La donna del lago (Rossini)

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La donna del lago (Rossini)

Messaggioda VGobbi » mer 26 ott 2011, 22:11

MILANO 2011

Impressioni a chi ha assistito o sentito alla radio questa "Donna" rossiniana scaligera con un cast all-stars.
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: La donna del lago

Messaggioda MatMarazzi » mer 26 ott 2011, 23:17

VGobbi ha scritto:Impressioni a chi ha assistito o sentito alla radio questa "Donna" rossiniana scaligera con un cast all-stars.


Ho sentito per radio, tornando a casa dal lavoro, solo il duetto Florez - Di Donato, che mi è piaciuto, e le prime frasi del recitativo della Barcellona, idem.
In tutti i casi martedì prossimo vedrò lo spettacolo dal vivo a Milano. Rimando i commenti e spero che nel frattempo qualcuno dica qualcosa.

Le mie attese sono soprattutto per Joyce di Donato, che - come ho lungamente scritto - considero un po' la Nuova via per i ruoli Colbran, almeno in teoria.
Florez e la Barcellona mi eccitano di meno, soprattutto perché in quest'opera li ho già sentiti entrambi dal vivo (Florez addirittura due volte).
Ora che ci penso... sono passati più di dieci anni da quando li ascoltai insieme a Pesaro. :O

Accidenti... ma quanto passa il tempo!

Salutoni,
Mat

PS: e tu Vit? qualcosa da dirci?
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Re: La donna del lago

Messaggioda VGobbi » gio 27 ott 2011, 10:15

Beh, io l'ho sentita quasi tutta alla radio, mentre guardavo la goleada del Milan. :oops:

Anzitutto, ho sempre sentito pareri assai negativi sulla qualità audio, cosa che in questo frangente non mi e' sembrato e non mi sembra un merito da poco.

In secondo frangente, mi ha colpito notevolmente, fermo restando che il Rossini serio non rientra tra il mio repertorio d'elezione, la direzione pulita, chiara, effervescente di Abbado, cercando di mantenere sempre alta la tensione teatrale di un'opera lunga e non priva, imho, di momenti di stanca.

Sul cast, cast all stars per inciso, direi tutti sui livelli di eccellenza (piacevolissima sorpresa la Barcellona, che conosco di fama, ma mai sentita in una registrazione). Col rischio di ripetermi, Jfd avrà un registro acuto sbalorditivo, vocalità esasperata (ma lontano dai livelli di un Merritt o Blake), ma e' in possesso di una paletta coloristica di modeste dimensioni per potermi piacere. I recitativi, che siano secchi od accompagnati, in bocca al tenore peruviano perdono di valore, d'intensità ... Non so se mi spiego o forse il mio e' un metro di giudizio sbagliato verso il canto di Jfd.
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Re: La donna del lago

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 ott 2011, 12:47

VGobbi ha scritto:Col rischio di ripetermi, Jfd avrà un registro acuto sbalorditivo, vocalità esasperata (ma lontano dai livelli di un Merritt o Blake), ma e' in possesso di una paletta coloristica di modeste dimensioni per potermi piacere. I recitativi, che siano secchi od accompagnati, in bocca al tenore peruviano perdono di valore, d'intensità ....


Ti capisco... è un problema di cui ci siamo spesso occupati.
E' una sensazione che già ebbi a Pesaro, quando lo sentii proprio in questo personaggio, e che ho rinnovato a Genova (idem).
Secondo me il problema è una certa idiosincrasia poetica (e forse un poco anche tecnica) di Florez nei confronti delle specificità e complessità dei ruoli David. Dal punto di vista vocale e virtuosistico invece li domina benissimo... e questo basta tanto a lui, quanto ai suoi incondizionali.

Su Rodrigo non ci dici nulla? E sulla Di Donato?

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Re: La donna del lago

Messaggioda beckmesser » gio 27 ott 2011, 14:48

MatMarazzi ha scritto:Secondo me il problema è una certa idiosincrasia poetica (e forse un poco anche tecnica) di Florez nei confronti delle specificità e complessità dei ruoli David. Dal punto di vista vocale e virtuosistico invece li domina benissimo...


L’approccio di Florez ai ruoli David non ha mai del tutto convinto nemmeno me (fermo restando che parliamo comunque di un fuoriclasse). Il Giacomo V della Donna del Lago, in particolare (anch’io lo sentii dal vivo a Genova), mi sembra il ruolo meno riuscito; incerto come approccio interpretativo e, in realtà, anche incerto tecnicamente: le terribili quartine di biscrome dell’aria sono sempre piuttosto “scivolose” e incerte… Come Rodrigo di Otello mi sembra già molto meglio, ma non comunque tale da convincere del tutto. Poi però è venuto l’Ilo della Zelmira pesarese che mi ha spiazzato: lì per me funzionava tutto perfettamente; per la prima volta, ascoltando un ruolo David, non ho sospirato di rimpianto per il buon vecchio Blake… Può essere semplicemente questione di maggiore sintonia con il personaggio, ma può essere anche (e secondo me è così), che anche i ruoli scritti per David (così come quelli scritti per la Colbran) abbiano subito un’evoluzione opera dopo opera, ammorbidendo progressivamente la scrittura ancora “tardo-barocca” delle prime opere napoletane e cominciando a “fiutare” ciò che cominciava ad arrivare da oltralpe. Non è un caso, credo, che Florez sia a suo perfetto agio nei ruoli rossiniani per tenore scritti subito dopo, dal simil-David di Idreno al proto-Nourrit del Comte Ory (e, credo, lo sarebbe anche in Neocle)…

