque un lavoro sulla gestualità, né che questo significhi automaticamente rinucia programmatica al teatro vero. Sono troppo giovane per aver visto la regia di Vilar nel Don Carlos, tuttavia nei migliori spettacoli visti in Arena negli ultimi anni (in primis la Traviata di Graham Vick, e in secundis il Barbiere di De Ana e il Nabucco di Krief) la sensazione che buona parte della regia si riducesse ad una scenografica (ma pur sempre intelligentissima) narrazione era forte. Tuttavia, soprattutto nella Traviata di Vick, la scenografia era essa stessa portatrice di un'idea interpretativa e teatralmente forte, ben lontana quindi dall'essere mera illustrazione da cartolina. Lo spazio areniano sembra quindi per sua intrinseca natura votato ad una convivenza tra aspetti più innovativi e più tradizionali del modo di concepire l'opera, non potendo rinuciare ad una presenza invasiva e pervasiva della scenografia, mantenendo al contempo la possibilità di fare della scenografia parte di uno spettacolo autenticamente teatrale. Peccato che questo secondo aspetto non venga molto preso in considerazione...
Ciao!
Francesco