Il Trovatore (Verdi)

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda Alberich » gio 12 lug 2012, 19:08

http://www.lamonnaie.be/fr/mymm/media/1 ... e%20Verdi/

Enjoy! 8)

(un po' come sul sito della scala...)
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 12 lug 2012, 19:12

VERY 8) !!!!
Grazie,
:-)

Francesco
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda Maugham » mar 17 lug 2012, 12:02

beckmesser ha scritto:al limite si può contestare a Cerniakov di aver glissato su alcuni aspetti. Ridurre tutto il “Condotta ell’era in ceppi” ad una specie di chanson bohème da salotto per il fatto che la storia del bambino bruciato a Cerniakov, per i suoi fini, non interessa, può senza dubbio essere una semplificazione irritante, può essere magari giudicato troppo comodo, ma non è illogico, non è un controsenso, non è (almeno per me) una forzatura. Anche perché durante quella chanson bohème accadono fra gli altri personaggi cose estremamente interessanti…



Quello che scrivi è più che ragionevole. Ovvio che a Cerniakov certi elementi non interessavano.
Infatti la questione su cui secondo me vale la pena confrontarsi-al di là del fatto che questo Trovatore a te sia piaciuto e a me no- è proprio questa (ne parla anche Mat): cosa è permesso a un regista d'opera, quali sono i suoi margini d'azione, esistono regole del gioco non scritte (ovviamente) ma condivise?
Uno potrebbe risolvere la questione basandosi esclusivamente sul risultato. Se lo spettacolo "funziona", tutto il resto è accademia.
Nella prosa, da anni, questo è moneta corrente. E' raro, se non rarissimo, che un testo "classico" o un caposaldo del repertorio venga presentato integralmente. Non solo, ma al regista è concesso spostare intere scene prima o dopo, tagliare porzioni anche notevoli di testo, sopprimere personaggi, addirittura innestare pezzi di altri copioni dentro all'originale, affidare ad attrici femmine i ruoli scritti per maschi. Nella Tempesta di Latella, Prospero era la Guarnieri. Dirò di più, l'eccentricità sta nel presentare il testo integrale. Quando Ronconi ha fatto il Mercante "integrale" o Lavia l'Amleto, sulla stampa questa scelta venne definira "controcorrente". Nella prosa il regista in pratica può fare tutto a patto che la storia sia comprensibile anche a chi non sa nemmeno il "fatto" del Re Lear. E questo taglia-incolla-sposta-e-metti-e-trasferisci, se funziona, convince anche il più tradizionalista degli spettatori. Con effetti, in teoria, paradossali. Una mia giovane amica ha digerito con entusiasmo un Otello in cui Jago era un'attrice, il fazzoletto praticamente non esisteva, l'atto veneziano arrivava a metà spettacolo come un flashback, ma nello stesso tempo ha giudicato "infedele a Mozart" il Don Giovanni di Carsen della Scala.
Questo secondo me deriva da diversi fattori.
Nel teatro di parola non esiste il concetto di repertorio così come lo si intende nell'Opera. Ci sono anche lì i "classici", è ovvio, ma declinati diversamente rispetto al teatro musicale. Anche Sofocle o Aristofane sono solo delle basi su cui lavorare, copioni da adattare per sviluppare questa o quella idea drammaturgica. Non solo il regista, ma addirittura gli interpreti possono liberamente cambiare una parola, un verso, adattandolo alle proprie capacità espressive. Si aggiunga poi che molti titoli di cartello sono firmati da autori di altri paesi. Entra in gioco quindi la traduzione che, per essere recitata ed avere un "passo" da palcoscenico, non può essere nè letterale nè filologica. (Prova a recitare Shakespeare nella traduzione dei Meridiani :shock: ...) Inoltre nel teatro di parola (forse l'unico vantaggio di questo rispetto al teatro musicale) il rapporto testo-collettività non è mai venuto meno. Certi copioni di Ben Johnson, ma anche certi lavori di Pirandello, sono scritti e pensati per quel pubblico, in quel preciso momento storico e sociale, con riferimenti strettamente connessi al vivere dell'epoca. Se da un lato questo fa sì che ogni anno si scrivano migliaia di nuovi testi in tutto il mondo, dall'altro ti constringe (come regista o interprete)a rivedere Antigone o Macbeth per farli dialogare con le platee di oggi. Il pubblico diserterebbe in massa -come ha fatto- una versione "filologica" dell'Ebreo di Malta con i suoi bei pentametri giambici e le sue quattro ore e mezza, mentre invece -sempre per restare a Marlowe- ha seguito con entusiasmo un Edoardo II con Nigrelli dove, della drammaturgia originale, restava solo un mozzicone. Perchè il succo, ovvero quello che interessava alla contemporaneità, era salvo. E tutti hanno pensato che fosse "legittimo" dire: "il resto al regista non interessava".
Nell'Opera le cose sono molto più complicate perchè l'Opera... è più complicata. Purtroppo (o per fortuna) non basta dire "se lo spettacolo funziona allora tutto è permesso", perchè -ma qui esprimo un mio parere- l'Opera per funzionare non può prescindere (almeno per ora) da alcuni paletti strutturali. Nel copione c'è l'elemento musica, non solo la parola, con tempi rigorosi. Nell'opera esiste il cosiddetto "repertorio" che, rispetto alla prosa, è molto più limitato. Da questo deriva una conoscenza dello spettatore di gran lunga più specifica rispetto a quello della prosa; l'elemento "musica" lo conosce a memoria e si irrita se ne mancano dei pezzi. A differenza della prosa, dove l'interprete è valutato solo per il risultato espressivo, nell'Opera a volte l'interprete viene misurato esclusivamente sulla qualità dei suoni che emette a prescindere dal fatto che abbiano o meno un qualche significato teatrale. Anzi, intere schiere di appassionati ancora parlano di canto in termini meramente acustici. Per costoro -che accetterebbero senza battere ciglio qualunque stravolgimento narrativo nella prosa- per costoro, dicevo, nell'Opera il regista ancora fatica a guadagnarsi una sua legittimità espressiva... Pensa, nessuno andrebbe a teatro per vedere un Hernani di Hugo allestito con criteri ottocenteschi mentre invece l'Ernani di Verdi non solo viene rappresentato con criteri paleozoici, ma addirittura trasmesso nell'intero pianeta dalle parabole del Met. Insomma, alcune convenzioni operistiche (per usare un termine caro a Mat) ci sono, discutibili fin che vuoi, ma ci sono. Per ora, ovviamente,
Detto questo, e passo a me, non sarei per nulla contento che nell'Opera si arrivasse al quella libertà d'azione "strutturale" dell'interprete che invece nella prosa c'è. Per il semplice motivo che nella prosa questo viene concesso ed è diventato convenzione perchè a quanto pare funziona. E il pubblico lo segue. Nell'opera, per quel che mi riguarda, non riesco a farmelo "funzionare". Ma io non sono pubblico. Magari in un futuro prossimo funzionerà e quindi vedremo un Tristano ridotto a un'ora e mezza (come ha fatto De Rosa con la Tempesta) perchè al regista interessa solo analizzare il ruolo di Marke o una Butterfly senza Pinkerton che parte in medias res con interventi del duetto d'amore come flashback tra il coro a bocca chiusa e l'alba... forse. Per ora, anche a costo di essere definito un passatista, ritengo che il ruolo del regista sia quello che ho espresso in un post sopra e che quindi non riscrivo. E il rispetto di queste regole -beninteso non scritte sulla pietra- sono ancora lo spartiacque tra il mio divertimento e la mia irritazione. : Frown :