Io vedrò la recita di sabato: sono curioso anche di sentire Spyres in Rodrigo…

Saluti,

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Re: La donna del lago

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 ott 2011, 15:13

Finalmente il Beck ricompare! :)
Di tutto quello che scrivi, solo una cosa mi lascia perplesso: io trovo Florez insopportabile nel Comte Ory! :)
Per me in questa parte il peruviano è una vera e propria truffa!
L'iper-cinesi tragica del personaggio, quel profumo di zolfo che emana, la risata amara e dongiovannesca, la lacerazione fra l'opposta attrazione di bene e male, l'agitato super-omismo ante litteram... Tutte queste sono costanti della poetica nourritiana, ravvisabili tanto nel Comte Ory, quanto in Robert le Diable, Masaniello, Macbeth e Heleazar.
E come le risolve Florez? In un pupetto simpatico e birbantello, con smorfiette e galanterie che muoverebbero la tenerezza di mia nonna.
Il suo Ory andrebbe vietato per legge! :)
Puoi immaginare quanto io tremi per il suo prossimo debutto in Robert le Diable... (eppure ci sarò!).

A parte questo, concordo su tutto.
E aggiungo che il nostro amico Riccardo (altro lavativo latitante ;)) sarebbe molto felice di leggere questa frase:

beckmesser ha scritto:può essere anche (e secondo me è così), che anche i ruoli scritti per David (così come quelli scritti per la Colbran) abbiano subito un’evoluzione opera dopo opera, ammorbidendo progressivamente la scrittura ancora “tardo-barocca” delle prime opere napoletane e cominciando a “fiutare” ciò che cominciava ad arrivare da oltralpe.


Più che d'Oltralpe, Riccardo direbbe ...dal futuro.
E' infatti una sua vecchia tesi (su cui posso concordare solo in parte) che l'ultimo David sia stato il viatico per Rubini.
Ossia che il crescente "patetismo" aulico che i personaggi David andavano acquisendo, unitamente a una minore mobilità psicologica, siano serviti ai compositori Romantici per creare il nuovo modello tenorile del Sub-lime romantico: Rubini appunto.

Che ne dici?
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Re: La donna del lago

Messaggioda beckmesser » gio 27 ott 2011, 16:06

MatMarazzi ha scritto:L'iper-cinesi tragica del personaggio, quel profumo di zolfo che emana, la risata amara e dongiovannesca, la lacerazione fra l'opposta attrazione di bene e male, l'agitato super-omismo ante litteram... Tutte queste sono costanti della poetica nourritiana, ravvisabili tanto nel Comte Ory, quanto in Robert le Diable, Masaniello, Macbeth e Heleazar.


Mah, io resto convinto (se ne è già parlato) che la personalità di un (grande) interprete è sì importante per valutare un personaggio, ma la reale e più intima caratteristica di quest’ultimo discende dal mix, dalla lega, che si crea fra un certo autore e un certo interprete (senza scordare che a volte il librettista è altrettanto importante…). In questo senso, i ruoli Nourrit-Rossini non sono quelli Nourrit-Meyerbeer (così come i Pasta-Bellini non sono i Pasta-Donizetti), e le caratteristiche dei secondi, che indichi in modo perfetto, sono nei primi stemperati da una buona dose del bonario cinismo del pesarese, che come sempre getta molti sassi (in termini di critica sociale e di vetriolo) ma nasconde sempre la mano dietro una facciata da “ma in fondo sto solo scherzando”… In questo senso, il Comte di Florez, che fa molto raffinato gioco di società, a me convince: aspetto di trovare qualcuno che riesca a mettere in luce anche gli altri aspetti di quel ruolo, ma per ora mi tengo il buon JDF…

MatMarazzi ha scritto:E' infatti una sua vecchia tesi (su cui posso concordare solo in parte) che l'ultimo David sia stato il viatico per Rubini.
Ossia che il crescente "patetismo" aulico che i personaggi David andavano acquisendo, unitamente a una minore mobilità psicologica, siano serviti ai compositori Romantici per creare il nuovo modello tenorile del Sub-lime romantico: Rubini appunto.

Che ne dici?


Dico che (pur con le necessarie brutali semplificazioni) per me il fascino delle opere napoletane di Rossini sta proprio in questo: quando parte con Elisabetta l’impostazione è post-barocca; alla voce grave (Nozzari) è affidato l’eroe sostanzialmente positivo e alla voce acuta, erede del castrato (para-David) quello dell’anti-eroe cattivissimo. Poi, opera dopo opera, la forbice si stringe sempre più fino a chiudersi del tutto (in Donna del Lago qual è l’eroe positivo e quale quello negativo?) per poi ribaltarsi ed arrivare a Zelmira, dove la voce acuta (ancora David, ma con caratteristiche ben diverse dai primi ruoli) è divenuta l’eroe e quella scura (ancora Nozzari) l’anti-eroe. Questa situazione sarà quella che verrà ereditata dai primi compositori romantici italiani per fissare la loro estetica: il tenore come eroe del sublime (Rubini e successori) e il baritono come anti-eroe…

Ripeto: si tratta di una semplificazione brutale, come sempre quando si vuole trarre una teoria dalla viva realtà, però per me in questo ribaltamento sta la vera portata rivoluzionaria del Rossini napoletano. E questo mi aiuta a spiegarmi perché Florez, che mi sembra terribilmente ingenuo, nella sua blanda paciosità, in Norfolk e Giacomo V, mi entusiasma come Ilo e, credo, mi convincerebbe in molti ruoli Rubini (almeno in termini di personalità e tecnica: per il peso vocale bisogna aspettare una prova in teatro…).

