Allora, la storia è questa.
Siamo ai giorni nostri in una città qualsiasi: una baracca in periferia.
La baracca è "occupata" da una di quelle strane comunità di benefattrici idealiste (ex figlie dei fiori e senza un soldo), che si prendono cura di altre donne, sole, disturbate, diseredate, pazze.
Una specie di casa-amiglia (per rifiuti sociali) in cui le sbandate sono raccattate, in cui ci si divide i compiti, si coltiva la terra, ecc...
C'è un problema: sulla baracca (e quindi sulla comunità) grava una sentenza di sfratto: le donne devono andarsene.
In incognito, fra loro, c'è anche un'assistente sociale che le segue, evidentemente disapprovando il fatto che queste persone stiano lì invece che in strutture pubbliche e attrezzate.
Un bel giorno alla loro porta si presenta una ragazza all'apparenza perfettamente normale: vestita bene, di buona famiglia, buona educazione, a posto con la testa. Cosa è venuta a fare?
In realtà la ragazza ha sulla coscienza un'orribile colpa: da anni vive un rapporto incestuoso col fratello.
Per liberarsi dalla vergogna e dall'orrore di questo rapporto, vuole dedicarsi a opere di carità: si offre di unirsi alla comunità e di affiancare l'assistente sociale.
Quest'ultima, in realtà, non pare molto soddisfatta della ragazza: troppo perbenino, acqua e sapone, rigida e schifata da tutto. E non ha tutti i torti: per la ragazza integrarsi in quel miserabile asilo di alienate non è facile: stringe i denti ma solo per non tornare alla vita di prima.
Nel frattempo l'ordine di sfratto fa il suo corso: le donne ricevono una visita di poliziotti (che solo l'assistente sociale, pur senza farsi smascherare dalle altre, riesce a tener buoni).
In tutti i casi non c'è alternativa: le donne devono svuotare la loro baracca e andarsene.
Non trovando altra soluzione, l'assistente sociale usa una sorta di logica inversa: convince le poverette ad andarsene spiegando loro che questo sacrificio è proprio il tipo di riscatto che Dio si aspetta.
E così tutte lasciano la loro baracca e, tremanti, entrano nel mondo.
Nella confusione, anche la ragazza se ne va; non può più sostenre quella realtà di orrore, anche se non ha il coraggio di tornare nella propria casa. L'assistente sociale però la rintraccia, tenta di farla ragionare, la mette di fronte alle sue responsabilità: è proprio questo il momento in cui quelle poverette hanno più bisogno di assistenza: finiranno per forza in strutture attrezzate o diventeranno barbone. Ma la ragazza si tappa le orecchie.
Nel contempo si consuma un colpo di scena: di nascosto le donne sono tornate alla loro baracca e lì contano di suicidarsi tutte insieme. Così chiudono per benino porte e finestre e aprono il gas.
Nel quartiere si diffonde il panico: si raduna una folla; i pompieri, temendo che la baracca salti per aria, le chiudono una barriera intorno: si attende l'inevitabile.
Ma ecco che all'improvviso arriva la ragazza, animata da una determinazione nuova, grandiosa.
Sfonda la barriera dei pompieri, si avventa sulla casa, cerca di aprire le finestre, si cava le scarpre, strappa un'asse di legno e si avventa sulla porta, la sfonda, entra nella baracca e comincia a trascinarne fuori, una alla volta, tutte le povere donne agonizzanti.
Di fronte agli occhi esterefatti della folla e dei pompieri, le salva tutte... ma proprio all'ultimo momento la baracca, piena di gas, esplode e la ragazza vi muore dentro.
Bene: questa non è la storia di un'opera, ma l'elaborazione che un regista ne ha tratto.
Sapreste indovinare di che opera si tratta?
Salutoni,
Mat