Grazie per gli spunti

WSM
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » mar 17 lug 2012, 18:55

Carissimo Willy,
tu "mi inviti a danza" :) affrontando in modo così appassionante il confronto fra le (permettimi di usare la dicitura lunga, per non incorrere in malintesi) "convenzioni attualmente in uso nella prosa" e le "convenzioni attualmente in uso nell'Opera".

Tuttavia io focalizzerei la questione sull'aspetto che più riguarda questo Trovatore.
Non è in ballo la fedeltà alla lettera del pre-testo letterario (spartito-libretto), ma il diritto (o meno) di modificare ciò che nel testo è espresso solo indirettamente: il prima, il dopo, l'altrove.

Tu citi degli esempio in cui dimostri che il regista di prosa PUO' (nel senso che è autorizzato dalle convenzioni) stravolgere anche la LETTERA del suo pretesto letterariio (script, sceneggiatura, copione, dramma).
Mentre nell'opera (aggiungi giustamente) NON SI PUO' (perché le convenzioni sono diverse).
Ok, ma ti ricordo ancora che Cerniakov non ha affatto cambiato la LETTERA del suo pretesto letterario (spartito-libretto).
A Bruxelles non una nota, non una parola è stata toccata. Anzi, raramente si è sentito un Trovatore più integro e filologico (oltre che divinamente diretto).
Quindi non è in ballo la questione dell'osservanza rispetto al testo! Come tu affermi, le convenzioni operistiche oggi pretendono il rispetto assoluto dello spartito (musicale e letterario) e ad esse Cerniakov si è perfettamente attenuto.
In questo senso non c'è alcun paragone fra l'allestimento di Cherniakov e i casi (che citi) di Latella o dell'Enrico II di Malta.

Ciò che ha fatto Cerniakov è tutt'altro.
E' intervenuto solo su ciò che il pre-testo evoca: e l'ha fatto senza modificare il testo, ma solo fondandosi su ciò che gli compete... LE IMMAGINI.

Allora, come tu giustamnete affermi, le domande che possiamo porci sono due, nettamente distinte.
1) Ha fatto un bel lavoro? la sua riscrittura dell'antefatto mi ha convinto?
2) Aveva diritto di farlo? L'antefatto (ossia quella serie di "conoscenze" evocate nel libretto ma non rappresentate... il prima, il dopo, l'altrove) dovrebbe essere rigorosamente proprietà del settore letterario? Fuori dal campo d'azione di un regista?