Saluti,

Beck
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Re: La donna del lago

Messaggioda Riccardo » gio 27 ott 2011, 21:58

beckmesser ha scritto:Ripeto: si tratta di una semplificazione brutale, come sempre quando si vuole trarre una teoria dalla viva realtà, però per me in questo ribaltamento sta la vera portata rivoluzionaria del Rossini napoletano. E questo mi aiuta a spiegarmi perché Florez, che mi sembra terribilmente ingenuo, nella sua blanda paciosità, in Norfolk e Giacomo V, mi entusiasma come Ilo

La tua tesi è molto interessante Beck.
Però sei sicuro di voler mettere la Donna del Lago insieme alle opere precedenti che Rossini scrisse per David a Napoli?
Secondo questo schema "ruolo David" maturo sarebbe soltanto Ilo in questo senso.

A me sembre invece che Giacomo sia già molto avanzato in termini di sviluppo, anche più di Ilo. Anzi, a dire la verità, non vedo tanto un'evoluzione di Rossini nella scrittura per David o per il tenore amoroso (includendo Idreno): vedo più che altro un caso isolato in Giacomo V, dove il lavoro su David sembra essere stato fatto in modo veramente straordinario e con un apporto poetico superiore rispetto alle altre opere. E' del resto l'unica opera napoletana di Rossini in cui David è veramente il protagonista tenorile. Mi sembra quasi un omaggio speciale che Rossini volle rendergli.

Ciò conferma in qualche modo la maggiore inadeguatezza di Florez alla parte (che rimane cantata ottimamente, questo non si discute) rispetto alle altre.
Io comunque anche in Zelmira (di cui Florez cantò però la versione rubiniana di Parigi) e Otello ho ammirato JDF, ma non ne sono rimasto sconvolto.
Come scrisse Matteo tempo fa, sono anch'io convinto che in tutti questi ruoli il fantasma di Blake rimanga tuttora onnipresente.

beckmesser ha scritto:e, credo, mi convincerebbe in molti ruoli Rubini (almeno in termini di personalità e tecnica: per il peso vocale bisogna aspettare una prova in teatro…).

Nei Rubini secondo me è complessivamente meglio che non nei David, se non altro perché richiedono una minore varietà di colori ed espressione. Il peso vocale poi va benissimo. Così mi sembrò nei Puritani. Certo anche qui manca qualcosa...

VGobbi ha scritto:Impressioni a chi ha assistito o sentito alla radio questa "Donna" rossiniana scaligera con un cast all-stars.


Per quanto riguarda quest'ultima Donna scaligera...ero in teatro ieri.
Che dire?
Non sapessi che Rossini è uno dei più grandi geni musicali di sempre, avrei pensato che l'opera in questione è noiosa tanto è stata fiacca e soporifera la serata.

E il 90% della colpa è tutto di uno spettacolo di Pasqual semplicemente impresentabile che Lissner 1. poteva non coprodurre; 2. poteva cambiare nell'anno e mezzo trascorso tra le recita parigine e queste a Milano.
Posso tranquillamente dire che è tra gli spettacoli più brutti e mortificanti che abbia in assoluto mai visto in teatro.

Non capita così spesso di assistere alla desolazione più totale sul fronte non solo delle idee, ma del più minimo senso di rispetto nei confronti degli esecutori e del pubblico (oltre che della partitura).
Addirittura il gesto di Abbado sembrava sconfortato dinnanzi a tanta penuria.

Non so nemmeno che cosa dovrei descrivere per dare l'idea.
L'immagine della Barcellona che nella prima aria vagava a casaccio per la scena sfoderando e ritirando la spada?
I coristi vestiti di gala immobili per tutta l'opera che pure sbagliano gli attacchi?
O vogliamo parlare dei soliti inutili doppi (che tra l'altro costano per le comparse)?
O parliamo di Albina che, siccome deve dire due frasi di recitativo, passa lì dietro per caso senza sapere nemmeno bene dove e poi come nulla fosse esce?

Una produzione semplicemente vergognosa, che ha rovinato tutto l'insieme. Un insulto a Rossini.

La parte vocale è stata bella per la Barcellona, che in questa parte Pisaroni sta sempre molto bene (magnifici in particolare il duettino con Elena e la parte lenta della seconda aria).
Straordinaria la DiDonato anche se, complice l'indisposizione e la produzione sciagurata, ha brillato meno che non a Ginevra nella produzione di Loy in cui pure debuttava il ruolo.
Florez, come già detto, si ascolta sempre volentieri ma per questo personaggio manca davvero qualcosa in termini di aulicità. Giacomo V ha bisogno di un virtuosismo alto e distaccato utile a forgiarne anche la bellezza morale. Servono i fiati infiniti che sapeva regalare Blake, serve quella vocalizzazione rapida e perfetta di un personaggio dalle virtù quasi sovrumane. Florez canta benissimo, ma rimane più affine al tenore da opera buffa, terreno e pacioso, fantastico nell'esprimere sentimenti semplici ma lungi da alte virtù e passioni estreme.
E poi, com'è normale, l'agilità incomincia a perdere qualche colpo e la Fiamma soave finisce per smarrire quella morbidezza che pure a Genova si poteva ammirare.

