Il Trovatore (Verdi)

recensioni e commenti di spettacoli visti dal vivo

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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda Maugham » mar 03 lug 2012, 13:19

mattioli ha scritto:
Se tu leggi la recensione che Isotta fece sul Corriere... altro che Trovatore di Bruxelles.


Giusto per pignoleria: credo fosse Il giornale. All'epoca, PI ancora non infestava la veneranda terza del Corrierone...
Ah, rimembranze...
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Mi pare che sul Giornale ci fosse Visentini, no?
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda mattioli » mar 03 lug 2012, 15:39

Divino : Love : ,

visto che ci separano diversi lustri, insomma potresti essere il mio bisavolo : Sailor : , Ti segnalo che nel 1976 io ancora i giornali non li leggevo e men che meno Isotta (dopo ho cominciato e dopo ancora smesso). Però mi sembra di ricordare che in un libro di quest'ultimo, intitolato se non mi sbaglio "Protagonisti della musica", egli parlasse del Ring del '76 e dicesse di averlo seguito come inviato del Giornale. Ma magari ricordo male: benché non sia ancora così bacucco come te, alla mia età la memoria comincia a fare brutti scherzi... :roll:
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda pbagnoli » mar 03 lug 2012, 15:52

Maugham ha scritto:Mi pare che sul Giornale ci fosse Visentini, no?
WSM

Magari è la mia memoria a fare gli scherzi, ma - per come ricordo io - la firme "musicale" del Giornale dell'epoca (che leggevo) era quella di Piero Buscaroli, giornalista che non ho mai amato particolarmente e che scriveva con una prosa involutissima. Era lui che faceva di solito gli articoli di area wagneriana, mentre c'era un'altra giornalista "musicale", di cui al momento non ricordo il nome, morta purtroppo precocemente di tumore, che faceva recensioni su Verdi e opera italiana.
Questo Visentini al Giornale proprio non lo ricordo... :roll:
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda Maugham » mar 03 lug 2012, 15:53

mattioli ha scritto:Divino : Love : ,

visto che ci separano diversi lustri, insomma potresti essere il mio bisavolo : Sailor : , Ti segnalo che nel 1976 io ancora i giornali non li leggevo e men che meno Isotta (dopo ho cominciato e dopo ancora smesso). Però mi sembra di ricordare che in un libro di quest'ultimo, intitolato se non mi sbaglio "Protagonisti della musica", egli parlasse del Ring del '76 e dicesse di averlo seguito come inviato del Giornale. Ma magari ricordo male: benché non sia ancora così bacucco come te, alla mia età la memoria comincia a fare brutti scherzi... :roll:
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Io ricordo Isotta perché se ne occupó a lungo Giudici - col canino affilato- nella prima edizione della Bibbia. Pubblicata, ovviamente, quando tu non eri ancora nato. : King :
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda VGobbi » mer 04 lug 2012, 22:48

Leggevo spesso il Giornale di Montanelli ... e mi ricordo assolutamente di Buscaroli ... anche se nel '76 anch'io non leggevo giornali ... ne' sapevo l'alfabeto italiano.

Comunque grazie Maugham per il tuo punto di vista, anche se mi pare una posizione davvero estremizzata. Insomma, rivedere la drammaturgia di un compositore, qualunque esso sia, indipendentemente dal canto ... mi pare fuorviante! O no? O forse ho capito male? :oops:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda Maugham » lun 09 lug 2012, 18:10

VGobbi ha scritto:Comunque grazie Maugham per il tuo punto di vista, anche se mi pare una posizione davvero estremizzata. Insomma, rivedere la drammaturgia di un compositore, qualunque esso sia, indipendentemente dal canto ... mi pare fuorviante! O no? O forse ho capito male? :oops:


Vittorio, mi preme specificare un punto.
Io scrivo su OD per divertimento.
Non ho la benchè minima intenzione di dare un valore dogmatico alle mie affermazioni nè di "fuorviare" nessuno.
Ho solo espresso un parere. Non sopporto più gli spettacoli prevedibili sia sotto il profilo teatrale che musicale (ho diviso i comparti per necessità espositiva anche se per me sono inscindibili). Quindi preferisco prendere un aereo per vedere "cose" sulla carta curiose (che a volte si rivelano semplicemente eccentriche) piuttosto che un treno per "cose" che si preannunciano corrette (che a volte si rivelano semplicemente noiose). Sarò un vecchio bacucco, ma non vado più a teatro per passare una "piacevole" serata o per sentire gente che emette suoni carini e morbidi. Tutto qui.
Di conseguenza la tua sintesi "rivedere la drammaturgia indipendentemente dal canto" non solo non esprime il mio pensiero, ma è lontanissima da qualunque pensiero io abbia mai formulato. :D
Se ho fatto passare questo concetto me ne scuso.

