La Donna del lago (Rossini)

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Messaggioda MatMarazzi » gio 12 lug 2007, 11:26

Scarpia ha scritto:la Anderson l'ho sempre trovata una cantante davvero, se mi è concesso dirlo, estremamente pallosa. E nella Donna del lago è stata sorprendente proprio xchè mi ha comunicato qualcosa...!



Certo che ti è concesso dire... ma anche a me è concesso ...sorprendermi del fatto che ti sei sorpreso! :)
Non capisco proprio, infatti, in cosa possa essere diversa la Anderson della Donna del Lago, rispetto alla Anderson di Armida, Semiramide, Otello, Maometto II, ossia gli altri ruoli Colbran che ha cantato.

Ma ancora di più mi sorprendo nel sentire definire "pallosa" una cantante come lei: istintivamente tragica, versatile, spettacolare vocalmente.
Capirei se ti fossi sorpreso a senirla nella Dafné di Strauss, muoversi per le volate supersoniche di quella musica come se fosse il suo ambiente naturale; o se l'avessi sentita nelle Bassaridi di Henze a Parigi, dar corpo a una delle più atroci eroine classiche di Euripide, la regina Agave, baccante dedita a orge e sacrifici umani, inconsapevole assassina del proprio figlio.
Non so quante Amine e Lucie possano tanto...
La mia sorpresa poi cresce a dismisura se poi sento definire "dignitosa" la Devia, cantante priva di qualsivoglia idea, con la presenza scenica e l'istinto tragico di un sedano, e a cui il pubblico italiano (per fortuna solo italiano) consente di trasformare in criceti personaggi immensi come quelli Colbran, Pasta, Ronzi in cambio qualche filatino e sopracutino da piazzare dove capita...
La sorpresa, ribadisco, è tutta mia! :)

Per la Von Stade: nn era quella della Cenerentola cn Abbado? :? Confermo l'effetto mozzarella (ke da oggi potrai dire di aver sentito qualcuno chiamarla in questo modo)


Ah ok! Quindi non era che qualcuno avesse detto una cosa del genere...
Era solo una tua personalissima opinione!
Be' me ne sento sollevato!
Liberissimo tu di vedere mozzarelle dove credi, ma io sono felice che nessun altro al mondo abbia definito così una delle più raffinate, suggestive, colte artiste degli ultimi decenni.

Scarpia ha scritto:Nn mi pare di aver citato la Caballè :roll:

E' vero, ho sbagliato.
Era stato Bergonzi.

Bergonzi ha scritto:Personalmente, mi piace - seppur con tagli e per nulla filologica- l'edizione RAI del 1970, diretta da Piero Bellugi, con una Caballè in stato di assoluta grazia, la Julia Hamari, un giovanissimo Bonissolli e il sempre bravo Pietro Bottazzo.

Piace anche a me quell'edizione. Anche l'Elisabetta del 70/71 con la Gencer mi piace o l'Armida con la Deutekom da Firenze.
La Caballé poi è talmente fantastica a livello vocale che verrebbe da considerarla (da questo punto di vista) la migliore in assoluta.
Io però sono affascinato da Elena, la misteriosa donna del lago, perché dietro di lei sento aleggiare l'atmosfera proto-romantica di Walter Scott.
Con la Von Stade (e in parte con la Anderson) questa atmosfera è evidentissima.
Con la Caballé ho la sensazione che il tutto si riduca alla solite belle note.
Sbaglio? Cosa ne pensi?

Salutoni,
Matteo
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Messaggioda Scarpia » gio 12 lug 2007, 15:23

Riguardo la Anderson, concordo su alcune qualità e doti...resta il fatto che a me (ripeto) ha sempre comunicato molto poco. Ad esempio, proprio ieri parlavo di Gedda cn una persona. Certo, piaccia o no resta un grandissimo nella storia dell'opera (inutile dire il perchè) . Beh, secondo questa persona "Gedda concilia il sonno", quindi indipendentemente dalle qualità tanti sn i cantanti che posso annoiare! Perciò nn sorprendiamoci :)

Per quanto riguarda la Devia, mi pare di intuire una tua idea ben chiara, quindi nn saprei che altro dire...

Per la Von Stade: nn scandalizziamoci x qualke soprannome...di commenti ne ho sentiti di tt i colori, anche se i cantanti in questione si chiamavano Del Monaco, Olivero, Di Stefano, Gedda, Sutherland...
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Messaggioda VGobbi » gio 12 lug 2007, 18:26

Scarpia ha scritto:... nn scandalizziamoci x qualke soprannome...di commenti ne ho sentiti di tt i colori, anche se i cantanti in questione si chiamavano Del Monaco, Olivero, Di Stefano, Gedda, Sutherland...