John Osborn canta molto bene, ma pure lui non è Rodrigo...manca d'autorità, spavalderia ed insolenza. L'ultimo Kunde rimane secondo me insuperato in questa parte.
Ultima modifica di Riccardo il gio 27 ott 2011, 22:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: La donna del lago

Messaggioda MatMarazzi » gio 27 ott 2011, 22:46

beckmesser ha scritto:Mah, io resto convinto (se ne è già parlato) che la personalità di un (grande) interprete è sì importante per valutare un personaggio, ma la reale e più intima caratteristica di quest’ultimo discende dal mix, dalla lega, che si crea fra un certo autore e un certo interprete (senza scordare che a volte il librettista è altrettanto importante…). In questo senso, i ruoli Nourrit-Rossini non sono quelli Nourrit-Meyerbeer (così come i Pasta-Bellini non sono i Pasta-Donizetti), e le caratteristiche dei secondi, che indichi in modo perfetto, sono nei primi stemperati da una buona dose del bonario cinismo del pesarese, che come sempre getta molti sassi (in termini di critica sociale e di vetriolo) ma nasconde sempre la mano dietro una facciata da “ma in fondo sto solo scherzando”…


Vedi Beck, che l'influenza del compositore e del librettista si faccia sentire - nella definizione di un personaggio - è fuori di dubbio; anzi è talmente normale che è quasi inutile rimarcarlo.
Sono loro i creatori di Ory...
Quello che sto dicendo io è che - specie di fronte a cantanti mitici e onnipotenti come Nourrit, di fronte alla cui autorità non solo Scribe, ma anche Rossini doveva inchinarsi - impossibile che da parte loro non ci fosse la considerazione di certe caratteristiche PER LE QUALI elaborare un personaggio.
Proprio come - è un esempio che ho fatto spesso - se tu dovessi scrivere un'opera oggi con Jessye Normann protagonista! O un film con Robert de Niro.
E' chiaro che tu manterresti la tua bella paternità su quel testo... ma è anche chiaro che se fra un secolo qualcuno mi dicesse che il "modello Normann" o il "modello De Niro" non si sono minimamente affacciati sul tuo lavoro, io scoppierei crassamente a ridere!
Rossini è entrato - venendo a Parigi - in un tempio che aveva al suo centro un sommo sacerdote. E questo sacerdote era Nourrit.
Non parliamo di Scribe, che ha forgiato proprio su Nourrit tutta la sua drammaturgia rivoluzionari e i millimetrici equilibri del "grand-Opera": contrappeso alla statica gravità dei tableux, in ogni opera scritta da Scribe il personaggio-Nourrit concentra su di sè tutto il movimento narrativo e psicologico, forte non solo dei cicloni emozionali che scatena, ma di quel corto circuito squisitamente romantico fra Bene e Male che anticipa tanto i maledetti verdiani, quanto i bestemmiatori wagneriani.
Senza questa enormità, quest'iper-cinesi psicotica, quest'ambiguità etica, questa vertigine di abissi concentrati nel tenore... la drammaturgia di Scribe non si regge.
E non fa eccezione l'Ory, vaudeville, certo, ma pur sempre incentrato su un eroe dall'anima perduta che urla contro Dio. Priviamoci del "buco nero" del protagonista, nei cui abissi precipita la narrazione in un roteare vorticoso...e tutta l'opera secondo me non si regge.
So già che i Floreziani del gruppo mi odieranno, ma per me un Florez (cantante che amo, Tonio di sogno, inarrivabile Lindoro) con i suoi modini da bravo ragazzo di paese, il suo umorismo confortevole e bendeducato da varietà per nonne, ... non potrà mai rendere conto delle responsabilità drammaturgiche che questi personaggi si assumono.
Così come non mi accontenterei di un simile approccio (nonostante il "bonario cinismo del pesarese") nei confronti di Arnould!

Veniamo ora all'affascinante questione delle evoluzione dei tipi vocali attraverso la stagione napoletana di Rossini.

Dico che (pur con le necessarie brutali semplificazioni) per me il fascino delle opere napoletane di Rossini sta proprio in questo: quando parte con Elisabetta l’impostazione è post-barocca; alla voce grave (Nozzari) è affidato l’eroe sostanzialmente positivo e alla voce acuta, erede del castrato (para-David) quello dell’anti-eroe cattivissimo. Poi, opera dopo opera, la forbice si stringe sempre più fino a chiudersi del tutto (in Donna del Lago qual è l’eroe positivo e quale quello negativo?) per poi ribaltarsi ed arrivare a Zelmira, dove la voce acuta (ancora David, ma con caratteristiche ben diverse dai primi ruoli) è divenuta l’eroe e quella scura (ancora Nozzari) l’anti-eroe. Questa situazione sarà quella che verrà ereditata dai primi compositori romantici italiani per fissare la loro estetica: il tenore come eroe del sublime (Rubini e successori) e il baritono come anti-eroe…