Passando al Trovatore belga devo dire di essere rimasto parzialmente deluso.
E non per il cast che, fin dagli inizi, si sapeva lontano dai livelli, non dico di eccellenza, ma anche di semplice routine che siamo soliti aspettarci da un Trovatore almeno passabile.
Mi ha deluso uno degli elementi che invece erano la molla che mi ha spinto a prendere un Ryanair per Bruxelles.
L'allestimento.
Per i motivi espressi sopra io non solo difendo, ma seguo con entusiasmo le riscritture drammaturgiche nell'opera.
Un regista ha pieno titolo, nel presente, di sostituire il plot drammaturgico "storico" con un altro lanciando una sfida nei confronti dello spettatore. Ovviamente non basta l'idea carina o intrigante; ci sono delle regole che devono essere rispettate. Regole, beninteso, non scritte nel marmo nè codificate da nessun sacro testo, ma che io sento come mie.
La riscrittura drammaturgica, secondo me, deve essere "logica", ovvero deve avere un potere di persuasione tale da convincerti che quella storia che si conosce benissimo può essere raccontata, in maniera altrettanto (se non di più)convincente, in un altro modo.
Questo per me avviene -al di là del maggiore o minor talento del regista chiamato in causa- solo quando tutti i principali snodi drammaturgici, espressivi, musicali, i principali climax teatrali e musicali dell'originale sono rispettati anche in un contesto diverso.
Sono del parere che una difesa di quelli che per me sono i valori di una nuova drammaturgia applicata all'opera possa basarsi esclusivamente su questo, chiamiamolo così, rigore narrativo. In caso contrario i passatisti hanno perfettamente ragione. A cosa serve una riscrittura narrativa ancora più "debole" dell'originale?
Bene.
Cerniakov fino ad ora ha impostato il suo lavoro proprio sulla virtuosistica e impressionante capacità di riscrittura; DG, Carmelitane, Macbeth, Onegin, Giocatore, Kovanchina, Kitezh... non tutto era allo stesso livello, qualche forzatura c'era, ma nel complesso la sfida era quasi sempre vinta. Ovvio che quando La Monnaie ha annunciato questo Trovatore ho drizzato le orecchie; e come me le hanno drizzate Mat, Beck e Alberto e tanti altri. Non solo si tratta dell'opera delle opere, ma è anche un titolo di solito poco battuto sotto il profilo della drammaturgia.
Cerniakov purtroppo ha raccontato il Trovatore sovrapponendo alla storia originale (che tutti indicano come l’emblema del contorto melodrammatico) un’altra storia, se si vuole, ancora più debole nello sviluppo e fiacca nelle motivazioni.
E allora una riscrittura drammaturgica che "impoverisce" l'originale o, meglio, ne sottolinea alcuni aspetti a discapito di altri finisce, nel mio caso, per perdere interesse.
Inoltre questa idea -il gioco di ruolo- mi è sembrata in alcuni punti una sorta di imbuto dove fare entrare quello che si riusciva a far entrare. Quello che rimaneva fuori...restava fuori.
A questo aggiungo una debolezza del cast a livelli impresentabili. Mi hanno detto che in altre sere le cose sono andate meglio. Nella mia tenore e soprano erano fuori fase. Didyk non solo si qualifica come pessimo Manrico. In alcuni punti sembrava un comico che facesse la parodia di Manrico. La Poplovskaya (con mio stupore rispetto alla sua recente Elisabetta e Margherita del Faust) era davvero messa male. Non è mai stata un fulmine di guerra, d'accordo, ma le scalette discendenti e ascendenti le sapeva fare. :D Molto meglio sia Tiliakos e la Brunet.
Per ultimo tengo Minkovski.
Questa sì, una grande lettura. Tra l'altro con un'orchestra come quella della Monnaie, non con i suoi complessi abituali. I ritmi perfetti, i respiri giusti, i fortissimi compatti senza mai forare, la capacità più che narrativa, direi affabulatoria nello spingere la vicenda (l'accompagnamento a "condotta ell'era in ceppi" si mangia tutto quello che io ho sentito nella mia carriera di spettatore) mi hanno trasmesso le uniche emozioni forti della serata.
Saluti
WSM
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda pbagnoli » lun 09 lug 2012, 21:22

Maugham ha scritto:
Inoltre questa idea -il gioco di ruolo- mi è sembrata in alcuni punti una sorta di imbuto dove fare entrare quello che si riusciva a far entrare. Quello che rimaneva fuori...restava fuori.

Ecco.
Mi sono rivisto il video dello spettacolo e - devo dirlo - superata la fase iniziale di meraviglia per l'operazione, anch'io ho avuto la stessa sensazione: e cioè che stavolta Tcherniakov (per me il più eccitante regista d'opera dei nostri tempi, ma qui prevedo gli strali del Grasso Messere) l'abbia davvero fatta fuori dal vaso.
Anch'io come WSM adoro le ricontestualizzazioni, a condizione che:
:arrow: siano ragionevoli
:arrow: siano credibili e persuasive
:arrow: non necessitino di spiegazioni ulteriori, note di copertina, didascalie
:arrow: non stravolgano la narrazione musicale
Detto questo, per me tutto è lecito.
Qui, però, ripeto: superata la meraviglia iniziale, il giochino mostra la corda.
Il Tcherniakov dei Dialogues è il più incredibile regista d'opera contemporaneo: riscrive una storia, la rende non solo credibile ma addirittura appassionante.
Di più: ti fa credere che la sua sia "la" storia per definizione; qualcosa di simile a quello che è riuscito a fare Jones con Suor Angelica.
Questa è la bellezza del lavoro registico: il racconto di una storia che può anche essere diversa da quello che ci aspettiamo dal libretto, ma che sia convincente nella sua adesione allo spirito di librettista e musicista.
Facciamo un esempio banale: immaginiamo che Butterfly sia schizofrenica e che la partenza di Pinkerton le abbia slatentizzato un nucleo psicotico.
E' possibile? Sì, la musica e il libretto ce lo suggeriscono chiaramente.
Quindi: e se un regista ci facesse vedere Pinkerton che visita non la casa bensì il manicomio in cui Butterfly è rinchiusa? E se Sharpless fosse lo psichiatra che la cura e Suzuki - banalmente - l'infermiera?
Certo, bisognerebbe trovare una sistemazione per Goro - per esempio, un malato sulla via della guarigione - ma la storia potrebbe prendere forma, non credete?
Sarebbe plausibile, ragionevole e spiegherebbe per esempio i ripiegamenti infantili di Butterfly; il suo rifiuto della realtà; i suoi scatti d'ira alternati alle dolcezze infantili; e, in assenza di farmaci adeguati, anche il suicidio.
Tutto plausibile, ragionevole, logico e ancorato alla musica e al libretto.