Alla prima domanda possiamo rispondere in vari modi, ognuno attinente alla nostra sensibilità.
Alla secondo domanda invece si può tentare di dare una risposta... fondandosi sulle covenzioni in atto, le uniche autorizzate a dirci (entro certi limiti) cosa "si può" o "non si può" fare.
Insomma, osservando ciò che avviene nel mondo dell'Opera da alcuni decenni in qua, possiamo recuperare delle sintesi che non ci diranno se Cerniakov ha fatto o no un buon lavoro (cosa che ognuno di noi deve decidere da solo), ma almeno se - agendo sull'antefatto del Trovatore - ha compiuto uno strappo nella tradizione o se si è piuttosto servito di una convenzione già condivisa.

Bene, a me pare che da decenni si autorizzino i registi d'opera a elaborare e sviluppare e ridimensionare gli antefatti a loro completo piacimento.
A me pare che la convenzione sia ormai talmente diffusa che nessuno potrebbe metterla in discussione (i risultati sì, di volta in volta, ma la convenzione no).
Che si tratti di Guth, di Jones, di Carsen, non parliamo dello stesso Cernikav, non c'è un regista che non metta mano al "prima" o al "dopo" o all'"altrove".
Anzi... di solito un loro merito è quello di farci capire bene - usando solo le immagini - il nuovo antefatto.
Ma possiamo risalire molto più indietro.

Ad esempio nemmeno Patrice Chéreau, quando realizzò quel Ring che tu solo fra noi vedesti dal vivo, cambiò una nota o una parola del testo!
Proprio come Cerniakov.
In compenso anche lui ne stravolse completamente l'antefatto.
Proprio come Cerniakov, anzi molto di più.
Solo che, a differenza di Cerniakov, non dovette ammattire per farlo capire al pubblico: infatti il nuovo antefatto di Chéreau era noto a tutti.

Decidendo di ambientare la teatralogia nella Storia, e precisamente nella seconda rivoluzione industriale, Chéreau sapeva benissimo che chiunque sarebbe stato in grado di ricostruire mentalmente l'antefatto della nuova vicenda, semplicemente fondandosi sulle comuni conoscenze di Storia.
Chiunque conosce la storia del secondo Ottocento, l'Età del Libero Scambio, la nascita della Nuova Europa e dei nuovi modelli statali, e naturalmente i conflitti sociali dell'epoca, fra aristocrazia morente, proletariato in guerra e borghesia all'apogeo.
In fondo Chéreau ha cambiato ben più di Cerniakov :) : ha posto dietro la tetralogia un antefatto narrativo enorme, smisurato (la Storia), azzerando quello che Wagner aveva pazientemente, meticolosamente descritto; quella cosmogionia mitica ricavata dai testi dell'epica norena, popolata di Dei, stirpi eroiche e simboli antropologici.

Tu allora vedesti quel Ring e ne fosti soddisfatto.
Però - ti ricorderai - non tutti lo furono! Perché il nuovo antefatto posto da Chéreau dietro al Ring (bello, affascinante, grandioso, moderno) li privava di quel qualcosa di "magico" e fantastico che il Mito si porta dietro (e che la Storia non ha).

Allo stesso modo anche io oggi (che pure mi inchino di fronte al Trovatore di Cerniakov) sotto sotto rimpiango un po' il vecchio antefatto del Trovatore, perché (per sbrindellato, assurdo e senza senso che fosse) aveva un suo fascino: la storia di Azucena, della madre, del rogo, del bambino scambiato... ha il sapore del romanzo gotico, i suoi colori foschi, i suoi segreti mostruosi...
Privarcene significa ridurre il trovatore a qualcosa di più prosaico (come in effetti dovette risultare a moltissimi Wagneriani il Ring privato dell'epopea).

Il fatto è che, comunque, Cerniakov e Chéreau (oltre ad aver esercitato un loro diritto), con questo sacrificio hanno potuto dirci tantissime cose su queste opere che prima non erano mai emerse.
Grazie a loro, oltre ad assistere a splendide rappresentazioni di Ring e Trovatore, disponiamo ora di elementi in più su queste opere, sulle loro potenzialità evocative, sulla loro modernità ed efficienza.
Non è detto che in futuro non si possa tornare a un Ring epico o a un Trovatore gotico, ma ci torneremo più "consapevoli" grazie a queste importanti lezioni.
Così almeno pare a me.

