La questione era... in certi casi potrebbe essere interessante ricostruire e recuperare allestimenti storici (settecenteschi, ottocenteschi, primo-novecenteschi) di dati spettacoli, riproponendone - se ne abbiamo gli elementi - scenografie, tecniche illuministiche, movimenti?
In pratica... può esistere una "filologia dell'immagine" all'opera?
pbagnoli ha scritto:MatMarazzi ha scritto:
Io per vedere finalmente il primo Tristano di Wieland mi muoverei senz'altro... Mentre di vedere il Tannhauser di Baumgarten non me ne frega nulla...
Inoltre possiamo anche pensare che le Nozze di Strehler (che peraltro ho già visto agli Arcimboldi) e l'Aida di Zeffirelli siano stati riproposti male alla Scala... semplicemente tirati fuori dalle cantine e buttati lì.
Può darsi che l'operazione possa essere fatta meglio di così...
Probabilmente anch'io mi muoverei per vedere il primo Tristan di Wieland; ma ciò non mi impedirebbe di pensare che quell'allestimento abbia esaurito il suo corso.
Bada, Matteo: è una cosa che penso anche della Bohème di Zeffirelli, che pure ho visto con piacere non so quante volte, a teatro e in video. E' uno spettacolo meraviglioso, che non mi stancherei mai di vedere (a patto, ovviamente, che non ci canti Marcelo Alvarez); ma questo non mi impedisce di pensare che abbia finito il suo ciclo vitale e che sarebbe meglio rimetterlo in soffitta; e magari tentare altre strade interpretative.
Siamo tutti d'accordo che l'opera (così come il teatro di prosa e la musica strumentale) contiene elementi di natura diversa: elementi "statici" ed elementi "dinamici".
Gli elementi statici ci provengo dal passato e sono (in teoria) fissi, immutabili... quale che sia la realizzazione o la produzione.
Le note scritte da Verdi e le parole di Cammarano (se parliamo di Trovatore) sono gli elementi che convenzionalmente consideriamo "statici".
Mentre i suoni tratti da quelle note pentagrammate e le immagini dell'allestimento li consideriamo "dianamici", ossia cambiano ad ogni realizzazione.
Perfetto.
A me tutto questo va benissimo.
Però attenzione: non dobbiamo irrigidire troppo le nostre convenzioni, perché altrimenti si rischia di essere smentiti: l'arte,lo spettacolo, la cultura non amano restare troppo imbrigliati, men che meno da categorizzazioni "logiche".
Parlando di arte ci si dovrebbe sempre chiedere, ogni tanto, "perchè no"?
E allora io ti chiedo... che male c'è se anche le immagini sceniche, illuministiche, ecc... (non dico sempre, ma una volta tanto) le passiamo dalla parte degli elementi "statici"?
In fondo siamo proprio noi di Operadisc (e abbiamo anche combattutto per questo contro i soliti mongolini che oggi ci copiano parola per parola) abbiamo sempre rivendicato l' AUTORALITA' di un regista.
Siamo stati noi i primi almeno fra i siti italiani (mentre tutti ancora si scandalizzavano dei registi brutti e cattivi) e mettere in evidenza la grandezza di Carsen e Jones e Guth e il loro diritto all'autosufficienza creativa. Ora tutti ci vengono dietro, anche quelli che un paio di anni fa inneggiavano a Pizzi e ci consideravano amici del diavolo...
Bene... la conseguenza della nostra vittoria su questo tipo di convenzione (l'autoralità del regista) porta con se che si debba mettere il regista sullo stesso piano del librettista e del compositore... creatori tutti e tre.
Il primo crea parole; il secondo è creatore di note musicali sulle parole; il terzo è creatore di immagini sulle note create sulle parole!
Se questo è vero... allora anche le immagini del regista possono - alle volte - essere spostate sul piano (per così dire) "statico", ossia essere recuperate come erano, proprio come si fa per la musica e le parole.
Questo non significa affatto che si debba smettere di "creare" nuove regie, nuovi allestimenti, ispirati all'oggi.
Così come non si deve smettere di comporre nuova musica e di scrivere libretti per nuove opere!
Per spiegare meglio quello che sto cercando di dire, ti faccio l'esempio con la musica.
Per moltissimo tempo anche la musica è stata considerata nella parte "dinamica", in pratica un "rivestimento" che si doveva "aggiornare" col tempo, mentre la parte "statica" era solo il libretto.
Prendi la Didone del Metastasio. Il libretto restava quello, ma decine di compositori (proprio come oggi i registi) lo rimusicavano a seconda dei tempi.
Poi a un certo punto (praticamente a metà dell'800) le cose sono cambiate: si è cominciato a mettere anche la musica su un piano "statico".
Pensa a che razza di choc deve essere stato nel 1859 (ossia in epoca tardo-romantica, pre-wagneriana) l'allestimento dell'Orfeo di Gluck a Parigi, nella revisione di Berlioz.