Qui invece è tutto diverso; e, senza didascalie iniziali, non si capirebbe una pera.
Formalmente bello da vedersi e intrigante, ma non plausibile.

Quanto al canto, un disastro.
Ci rimango male soprattutto per la Poplavskaja; ritengo sempre di più che debba cambiare il paradigma esecutivo per questi ruoli, e che chi meglio ha indicato la strada sia Simone Kermes. Magari non sarà lei la performer di riferimento per i prossimi vent'anni, ma se siamo disposti a crederle questa potrebbe essere la strada.
Mi sarebbe piaciuto vedere (e sentire) Tiliakos, per me oggi "il" baritono verdiano di riferimento
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Re: Trovatore - Bruxelles 2012

Messaggioda Maugham » mar 10 lug 2012, 10:51

pbagnoli ha scritto:Mi sarebbe piaciuto vedere (e sentire) Tiliakos, per me oggi "il" baritono verdiano di riferimento


Tiliakos è stato vocalmente molto bravo. Nella mia sera inoltre era quello più a posto anche "ritmicamente". Certo che i vociomani cercheranno in lui invano la "forbitezza" del baritono verdiano che -non ricordo chi l'ha scritto- "deve avere una mano sull'elsa della spada e l'altra sul cuore". :)
Purtroppo l'allestimento era stato montato su un altro tipo fisico.
Cerniakov è un registra magnifico nel costruire i personaggi con il materiale a disposizione. Raramente pecca d'astrazione.
Questo però significa che i suoi spettacoli sono quasi sempre inutilizzabili con altri cast.
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 12 lug 2012, 13:18

Arrivo buon ultimo a dire la mia.
Anche perché mi sono beccato l'ultimissima recita non solo della produzione, ma anche della stagione (e a causa di ciò mi sono pure dovuto sciroppare il patetico pistolotto finale del direttore del teatro, un presenzialista insopportabile dai lunghi capelli, che - con tutta la compagnia schierata sul palco - ha ripetuto in tre lingue vari encomi a se stesso, al lavoro di squadra della Monnaie, in cui tutti si vogliono bene, nonché varie geremiadi sul pericolo che si tolgano fondi alla cultura e sulla necessità di foraggiare i teatri ...e il suo stipendio. Pareva di essere precipitati a una recita scolastica).

Il vantaggio dell'ultima recita è che tutti gli artisti sono estremamente rilassati.
Infatti i cantanti sono stati sensibilmente migliori rispetto al video della prima.
A questo proposito vorrei un po' temperare le espressioni scandalizzate dei confratelli che mi hanno preceduto.
In astratto i cinque cantanti erano tutti validissimi professionisti; il problema è che sono abbastanza refrattari alle prerogative del canto Verdiano, alle specificità tecniche e stilistiche che in esso abbiamo scoperto.
Detto questo però i cinque non erano i "primi venuti". Non è un cast da periferia italiana o tedesca.
Sono comunque forti personalità e nomi importanti del panorama attuale.

E' vero, però, che la loro "aspecificità" linguistica risaltava in modo particolare in "questo" Trovatore, perché la direzione di Minkowski era la più "specifica" (e artisticamente esaltante) che sia possibile sentire.
Non esiste oggi un direttore che possa dirigere quest'opera meglio di così.
Contrariamente alle mie abitudini, spesso mi perdevo a fissarlo, a fissare i violini, i corni, gli ottoni, dimenticando quello che accadeva in scena... tanto ero rapito da quanto si potesse tirare fuori da una musica che pensavo di conoscere a memoria.

Per questo il cast sembrava ancora più sbagliato: era doloroso sentire gli archi rubare con incantevole perizia una certa melodia, e trovarci sopra un soprano che arranca solo per restare a tempo.
O sentire l'orchestra danzare selvaggia sul tema di "Abbietta zingara", come in un valzer di morte, e sopra un basso che non riesce a stargli dietro.
Che senso ha valorizzare l'infinitesimo trillo di "Stride la vampa" o "Ah sì, ben mio" se poi l'Azucena e il Manrico di turno soppiantano i trilli con i soliti gruppetti e mordentini che facevano anche la Barbieri e Corelli!

E' questo l'assurdo!
L'anno scorso, per gli Ugonotti,Cutler o la Petersen o la Lezhneva respiravano col direttore.
Quest'anno invece la parte strumentale si affacciava sul domani, mentre quella vocale restava ancorata a ieri l'altro.


Detto questo, io però non ho sentito prestazioni tanto disastrose.
Sono i soliti verdiani improvvisati come, nella mia vita, ne ho sentiti tanti.
Non in tanti, però, si sono dimostrati attori sensazionali come questi (fa eccezione solo Tiliakos, che dovendo sostituire Hendrics non deve aver provato a sufficienza).

