da vivelaboheme » mer 23 mag 2012, 17:20
Britten alla Scala ha ottime fortune. Dopo il Death in Venice della Warner, ecco uno splendido Grimes.
Il mare non si vede ma c’è, è ovunque, in questo straordinario spettacolo di Richard Jones. C’è nei bagliori di luce continuamente cangianti, c’è nella taverna di Auntie che oscilla (straordinario il dondolio delle lampade) c’è nella sovraeccitazione della popolazione. C’è nella tempesta del cuore di Peter Grimes, nelle nostalgie di Ellen. Il mare siamo noi cui tutto il palcoscenico guarda. E un mare – anzi “il mare” – di colori di ritmi, di arabeschi, di dinamiche d’eccezionale “apertura”, è l’orchestra nella formidabile concertazione di Robin Ticciati. Che , alla seconda rappresentazione, riceve un meritatissimo trionfo personale, con orchestra tutta in piedi, e l’intero cast più il pubblico uniti nell’applauso. Oltre a concertare divinamente, Ticciati ha un impressionante senso del ritmo: le parti più “danzanti”, dal tono popolare fino ai cenni di jazz (ce ne sono) trovano un’evidenza straordinaria. C’è, è vero, qualche rumore di scena di troppo in coincidenza degli ultimi interludi: ma è peccato veniale in una messa in scena collettiva (musica e teatro) di altissimo livello. E, in particolare, l’esecuzione del secondo interludio è da brivido. O nel primo, il suono “bianco” – eccezionale! – dei violini!
Uno degli aspetti più eccezionali del lavoro congiunto di Jones e Ticciati (e di Gabbiani: strepitoso il coro, per forza, misura e “presenza”) è proprio quello acustico. Esempio preclaro, il coro con organo nella (straordinaria) chiesetta chiusa che fa da controcanto alla melodia di Ellen. Jones e Ticciati, insieme, sono riusciti a fare del “difficilissimo” palcoscenico della Scala ciò che quasi a nessuno è riuscito, da che il palcoscenico stesso è stato rinnovato: un luogo di straordinarie risonanze, di inaudite dinamiche sonore (vedasi, ancora, il tamburo di Hobson, che “gira”, sullo sfondo, alla morte del ragazzo). La profondità, il “senso prospettico” del suono è uno degli aspetti più stuopefacenti, in questo allestimento del Grimes. Sul piano scenico-musicale, concordo sull’eccezionalità della realizzazione di “Old Joe has gone fishing”, ed è letteralmente agghiacciante (in senso positivo, naturalmente!) il passaggio dalla danza all’eccitazione collettiva che porterà al grido ” Peter Grimes”: momento capitale della direzione di Ticciati e della prova del coro quel grido ripetuto fra pause che paiono infinite: grande Britten, ma grandi anche glli interpreti, alla Scala.
Fra gli interpreti, straordinaria resa scenica e vocale della Auntie da parte della gloriosa Felicity Palmer (e che freschezza in acuto, complimenti!) avvolta nel suo bellissimo golfone marinaro. Spettacolosa la realizzazione scenica delle nipotine danzanti. In Susan Gritton, Ellen in maglione arancione, a mio avviso, la nota petualante, nella foggia (il gonnellone da maestrina) nei modi (i gesti da “mammina”) e in tutto il modo di porsi, è voluta, da Jones: e il vibratino della voce della Gritton è perfettamente funzionale a questa concezione del personaggio. Graham-Hall è uno straordinario attore: delinea un Peter aspro, esacerbato, poi delirante con una dolcezza di fondo che non riesce ad esprimersi. Non mi ero esaltato sullo strumento vocale in occasione di Death in Venice, non mi esalto oggi: il timbro è uniforme, può ingenerare monotonia, pur se questa stessa voce “ingrata” risulta, anche in questo caso, funzionale a delineare il personaggio.
E’ – nel suo complesso – uno spettacolo d’una forza spaventosa. Se ne esce sconvolti (e ce lo siamo detti in tanti, alla sortita dalla seconda replica).
E con la voglia di tornare, per rivedere, riascoltare, cogliere l’infinità di particolari “disseminati” da Ticciati e Jones in un lavoro collettivo (orchestra, solisti, coro meraviglioso) che fa di questo Grimes, sicuramente, uno dei momenti massimi (probabilmente “il” massimo) dell’attuale gestione scaligera. E’ nel novero ristretto degli spettacoli che uno si porta dentro per la vita, come punti di riferimento.
marco vizzardelli