La gente probabilmente si sarà chiesta (proprio come fai tu ora)... ma che senso ha eseguire oggi dei suoni che non corrispondono più al linguaggio musicale contemporaneo... lontanissimi dalla nostra cultura, dal nostro sentire... suoni che hanno esaurito il loro ciclo vitale da almeno un secolo?
Eppure quello fu l'inizio di una rivoluzione benedetta.
Oggi infatti noi non abbiamo nessuna paura dei suoni scritti anche tre-quattrocento anni fa!
Anzi... abbiamo persino imparato a vederci noi stessi, a ricavare da CAvalli come da Haendel, da Rossini come da Meyerbeer stimoli grandiosi per capire il "nostro" tempo.
Lo scorrazzare per "segni" lontanissimi da noi ci aiuta ad ampliare il nostro vocabolario di suoni, di ritmi e di armonie!
Il recupero del passato (bel lungi dall'impedirci di evolvere) amplia le possibilità espressive del nostro presente!
Il fatto che abbiamo cominciato a discendere nel passato e concentrarci sulla musica antica, non ci ha infatto impedito di continuare a comporre!
Nonostante la rinascita di Handel, il rock e il jazz - ad esempio - non si sono fermati, non si è fermata la sperimentazione atonale, non si è fermato il musical.
Lo stesso vale per le immagini delle regie musicali.
Cominciare a scavare nel nostro passato, concedere agli allestimenti (storicamente informati) del 700 e dell'800 la possibilità di essere riproposti oggi, provocherebbe (è vero) un certo spaesamento iniziale, proprio come Gluck nel 1859, e una fase pionieristica di vari edulcoramenti (come la musica barocca pre-filologica all'epoca dei primi Monteverdi para-straussiani) ma alla fine arriverebbe ad arricchire il nostro bagaglio di immagini, non a limitarlo.
Ti faccio un esempio.
L'avanguardia registica degli ultimi anni ha dimostrato anche talune ripetitività.
Per esempio in certe ambientazioni: hai fatto caso che non c'è ricontestualizzazione (salvo rarissimi casi) che non si collochi nell'oggi - o tutt'al più nel '900?
Perché non succede mai il contrario? Perché non spostiamo - che so - un Vascello Fantasma nella Roma Imperiale? O una Forza del Destino nell'età della pietra?
Perché in realtà siamo prigionieri (anche a livello registico) di una certa uniformità di immagini e di idee.
Se cominci ad abituare il pubblico (proprio come è avvenuto col recupero della musica antica) a immagini diverse, a contesti imprevisti, a un altro utilizzo della luce e dello spazio, strappati al passato, anche la regia contemporeanea (che ovviamente dovrà continuare a esistere) ne trarrà stimoli e spunti creativi.
Ecco perché non concordo con gli esempi che hai fatto: la Bohème di Zeffirelli, ad esempio, o il (sopravvalutatissimo) Boccanegra di Strehler.
Perchè in quei casi non si tratterebbe di riscoperta, ma di "riproposozione".
Sono cose molto diverse.
Ti faccio un esempio sempre con la musica.
Una cosa è dire, nel 1930, recuperiamo Monteverdi o Handel. :O Questo sì che è uno Choc.
Tutt'altra cosa è dire, sempre nel 1930: "che orrore la Seconda Scuola di Vienna... che orrore la musica negra! Fermiamo questo declino! E continuiamo a comporre come faceva Verdi cinquant'anni fa e vedrai che stiamo meglio!"
Nel primo caso abbiamo pionieri coraggiosi e geniali! Nel secondo abbiamo dei passatisti coglioni!
Se parlo di recupero "filologico" di allestimenti passati, non parlo certo della Boheme di Zeffirelli.
Parlo dell'Ercole di Torelli, con tutte le sue mitiche macchine sceniche! Parlo del primo Otello alla Scala, su indicazioni (scritte) di Verdi.
Parlo del Tristano di Wieland, appunto... Parlo della prima del Fernando Cortez all'Opéra!
E non dico che tutto questo debba sostituire la regia contemporanea, guai al mondo...
Così come non credo che la filologia musicale barocca o rinascimentale abbia fermato la composizione di nuova musica.
Dico solo che in certi casi sarebbe utile.
Per esempio a Bayreuth... ormai non sanno come uscire dall'avvitamento in cui si sono cacciati.
Se cominciassero a fare una solo nuova produzione all'anno e per le altre opere riesumassero (filologicamente) allestimenti dei loro mitici 130 anni secondo me sarebbe un modo per rilanciare l'immagine e l'immaginario wagneriano...
Più che continuare a sfornare spettacoli orrendi e orrendamente inutili (come stanno facendo) perché ossessionati solo dal bisogno di inventarsi qualcosa di nuovo.
Ok, lo so... stiamo parlando di fantascienza!
...per ora!
Salutoni,
Mat