In cima alla lista pongo le due donne.
La Brunet ci regala una composizione scenica fantastica, la migliore che le abbia visto fare a tetro: si resta conquistati dalle sue infinite controscene, fatte di sguardi maliardi e di pose ridicole, o dal suo ondeggiare greve e sensuale sui ritmi ipnotici di Stride la Vampa.
Ma è soprattutto nell'evoluzione dalla prima alla seconda parte che rivela le sue maggiori capacità espressive: quando cioè da vecchia signora petulante diventa una povera pazza, fragile e instupidita, che gli eventi trascinano alla deriva.
Il contrasto è impressionante.

La Poplovskaja è un'altra attrice coi controfiocchi.
Pur senza mai strafare, con una gestualità controllata e sobria, non priva di ironia e di sensualità ha descritto a sua volta un'evoluzione grandiosa, con punte (al quarto atto) veramente trascinanti.
Vocalmente... lo sappiamo! Il suo problema non è di cantare male (anche se non è fatta per questo repertorio, alla fine agilità, trilli, sopracuti, filature li ha fatti), ma di incappare in sonorità bruttissime, sgraziate e stridenti, sparse lungo l'estensione, che talvolta le fanno persino perdere l'intonazione.
Posso solo dire che in generale le sue condizioni vocali alla mia recita erano decisamente migliori che nel video della prima (dove, per inciso, stava male, tanto da non essere nemmeno uscita per gli applausi).

Di tutto il cast, quello più lontano dalle esigenze che oggi attribuiamo al canto Verdiano era Didyk.
Il tenore è talentuoso, valido interprete, ottimo declamatore e di bel timbro nel medium.
Che questo non basti per cantare Manrico è evidente: il settore acuto ha tutte le caratteristiche del declamatore, non del vocalista, per cui ogni volta che varca il passaggio i suoni sono sparati, mai legati, mai funzionali rispetto al decorso melodico. Il ritmo (esercitato su tutt'altro repertorio) qui appare rudimentale.
Non parliamo della dinamica! Ogni tentativo di smorzare un fallimento.
Anche come attore Didyk non è apparso risolutivo come in altre occasioni

Giovanni Furlanetto accusa a sua volta un canto troppo legnoso e declamatorio (ereditato dal fratello?) per questo repertorio.
Però vi confesso che una delle ragioni del mio entusiasmo era fissarlo nelle reazioni e contro-scene. Pur consapevole della marginalità del suo ruolo, quindi senza mai strafare, si è rivelato un animale da palcoscenico che non sospettavo.
Chapeau!

Infine Tiliakos, la cui linea - pur intaccata da varie scorie timbriche - ha finalmente un respiro verdiano.
Come attore ho rimpianto Hendrix, molto più acceso e motivato. Ma come cantante ho ringraziato il cielo di avere lui: il Balen (uno dei vertici musicali e drammaturgici di questa produzione) ha guadagnato moltissimo a essere eseguito con sonorità da vero vocalista.



Tengo per ultimo Tcherniakov, che ha destato i maggiori dibattiti in questo thread.
Quando ho visto, in video, la registrazione della prima, le mie reazioni sono state identiche a quelle di Maugham e Pietro.
A teatro invece mi è parso uno spettacolo bellissimo, trascinante, imperdibile!

Forse perché avevo eliminato le mie attese: già sapevo che l'edificio cammaraniano non sarebbe stato risolto in una clamorosa destrutturazione di quelle a cui Cerniakov ci ha abituato.
Non dovevo più interrogarmi, riflettere, seguire piste, anticipare l'aprosdoketon finale, ma solo godermi l'evolvere coerentissimo e affascinante della nuova fabula.
C'è poi da dire che, alla prima, il tutto non era ancora oliato, anche a livello registico: basta dire che si sono persino dimenticati l'effetto importantissimo di strappa ad Azucena la parrucca alla fine del primo quadro del terzo atto.
Infine mi pare che il video non sia stato fatto particolarmente bene: l'insistenza sui primi piani priva dell'elaboratissimo gioco di sguardi, controscene, disposizioni geometriche dei personaggi che a teatro tenevano continuamente desta l'attenzione.

Venendo al sodo...
Il Trovatore è un'opera sperimentale e audacissima a livello narrativo, per certi versi trionfale, per altri fallimentare.
La vicenda si inerpica tanto a livello verticale (gli antefatti, l'incombere del passato e le sue implicazioni sull'azione visibile) quanto a livello orizzontale (l'incedere narrativo attraverso gli atti).