Concludo esprimendo la mia soddisfazione per questo appassionante trhead, che in moltissimi stanno leggendo!
Qualcuno mi fa notare che lo stanno leggendo avidamente (come al solito) anche alcuni piccoli bla-bla-blog, traendone (come al solito) ispirazione! :)
Noto per altro che gli stessi bla-bla-blog hanno finalmente capito che ora - in occasioni di nuove regie importanti - non devono più buttarsi all'arrembaggio, come facevano in passato, ma aspettare - fateci caso! - sempre qualche settimana... giusto il tempo di vedere che cosa scriviamo noi in proposito! :)
Ben fatto, ragazzi miei! :) E continuate così... vi prego! E non ricascateci mai più! :)
Le figuracce che avete fatto in passato (quando vi siete arrischiati a buttar giù le vostre analisi registiche prima di noi) non devono più ripetersi! :)

Salutoni,
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » mar 17 lug 2012, 23:36

Ho passato la prima parte della mia serata a gustarmi primo e secondo atto di questo Trovatore.
E la seconda a deliziarmi con questo "thread" (si dice così, vero?), leggendo con calma e attenzione un po' di post (si dice così?).
Ho bypassato quelli che mi potessero svelare la trama della regia (non voglio gustarmi la sorpresa), e letto soprattutto i commenti su cantanti e sulla libertà creativa/interpretativa del regista.
Da ultimo arrivato mi sento davvero di ringraziarvi: sto davvero imparando un sacco di cose, e mi sto divertendo tantissimo!!!!
:D :D :D

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 19 lug 2012, 16:21

Ho sempre considerato Il Trovatore come un'opera da ascoltare più che da vedere. E' indubbio che il Trovatore rappresenti forse l'emblema del melodramma, dove ogni situazione è portata all'estremo (sebbene, e ringrazio Alberto Mattioli per avermelo fatto notare, l'azione si sposti sempre in un "altrove" che non vediamo, il Trovatore come coitus interruptus? :roll: ), dove regna incontrastata l'iperbole, la magniloquenza, la complessità in fondo un po' grandguignolesca dell'intreccio. Ben lo aveva capito Luchino Visconti in Senso. Non vi nascondo che mai, prima d'ora, mi era capitato di trovarmi di fronte ad un Trovatore che fosse da vedere più ancora che da ascoltare (il fatto che i cantanti fossero mediocri non c'entra nulla). Per la prima volta, questa non è più l'opera delle figurine Liebig, non è più l'opera del folklore zingaresco, dell' "amore è un dardo" e della spada sguainata. Per la prima volta mi è capitato di appassionarmi ad una vicenda che, per quanto arzigogolata, ho scoperto (o riscoperto?) avvincente come mai.
Avete discusso brillantemente intorno ai temi della fedeltà all'opera e della libertà interpretativa concessa al regista.
E' giusto che un regista reinterpreti un'opera? Fino a dove è lecito spingersi? L'opera deve essere interpretata o reinterpretata? L'interpretazione, ogni interpretazione, al pari di una traduzione di un testo in altra lingua, non è essa stessa tradimento? E anche la stessa tradizione esecutiva di quest'opera (do della pira e tutto il resto), non è essa stessa interpretazione, non è forse un tradimento dell'originale? Ma, in fondo, non è forse la natura stessa dell'opera (alla lettera nient'altro che note scritte su un pezzo di carta) a richiedere la necessità di un'interpretazione?
Anch'io mi sono interrogato a lungo e continuo ad interrogarmi su questi aspetti.
Era prevedibile che, affidato alla direzione di Minkowski, questo fosse un Trovatore assolutamente integrale (incluso quello splendido inciso del Baritono prima della sua aria: "Non fia d'altri Leonora MAI!", oltre che, va da sé, la ripresa di tutte le cabalette). Ma si è trattato davvero di un Trovatore fedele? Indubbiamente, l'eliminazione di elementi della tradizione (la ripresa a due di "sei tu dal ciel disceso o in ciel son io con te" alla fine del secondo atto o il do interpolato alla fine della cabaletta del tenore) lo potrebbero far pensare. Ma la fedeltà alla lettera del testo musicale è chiaramente tradita da altri aspetti macroscopici. Al di là del re bemolle del soprano alla fine del terzetto in conclusione del primo atto, mi riferisco soprattutto alla scelta di far cantare ai cantanti protagonisti parti assegnate al coro. Queste scelte musicali, al pari dell'intera concezione registica che fa del capolavoro verdiano uno psicodramma claustrofobico, di fatto indicano un tradimento della lettera dell'opera. Ma ne tradiscono anche lo spirito?
Tra tutte le versioni di quest'opera che conosco, personalmente ritengo che la resa musicale e drammaturgica di questo Trovatore sia al tempo stesso la più fedele e la più infedele all'opera vediana. Infedele alla lettera, fedele allo spirito. San Paolo nella lettera ai Corinzi scriveva "La lettera uccide, lo spirito vivifica". Che questo possa adattarsi anche all'opera?

Ciao,
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 19 lug 2012, 18:01

DottorMalatesta ha scritto:Ma la fedeltà alla lettera del testo musicale è chiaramente tradita da altri aspetti macroscopici. Al di là del re bemolle del soprano alla fine del terzetto in conclusione del primo atto, mi riferisco soprattutto alla scelta di far cantare ai cantanti protagonisti parti assegnate al coro. Queste scelte musicali, al pari dell'intera concezione registica che fa del capolavoro verdiano uno psicodramma claustrofobico, di fatto indicano un tradimento della lettera dell'opera. Ma ne tradiscono anche lo spirito?