Sacrosanta verita'. Credo che sorprenderci perche' a qualcuno non piaccia tal cantante, sia l'ultima cosa da fare.

Ritornando in tema, confesso che pure a me la von Stade non mi ha mai entusiasmato. Forse mi son lasciato proprio condizionare dalla Cenerentola di Ponnelle, in cui tutti attorialmente fanno capolavori, tranne la coppia di innamorati (l'altro era Araiza). Ed anche vocalmente non e' che mi facesse impazzire, tutt'altro ...

Alla fin fine, val bene criticare la Ricciarelli ma non per partito preso, altrimenti ogni discussione muore sul nascere. Personalmente la sua Elena, per quel che ne capisco di opera seria rossiniana, non mi sembra da cestinare in toto.
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Messaggioda MatMarazzi » gio 12 lug 2007, 22:46

Scarpia ha scritto:Beh, secondo questa persona "Gedda concilia il sonno",


Scommettiamo che il tuo amico è un grande ammiratore di Celletti?
Dimmi se è vero e poi ti dirò come ho fatto a indovinare! :D


quindi indipendentemente dalle qualità tanti sn i cantanti che posso annoiare! Perciò nn sorprendiamoci :)


Io mi permetto di non essere d'accordo su questo punto.
Sto solo affermando una mia opinione, sia chiaro.
Non credo nel soggettivismo assoluto: variano le nostre personali reazioni di fronte a uno stesso cantante (e quindi il piacere che ne traiamo). Ma non variano le caratteristiche del cantante.
Tanto per fare un esempio di quello che intendo... uno può rifiutare i film horror perché lo sconvolgono. Altri non ne sono minimamente turbati e li guardano con vero piacere. Le reazioni sono soggettive, ma l'horror resta horror: nessuno affermerà che è un genere dolce, romantico e rassicurante.

Secondo me le caratteristiche della Anderson o della Von Stade sono abbastanza oggettive: se ne abbiamo formulato giudizi diversi è perché ne abbiamo avuto diverse esperienze.
Per questo è piacevole e istruttivo confrontarsi.


Per la Von Stade: nn scandalizziamoci x qualke soprannome...di commenti ne ho sentiti di tt i colori, anche se i cantanti in questione si chiamavano Del Monaco, Olivero, Di Stefano, Gedda, Sutherland...


Ti assicuro che non mi ero affatto scandalizzato! :)
Mi dispiace se ti ho dato questa impressione.
Mi ero solo incuriosito perché avevi detto che ti sembrava di averla sentita definire così da altri.

Chissà se Pietro riesce a mettere on-line il duetto della Von Stade e Blake?

Salutoni,
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Messaggioda Scarpia » ven 13 lug 2007, 0:16

Per quanto riguarda Gedda... conosco alcuni giudizi di Celletti, però siamo OT e francamente nn era qui che volevo arrivare.
Mentre sull'analisi che hai fatto io credo che quanto dici "variano le nostre personali reazioni di fronte a uno stesso cantante (e quindi il piacere che ne traiamo). Ma non variano le caratteristiche del cantante"... vero, il cantante resta sempre quello però alla fin fine è il nostro giudizio che conta. Cerco di spiegarmi meglio: ho grande ammirazione e stima per la A, nn la metto in discussione però molte volte mi ha lasciato poco coinvolto. Poi che a livello tecnico, vocale, interpretativo sia uscita in alcuni ruoli alla grande sarà vero, ma cmq la mia sensazione resta quella.
In questa Donna mi ha trasmesso qualcosa in piu' del solito. :)

Speriamo di esserci chiariti, a presto
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Messaggioda stecca » gio 13 set 2007, 15:46