Sul piano verticale il Trovatore è un fallimento, lo sappiamo tutti.
L'antefatto non si capisce; le piste vengono aperte e non chiuse... Pensiamo solo al fatto che il titolo è "Il Trovatore" ma Manrico (che ci appare solo in veste di zingaro e soldato di ventura) di un Trovatore non ha nulla e non fa nulla (va be', canta una serenata... ma anche Lindoro lo fa).
Il contesto storico, così importante per Gutierrez, qui è rudimentale; delle ragioni politiche che contrappongono gli Aragonesi agli "Urgeliani" non emerge nulla.
Il contesto geografico è ancora più fumoso (che c'entra Pelilla con le guerre civili in Aragona? e Castellor dove diavolo sarebbe? perché i prigionieri di Castellor sono chiusi nell'Aljaferia a Saragozza?). I nessi che dovrebbero collegare il passato al presente non esistono (ad esempio ci si potrebbe chiedere come faccia un povero zingaro della Biscaglia a diventare prima trovatore, poi cavaliere da tornei, poi seguace di Urgel e addirittura comandante, infine corteggiatore di Lenora... a poco più di 15 anni) :)
Insomma, se dovessimo valutare il Trovatore solo nell'articolazione "verticale" lo potremmo considerare un disastro... che però si riscatta in modo favoloso sul piano "orizzontale" ossia sull'asse spaziale-temporale sul quale si articola la vicenda vera e propria, quella visibile.
E qui il Trovatore è un miracolo! L'architettura narrativa è un prodigio di equilibri e tensioni da far impallidire il 90 % dei libretti d'opera (e tutti quelli di Wagner, almeno da questo punto di vista)! :)
Mai visto un libretto più complesso, architettonico, euritimico e sperimentale.

Tutti noi in fondo ci aspettavamo che Cerniakov lavorasse sulla parte verticale; se c'è uno che possa darle senso è lui: basta pensare ai prodigi che ha compiuto sul Don Giovanni, dove è riuscito a inventarsi una premessa enorme, un antefatto mille volte più articolato e terribile rispetto a quello di Da Ponte (che in pratica non c'è) e facendolo passare al pubblico con una facilità espositiva che lascia annichiliti.

Ciò che tutti speravamo è che anche nel Trovatore (proprio perché la verticalità narrativa in quest'opera fa acqua) il regista russo costruisse una qualche storia stupefacente, moderna, cinematografica, come sa fare lui, in grado di ricucire i buchi che Cammarano aveva lasciato aperti.
E invece, sorprendendoci (e inizialmente deludendoci) Cerniakov ha fatto tutt'altro.
Se dietro al Don Giovanni (opera quasi priva di antefatto) aveva costruito un edificio immane, sull'antefatto del Trovatore (che sarebbe enorme) ha tirato una riga.
L'antefatto, la parte "verticale" della vicenda del Trovatore, è azzerato senza pietà.
Tutto quello che nell'opera è ricordo, qui diventa elaborazione fantastica, gioco di fantasia, improvvisazione di rancori repressi.
Insomma, pare dirci (e in fondo giustamente) Cerniakov, perché dobbiamo ammattire con ciò che non funziona nel Trovatore?Troviamo il modo di annullarne i difetti e concentriamoci invece su ciò che funziona alla grande: la parte "orizzontale".


Capisco che la sensazione iniziale sia di una scappatoia: Maugham l'ha percepita così e inizialmente anche io.
Poi però, a teatro, ho cambiato idea.
Perché, sia pure rinunciando a tutto il "prima" (o per lo meno riducendolo a un moncherino), Cerniakov ha esaltato come nessuno prima di lui ciò che invece nel Trovatore funziona.
Le tensioni narrative (già strutturatissime nel libretto) con Cerniakov si comprimono ulteriormente in una narrazione ancor più serrata e trascinante, radicalizzandosi in un' Unità di Tempo che contrae tutta l'azione in poche ore, senza soluzione di continuità, dove l'aderenza fra azione descritta e azione reale è perfetta.
Persino i pochi minuti di intervallo (nei quali il pubblico si alza ed esce) corrispondono a qualcosa che avviene... una "mezz'ora" di storia che non vediamo e che intuiamo all'apertura del sipario.

Che poi quella mezz'ora (che non vediamo) corrisponda esattametne al vertice del "climax", alla punta della forcella, rende ancora più emozionante la narrazione di Cerniakov: è in quei minuti che il conte (umilato e distrutto alla fine del secondo atto) prende in pugno la situazione e si trasforma da vittima a carnefice.


Anche l'unità di luogo si condensa in un'unica stanza (un vecchio, elegante appartamento preso in affitto da Azucena, spoglio, con le pareti rosse ricoperte di antiche specchiere e il divano ancora coperto da un telo). Da sede del gioco crudele di Azucena, diventerà prigione da cui non è possibile fuggire.

Ma è soprattutto l'Unità di Azione (che in Cammarano si complicava in due - tesissimi - fili indipendenti) a raggrumarsi in un unico possente arco a cui tutti i personaggi partecipano insieme: una tensione che avanza spasmodica lungo i primi due atti e che esplode nei due successivi, si sfoga e si esaurisce.


Nella prima parte Azucena (col collaboratore Ferrando) accoglie i suoi ospiti, tre persone che si conoscono bene, molto probabilmente parenti: Manrico (personaggio a cui vanno tutte le simpatie di Azucena), il Conte e sua moglie (o fidanzata) Leonora.
I tre si conoscono; che Manrico sia noto alla coppia, lo dimostra il rapido bacio sulla guancia che scambia con Leonora quando essa entra, e la stretta di mano (questa un po' più imbarazzata) che divide col conte.

Anche Azucena deve essere imparentata (altrimenti non sarebbe corsa ad abbracciare Manrico, il quale ricambia con un certo disagio), forse una zia...

In tutti i casi (e questo è l'unico moncherino di antefatto che è rimasto) Azucena sa che tra Manrico e Leonora c'è del tenero.
Un tenero inespresso, nascosto, mai dichiarato, ma c'è.
Lui non può aspirare a confessarlo perché, rispetto al conte, legittimo fidanzato, Manrico si sente perdente.
Il conte è elegantissimo, ricco, di successo. Lui invece sembra un cantante da balera: capelli ossigenati e giacca pitonata.
Leonora è sua e Manrico non ha speranze.
Ma non per Azucena, questa buffa e un po' patetica signora intrigante, dall'eleganza sovraccarica e fuori moda, di quelle tipiche zitelle che cercano di animare la loro noiosa vita facendo le dive e nutrendosi di sogni d'amore altrui.