Ti sbagli, Francesco.
La lettera non è affatto tradita, in base ai secolari principi con cui un'opera viene eseguita.
Intanto non è vero che le parti corali siano passate ai solisti: i solisti semmai si sono aggiunti al coro che però c'era eccome, e ha cantato tutto quello che verdi aveva destinato a lui.
Meno ancora convincente la tesi sul "tradimento" del passare alcune parti musicali da un personaggio all'altro. Tale prassi è infatti antichissima: basta pensare a quando - ancora oggi - ruoli diversi sono assegnati a uno stesso solista (lo fece anche Mozart che diede allo stesso basso la creazione di Masetto e del Commendatore).
E non parliamo di quando (anche questo da tempo immemorabile e ancora oggi) un personaggio scippa un'aria all'altro. La Sutherland eseguiva da Alcina l'aria di Morgana.
E se ti scandalizza che Azucena faccia anche Ines, che mi dici di quando - contravvenendo a Wagner - Elisabeth canta anche Venus?
Insomma, non è vero che a Bruxelles la lettera del Trovatore è stata tradita; tutt'altro. Il testo era eseguito (in termini di note e parole) esattamente come è scritto, salvo una piccolissima correzione in una sola frase. Semmai Cerniakov si è limitato a sfruttare a fini drammaturgici una prassi consolidata da secoli.
Quanto al re bemolle... ma andiamo! :) Come si fa a giudicare "tradimento" una banalissima puntatura alla tonica che chiunque già nell'800 faceva! :)

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 19 lug 2012, 18:44

MatMarazzi ha scritto:Ti sbagli, Francesco.
La lettera non è affatto tradita, in base ai secolari principi con cui un'opera viene eseguita.
Intanto non è vero che le parti corali siano passate ai solisti: i solisti semmai si sono aggiunti al coro che però c'era eccome, e ha cantato tutto quello che verdi aveva destinato a lui.
Meno ancora convincente la tesi sul "tradimento" del passare alcune parti musicali da un personaggio all'altro.

E se ti scandalizza che Azucena faccia anche Ines, che mi dici di quando - contravvenendo a Wagner - Elisabeth canta anche Venus?
Insomma, non è vero che a Bruxelles la lettera del Trovatore è stata tradita; tutt'altro. Il testo era eseguito (in termini di note e parole) esattamente come è scritto, salvo una piccolissima correzione in una sola frase. Semmai Cerniakov si è limitato a sfruttare a fini drammaturgici una prassi consolidata da secoli.
Quanto al re bemolle... ma andiamo! :) Come si fa a giudicare "tradimento" una banalissima puntatura alla tonica che chiunque già nell'800 faceva! :)



Ciao Matteo,
piccolo giochetto di parole. Tu dici: "passare alcune parti musicali da un personaggio all'altro". In latino quel verbo, passare, verrebbe probabilmente tradotto con tradere , termine che ha la radice di tradire... ;-)
Latinismi a parte, convengo con te: la lettera non è affatto tradita se si considerano i "secolari principi con cui un'opera viene eseguita". La lettera appare tradita solo se uno guarda a quest'esecuzione basandosi su ciò che la tradizione (che diavolo poi vorrà dire, tradizione? il ricordo dell'ultima brutta esecuzione? I mille e uno trovatori incisi finora?) ha sempre fatto. Ma in fin dei conti, un solo punto di vista è la vista di un solo punto! :)
Non sono affatto scandalizzato del fatto che Azucena canti la parte di Ines, e di certo non mi straccio le vesti per il re bemolle interpolato (figurarsi!!!). Solo che è quantomeno stravagante che si sia concesso questo sovracuto e non il ben più celebre (celebrato o vituperato, a seconda dei casi) do della pira. Però aver permesso il do della pira (oltre che probabilmente a far ascoltare una bruttissima nota vista la qualità del tenore) sarebbe stata una concessione a quella tradizione che tanto il regista quanto il direttore sembra abbiano intenzione di criticare a fondo. Quindi plaudo senza riserva alcuna all'interpretazione musicale e registica di questo TRovatore (sul canto, evvabbè chissene...)!!!

Ciao e grazie,
Francesco
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 19 lug 2012, 19:26

DottorMalatesta ha scritto:Ciao Matteo,
piccolo giochetto di parole. Tu dici: "passare alcune parti musicali da un personaggio all'altro". In latino quel verbo, passare, verrebbe probabilmente tradotto con tradere , termine che ha la radice di tradire... ;-)


eheeh... affascinante, è vero! :)
però quello è uno dei casi in cui, nell'evoluzione linguistica, una parola smarrisce e stravolge il proprio significato! :)
Anche "tradizione" deriva dalla stessa identica radice, ma non si può certo dire che - in italiano - sia sinonimo di "tradimento"! :)

E a proposito della "tradizione" non essere così severo con lei. :)
La Tradizione non è una cosa per barbogi, da sottovalutare....
è una parte fondamentale della dialettica artistica e culturale... è un darsi la mano attraverso i secoli, è un'eredità enorme, imprescindibile, frutto del lavoro e della passione di tutti coloro che attraverso i tempi hanno reso possibile la nostra civiltà, teatro d'opera compreso!
Anche l'innovazione è possibile solo "dentro" la tradizione e se funziona ne diventerà parte essa stessa.
Il più sconvolgente e rivoluzionario dei geni (fosse pure lo stesso Wagner) è condannato ad aggiungere alla tradizione molto meno di ciò che la tradizione ha regalato a lui: secoli di opere a cui ispirarsi o a cui ribellarsi.

