Ho visto anche io, ieri 12 maggio, questa Tosca.
Non è assolutamente il tipo di spettacolo che sarei andato a vedere mia sponte: ci sono andato per dover di abbonamento.
Certo, non è stata una grande Tosca, tutt'altro che uno spettacolo indimenticabile o, secondo alcuni, degno della Scala (ma sarà poi vero? Andiamo a vedere la lista delle rappresentazioni storiche di Tosca a Milano... si tratta di routine per il 70%).
Non avevo mai visto dal vivo lo spettacolo di Bondy, solo il video.
E la visione del video dal Met fu condizionata negativametne dalla grande attesa che tutti nutrivamo verso questo spettacolo e dal sogno che un gigante come Bondy potesse ricavare qualcosa di grande da Tosca.
Come ricorderete tutti, proporzionale all'attesa fu la delusione.
Ci ritrovammo infatti uno spettacolo prevedibile, senza alcuna velleità di rilettura, persino incapace di evitare i classici errori di interpretazione del libretto, tipici dei registi alla Zeffirelli o alla Ronconi.
Non so, tanto per fare un esempio, l'Angelotti che - in apertura dell'opera - si intrufola a Sant'Andrea con i capelli lunghissimi e la barba lunga, manco fosse un Conte di Montecristo appena evaso da decenni di prigionia, mentre il suo arresto era avvenuto un paio di mesi prima, al crollo della Repubblica Romana. O Scarpia che si presenta in chiesa al primo atto spaventoso, da un balcone, dove conciona e terrorizza gli astanti manco fosse un Mussolini che sbraita su Piazza Venezia -mentre dovrebbe entrare con nonchalnace, quasi un fedele tra gli altri - e che da lì ruggisce ai suoi sgherri "
occhio alle porte, SENZA DAR SOSPETTI"
Ovvio che la prima volta che abbiamo visto tutto questo in video, unito alla più vieta banalità di gesti, alla mancanza di un disegno coerente e innovativo e al solito trattamento banalizzante dei tre protagonisti (una Tosca tebaldesca, un Cavaradossi del monachesco, il solito Scarpia "leather" che oggi va di moda, con frustini e stivali di pelle, ecc...) ...ci avesse fatto cascare le braccia.
Ieri però nutrivo ben diverse aspettative, e questo mi ha permesso di rilassarmi e divertirmi più di quello che avrei pensato.
Ormai nessuno si aspetta più che la Tosca di Bondy sia rivoluzionaria e geniale (come fu quella di Carsen). Ormai si va a vederla come un tranquillo spettacolo di routine: una Tosca rassicurante come era quella di Zeffirelli al Met, che funga da buon contenitore per decine e decine di cantanti diversi; uno spettacolo semplice e adattabile che possa essere ripreso decine di volte, lasciando alla ribalta i vari artisti che lo riempiono.
Be'... visto in questi termini, senza troppe attese, lo spettacolo funziona... E se deve essere uno Zeffirelli aggiornato, allora (e sempre) meglio Bondy di Zeffirelli.
Alla fine le scene sono semplici e simpatiche (in particolare lo studio di Palazzo Farnese, spoglio e persino anonimo, ma con i muri dipinti di un rosso-velluto che sfuma a seconda della temperatura emotiva, pare proiettarsi dal costume - a sua volta rosso - di Tosca e che si fonde col broccato del sipario che si chiude a vista soltanto alla fine del secondo atto, come siglando di rosso la "scena madre" della protagonista). Qualche spunto di buon effetto c'è (il finale) e la gestione di tempi dell'azione è ancorata al mestiere di uno regista che, in tutti i casi, sa il fatto suo.
Ora capisco perché, nonostante non sia geniale, questa Tosca venga ripresa tanto assiduamente; perché è come il Billy Budd di Decker. Non funzionerà in DVD e non entrerà nella storia, ma è un buon contenitore, facile ed economico, per mille Tosche senza pretese.
Luisotti mi è piaciuto abbastanza: andrebbero meglio studiati gli equilibri sonori con il palco (troppo sovento soverchiato), magari anche un po' limata l'enfasi esagerata di certi temi (quello di Scarpia ad esempio); infine Luisotti dovrebbe un po' combattere la sua tendenza a dilatare troppo i tempi, per ricavarne suggestivi effetti di fraseggio ma a detrimento della naturalezza della "conversazione".
A parte questo la sua direzione è molto, molto curata, di bell'impatto e con affascinanti sonorità.
Marcelo Alvarez è qualcosa di indescrivibile!
Intanto la recitazione: bisognerebbe andare a teatro solo per vederlo recitare.
