Cari amici,
avevo promesso che vi avrei raccontato il Don Giovanni di Cerniakov appena visto a Aix. E benché l'impresa sia ardua (la storia, le relazioni fra i personaggi, le dinamiche psicologiche... tutto rivoltato, riscritto, ripensato) ci voglio provare.
Cerniakov ama la cosidetta "decostruzione" narrativa (come Guth).
E' un procedimento registico di gran moda, che divide il pubblico in fazioni contrapposte.
Anche in questo caso il pubblico si è diviso, fra entusiasti e scandalizzati; niente di strano, direte voi... è così da decenni.
I registi provocano sempre queste spaccature.
No! E invece c'è qualcosa di diverso. Entusiasti e scandalizzati si sono invertiti i ruoli.
Un tempo (negli anni delle prime temerità registiche) era una minoranza "intellettuale" a difendere a qualsiasi costo i registi e i loro stravolgimenti drammaturgici, che - invece - scandalizzavano il più vasto pubblico tradizionale.
A Aix è successo l'opposto. I vecchi intellettuali sono rimasti spiazzati, mentre il pubblico "incompetente" (giovane, vivace, senza preconcetti) si è divertito da impazzire.
A monte di tutto il lavoro di Cerniakov c'è un problema linguistico.
Non è tanto importante la "storia" che ci racconta: coinvolgente, sì, appassionante, ma non importante... non quanto quella che ci raccontavano Da Ponte e Mozart, quella sì intrisa di problemi eterni, filosofici, sui quali ancora ci si scontra a distanza di secoli... libertà contro morale, materia contro spirito, vita contro morte. E' eroe Don Giovanni o semplicemente dissoluto?
E' eroe della coerenza? Eroe della solitudine? Eroe dell'onestà interiore, lui il principe dei disonesti?
Questa è una storia importante!!
Quella di Cerniakov non lo è: è una storia misera e persino un po' squallida, fatta di beghe familiari, di silenzi, di segreti che tutti sanno ma che nessuno può dire. Sembra una storia alla Dinasty o alla Beautiful.
Semmai può assumere importanza per chi voglia riflettere - anche usando il Don Giovanni di Mozart - sui linguaggi e sulle potenzialità espressive del presente.
Ed è in questo senso che il lavoro di Cerniakov è trascinante: è un lavoro di smontaggio calibratissimo e di rimontaggio attraverso l'arte e l'immagine di oggi.
Ce n'è bisogno?
Secondo me sì, perché si ha sempre bisogno di spettacoli "belli" e appassionanti e che ti stimolino il cervello a capire, a seguire, a sorprenderti... che ti costringano a DIVERTIRTI a teatro!!
Come ho detto, Cerniakov svelle l'opera non solo dal suo contesto, ma anche dalla sua storia, si reinventa i rapporti fra personaggi, riscrive completamente la vicenda, usando linguaggi visivi tratti dalla contemporaneità televisiva, a metà fra lo sceneggiato a puntate e il giallo alla Poirot
Gli intellettuali ne escono "oltraggiati"... ma non per la violenza operata sulla storia originale (hanno difeso ben altre operazioni in questo senso) quando per l'immediatezza, la facilità della narrazione, la gustosità "movie style" con cui l'opera viene presentata, senza sovrastrutture filosofiche, senza messaggi criptopolitici o accuse alla società consumistica.
Al contrario (ed è questo che li irrita di più) è proprio il pubblico meno esperto, meno supercilioso a divertirsi come un matto, seguendo col fiato sospeso questa storia di dinastie potenti schiacciate sotto i loro segreti, come in un tabloid.
Il pubblico "semplice", anche oggi come sempre, quello più numeroso e stimolante (e che ormai ha perso memoria dei Dongiovanni in calzamaglia e pose secentesche, nè si sogna di invocarne il ritorno) si riconosce perfettamente in questo linguaggio "filmico", in tutti i temi triti messi in campo da Cerniakov, nei contrasti violenti fra membri di una famiglia come tante, dominata dalle vecchie logiche sesso-denaro-immagine.
E si diverte, segue con attenzione, raccoglimento, capisce tutto.
Partiamo dall'inizio.
Il Commendatore è un uomo ricco; tutta la vicenda si svolge nel suo palazzo.