Qual'è il suo obbiettivo?
Far emergere l'amore fra Manrico e Leonora. Costringerli a dichiararsi e ...naturalmente... umiliare il conte, questo tipo troppo solido, troppo ironico, troppo sicuro di sè, troppo sprezzante.
E così organizza un gioco: li convoca tutti in un appartamento fuori mano, fornisce loro dei copioni.
Il gioco consisterà nel recitare una storia fantastica (di cavalieri, tornei, guerre civili, bambini rapiti e streghe).
In questa storia (ovviamente) i personaggi recitati da Manrico e Leonora si amano e si amano alla faccia del conte.
Lei conta sul fatto che la storia "finta" farà emergere i sentimenti "veri".
E così avviene... nei primi due atti.
Il conte prende il gioco con irritazione, irridendo alle assurdità della vecchia. Ma la sua irritazione va trasformandosi in sgomento quando si accorge della piega che gli eventi (come Azucena aveva previsto) vanno prendendo.
Manrico e Leonora si investono nelle rispettive parti, fino a liberarsi del copione e procedere con dichiarazioni infiammate.
La tensione cresce in modo indescrivibile: siamo tutti dalla parte del povero conte, che beve, si dispera, precipita nel baratro, mentre i due - ignorandolo sempre di più - sono al massimo della gioia per questo sentimento a lungo represso e finalmente dichiarato.
Il vertice emozionale (da grande Cerniakov) è l'aria del conte. Lui sul divano al proscenio canta il suo amore disperato (seduti al suo fianco, Azucena mantiene un sorriso sprezzante e Ferrando si asciuga il sudore); dietro di loro, nell'altra stanza, Manrico e Leonora si baciano avidamente.
E quanto parte il valzerone di "Ma l'amore, l'amore ond'ardo" i due innamorati, lenti e non visti, cominciano a ballare.
Una scena grandiosa.
Azucena trionfa, il Conte esplode, urla la sua disperazione, tenta di fermare il gioco, ma è Manrico che a questo punto ferma lui, mollandogli un paio di ceffoni che fanno precipitare a terra il conte... disperato, distrutto, umilato.
"Ho le furie nel cor" gridato fra i singhiozzi da un conte a terra, mentre Manrico e Leonora si abbracciano davanti a lui è stato il più emozionante che abbia sentito a teatro.
Su questo climax allucinante e sapientemente preparato lungo i due atti, cade il primo intervallo.
Quando riprendiamo posto, capiamo immediatamente cosa è avvenuto nei minuti in cui siamo usciti per fumare.

Il climax insostenibile ha prodotto un effetto che nessuno, nemmeno quella sciocca di Azucena, aveva potuto prevedere.
Nel conte qualcosa si è spezzato: l'umiliazione e il dolore l'hanno fatto esplodere.
Ha sfoderato una pistola, li ha fatti tutti ostaggi e, al limite della pazzia, ha preso in mano il gioco.
Ferrando, il collaboratore di Azucena, tenta di passare dalla parte del nuovo "capo". Verso Azucena non ha ormai che disprezzo: quella vecchia pazza sapeva che Manrico e Leonora si amavano, sapeva quale vaso di pandora stava scoperchiando.
E ha esposto tutti (lui compreso) a questa situazione.
Azucena dal canto suo... reagisce alla svolta da quella stupida vecchietta fragile di testa che è.
Schiacciata dal terrore, si rifugia nella storia assurda che aveva inventato... non è più capace di uscirne.
E quando il conte la interroga... lei continua a farneticare di zingari, di biscaglia, di bambini rapiti!
Dalle sue farneticazioni emerge solo l'amore incontrollato per Manrico che, a questo punto, è divenuto (nella sua testa) veramente suo figlio!

Il conte, ridendo sgangheratamente della vecchia pazza, la fa legare da Ferrando e poi si dedicherà a giocare coi due innamorati. "Vi divertivate a recitare all'amore? Ora continuerete per me". Costringe Manrico a cantare "Ah si ben mio", mentre con la pistola guida la mano di Leonora verso di lui.
Manrico, a sua volta atterrito, si lascia comandare a bacchetta, fino a quando sente la povera Azucena (ormai completamente giù di testa) invocare il suo aiuto. A quel punto ha un attimo di ribellione, se la prende con Leonora e si ferma solo di fronte al conte che, per dimostrargli la sua determinazione, ammazza Ferrando.
Manrico, legato, viene chiuso in uno sgabuzzino. Leonora, allo stremo delle forze, si offre al conte di tornare con lui se lascia scappare Manrico. Il conte accetta.
Il loro duo (sordido, in mezzo al resto di uno spuntino improvvisato, birra e patatine fritte, e concluso dal loro rapporto sessuale sotto gli occhi di Manrico) è un altro dei momenti forti della serata.
Il finale si avvia alla sua conclusione.
Azucena è ormai completamente impazzita; vive nella sua favola e non ne esce. Cantanto "Ai nostri monti" cammina avanti e indietro, come prigioniera di un altro mondo. Leonora indica a Manrico la via di fuga (la porta finalmente aperta da cui entra la luce del giorno), ma questi non accetta di lasciarla lì col "mostro".
Quest'ultimo si sveglia e la tragedia arriva alla sua conclusione. Manrico viene ucciso da una scarica di proiettili, mentre Azucena (suscitando le risate del conte) urla il suo insensato "Sei vendicata o Madre", che - a questo punto - dà più brividi che nella storia originale.
Perché l'enfasi della musica sottolinea solo la frase senza senso di una povera pazza.