Esco di testa per il Rossini serio quando è fatto da Dio (come accadeva negli anni 80) ma la Donna del lago non è tra le mie predilette, nel complesso infatti la "tinta" di fondo è un pò noiosetta e monocorde sembra mancare di quei guizzi tipicamentre rossiniani che invece caratterizzano molte delle sue consorelle, in pratica è un pò troppo "canoviana" come opera.
Ciò detto ho però bene in mente le edizioni di cui avete parlato che sono in ogni caso quelle di riferimento e dico subito che tuttavia nessuna è la edizione del tutto perfetta, occorre cercare il meglio un pò quinci e quivi.
Complessivamente quella di Pollini si fa preferire a quella di Muti (che francamente e nonostante i nomi era fiacca molto fiacca, io l'ho vista anche in Teatro...) e non tanto per la direzione alquanto "singolare" del noto pianista ma perchè presenta 3 autentici fuoriclasse vocali del rossini serio ed in epoca del loro massimo splendore che paraltro nel caso di Raffanti e Valentini è durato assai meno che per Ramey.
La Elena della Ricciarelli come sempre alterna cose buone a cose meno buone, ma è ancora una cantante in grado di sedurre e i "pasticci" nelle agilità o i suoni poco coperti dei tempi futuri almeno nella parte di Elena sono meno eclatanti, in alcuni passi anzi è proprio brava (duetto viver non potrò e mattutini albori).
Di Muti ho già un pò detto, e a parte la Anderson, che mi scuso con chi la ama ma che io ho sempre trovato micidialmente soporifera, anche i 3 fuoriclasse ingaggiati per l'occasione non resero al meglio, colpa forse di una concezione direttoriale poco adatta al belcanto come si sa.
La Von Stade sinceramente mi dice poco in Rossini mentre la Cuberli è di gran lunga la più aderente da un punto di vista stilistico, anche se del suo Rossini (straordinario) ho preferito Tancredi (la migliore Amenaide di sempre), Elisabetta, Torvaldo, Bianca e Viaggio tanto per dire.
Ma nella nota edizione live della Von Stade non solo c'è Raffanti ma soprattutto c'è Marylin Horne, e si sa che sentire la Horne in Rossini è cosa sublime soprattutto in Malcolm, di cui lei per prima nel celebre disco di arie rossiniane, ne disvelò la grandezza della grande scena Mura felici....

Infine arriviamo alla citata edizione di Torino del 1970....e già bel problema !!!
Se infatti si dovesse prendere la parte di Elena quella Caballè è semplicemente straordinaria dalla prima nota all'ultima (il rondò finale era uno dei suoi cavalli di battaglia nella prima parte della carriera) ma il resto è troppo ante-Zedda, Pesaro et simlia. Quindi nel complesso l'opera ne esce malino, anche se un tenore come Bonisolli sarà anti-filologico ma a fronte delle tante voci striminzite che hanno battuto Rossini è cmq atleticamente da ascoltare.
P.S: Esiste anche un DVD di un concerto a Monaco di Caballè e Horne (dove la prima è di base già vocalmente sfatta) dove tuttavia può ascoltarsi (la tessitura bassa lo consente) un meraviglioso duetto "viver io non potrò"

Altro di rilievo sulla Dona del lago francamente non mi sovviene....
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Messaggioda teo.emme » gio 13 set 2007, 17:05

La Donna del Lago, a me invece piace moltissimo: lo trovo uno dei vertici del Rossini serio e, insieme ad Ermione e Ricciardo e Zoraide, uno degli esempi più rivoluzionari e progredidi del teatro rossiniano. Questo per la libertà della struttura, la tendenza a superare i Numeri chiusi, la ricchezza e la raffinatezza strumentale, la complessità e la varietà dei concertati e dei pezzi d'insieme (basti pensare alla costruzione del Finale I).
Anche secondo me manca tutt'ora un'edizione di riferimento (molto deludente è stata l'uscita di Opera Rara: una delle peggiori produzioni della benemerita casa inglese), hanno tutte un qualche vizio o difetto.
1) Quella diretta da Pollini paga oltre ad una Ricciarelli non a suo agio nella parte, e si sente, una direzione per nulla convincente. Spiace poi la presenza di un buon numero di tagli (assolutamente non giustificati, dato che non si tratta di una registrazione dal vivo). Il resto del cast, però, riscatta i vizi, essendo formato da fuoriclasse in forma smagliante.
2) L'edizione diretta da Muti è stata un grande occasione persa: sulla carta presenta il meglio immaginabile (con la Dupuy, Blake e Merritt e ci metto pure la Anderson), ma il risultato è stato fortemente penalizzato dalla completa incomprensione di Muti per il Belcanto: una direzione troppo occupata a ricercare anticipazioni romantiche e la mancanza totale di libertà nel canto (tutti sembravano preoccupati a non abbellire troppo, a non lasciarsi andare, a seguire solo ciò che è scritto in partitura) e questo significa uccidere il Belcanto!
5) Della deludente edizione Opera Rara ho già detto.
4) Quella che nel complesso mi soddisfa di più è quella diretta da Scimone con un cast impressionante (a me la Von Stade piace in Rossini, anche se ammetto non essere la voce ideale) che comprende la Horne, Raffanti, Zaccaria, Blake (qui libero di fare con la voce ciò che vuole rispetto alla successiva edizione Muti: basta ascoltare le due "O fiamma soave" per cogliere le immediate differenze) e Ford in un ruolo secondario. Peccato il suono non particolarmente bello (e qualche applausoe rumore di scena troppo invadente).
5) L'edizione di Torino è assai censurabile, a parte la Caballè (ma l'opera non si basa solo su di lei), gli altri sembrano non aver molto a che fare con Rossini, in particolare Bonissoli.
6) Non conosco l'edizione diretta da Serafin nel '58, ma non ci tengo particolarmente (tutta tagliata e semplificata e con un Valletti poi, che già era scoppiato qualche anno prima nel Barbiere diretto da Leinsdorf, e in una parte meno complessa)