Tutto questo combacia perfettamente con le mie idee.
Tanto che, in una lunga agguerritissima tenzone sostenuta anni addietro con Riccardo (e la partecipazione dei soliti paranoici), io sostenni proprio la superiorità potenziale di Florez NEI RUOLI RUBINI rispetto allo stesso Blake. Si parlava infatti di Percy, ruolo per il quale io contestavo Blake e speravo in Florez.
C'è solo una frase (è un dettaglio... ma su cui è bello approfondire) che mi lascia perplesso.
Ed è questa:
l’impostazione è post-barocca; alla voce grave (Nozzari) è affidato l’eroe sostanzialmente positivo e alla voce acuta, erede del castrato (para-David) quello dell’anti-eroe cattivissimo


Ci sono due punti su cui mi vorrei soffermare (dettagli che non inficiano il senso del discorso e i suoi successivi sviluppi che condivido).
Li ho evidenziati in grassetto.
Partendo dal secondo, che la voce del tenore acuto sia erede del castrato è affermazione che davvero non posso condividere.
Tenori acuti e castrati (con funzioni diversissime, conservatesi peraltro ai tempi di Rossini) erano compresenti nell'opera barocca e nessuno derivava dall'altro.
Meno ancora sottoscriverei la presunta "positività" che per te sarebbe insita nel baritenore (o come dici tu tenore "grave") nel 700 e quindi trasfusa nel "primo" Rossini napoletano.
A me pare piuttosto che nel '700 la positività senza se e senza ma appartenesse solo al musico, al castrato.
Questi incarnava sia l'amorosità, sia l'eroismo, ed è in questa veste che si è spinto fin nell'età della Restaurazione.

Il tenore, almeno nell'opera seria, era quasi sempre dalla parte deuteragonista: era il vettore della destabilizzazione e della blasfemia, che tu, giustamente, ravvisi nell'evoluzione al baritono romantico: tutti e quattro i tenori seri di Mozart ne sono ottimi esempi, ma già il Bajazeth di Handel era tutto in questa linea.
Diverso, per restare nel Settecento, il caso del tenore d'Opera Buffa: è da quest'ultomo, semmai, e non dal castrato, che derivò quello strano tipo operistico che fu il "secondo tenore" dell'opera napoletana, quello che poi divenne "alla David".
Da notare che questo "secondo tenore" non era necessariamente "acuto": David lo era, ma non Garcia che pure creò Egeo della Medea in Corinto - Giasone era Nozzari - nonché (griderebbe Ric) Norfolk dell'Elisabetta (Leicester sempre Nozzari).
Per come la vedo io, questo strano "secondo tenore" (futuro David) potrebbe essere nato dalla necessità tipicamente napoletana di integrare nell'Opera Seria - per renderla più stuzzicante ancora - anche il "divo" della tradizione buffa. Fu un'integrazione potente, che condusse a spartizioni di ruolo soprendenti e in divenire: il baritenore mantenne il controllo della virilità guerriera ereditato dall'opera seria settecentesca (ma non necessariamente positivo: sia Giasone che Leicester sono fedifraghi e traditori) mentre il "secondo tenore" portò il dinamismo psicologico, l'umanità mossa e realistica, persino il sentimentalismo dai risvolti femminei (ma non la grande amorosità, merce del castrato) ereditati dal repertorio buffo.

Insomma, quello che voglio dire è che secondo me:
1) contrariamente a quanto affermi, il cosidetto baritenore (nel 700 il "tenore da opera seria") ha sempre avuto nel DNA una buona dose di "negatività".
E questa negatività di fondo è rimasta per sempre, tanto che la ritroviamo in tutti i ruoli Nozari di Rossini, i primi come gli ultimi: tanto in Elisabetta, quanto in Zelmira...
E' Nozzari a essere lo "scatenatore" della crisi, il destablizzatore, il sovvertitore, il blasfemo (della corona inglese o della sacralità del matrimonio).
Il passaggio al "proto-baritono" donizettiano e verdiano (Belisario, Nabucco) non è quindi sorprendente.
2) tra gli ultimi ruoli David e i ruoli Rubini io ravviso un salto tecnico e poetico gigantesco... incommensurabile.
So che tu e Ric la pensate diversamente... ok, accetto il vostro punto di vista.
Ma io non riesco a credere che ci sia stato "trapasso", anche solo perchè, nel volgere di pochissimi anni (praticamente ai primi contatti di Rubini e Bellini), il tipo "Rubini" era già imparagonabile alla lezione di David.
I ruoli David - forti o deboli, buoni o cattivi, precoci o tardivi che siano - sono ricchi di movimento interiore, di sfumature, di deformità.
Sono lacerati, dinamici e anche la loro scrittura (non diversamente dall'opera buffa) è scocesa, sussultante.
Con Rubini si passa di colpo alla linearità più strumentale, alla sublimazione più statica e incorporea, all'astrazione psicologica; senza alcun trapasso, dalla complessità psicologica si passa all'assenza di psicologia; dai contorcimenti virtuosistici alla linearità trascendentale, come un raggio di luce.
Dubito di una discendenza da David (sia pure l'ultimo) perché lo stacco mi pare troppo... troppo subitaneo e pronunciato.

Ne è prova che io non conosca un tenore che uno sia... capace di rendere ugualmente bene i personaggi David e quelli Rubini.
Voi ne conoscete qualcuno?
Avete sentito i Puritani o il Marin Faliero di Blake (grande Davidiano)?
E Kunde (grande rubiniano) in quale personaggio David vi convince?