Intorno a lui ruotano grandi interessi (non solo economici); durante l'ouverture egli accoglie a pranzo i suoi parenti, che lo omaggiano come un potente patriarca. Chi non ha visto mille volte la stessa scena alla TV?
I parenti sono la figlia (Donna Anna, una bella e sofisticata signora sui cinquanta) che si presenta col suo più recente compagno (Ottavio) e ...la figlia di primo letto (non si specifica chi è il padre) ossia Zerlina.
Quest'ultima è una tipica adolescente ereditiera, alla Paris Hilton, ossigenata, tutta pepe e piena di amici parassiti, snob e sbevazzoni.
Tra i parenti del commendatore c'è anche Donna Elvira, sua nipote, altra bella signora ma meno "sofisticata" di Anna; più moderna, più solida, vera, pugnace. Essa partecipa alla mensa... con ... SUO MARITO!
Ossia Don Giovanni.
Questo Don Giovanni non è il libertino "filosofo" ed eroico che siamo abituato a vedere. E' un uomo di mezz'età, in piena crisi esistenziale, ancora pieno di carisma, affascinante, ma stanco, provato, instabile, con un difficile rapporto con l'alcool.
Si capisce che è stato un grande seduttore, ma oggi avverte soprattutto il vuoto della sua esistenza, la paura dell'età, la consapevolezza di non essere stato per tutta la vita nient'altro che il marito "bello" della ragazza "ricca".
Elvira e Giovanni non hanno figli; il loro rapporto è fra le cose più belle e poetiche della regia.
E' un rapporto segnato da anni di tradimenti e di silenzi, sprofondato nella freddezza, nella routine.
Eppure si avverte, nonostante tutto, l'amore grandioso che li aveva uniti e che forse, dietro al cinismo e all'aridità, li unisce ancora, più che mai.
Se il matrimonio fa acqua è soprattutto per l'inquietudine di lui: l'uomo a un passo dalla crisi, che beve, trasforma tutto in una festa disperata, si trascina, respira con pericolosa voluttà il fallimento e la solitudine della propria vita.
C'è un ultimo "parente" di cui dobbiamo parlare: Leporello. Parente... non servo.
Questo Leporello (con la pettinatura curata ma ribelle e una lunga frangia che gli cade sulla destra, l'andatura dinoccolata, i modi sempre stanchi ma anche sprezzanti) è il classico "nulla facente" a carico dello zio Commendatore. Un inutile "delicatus" che i troppi soldi hanno reso pusillanime, rinunciatario, perdente.
Non è affatto stupido, solo fiaccato da una vita senza necessità; uno che ha venduto se stesso per la "pappa quotidiana" e che cerca di darsi un tono assumendo arie da dandy.
In effetti è un infelice: normale che cerchi la compagnia di Giovanni. Giocare con l'altro "in crisi" del gruppo è un modo per non pensare alla propria inutilità.
(apro una parentesi: voi direte... ma da cosa si potevano intuire tutte queste cose?
Potere dell'immagine! Si potevano tutte intuire dalla strepitosa regia di Cerniakov.
Solo per farvi un esempio, all'inizio dell'Opera, Leporello non sta aspettando Don Giovanni: è in salotto di notte, solo.
Come ogni notte non riesce a dormire, e si rintana in salotto a bere e a lamentare la sua condizione di "mantenuto", che butta via la sua vita, che è considerato uno zero da tutti e che non può fare nulla senza chiedere il permesso...
Il suo "notte e giorno faticar, per chi nulla sa capir" e soprattutto "non voglio più servir" non sono rivolti a Don Giovanni, ma al Commendatore stesso! Sono l'espressione di una volontà - chissà da quanto tempo maturata, ma mai messa in pratica - di mollare tutto, di andarsene, di mandare al diavolo il Commendatore! Evidentemente non sa nulla del fatto che Giovanni è nella camera di Anna a fare sesso. Anzi, la successiva fuga di Don Giovanni, inseguito dalla donna in sottoveste, coglie Leporello di sorpresa, tanto che cercherà di nascondersi.
Questo è solo un esempio, ma è così per tutti i personaggi: Cerniakov ci fa capire TUTTO semplicemente con le immagini e facendo leva sulle nostre abitudini di telespettatori odierni.