Ma non doveva uscirne un'edizione diretta da Zedda?
teo.emme
 

Messaggioda Pruun » gio 13 set 2007, 20:22

Se alludi a quella con la Ganassi di Wildbad è già su OperaShare... nel complesso non malaccio, anche se Mironov.... a me non piace proprio.

Condivido, in effetti, le vostre perplessità su di una discografia non ricchissima: personalmente non trovo la Devia così malvagia come la dipinge MatMarazzi (... cattivo! :wink: ), ma è oggettivo che Elena sia stato uno dei suoi ruoli meno azzeccati, pur nella perfezione del canto (ma io sono di parte... :D ).
La Von Stade mi convince a metà in quella di Houston e, nel complesso, trovo che la migliore edizione sia quella di Parigi, con una Cuberli ottima (anche se la cabaletta finale non è all'altezza della sua fama), una Valentini ancora in formissima (sarà una delle ultime volte) e i due tenori che, ça va sans dire, fanno le consuete meraviglie (Blake e Merritt).
Nel suo pionerismo il concerto con la Caballé (fantastica lei) non mi pare così malandato... tutto sommato se la cavano tutti e dai tenori mi aspettavo proprio peggio.
Ciao a tutti.
G.
Orrenda orrenda pace
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Messaggioda beckmesser » ven 14 set 2007, 17:31

1) Quella diretta da Pollini paga oltre ad una Ricciarelli non a suo agio nella parte, e si sente, una direzione per nulla convincente. Spiace poi la presenza di un buon numero di tagli (assolutamente non giustificati, dato che non si tratta di una registrazione dal vivo). Il resto del cast, però, riscatta i vizi, essendo formato da fuoriclasse in forma smagliante.
2) L'edizione diretta da Muti è stata un grande occasione persa: sulla carta presenta il meglio immaginabile (con la Dupuy, Blake e Merritt e ci metto pure la Anderson), ma il risultato è stato fortemente penalizzato dalla completa incomprensione di Muti per il Belcanto: una direzione troppo occupata a ricercare anticipazioni romantiche e la mancanza totale di libertà nel canto (tutti sembravano preoccupati a non abbellire troppo, a non lasciarsi andare, a seguire solo ciò che è scritto in partitura) e questo significa uccidere il Belcanto!


Ovviamente, circa le valutazioni sulle diverse edizioni ciascuno è sacrosanto la pensi come crede, ma mi incuriosiscono i commenti diciamo così “esecutivi”. L’edizione di Pollini non mi risulta tagliata, se non in qualche recitativo secco, come tutte le altre (non so dell’edizione Opera Rara, che non ho sentito e non intendo sentire…). Quanto all’edizione Muti, mi stupisce il rilievo circa le mancate variazioni o il troppo rigore. Mi pare anzi che sia il massimo livello di libertà esecutiva mai lasciato da Muti a suoi interpreti: tutti i brani solistici sono variati nelle riprese (fra l’altro con gran gusto e intelligenza), in alcuni casi (ad esempio la sezione centrale dell’aria di Rodrigo) persino ben oltre la media (generale, non di Muti…), cosa che consente agli interpreti (pur con tutte le magagne vocali che ormai avevano) momenti magici: non scorderò mai l’emozione (sia a teatro che in disco) di Blake che alla ripresa di “Cielo in qual’estasi” si lancia in quelle terzine che turbinano sempre più esaltate eppure sgranate e controllatissime. Quanto al rilievo dell’eccessiva “romanticizzazione” della direzione, forse c’è del vero, ma mi sembra che non prevalga mai sul senso della struttura musicale e vocale che in Rossini è fondamentale, un po’ come avviene nell’esecuzione mutiana del Guglielmo Tell (e, ma questa è mia personalissima opinione, Rossini era molto più vicino all’estetica pre-romantica in alcune delle opere napoletane che non nel Tell).
In generale l’edizione di Muti mi sembra quella complessivamente migliore anche se a me ad ogni riascolto causa qualche problema “di coscienza”. Ogni volta mi riprometto di essere critico con la voce ormai andata di Blake, con le stonature e le imprecisioni di Merritt, o con la supposta asetticità della Anderson ma non c’è niente da fare: alla fine mi sembra sempre che sia un’esecuzione veramente importante nella storia dell’esecuzione rossiniana, una delle poche a far percepire come il teatro di Rossini possa non essere solo un’apollinea costruzione di (più o meno asettiche) sublimi strutture musicali…
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Messaggioda Domenico Donzelli » ven 14 set 2007, 19:03