Uff... consueta lenzuolata.
me ne scuso.
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Re: La donna del lago

Messaggioda Riccardo » gio 27 ott 2011, 23:09

MatMarazzi ha scritto:So che tu e Ric la pensate diversamente... ok, accetto il vostro punto di vista.
Ma io non riesco a credere che ci sia statao "trapasso" in quanto, nel volgere di pochissimi anni (praticamente ai primi contatti di Rubini e Bellini) il tipo "rubini" era già imparagonabile alla lezione di David.


Ma in realtà Mat, in quella vecchia discussione, io avevo avanzato l'ipotesi non di una discendenza tra David e Rubini, bensì tra Nozzari e Rubini. Al di là del fatto che l'uno sia effettivamente stato insegnante dell'altro, a me sembra di scorgere una derivazione di moduli espressivi monolitici - e anche di tessiture estessissime in alto e in basso - più tra di loro che non tra gli altri due.

Tu obiettavi che invece il baritenore nozzariano diede vita al baritono di Donizetti e poi Verdi. Cosa peraltro vera... Ma se ci fosse stata una specie di sdoppiamento a partire da Nozzari (che a Napoli rimase insegnando fino alla morte nel 1833)?

Quel che mi sembra chiaro è che il "modello David" finì in un binario morto e si estinse. Non sono poche le cronache che raccontano come, partito Rossini per Parigi, David passò presto di moda. Morirà poi molti anni dopo (1864) a San Pietroburgo, lontano e dimenticato.
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Re: La donna del lago

Messaggioda Rodrigo » sab 29 ott 2011, 15:37

Come sempre la discussione è appassionata e dottissima. Provo, con le cautele del caso a dire la mia scusandomi per la lunga assenza.
Per ricostruire il rapporto tra il Rossini "italiano" e la voce di tenore mi pare non sufficiente soffermarsi alla pur fondamentale dicotomia David - Nozzari (magari con Garcia terzo incomodo). Come avevo già accenanto tempo fa c'è una terza tipologia (se vogliamo di minoranza): quella del tenore "buffo" del Rossini veneziano e milanese che compare, nonostante la molta acqua passata sotto i ponti, anche nella Gazza Ladra; potremmo dunque chiamarlo il tenore padano.
Complice la consolidata tradizione buffa - che nel pesarese tracima anche nel dramma serio - qui non ci sono quegli abissi drammaturgici che a Napoli erano stati esplorati grazie ai David e ai Nozzari (e mettiamoci pure l'apporto del tanto vituperato Tottola nei libretti). Al contrario mi pare che circoli in questi ruoli una più o meno costante fissità espressiva: sono personaggi che non evolvono e in un certo senso non agiscono, si direbbe che si accontentano di "contemplare" la vicenda dall'alto delle loro bellissime arie (spettacolari quelle di Argirio e di Idreno tra l'altro). Il povero Lindoro si prende pure un'affettuosa lavata di capo da Isabella per la sua inazione. In Semiramide, il non plus ultra del dramma coturnato non un dramma semiserio qualsiasi!, Idreno è suppergiù un meraviglioso soprammobile che scompare letteralmente se paragonato ai deliri di Assur o al nodo gordiano scoperto da Arsace.
Sembrerebbe insomma che l'esplorazione in termini drammatici del ruolo tenorile, salva la fase parigina, in Rossini sia solidamente ancorata al contesto napoletano. Sui palcoscenici lombardo veneti, forse non a caso quelli in cui si formerà Rubini (debuttante a Pavia mi pare) la moneta corrente era altra.
Saluti.
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Re: La donna del lago

Messaggioda MatMarazzi » lun 31 ott 2011, 23:15

Carissimi,
col consueto ritardo rispondo sia a Ric, sia a Rodrigo.
Intanto, Ric, grazie della recensione: mi pare la più attendibile (more solito) che si sia letta sul web.
Personalmente, come dicevo, vedrò lo spettacolo martedì, ma penso che concorderò su tutto.

Venendo alle questioni "davidiane"

Riccardo ha scritto:A me sembre che Giacomo sia già molto avanzato in termini di sviluppo, anche più di Ilo.
Anzi, a dire la verità, non vedo tanto un'evoluzione di Rossini nella scrittura per David o per il tenore amoroso (includendo Idreno): vedo più che altro un caso isolato in Giacomo V, dove il lavoro su David sembra essere stato fatto in modo veramente straordinario e con un apporto poetico superiore rispetto alle altre opere. E' del resto l'unica opera napoletana di Rossini in cui David è veramente il protagonista tenorile. Mi sembra quasi un omaggio speciale che Rossini volle rendergli.


Quello che dici è assolutamente condivisibile.
Però credo che Beck non intendesse parlare di soli ruoli David, quanto dell'evoluzione generale che a Napoli si realizzò - grazie a David - nella figura del "secondo" tenore.
Se prima (ultimi esempi sono proprio quelli di Garcia o, se vogliamo essere precisi, di Ciccimarra e Bonoldi) il secondo tenore non solo esibiva scarsa "virilità" (prerogativa di Nozzari) ma anche scarsa "amorosità", con David ci fu una vera e propria rivoluzione in senso "amoroso".
Certo, all'interno della galleria tenorile strettamente davidivana - hai perfettamente ragione - l'evoluzione è assai più contenuta. Tutti i ruoli David sono giovani e amorosi: poi, è vero, ce ne sono alcuni vincenti in amore (il primo e l'ultimo: Ricciardo e Ilo), altri perdenti (Rodrigo, in modo clamoroso Oreste, in modo struggente Giacomo V), ma tutti attirano le simpatie del pubblico: tutti sono "buoni".
Le costanti sono la sentimentalità e la fragilità (e questo vale anche per i guerrieri e i sovrani); forse persino un sospetto di instabilità nevrotica e tendenza alla malinconia che ha rappresentato la più incredibile rivelazione di Blake.