Dire che è incapace del benché minimo movimento sensato è dire poco... gongola in palcoscenico, cicciottello e sballato, in modo divertentissimo; ma non è questo il meglio...
Il meglio sono i tentativi di inserire (in mezzo alla brodaglia di mimica assurda e di gestualità da telenovela) continui dettaglia che dovrebbero testimoniare la sua comprensione del testo.
Faccio un esempio.
Tosca dice "Ma prima ridi, amor" (e lui fa una faccia ridanciana, ma con occhio perplesso; come a dire "di cosa devo ridere?")
"Prima sarai fucilato" (e allora lui sgrana gli occhi e spalanca le braccia: "Ma come... fucilato?")
"Per finta, ad armi scariche" (e allora fa un sorrisone con un sospirone di sollievo: "Fiuuuu, per un attimo avevo pensato...")
Ecc....
Insomma un divertimento che non ha eguali all'opera... Era dei tempi di Bruson che non vedevo nulla del genere....
Il canto. Altrettanto ridicolo ovviamente.
Spinto come un ossesso, tutto strascicato, gonfio come quello di una rana toro, tutto preso dall'ossessione di dimostrare che "lui sì che ha la voce di Cavaradossi", con pianissimi radi e nella maggior parte dei casi un po' afoni.
Anche vocalmente lui appartiene in toto ai Cavaradossi che si strappano i peli del petto e li tirano sulle signore in platea, ma il bello è che si capisce lontano un miglio che non è questa la sua natura (che invece sarebbe quella di un simpatico Bagonghi). I peli se li strappa lo stesso, perché ritiene che solo così possa ritenersi un "Tenore" come quelli di una volta... ma ogni volta che lo fa gli scappa un "ahi!".
E tuttavia posso capire che piaccia.
E' riuscito a trasformare la sua voce (che nei primi anni 2000 suonava ben diversa) in un miscuglio fra il Pavarotti più brado e il Domingo più ipocrita; gli acuti sono penetranti, spesso sparati "col saltino" ma comunque efficaci; i singhiozzini e i singultini sono talmente ben preparati da far credere che i suoi vocalizzi al mattino siano fondati su essi.
E tuttavia va detto che il pubblico non è andato in visibilio: nonostante Luisotti abbia permesso (cosa per me scandalosa) la "pausa di tradizione" alla fine delle sue arie per permettere gli applausi, questi sono risultati affettuosi, ma né lunghi, nè torrenziali.
La Serafin... che dire....
E' certamente una grande artista e alla fine la sua Floria Tosca è stata la migliore in campo.
Non mi capacito però di come non si renda conto che il suo baricentro vocale non è quello di Tosca.
E dire che io l'avevo capito già dieci anni fa, quando la sentii (meravigliosa!!!!) nella Dama di Picche con la regia di Jones.
Bastavano due note per capire che la sua tessitura era quella del Falcon: in pratica una Sieglinde, una Valentine, una Didon, una Fedora al massimo.
Ma niente da fare: Tosca, Turandot addirittura....
Ma non si ascolta? E gli addetti all'ufficio casting della Scala nemmeno?
La sua Tosca ha alternato, ieri, momenti di indubbia efficacia (quando era nel registro centrale) ricchi di sfumature, ottime intenzioni, eloquenza d'accento, a tensioni spaventose in acuto.
E non è che non abbia cacciato i do (persino quella della lama) con una qual certa perentorietà.
Ma si trattava di note talmente estreme per lei da rasentare l'urlo.
E non parliamo della spaventosa chiusa di "Vissi d'arte" (che per il resto ha cantato e fraseggiato molto bene).
L'impressione finale che la sua voce ci lascia (una voce che pure sarebbe grande, sontuosa, timbricamente bella) è un continuo senso di chioccio e faticoso.
Come attrice è senz'altro efficace, ma la sua Tosca milanese non è niente al confronto dei miracoli che le ho visto compiere dal vivo con Jones e con la Nemirova. Si vede che lei, per brillare in scena, ha bisogno di registi veri e non di "contenitori per riprese" (come è la Tosca di Bondy).
infine Gagnidze: davvero niente di speciale, almeno in Tosca.
E' il solito bass-baritonone declamatorio che oggi va per la maggiore (come Dobber e Lucic) e che viene erroneamente propinato anche nei grandi personaggi verdiani.
Mi spiace per zietta Ebe, ma l'immagine incancellabile di Thomas Hampson in questa parte mi convince che anche per Scarpia sarebbe il momento giusto di passare ai coloristi.
Tutto questo, ovviamente, imho.
Salutoni,
Mat