come posso tacere su donna del lago, uno dei titoli più caldi della renaissance rossiniana.
Nel novembre 1982 andai persino a new york per sentirla !!
se penso alle registrazioni discografiche in effetti..... non siamo al meglio
Milano 1992 il disco rende un servizio pessimo a tutti. I miei in house sono nettamente meglio perchè le voci non sono secche e acide come quelle della registrazione. Chi era presente in sala può ricordare le urla del pubblico che accolsero la sortita di Malcolm e la cavatina di Giacomo V al debutto del secondo atto.
Ed anche Muti, sapedone gusto e carattere sopportò quasi in silenzio i protagonisti ed il loro gusto.
Quanto alla romanticizzazione dell'opera Muto si contenne perchè un decennio prima in Pesaro avevamo sentito un Pollini molto incline a Catalani e Boito.
Anche se devo dire che la seconda parte del terzetto atto secondo e, per certi versi il finale primo possono "indurre in tentazione"
Credo che la grande assente delle registrazioni ufficiali sia Lella Cuberli che nel 1986 fra Trieste, Parigi e Nizza fu una grandissima Elena.

L'edizione di Parigi, poi, contiene la elettrizzante sfida fra Merritt e Blake (situazione topica che i due riproporranno più volte in Otello) , anche se ad Houston e New York la coppia Raffanti - Blake non era da meno.
Però a Parigi i protagonisti e preciso sopratutto Malcolm avrebbero dovuto osare sul piano degli interventi sul testo molto di più. Ma la Terrani veniva dall'edizione antifilologica di Pollini ( a Pesaro nel 1981 fra il direttore e le due protagoniste femminili non furono rapporti idilliaci, anzi l'opposto) e la lunga frequantazione con il Rossini letterale sino ad allora di Abbado era stata -diciamo- molto formativa. Va detto che, a differenza della Horne e della Dupuy, Lucia Valentini non aveva alcun furore belcantistico, anzi.

A New York la rivelazione , almeno per me ma anche per il pubblico (stando ai documentati applausi) fu Dano Raffanti. In una sala vasta come la C.H. la sua voce correva ampia, facile sino al do acuto e con un virtuosismo che mai inuna voce maschile e corposa si era sentito sino ad allora. Non dimentichiamo che il timbro di Raffanti richiamava niente meno che quello di Pavarotti.
Dinnanzi a Rodrigo, Giacomo V era un tenorino e assicuro che Blake era già allora impressionante quanto ad estensione e capacità virtuosistiche.

Insomma:
assolutamente no Pollini per la disastrata protagonista e per la concezione inammissibile della direzione
molto meglio Muti e non sono mutiano
però il live quello vero e d'annata ci offre delle cose....oltre a quelle che ho detto (il duettino Cuberli- Dupuy, il finale primo riscritto da Marilyn Horne, le due arie di Malcolm Horne e Dupuy, dove si dimostra che circa la stessa musicia può essere interpretata in modo assolutamemte opposto egualmente valido) difficilmente immaginabili.
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Messaggioda teo.emme » ven 14 set 2007, 19:29

beckmesser ha scritto: L’edizione di Pollini non mi risulta tagliata, se non in qualche recitativo secco, come tutte le altre (non so dell’edizione Opera Rara, che non ho sentito e non intendo sentire…).…


La Donna del Lago, in realtà non ha alcun recitativo secco, essendo tutti accompagnati. Comunque i tagli ci sono e sono nel tessuto musicale, nei recitativi, negli interventi corali (tanto che l'edizione diretta da Pollini dura 138 minuti, quella diretta da Muti - i cui tempi sono anche più rapidi - dura 156 minuti). Ora non ho sottomano l'edizione e non ti posso fare un elenco analitico dei brani tagliati: quello che non comprendo è il senso di quei tagli in una registrazione in studio (che allora voleva essere di riferimento quanto a rispetto testuale). Ripeto però: nulla di gravissimo (vista la generale eccellenza del cast)

beckmesser ha scritto: Quanto all’edizione Muti, mi stupisce il rilievo circa le mancate variazioni o il troppo rigore. Mi pare anzi che sia il massimo livello di libertà esecutiva mai lasciato da Muti a suoi interpreti: tutti i brani solistici sono variati nelle riprese (fra l’altro con gran gusto e intelligenza), in alcuni casi (ad esempio la sezione centrale dell’aria di Rodrigo) persino ben oltre la media (generale, non di Muti…) …
.