Semmai, come dicevo, è sui ruoli Nozari che dovremmo interrogarci meglio: un'ombra di negatività è sempre presente (fin dal 700), ma ora, con Rossini, la discesa verso gli abissi della colpa e della bestemmia si fa sempre più pronunciata, sia pure mantenendo intatta quell'aura di eroismo virile - di maschia virilità - che dei ruoli baritenorili resta la cifra principale.

Il discorso si complica - come giustamente ci ricorda Rodrigo - se allarghiamo l'analisi anche agli altri "tipi" tenorili dell'età rossiniana.

Rodrigo ha scritto:c'è una terza tipologia (se vogliamo di minoranza): quella del tenore "buffo" del Rossini veneziano e milanese che compare, nonostante la molta acqua passata sotto i ponti, anche nella Gazza Ladra; potremmo dunque chiamarlo il tenore padano.
Complice la consolidata tradizione buffa - che nel pesarese tracima anche nel dramma serio - qui non ci sono quegli abissi drammaturgici che a Napoli erano stati esplorati grazie ai David e ai Nozzari (e mettiamoci pure l'apporto del tanto vituperato Tottola nei libretti). Al contrario mi pare che circoli in questi ruoli una più o meno costante fissità espressiva: sono personaggi che non evolvono e in un certo senso non agiscono, si direbbe che si accontentano di "contemplare" la vicenda dall'alto delle loro bellissime arie (spettacolari quelle di Argirio e di Idreno tra l'altro). Il povero Lindoro si prende pure un'affettuosa lavata di capo da Isabella per la sua inazione. In Semiramide, il non plus ultra del dramma coturnato non un dramma semiserio qualsiasi!, Idreno è suppergiù un meraviglioso soprammobile che scompare letteralmente se paragonato ai deliri di Assur o al nodo gordiano scoperto da Arsace.


Il discorso è talmente interessante che vorrei essere sicuro di aver capito bene.
Tu parli di tenore di tradizione (o derivazione) buffa e, a mo' di esempio, citi Arigirio e Idreno, che invece sono personaggi di opere serie.
Interessante!
In effetti qualche comunanza fra i personaggi tenorili "vecchi" e deuteragonistici dell'opera seria e gli equivalenti dell'opera buffa (pensiamo al Podestà della Finta Giardiniera o alla stesso Basilio delle Nozze) c'è.

Ma ritornando ai tenori "seri" del '700, per quanto risulta a me, essi avevano due caratteristiche: erano eroici e/o erano maturi.
Nel 700 le due cose potevano tranquillamente oesistere (Idomeneo o Tito ad esempio) perché tanto la caratteristica principale dei tenori era il loro essere deuteragonisti rispetto al castrato, il cui eroismo - non meno valoroso - era però stemperato dal sentimento, dal vittimismo e dalla gioventù (tutti elementi che i tenori non avevano).
E tuttavia, nel primo '800, la duplice natura (eroica e/o matura) del tenore serio avrebbe condotto a due approdi ben distinti, che in epoca rossiniana finirono per risultare incompatibili, tanto da dare origine - prima a Napoli e poi altrove - a due tipi tenorili nettamente diversi:
1) i personaggi unicamente eroici (in termini napoletani, potremmo dire alla Nozzari)
2) personaggi unicamente maturi (alla Ciccimarra).
Il primo tipo poteva ANCHE essere protagonista; il secondo era esclusivamente deuteragonista.

Da questa distinzione teniamo fuori il terzo modello (il tenore alla David) che ha caratteristiche talmente innovative da doversi trattare a parte (e che io considero un'evoluzione "seria" del languido amoroso da opera buffa).
Torniamo quindi ai due tipi "seri" di radici settecentesche.

La prima categoria - da cui sono emersi come dicevamo i personaggi Nozzari - non mi risulta che esistesse fuori da Napoli.
Nel resto d'Italia era il secondo tipo (il vecchio deuteragonista) a spadroneggiare, seppure - spesso - con sfumature eroiche.
Qualcosa mi dice (ma sto andando un po' a intuizione...) che i teatri napoletani abbiano operato questa rivoluzione tenorile, in senso eroico, filtrando l'eredità settecentesca col modello borbonico: in Francia infatti erano decenni che il tenore dominava da eroe la drammaturgia musicale.
Com'è, come non è, Napoli portò a esaltazione - come in Francia - la natura eroica e maschia del baritenore protagonista, facendone all'occorrenza anche un amoroso.

La seconda categoria (il tenore come vecchio, potente e padre... francamente deuteragonista) restava la principale applicazione della voce di tenore nel resto del mondo.
Nemmeno la produzione giovanile di Rossini fa eccezione: se Baldassarre e Aureliano hanno ancora qualche barlume eroico, già Demetrio (creato dal vecchio Mombelli) ha in pieno queste caratteristiche; non parliamo di Argirio, Ladislao e Contareno - questi ultimi creati da Bonoldi.
Tutti vecchi e tutti deuteragonisti.