Tornando al Trovatore di Bruxelles, il bello delle puntature e delle variazioni è che si "possono" fare o non fare.
Questo significa che se al verbo "potere" sostituiamo il verbo "dovere" (in un senso o nell'altro), allora saremo noi a "tradire" (:)) la ragione d'essere delle variazioni, no?
Non vedo incoerenza fra il fatto di interpolare il re bemolle nel terzetto ed evitare il do non scritto della cabaletta.
Perché (coerentemente con la definizione di "variazione") è tanto lecito fare l'uno, quanto non fare l'altro! ;)

Salutoni,
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 19 lug 2012, 20:29

MatMarazzi ha scritto:Non vedo incoerenza fra il fatto di interpolare il re bemolle nel terzetto ed evitare il do non scritto della cabaletta.
Perché (coerentemente con la definizione di "variazione") è tanto lecito fare l'uno, quanto non fare l'altro! ;)


Grazie per le tue considerazioni.
Volevo solo cercare di spiegarmi perché sia stato deciso di omettere il do più famoso o famigerato dell'opera (ti ricordi cosa accadde alla Scala quando il "Maestro" lo eliminò?! :-)). Secondo me con questa scelta (oltre che a venire incontro al povero tenore) regista e direttore hanno voluto dire: ma chissene se il do c'è o non c'è, se si vuole lo si può fare, se il tenore ce l'ha nelle corde e viene fuori bene OK, sennò va bene lo stesso (il che, in fin dei, conti è quello che sull'argomento ha detto lo stesso Verdi...)! Quindi una scelta programmaticamente controcorrente. Sarebbe carino sapere se Minkowski in una qualche intervista o dichiarazione si è espresso in merito.

Ciao e ancora grazie,
Francesco

P.S.: concordo sulle tue riflessioni sulla tradizione. Volevo solo dire che, a differenza della Chiesa cattolica, il teatro d'opera non deve sentirsi in condizioni di sudditanza nei confronti della tradizione, non deve avere troppa soggezione di un passato tanto importante, né sentirsi troppo condizionata nei sentieri da percorrere. In altre parole, non ci si trinceri dietro la frase "l'opera va fatta così perché si è sempre fatta così...).
Peraltro io "Di quella pira" la preferisco con il do finale (purché sia un bel do e... grande come una casa!!!) ;-)
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda mattioli » ven 20 lug 2012, 18:41