Su questo proprio non sono d'accordo: i cantanti sono tutti ingessati e le variazioni delle riprese sono timide. Basta ascoltare la "fiamma soave" cantata da Blake qui, e quella cantata con Scimone. Il belcanto e Rossini in particolare deve essere un'esposizione di meraviglie vocali, di voli, di acrobazie.. l'autore scrive il brano con la consapevolezza delle variazioni del cantante (sennò che senso avrebbero i da capo?). Muti invece, si attiene al testo e concede con paura quasi, qualche libertà...non si fa così il belcanto! Ma poi basta ascoltare Blake, Merritt e la Anderson in altre esibizioni, per accorgersi che lì qualcosa non andava...

beckmesser ha scritto: Quanto al rilievo dell’eccessiva “romanticizzazione” della direzione, forse c’è del vero, ma mi sembra che non prevalga mai sul senso della struttura musicale e vocale che in Rossini è fondamentale, un po’ come avviene nell’esecuzione mutiana del Guglielmo Tell (e, ma questa è mia personalissima opinione, Rossini era molto più vicino all’estetica pre-romantica in alcune delle opere napoletane che non nel Tell).…


Certo la romanticizzazione del testo è una chiave di lettura, ma a mio modo sbagliatissima: Rossini non ha mai voluto saperne dei "furori" romantici, ma è sempre stato fedele ad un'estetca neoclassica, ad una concezione musicale fondata sull'idea del bello ideale, in cui doveva brillare la vocalità (e questo da Demetrio e Polibio, sino al Guglielmo Tell), non si è mai buttato sulla ricerca della suggestione degli affetti. Qui Muti non solo cerca il romanticismo, ma - come nel Tell - cerca addirrittura effetti pre verdiani.

beckmesser ha scritto: In generale l’edizione di Muti mi sembra quella complessivamente migliore anche se a me ad ogni riascolto causa qualche problema “di coscienza”. Ogni volta mi riprometto di essere critico con la voce ormai andata di Blake, con le stonature e le imprecisioni di Merritt, o con la supposta asetticità della Anderson ma non c’è niente da fare…


Neanche qui posso esser d'accordo: Blake aveva una voce praticamente intatta anche nel 2002, e quindi, nel '92 era ancora una perfetta "macchina da belcanto" (se mi passi il termine), capace di qualsiasi cosa (con una padronanza della musicalità rossiniana che il pur bravissimo Florez ancora si sogna); Merritt dava già qualche segno di declino, ma i piccoli difetti di intonazione erano ampiamente ripagati da tutto il resto, la facilità di acuti impressionanti, le agilità perfette e il bel timbro; la Anderson è sempre accusata di freddezza ed asetticità, ma mi sono sempre chiesto il vero motivo di tali accuse (fino a credere che esse fossero mosse a prescindere: vi era il binomio Anderson=freddezza e così era sempre..)

beckmesser ha scritto: alla fine mi sembra sempre che sia un’esecuzione veramente importante nella storia dell’esecuzione rossiniana, una delle poche a far percepire come il teatro di Rossini possa non essere solo un’apollinea costruzione di (più o meno asettiche) sublimi strutture musicali…


Però alla fine il teatro rossiniano è e deve essere un'apollinea costruzione di sublimi strutture musicali e vocali, cioè non vi si può innestare il dramma o il coinvolgimento psicologico: i ruoli rappresentano delle idee, degli archetipi e null'altro. Il resto lo fa la musica, separata dal testo. Rossini ha una sua idea di teatro, che magari può non piacere, ma che è scorretto piegare alle proprie esigenze.

Nel complesso quella di Muti resta, per me, una grande occasione sprecata.