Torniamo alla "storia".
Come in ogni famiglia ricca, potente, seguita dalla stampa, saltano presto fuori gli altarini.
Uno l'abbiamo già detto. Donna Anna e suo cognato (Don Giovanni) hanno da tempo una relazione (da quanto tempo? si immagina molto, molto tempo).
Ora però Giovanni vuole chiudere la storia; Anna è una pazza snob e ninfomane. E poi lui sta invecchiando: sta cercando di rimettere in sesto le priorità della vita.
Cerca di togliersela di torno, la respinge, tanto che questa urla; dalle grida è richiamato il commendatore, che giunge in vestaglia dalla sua camera da letto; il suo sguardo si posa sulla figlia (in sottoveste) e sul cognato.
Capisce tutto... Si avventa su Giovanni, Anna gli salta al collo per fermarlo; nella colluttazione - a cui Anna assiste - il Commendatore sbatte la testa contro una libreria. Muore...
Anna fissa il padre, inebetita. Giovanni si sdraia vicino al vecchio... è la sua fine, il crollo interiore comincia adesso.
E' iniziata l'orribile sequela di segreti, di cose indicibili e devastanti in seno alla famiglia.
Anna assiste all'omicidio di suo padre, ma non può testimoniarlo (significherebbe ammettere la relazione col cognato).
Eppure pare che Don Ottavio sappia bene della relazione fra la sua fidanzata e il cognato... lo intuisce ma non ne parla.
Nessuno ne può parlare: nemmeno Elvira, che pure sa tutto.
Quel che è certo è che fra Anna e Ottavio non c'è attrazione.
Ci provano i poverini: durante l'aria della vendetta, Anna cerca di attrarre il fidanzato su di sè, strappandogli la camicia, simulando un approccio selvaggio, ma poi si stacca disgustata... allora ci prova lui - "dalla sua pace" - con un approccio questa volta dolce e appassionato, ma senza migliori risultati...
Ma la tresca Anna-Giovanni e l'omicidio del Commendatore non sono i due soli segreti di quella casa.
Ce n'è un altro ben più terribile.
Lo capiamo quando Giovanni appare nel bel mezzo di un festino organizzato da Zerlina, la figlia di Donna Anna.
Zerlina è tutta contenta perché ha appena trovato un nuovo "tamarro" da esibire agli amici (un Masetto evidentemente di bassa estrazione sociale, probabilmente una guardia del corpo, ultimo giocattolo della ragazza).
Don Giovanni e Leporello fanno il loro ben noto "piombo" alla festa, ma questa volta le cose suonano in modo assai diverso rispetto alle nostre abitudini.
Don Giovanni è serio, è cupo... e se fa allontanare tutti (specie Masetto), non è perchè vuole sedurre la ragazza.
E' perché è in pena per lei: non vuole che "si butti via", non si sprechi con un "bifolcaccio vil".
E' vero che, pur rimanendo abbacchiato sulla sedia, a opportuna distanza, Giovanni tenta la carta della seduzione, ma solo perchè è l'unico modo per farsi voler bene... da quella ragazza, che lui sa... essere sua figlia.
Ecco l'altro segreto immondo che salta fuori.
E salta fuori perché ora, al centro della sua depressione, Giovanni ha bisogno di sentirsi padre, di aggrapparsi alla figlia.
Ma non può farlo apertamente.
Vorrebbe dire ammettere l'antica relazione con Anna e l'aver dato addirittura un figlio alla cognata sarebbe uno scandalo senza precedenti per la famiglia; tra l'altro provocherebbe la fine del suo matrimonio con Elvira e getterebbe nella disperazione la stessa Zerlina, l'unica che a quanto pare "non sa" e che, ingenuamente e inconsapevolmente, è sempre stata attratta dal suo bellissimo "zio"
E Elvira? E' a conoscenza lei di questo spaventoso segreto?
Evidentemente sì, ma tace anche lei... finge di non sapere e di non vedere.
Almeno finché non le si apre davanti un'immagine mostruosa.
Chiariamo una cosa: l'Elvira di questa produzione è una di quelle mogli che hanno subito talmente tanti tradimenti da non prestare ad essi più attenzione del giusto. Oramai, sia pure con amarezza, ci ride sopra.
