MatMarazzi ha scritto:Come contro-finale non c’è davvero male.Anzi, un capolavoro del genere.Guth è riuscito a farci vivere una storia, a farcela capire perfettamente e poi a sconvolgerci quando ormai ci pareva di essere arrivati alla fine.E' una di quelle cose che, finora, alla Scala si sono viste di rado...E allora perché non ci ha sedotto (a parte tutto) come altre cose di Guth?
A mio parere, oltre a quelle che indichi, le ragioni sono essenzialmente due:
1) perché un contro-finale (come lo hai definito, non male... ) funzioni davvero bisogna che il regista sparga durante tutta l'opera indizi e suggerimenti, che lo spettatore magari subito non coglie ma che gli lascino una qualche vaga impressione di “c'è qualcosa che non va”, senza riuscire a capire cosa, di modo che arrivati al contro-finale lo spettatore non possa che dire fra sé “che razza di c..glione che sono stato, non poteva essere che così”, e magari gli venga voglia di rivedere tutto dall'inizio per interpretare, stavolta nel modo giusto, tutti gli indizi. In questa Frau, onestamente, non ho avuto questa impressione: tutta l'opera filava benissimo sulla falsa pista, anzi, forse filava meglio sulla falsa pista... Più che un contro-finale, mi è sembrato un finale a sorpresa o ad effetto: il regista, semplicemente, ad un certo punto della storia davanti ad un bivio ha imboccato una strada piuttosto che l'altra. L'ha fatto molto bene, ma non mi ha sorpreso più di tanto...
2) oltre che con la storia, bisogna fare i conti anche con la musica e, come ho già detto, per me la Frau non è opera che possa reggere bene un contro-finale del genere; passi per le ultime battute, dove quel rarefatto do maggiore può anche reggere lo straniamento dell'Imperatrice che torna nella sua follia, ma tutto il bataclan precedente per me strideva maledettamente con la strada lungo cui Guth ci stava guidando; ci sono opere che, nel loro essere del tutto “aperte”, possono reggere qualsiasi tipo di rilettura (e non è un caso, credo, che finora Guth abbia raggiunto i propri migliori risultati proprio con quelle più “aperte” di tutte: Don Giovanni, Tristano, o addirittura una non-opera come Messia); altre il cui assunto è talmente definito che è quasi impossibile non farci i conti. La Frau, per me, è una di queste. Un po' come Fidelio: un regista può ingombrare il palcoscenico di tutte le ghigliottine del mondo, ma non riuscirà mai a convincermi che i cinque minuti finali di insolente do maggiore possano adombrare una qualsiasi ambiguità o pessimismo storico. Lo stesso nella Frau: tutta l'opera è incentrata su un percorso che da A porta a B: puoi avere un certo margine nel definire A e B, ma non è opera circolare in cui scoprire che alla fine torni dov'eri partito... Almeno, per me non funziona del tutto, che se fatto con assoluta maestria...
Saluti,
Beck