Ps: a proposito della Donna del Lago, nell'ultimo cd di Florez c'è l'incisione di un'aria alternativa (scritta da Rossini per la ripresa parigina dell'opera credo), molto bella (tratta in parte da Ermione) e molto ben eseguita.
Ultima modifica di teo.emme il sab 15 set 2007, 1:27, modificato 1 volta in totale.
teo.emme
 

Messaggioda MatMarazzi » sab 15 set 2007, 0:46

teo.emme ha scritto: Rossini non ha mai voluto saperne dei "furori" romantici…


Sì, a parole.
In pratica è andato a pescare un soggetto di Walter Scott.

beckmesser ha scritto: Blake aveva una voce praticamente intatta anche nel 2002, e quindi, nel '92 era ancora una perfetta "macchina da belcanto" (se mi passi il termine), capace di qualsiasi cosa


Sulla grandezza di Blake siamo d'accordo. E tuttavia anche io, come Beckmesser, lo trovo un po' stanchino in quell'incisione.
Ma se su Blake possono esserci perplessità, non ne vedo proprio su Merritt: secondo me è semplicemente catastrofico. :cry:
Quell'ammasso di urletti, rantoli e strepiti oscillanti non ha nulla in comune col tenore che ascoltai in Ermione nel 1986.
Acuti impressionanti? Agilità perfette?
:(
Sulla Anderson invece la penso come te. La gente va molto a pregiudizi...
Forse in lei c'era una certa alterezza pudica, da star holliwoodiana un po' fuori tempo... ma la sostanza dell'interprete, vivaddio, c'era eccome.

Però alla fine il teatro rossiniano è e deve essere un'apollinea costruzione di sublimi strutture musicali e vocali, cioè non vi si può innestare il dramma o il coinvolgimento psicologico: i ruoli rappresentano delle idee, degli archetipi e null'altro. Il resto lo fa la musica, separata dal testo. Rossini ha una sua idea di teatro, che magari può non piacere, ma che è scorretto piegare alle proprie esigenze.


Mi spiace ma io non condivido affatto questa posizione.
Il teatro di Rossini è un signor teatro da tutti i punti di vista, capace di fulgori accecanti, di colpi narrativi incendiari, di torsioni psicologiche e umane sconcertanti.
Personalmente lo amo proprio per questo.
La geometria delle strutture, la forbitezza canoviana sono la forma, il contenitore, il linguaggio.
Poi c'è il resto...

Così almeno pare a me.

Un salutone
Mat

PS: e un salutone anche al nostro Sixtus che sono felice di rileggere! :)
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Messaggioda Riccardo » sab 15 set 2007, 11:19

MatMarazzi ha scritto:
teo.emme ha scritto: Rossini non ha mai voluto saperne dei "furori" romantici…


Sì, a parole.
In pratica è andato a pescare un soggetto di Walter Scott.

Eh, difficile inquadrare Rossini in canoni univoci. È forse per eccellenza il compositore dell'ambiguità, della transizione, dell'insinuazione...

matmarazzi ha scritto:
beckmesser ha scritto: Blake aveva una voce praticamente intatta anche nel 2002, e quindi, nel '92 era ancora una perfetta "macchina da belcanto" (se mi passi il termine), capace di qualsiasi cosa


Sulla grandezza di Blake siamo d'accordo. E tuttavia anche io, come Beckmesser, lo trovo un po' stanchino in quell'incisione.
Ma se su Blake possono esserci perplessità, non ne vedo proprio su Merritt: secondo me è semplicemente catastrofico. :cry:
Quell'ammasso di urletti, rantoli e strepiti oscillanti non ha nulla in comune col tenore che ascoltai in Ermione nel 1986.
Acuti impressionanti? Agilità perfette?
:(

D'accordo su Merritt, che comunque anche negli anni di più fulgida forma vocale, non fu mai di per sé mostro di perfezione a livello d'intonazione e rigore virtuosistico.
Blake anche a me lascia un po' insoddisfatto in quell'edizione, ma non era tanto questione di età quanto di circostanza specifica, non lo so. Ne ha fatte di molto migliori sia dopo che prima. Siccome era l'ultima di una lunga serie di quegli anni, magari era semplicemente stufo...

Però alla fine il teatro rossiniano è e deve essere un'apollinea costruzione di sublimi strutture musicali e vocali, cioè non vi si può innestare il dramma o il coinvolgimento psicologico: i ruoli rappresentano delle idee, degli archetipi e null'altro. Il resto lo fa la musica, separata dal testo. Rossini ha una sua idea di teatro, che magari può non piacere, ma che è scorretto piegare alle proprie esigenze.

Mi spiace ma io non condivido affatto questa posizione.
Il teatro di Rossini è un signor teatro da tutti i punti di vista, capace di fulgori accecanti, di colpi narrativi incendiari, di torsioni psicologiche e umane sconcertanti.
Personalmente lo amo proprio per questo.
La geometria delle strutture, la forbitezza canoviana sono la forma, il contenitore, il linguaggio.
Poi c'è il resto...