Quando Don Giovanni sente "odor di femmina" sa benissimo di aver di fronte la propria moglie, la quale chiedendosi sarcasticamente "chi mi dice mai quel barbaro dov'è, che per mio scorno amai" e "vo farne orrendo scempio", lo fissa dritto negli occhi... sorridendo.
Quindi non è per "gelosia" che, vedendo Giovanni abbracciato a Zerlina, irrompe nella camera come un'ossessa trascinando via la ragazza. E' perché sa (come tutti) che è la figlia naturale di lui.
Infatti nel quartetto successivo Elvira rientra con Zerlina che piange convulsamente (ed è a lei, Zerlina, che gli altri personaggi indirizzano le loro espressioni "Cielo che aspetto nobile"). E' evidente che Elvira le ha appena detto tutto.
Il pantano di segreti, mostruosità non dette, vincoli infami tra personaggi sta progressivamente sommergendo tutto.
Non si può più fingere di non vedere; non si può più fingere di essere "altri" (Anna, Elvira e Ottavio si presentano "senza maschere" e guardano ben in faccia Don Giovanni; è lui che - al festino - cerco di mascherarli).
La situazione sta per esplodere. Il carico di umiliazioni e rancori, stretto nella morsa del silenzio, è ormai insostenibile.
Da qualche parte si deve sfogare... ma non nell'ammissione della verità, che farebbe crollare tutti gli equilibri della disastrata famiglia.
No: ci deve essere una vittima, un capro espiatorio.
E' come un brufolo immane che bisogna schiacciare.
E così tutto il rancore si concentra su Don Giovanni, non solo perché in fondo è lui al centro di tutti i segreti (la relazione con Anna, la nascita di Zerlina, la morte del Commendatore), ma soprattutto perché è l'anello più debole.
E' sempre più ubriaco, più nevrotico, sta lentamente diventando pazzo... balla e parla da solo, si vede intorno lo spettro del Commendatore, e il suo cuore rischia di cedere (più di una volta è costretto a slacciarsi la camicia e stringersi il braccio sinistro). Sta colando a picco...
Altrettanto distrutti moralmente, ma... lucidi psicologicamente, gli altri personaggi decidono di giocare a Giovanni un brutto "scherzo".
Ma non uno scherzo simpatico: al contrario, uno di quegli scherzi mostruosi, terrificanti, fatti apposta per demolire una psicologia fragile, un cuore fragile.
Poiché sanno che Don Giovanni ogni tanto vede nella sua testa lo spettro del commendatore (lo hanno saputo da Leporello, ormai loro complice) essi convocano un anziano signore, lo travestono da Commendatore, e fingono di essere tutti a cena con lui. Hanno trovato il modo di far dire finalmente a qualcuno (un attore che recita in un gioco crudele per far crollare un pazzo) la "verità".
Vi descrivo questo finale spettacolare, uno dei più belli che abbia visto nella mia vita.
Alle urla "finte" di Elvira e Leporello, Don Giovanni - barcollando - esce di scena per vedere chi bussa ed aprire lui stesso.
Ma alla porta non c'è nessuno e quanto rientra in scena se li trova tutti lì (Leporello, Anna, Elvira, Ottavio, Masetto, Zerlina) seduti compunti intorno a un tavolo da pranzo e a capotavola ...il Commendatore (la sua espressione sconvolta, il suo urlo muto, proprio mentre in orchestra scoppia l'accordo che apre il finale).
Don Giovanni - pur essendo ormai fuori di testa - fa di tutto per negare ciò che sta vedendo: ride, indica la barba finta dell'attore, si porta via la sedia e si mette in un angolo, dando le spalle alla scena.
Ma quando il falso commendatore continua a urlargli di pentirsi, lui non riesce più a mantenere il controllo.
Si stringe il braccio e casca a terra, piangente, agonizzante, svuotato, distrutto.
Gli altri personaggi pagano l'attore, poi si alzano, si rivestono e dopo avergli indirizzato sputi e insulti, lo lasciano lì, solo... ancora vivo ma praticamente morto, a scontare l'orrore di quei troppi segreti che tutti loro avevano accumulato.
Matteo