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda Maugham » gio 12 lug 2012, 17:32

MatMarazzi ha scritto:Se dietro al Don Giovanni (opera quasi priva di antefatto) aveva costruito un edificio immane, sull'antefatto del Trovatore (che sarebbe enorme) ha tirato una riga.



Proprio questo è il punto. Qui abbiamo una visione diversa.
L'antefatto, seppur debole, tutto quello che vuoi, però per me esiste. Anche perchè occupa un'ora e venti dell'opera. I personaggi si relazionano e deflagrano "anche" sulla base di quell'antefatto. Ridurlo a un moncherino significa impoverire le motivazioni di certi conflitti. Ritengo (ma come ho detto sopra è un mio punto di vista) che sia troppo comodo "tirare una riga".

Tutto quello che nell'opera è ricordo, qui diventa elaborazione fantastica, gioco di fantasia, improvvisazione di rancori repressi.


Anche su questo io invece ho avuto sensazioni diverse. Il gioco di ruolo l'ho trovato un escamotage un po' troppo macchinoso e "telefonato" e strumentale. Soprattutto in quel contesto.

Insomma, pare dirci (e in fondo giustamente) Cerniakov, perché dobbiamo ammattire con ciò che non funziona nel Trovatore?Troviamo il modo di annullarne i difetti e concentriamoci invece su ciò che funziona alla grande: la parte "orizzontale".


Legittimo. Ciò non toglie che per me la sfida la si vince nel far funzionare tutto. O quasi tutto. Almeno per me.

Perché, sia pure rinunciando a tutto il "prima" (o per lo meno riducendolo a un moncherino), Cerniakov ha esaltato come nessuno prima di lui ciò che invece nel Trovatore funziona.


Su questo sono d'accordo. E lo spieghi benissimo. E mi ci ritrovo pienamente. Lo spettacolo -tolti certi eccessi da pulp sovietico che Cerniakov mette anche nel Russlan- era bello teso. Però mi ha intrigato poco. Nella scena della prigione (hai poi capito perchè Leonora muore? Io ricordo solo che tracanna di botto un bicchiere di vino nero, forse mi è sfuggito qualcosa) però, lo ammetto, mi sono annoiato.
Sulle voci, senza dubbio sono capitato in una sera sfortunata.

Ciao

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 12 lug 2012, 17:48

Ahimè, non vi nascondo molta, moltissima invidia.
Un Trovatore con la regia di Tcherniakov sarebbe il sogno proibito di ogni amante del teatro vero, considerando cosa questo genio è riuscito a realizzare finora ad esempio nell'Oneguin o nel Giocatore di Prokofiev (con buona pace di Galina Vishnevskaya e di tante altre anime belle che vanno all'opera pensando di andare a museo invece che a teatro).
Il Trovatore è un'opera splendida, ma difficilissima ed insidiosissima da realizzare dal punto di vista visivo senza cadere nello zeffirellismo più bieco. Ci ha provato finora Robert Carsen, in un'interpretazione riuscita a metà imperniata sul fuoco come elemento scenico e drammaturgico primario. Non ho purtroppo visto la regia di quell'altro genio del teatro musicale che è David McVicar (indimenticabili la sua Salome e la sua Manon), e resterò con la curiosità di vedere questo spettacolo di Tcherniakov. Speriamo che venga realizzato una registrazione video (magari con altro cast: mi par di capire che i cantanti non fossero un granché).

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda beckmesser » gio 12 lug 2012, 18:19

Maugham ha scritto:Ciò non toglie che per me la sfida la si vince nel far funzionare tutto. O quasi tutto. Almeno per me.


Capisco benissimo il discorso e anzi anch’io la penso allo stesso modo. Però, per come io ho vissuto questo spettacolo, occorrono due precisazioni.

Primo: ciò che mi irrita, in una riscrittura drammaturgica, sono gli elementi palesemente in contrasto con il testo originale; quegli snodi necessari per la “nuova storia” che vengono a forza appiccicati sulla vecchia. In questo Trovatore non ho trovato operazioni di questo genere: al limite si può contestare a Cerniakov di aver glissato su alcuni aspetti. Ridurre tutto il “Condotta ell’era in ceppi” ad una specie di chanson bohème da salotto per il fatto che la storia del bambino bruciato a Cerniakov, per i suoi fini, non interessa, può senza dubbio essere una semplificazione irritante, può essere magari giudicato troppo comodo, ma non è illogico, non è un controsenso, non è (almeno per me) una forzatura. Anche perché durante quella chanson bohème accadono fra gli altri personaggi cose estremamente interessanti…