Non vedo necessariamente contraddizione tra queste due posizioni; alla fine dite la stessa cosa! Teo credo parlasse appunto di linguaggio.

Riccardo
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Riccardo
 
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Messaggioda teo.emme » sab 15 set 2007, 16:58

Tralasciando le questioni su Merritt e Blake (non sono comunque d'accordo nel considerarli, all'epoca di quella esecuzione - che vide anche a teatro e non solo in cd, dove peraltro la ripresa audio è indegna del nome della casa discografica che l'ha eseguita - pressocchè finiti o in palesi difficoltà: le difficoltà erano dovute all'approccio esecutivo ed estetico del direttore d'orchestra), voglio soffermarmi sulla valutazione del teatro rossiniano.

Secondo me è alquanto scorretto "romanticizzare" il teatro di Rossini (o peggio rileggerlo in chiave verista). Il suo teatro prescinde dagli "affetti" e dai "sentimenti" tipici dell'estetica romantica e pre-romantica. Rossini affida il suo linguaggio ad un'estetica del bello ideale, fatta espressamente di costruzioni musicali e vocali, di geometrie e di razionalità. E questo aldilà del fatto che i soggetti scelti (tutti comunque piegati all'estetica del sublime e del trascendentale) siano presi da Scott o da Voltaire... La musica scritta da Rossini trascende totalmente il testo cantato, che diviene mero strumento di una realizzazione musicale suprema ed ideale: si veda a tal proposito l'estrema disinvoltura nella pratica di utilizzare i propri brani per opere e per situazioni opposte (dal tragico al comico: si pensi alla cavatina di Almaviva che era originariamente un'invocazione ad un dio nell'Aureliano in Palmira, o alla cavatina di Rosina, che proviene da un momento drammatico dell'Elisabetta). Rossini si disinteressa dell'effetto sul piano emotivo, si preoccupa invece dell'effetto musicale, della corrispondenza ad una idealità. Rossini si muove con libertà in quel modello, lo tende, anzi, sino agli estremi (come in Semiramide), ma ad esso rimarrà costantemente fedele. Sulla Donna del Lago poi, si confonde spesso il piano squisitamente musicale, da ciò che rappresenta l'argomento scelto (si tende, cioè, a leggere l'opera pensando più a Scott che a Rossini), in effetti, invece, non si distanzia per nulla dalla costruzione di Zelmira o Ermione e dai modelli classici che esse presuppongono (certamente nella Donna del Lago c'è un interesse nell'ampliare i rigidi schemi del modello, ma meno che in Ricciardo e Zoraide, eppure nessuno parla del Ricciardo come opera pre-romantica, lo si fa per la Donna in virtù del solo fatto che deriva la trama da Scott)
Questo non vuol dire piattezza però, tutt'altro. E' una diversa modalità di estetica e di narrazione, che passa necessariamente da una costruzione musicale apollinea e sublime, fatta essenzialmente di musica e canto, e non di "caratteri". E un problema di linguaggio essenzialmente. Muti, questo linguaggio non lo ha compreso secondo me.

A tal proposito vorrei consigliare un libro interessante che coglie perfettamente la questione: "Il Genio in Fuga, saggi sul teatro musicale di Rossini" di A. Baricco
teo.emme
 

Messaggioda tebaldiano » lun 15 ott 2007, 13:01

Pur con una protagonista di scarso peso e un po' spaurita (seppure corretta e tutto sommato abbastanza gradevole) come Brigite Hahn, se il disco avesse dovuto fotografare un'esecuzione recente, allora sarebbe stata una benedizione celeste la pubblicazione in cd della Donna del Lago eseguita in forma di concerto a Montpellier, con un Kunde che, con qualche sforzo, metteva decentemente insieme i resti di una voce molto provata, uscendone con molta dignità, ma soprattutto con Florez e la Barcellona che diedero vita a due tra i loro maggiori capolavori esecutivi.
Il colto e preparatissimo pubblico del Festival di Radio France andò pressoché in delirio al termine delle due arie di Giacomo V e Malcom.
Ascoltare Juan Diego Florez in "O fiamma soave" è qualcosa di unico: l'esecuzione dal vivo è perfettamente sovrapponibile a quella (grandiosa) del recital Decca. Ricordo un'altra recita in forma di concerto a Genova, dove il non piccolo teatro Carlo Felice ascoltò in apnea tutta l'esecuzione dell'aria, per poi espolodere in uno dei più travolgenti applausi di cui abbia memoria.
Fabrizio
tebaldiano
 
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