Tutto molto interessante. E, per inciso, questo dibattito dimostra che lo spettacolo di Cerniakov, al di là dei distinguo, che sono tutti ovviamente condivisibili e che in parte condivido, è stato un successo, perché ha ottenuto lo scopo del teatro (tutto il teatro): discutere e far discutere.
Vorrei proporvi un piccolo passo avanti (o indietro, a seconda dei punti di vista). Dimentichiamo per un attimo l’aspetto del mi piace/non mi piace. Dimentichiamo anche, benché sia una questione importante, tutta la diatriba sui limiti-regole-liceità di riscritture drammaturgiche come questa. Dimentichiamo, infine, la questione del rispetto del testo, inteso come libretto più partitura: in questo Trovatore, peraltro, II trovatore c’era tutto, quindi ce n’era di più che nei Trovatori “di tradizione”, anche se con alcune varianti come lo spostamento di alcune battute da un personaggio all’altro, la sparizione dei comprimari, l’attribuzione ai solisti delle prime battute del coro e il trasloco del coro in buca.
E’ chiaro che, come mi sembra sia emerso dal dibattito, è tutta questione di “convenzioni”, cioè di quel patto tacito che regola il rapporto fra l’interprete e il pubblico. E qui secondo me casca il Divino : Love : (ma ovviamente, Divino essendo, casca in piedi : King : ). Per la semplice e banale ragione che Cerniakov (e Guth, e Jones, e Py, e McVicar, e Pelly e chi volete voi) non è un pazzerellone che passa di lì e cui un direttore di teatro decide di affidare Il trovatore per far parlare di sé. E’ uno dei più richiesti e scritturati registi del mondo, nei teatri più importanti e, aggiungo, non solo d’opera: la Comédie-Française gli affidato la sua nuova Phèdre (il che vuol dire che non è più un regista “d’avanguardia”, ma assolutamente istituzionalizzato, se un teatro istituzionalissimo gli affida un caposaldo del suo repertorio più istituzionale). Questo vuol dire che oggi nel mondo c’è voglia, o forse bisogno, di vedere spettacoli del genere. Vuol dire che Cerniakov rappresenta e racconta la contemporaneità. Vuol dire che oggi il pubblico, o almeno la sua stragrande maggioranza, esclusa la retroguardia trogloditica, non solo accetta, ma vuole questo tipo di spettacolo. E infatti lo applaude. E infatti i teatri continuano a darglielo.
Io non so se il reale sia razionale. Però non capisco mai perché, all’opera, il reale, i fatti, quel che succede, non siano mai presi in considerazione come un elemento imprescindibile del giudizio critico. Mi spiego. Io posso benissimo dire: Cerniakov non mi piace e spiegare, anche brillantemente, perché non mi piace. Ma non posso, a meno di essere totalmente ottuso, ignorare che Cerniakov è oggi uno dei registi più scritturati del mondo (perfino alla Scala, aggiungo). Quindi evidentemente resta dentro le convenzioni del nostro tempo, evidentemente il teatro che fa è, se non “il”, “un” teatro d’opera di oggi. Nessuno, per ora, farà Tristano ridotto a un’ora, perché il pubblico non lo accetterà e i teatri non lo scrittureranno più. Oppure farà come Brook e non pretenderà di mettere in scena la Carmen di Bizet, ma una sua versione di Carmen da Bizet con tanto di titolo cambiato. Ma questo Trovatore era assolutamente Il trovatore del maestro Verdi, infatti è stato presentato come tale e come tale applaudito (tralascio, ovviamente, l’analisi molto raffinata e secondo me convincente della drammaturgia del Trovatore che c’è dietro). Segno che, per usare un’espressione del Divino nella quale mi ritrovo assaissimo, “funziona”
Se ci pensate, è la stessa cosa che succede con molti interpreti musicali. Un esempio macroscopico? La Bartoli. Io posso dire che la Bartoli mi piace o non mi piace. Posso dire che la Bartoli è brava o non brava rispetto a quello che si è sentito fino a oggi nella storia dell’opera. Ma che abbia venduto sette milioni di dischi (e cantando Vivaldi e Gluck, non ‘O sole mio) è un fatto che dovrò spiegare. E non lo posso spiegare se non con la circostanza che la Bartoli, esattamente come Cerniakov, interpreta la contemporaneità, sta dentro alla contemporaneità, legge il passato come se fosse presente. Altrimenti non si spiega perché la Bartoli venda dischi e Cerniakov sia scritturato. A meno di, ovviamente, evocare la pubblicità, le trame demo-pluto-massonico-giudaico-comuniste o la moda. Ma il complotto è la classica spiegazione di chi non ha spiegazioni. E dire che qualcuno ha successo perché è di moda è molto sciocco, perché allora bisogna chiedersi perché sia di moda, e siamo daccapo (a parte il fatto che, come spiegava Leopardi, la Moda è più forte perfino della Morte). L'aspetto interessante non è stabilire se la Bartoli canti bene o canti male (rispetto a cosa, poi?). E' capire perché il NOSTRO mondo si ritrovi in quel modo di cantare. O, fortissimamente, nel Trovatore di Bruxelles. Oltretutto, posso garantire che Cerniakov non è bello o figo o modaiolo. E’ un ometto privo di qualsiasi appeal che, quando l’ho conosciuto io, aveva la dentatura più disastrosa che abbia mai visto e parlava solo il russo. Altro che glamour, signora mia…
Ma allora, e concludo scusandomi la lenzuolata, che serve la critica? Rispondo che oggi serve molto di più ed è anche molto più difficile. Perché deve a) aiutare il pubblico a distinguere il grano dal loglio, perché poeticamente, intellettualmente e soprattutto tecnicamente fra Cerniakov e Neuenfels c’è un abisso; b) aiutare il pubblico a capire se e quanto presente c’è nel passato (e ricordo che il 99% del repertorio operistico è appunto basato su titoli del passato). E questo è molto più difficile, ma anche più importante, che stabilire ciò che è bello o brutto, che poi di solito vuol dire stabilire se ciò che si vede e si sente è più o meno uguale a quello che si è sempre fatto.
Vabbé, scusate lo scoppio di logorrea, ma mi sembra che questo Trovatore abbia davvero scatenato una discussione molto interessante.
Ciao ciao

Alberto
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » sab 21 lug 2012, 17:28

mattioli ha scritto:E non lo posso spiegare se non con la circostanza che la Bartoli, esattamente come Cerniakov, interpreta la contemporaneità, sta dentro alla contemporaneità, legge il passato come se fosse presente. Altrimenti non si spiega perché la Bartoli venda dischi e Cerniakov sia scritturato. A meno di, ovviamente, evocare la pubblicità, le trame demo-pluto-massonico-giudaico-comuniste o la moda. Ma il complotto è la classica spiegazione di chi non ha spiegazioni.