Seconda considerazione: ci sono casi in cui è evidente che il regista perde il filo della riscrittura drammaturgica che tenta. Non mi sembra che questo Trovatore rientri fra questi; semplicemente, credo che a Cerniakov (che ha dato prova di saper portare a termine riscritture anche più ardite di questa) in questo caso non interessasse un’operazione di questo genere. Il suo scopo non era quello di riscrivere cosa era successo fra quei personaggi nell’antefatto, ma rappresentare le dinamiche che si scatenano fra quei personaggi riuniti in quella situazione. L’antefatto (al contrario di quanto avviene in Verdi e Cammarano) è quasi irrilevante, tant’è che ce ne vengono forniti solo alcuni indizi. Quel che conta è l’analisi psicologica dei personaggi che viene fatta a partire dal momento in cui quella porta viene chiusa a chiave da Azucena: e quest’analisi, per me, è stata memorabile… Certo l’obiezione potrebbe essere: se questo è il metodo, l’opera cui viene applicato è irrilevante e il gioco di ruoli lo si poteva applicare indifferentemente a Traviata o Turandot. Può essere, ma personalmente non credo: una delle intuizioni più geniali di Cerniakov mi sembra sia stata proprio quella di cogliere come la violenza psicologica del gioco che scatena si adatti incredibilmente alla violenza dei contrasti ideati da Verdi e Cammarano. Non credo il gioco avrebbe funzionato altrettanto bene in altro contesto.

Saluti,

Beck
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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 12 lug 2012, 18:45

Maugham ha scritto:L'antefatto, seppur debole, tutto quello che vuoi, però per me esiste. Anche perchè occupa un'ora e venti dell'opera.


Un attimo... quando parlo di antefatto (o di azione verticale) io non parlo dell'opera vera e propria e nemmeno di un'ora e venti di essa.
Quello che intendi tu non è ante-fatto, ma "fatto" che consiste in una rievocazione dell'ante-fatto! :)
Insomma, il racconto di Azucena o di Ferrando sono azione vera e propria, non antefatto. Rientrano nella parte "orizzontale".
Infatti Tcherniakov non ha azzerto quei momenti (anzi, ne ha fatto momenti forti, teatralissimi).
Ciò che ha azzerato è solo quello che "non vediamo", ossia la storia che viene prima dell'inizio del Trovatore.
Che le due cose siano diverse (un antefatto invisibile e la visibilissima rievocazione di esso) è facilmente dimostrabile.
Basta che un regista giustifichi diversamente l'evocazione del passato (una menzogna? un gioco? un delirio patologico?) e la spaccatura tra antefatto e relativo reseconto sarà insanabile.
Proprio come avveniva in questo Trovatore.

Poi, per carità, non discuto che "per te l'antefatto del Trovatore esista", o che la "sfida si vinca nel far funzionare tutto".
Però dobbiamo intenderci su quale margine di libertà vogliamo lasciare a un regista.
Io credo che su tutta l'azione "invisibile" (il prima, il dopo, l'altrove) il regista goda di grande libertà di manovra.
E se non ci piace che "riduca" dimensioni e portata di un antefatto, allora non dovrebbe piacerci nemmeno che le "ampli".

Nel momento in cui concedo a Cerniakov di inventarsi un antefatto complicatissimo (ben più dell'originale) a monte del Don Giovanni, automaticamente gli concedo anche di inventarsene uno ...semplicissimo (ben più dell'originale) a monte del Trovatore.
Tanto più che secondo me le motivazioni dei personaggi c'erano comunque!
In fondo... a parte Azucena... che legami ci sono fra le loro ragioni e la storia del bambino scambiato? Direi nessuna...
A muovere Manrico, il Conte e Leonora ci sono solo motivazioni contingenti: amori e gelosie, competizioni fra maschi alfa, affetti filiali e tutt'al più generiche contrapposizioni politiche.
Insomma, le stesse cose che (col suo moncherino di antefatto) emergevano benissimo nello spettacolo di Cerniakov.


Poi è vero che se un regista fosse in grado di darci un Trovatore tutto ricucito e coerente anche nella parte verticale e nelle sue scalcinate premesse narrative, sarei contento...
E tuttavia (dopo aver visto Cerniakov) temo che lo giudicherei un bell'esercizio stilistico.
Quel che a Bruxelles ho capito è che quest'opera meravigliosa sta in piedi non grazie... ma a dispetto del suo antefatto! E che se ne facciamo a meno, ci divertiamo lo stesso! :)

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda MatMarazzi » gio 12 lug 2012, 18:49

Ciao Francesco e benvenuto.

DottorMalatesta ha scritto:Non ho purtroppo visto la regia di quell'altro genio del teatro musicale che è David McVicar (indimenticabili la sua Salome e la sua Manon)

Ahimè, il Trovatore non è stata la riuscita maggiore di Mc Vicar. Il nostro Mattioli dice che è stato l'ingresso al met ad aver un po' edulcorato la produzione, ma noi quella abbiamo. E il video è sinceramente deludente.

e resterò con la curiosità di vedere questo spettacolo di Tcherniakov. Speriamo che venga realizzato una registrazione video (magari con altro cast: mi par di capire che i cantanti non fossero un granché).


Se avessimo Mezzo anche in Italia ... l'avrebbero vista tutti! :evil:
Facciamo una petizione: abbattere Classica e introdurre mezzo in italia! :)

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Re: Il Trovatore (Verdi)

Messaggioda DottorMalatesta » gio 12 lug 2012, 19:07

Con i tempi che corrono è già tanto se col satellite riusciamo a ricevere ARTE e se ogni tanto Rai5 ritrasmette qualche opera...
O tempora o mores (ma temo che sarà sempre peggio!).
Per fortuna che esiste il DVD.

Ciao,

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