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Ma allora, e concludo scusandomi la lenzuolata, che serve la critica? Rispondo che oggi serve molto di più ed è anche molto più difficile. Perché deve a) aiutare il pubblico a distinguere il grano dal loglio, perché poeticamente, intellettualmente e soprattutto tecnicamente fra Cerniakov e Neuenfels c’è un abisso; b) aiutare il pubblico a capire se e quanto presente c’è nel passato (e ricordo che il 99% del repertorio operistico è appunto basato su titoli del passato). E questo è molto più difficile, ma anche più importante, che stabilire ciò che è bello o brutto, che poi di solito vuol dire stabilire se ciò che si vede e si sente è più o meno uguale a quello che si è sempre fatto.


Ciao Alberto,
in fin dei conti il motivo per cui si preferisce il Trovatore di Cerniakov alla paccottiglia di uno Zeffirelli (di un Pier'alli, di un Ronconi, o di un qualunque altro dei soliti noti italioti, eccezion fatta per Damiano Michieletto) è che solo il primo racconta una storia agli uomini di oggi con un linguaggio in grado di convincere/avvincere/commuovere/far pensare (il secondo, al massimo, illustra/decora/edulcora/annacqua...).
E', in definitiva, la contrapposizione tra due modi (e mondi) diametralmente opposti di concepire l'opera. Da un lato chi vede nell'opera una gloriosa tradizione che deve essere custodita dagli attacchi di un presente minaccioso ed ostile (magari mettendola sotto campana di vetro, se non addirittura in formalina). Dall'altro chi concepisce l'opera come teatro, come organismo vivente che necessita di essere rispettato, nutrito, amato. L'opera come un fanciullo immortale (puer senex, cherubino mozartiano!) che deve essere lasciato libero di giocare con la storia e nella storia, mescolando il presente, il passato, il futuro, rispecchiando l'uomo nella sua contemporaneità, nei suoi drammi e nelle sue passioni. E' compito e responsabilità della critica (ma anche del pubblico, non dimentichiamolo!) tenere in vita questo splendido bimbo!!!

Francesco
(tuo grande estimatore ;-))

P.S.: a quando il prossimo libro? Ormai sia la biografia su Pavarotti che "Anche stasera" li ho letti, riletti, ri-riletti, ri-ri-riletti, ri-ri-ri-riletti... ;-)
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda mattioli » sab 21 lug 2012, 20:20

P.S.: a quando il prossimo libro? Ormai sia la biografia su Pavarotti che "Anche stasera" li ho letti, riletti, ri-riletti, ri-ri-riletti, ri-ri-ri-riletti...


Malissimo. Per punizione, in ginocchio sui ceci a rivedersi l'opera omnia di Pier'Alli.
AM

PS1: grazie, mi imbarazzi :oops: ma anche : WohoW : e pure : Love :
PS2: il prossimi libro butta malissimo, perché quello che voglio fare io la Mondadori non lo vuole e quello che vuole la Mondadori non voglio farlo io. Quindi è stallo.
PS3: trattasi di un vergognoso uso privatistico del mezzo, quindi meglio usare l'MP. Ciao miao bao
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda teo.emme » dom 22 lug 2012, 1:49

DottorMalatesta ha scritto:in fin dei conti il motivo per cui si preferisce il Trovatore di Cerniakov alla paccottiglia di uno Zeffirelli (di un Pier'alli, di un Ronconi, o di un qualunque altro dei soliti noti italioti, eccezion fatta per Damiano Michieletto) è che solo il primo racconta una storia agli uomini di oggi con un linguaggio in grado di convincere/avvincere/commuovere/far pensare (il secondo, al massimo, illustra/decora/edulcora/annacqua...).

Che palle...non ti sfiora mai il sospetto di non avere la verità in tasca?
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » dom 22 lug 2012, 9:25

teo.emme ha scritto:
DottorMalatesta ha scritto:in fin dei conti il motivo per cui si preferisce il Trovatore di Cerniakov alla paccottiglia di uno Zeffirelli (di un Pier'alli, di un Ronconi, o di un qualunque altro dei soliti noti italioti, eccezion fatta per Damiano Michieletto) è che solo il primo racconta una storia agli uomini di oggi con un linguaggio in grado di convincere/avvincere/commuovere/far pensare (il secondo, al massimo, illustra/decora/edulcora/annacqua...).

Che palle...non ti sfiora mai il sospetto di non avere la verità in tasca?


Ciao! Ma dai, non arrabbiarti!!!! :-)
Mi spiace esserti sembrato noioso (ma non vedo perché quello che scrivo debba essere per forza considerato... avvincente!).
Stavo esprimendo un mio modo di vedere, anche se, lo ammetto, con toni piuttosto... decisi! E' ovvio che quello che scrivo è quello che penso IO...
La gente fa quello che le pare e piace. E se la gente ha voglia di vedersi Zeffirelli, Pier'alli & co., nel nostro Paese non ha che l'imbarazzo della scelta!!!
;-)

Un saluto musicalmente fraterno!
Francesco
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