A Napoli (prima dell'apparizione di David, ma anche dopo) si potevano confrontare tutti e due i tipi di tenore.
L'eroe testosteronico/amoroso (novità napoletana) e il vecchio/deuteragonista (che restava il modello più vitale nel resto d'Italia).
Ciccimarra fu l'ultimo campione a Napoli della seconda tipologia, ma è malinconico osservare come i suoi personaggi, col passare degli anni, siano andati progressivamente perdendo terreno nell'economia dell'opera (basta confrontare personaggi come Jago, Goffredo, Aronne con i comprimariati delle ultime opere).
Un altro sommo esponente dei tenori "vecchi-deuteragonistici" fu Bonoldi, che a Napoli creò solo Gernando e Ubaldo dell'Armida, ma che in altre città tenne a battesimo Ladislao del Sigismondo e Contareno del Falliero, ossia gli ultimi tenori del secondo tipo del corpus rossiniano.

Mi spiace dovremi ricredere rispetto a quanto affermato in passato :) (tutti possiamo sbagliare, eh Ric? ;)) ma ora sono convinto che a questa seconda categoria vadano ascritti anche i personaggi napoletani del primo-Garcia (Egeo e Norfolk), che io invece - erroneamente - tendevo a considerare piuttosto dei pre-David.
Ora penso piuttosto che il giovane Garcia, ben lungi dall'essere un baritenore della linea "eroica" Nazari-Donzelli - come in parte divenne - ma ugualmente distantissimo dal futuro modello David, fosse piuttosto un geniale esponente della stessa famiglia dei Ciccimarra e dei Bonoldi.

A cosa si deve il rovinoso declino del tenore "vecchio/deuteragonista", un tempo prioritario, rispetto ai nuovi modelli (Nozzari-David)?
Sicuramente all'avanzare delle poetiche romantiche, che sempre più affidavano la propria voce al tenore ... ma soprattutto, secondo me, alla decadenza del castrato.
Infatti il contrasto "vecchio"-"giovane" poteva risolversi timbricamente in"tenore"-"castrato" ...solo fintantoché il castrato esisteva.
Decaduto quest'ultimo, il timbro tenorile divenne il più chiaro e quindi il più giovane. Di conseguenza i vecchi dovettero essere confinati a voci maschili gravi.
Ci volle il Novecento (Egisto o Altoum) perché si ricominciasse a usare il tenore per parti mature.
L'ultimo caso ottocentesco che a me viene in mente è Arvino dei Lombardi di Giuseppe Verdi.

La cosa interessante è che Rossini, artefice primo del trionfo dei tipi nuovi (alla Nozzari e alla David) a danno del vecchio (il tenore anziano e deuteragonista), a un certo punto impose tale novità anche fuori da Napoli.
Dopo "Bianca e Falliero" (opera reazionaria da tanti punti di vista, anche da quello tenorile) non si trovano nel corpus rossiniano che tenori alla Nozari e alla David.
Con Torvaldo e Belfiore (entrambi creati da Domenico Donzelli) il baritenore rossiniano esce da Napoli con caratteristiche del tutto Nozzariane.
Quanto ad Adalberto e Idreno, essi sono (sia pure in sedicesimo) evoluzioni del modello David, amorosi infelici, giovani, un po' isterici e piuttosto inerti a livello narrativo.
Su Libenskof, data l'ambiguità di Bordogni, si può discutere se sia più baritonale o contraltino, ma comunque nemmeno lui ha più nulla a che fare col tenore vecchio stampo dei primi anni di Rossini.

Spero di non aver pasticciato troppo e chiedo a voi che ne pensate.
Salutoni,
Mat
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Re: La donna del lago

Messaggioda beckmesser » mar 01 nov 2011, 0:14

Io ho visto la seconda recita, sabato, e confesso di essere un filo deluso... Intanto lo spettacolo è un'autentica ignominia, e che si siano dovuti mettere insieme Parigi, Milano e Londra per creare una roba simile farebbe venir voglia di dar ragione a chi sostiene che tutto è decadenza e rovine: per fortuna sappiamo che così non è, ma certo è un passo falso clamoroso... Anche la direzione di Abbado non ha convinto molto, e questo mi ha stupito di più: le recenti prove pesaresi, pur senza aprire orizzonti inesplorati, avevano dimostrato buona familiarità con questo repertorio. Questa Donna è invece circospetta, insicura, discontinua... Non saprei come spiegare, ma quando si ascoltava Muti si capiva dal primo accordo di ogni brano che le campate di quelle architetture smisurate erano ben salde, che tutto si sarebbe sviluppato con coerenza e sicurezza; si poteva poi contestare la pertinenza stilistica di certe scelte, ma non mai la coerenza con cui erano realizzate. Con Abbado la sensazione è che tutto sia costruito nota dopo nota, pezzo dopo pezzo, a tentoni e con molta prudenza... Peccato che non ci sia nulla come la prudenza in grado di far sedere un'opera seria di Rossini...

Il Giacomo di Florez è sempre uguale a se stesso: ancora più sicura la tecnica e sempre più filiforme la linea... Ma la sua “Fiamma soave” è ormai un monumento alla rete di sicurezza: tutto calibrato al millesimo per non correre alcun rischio, governato da intelligenza, tecnica e volontà, ma senza il brivido del lanciarsi senza rete che i ruoli David richiedono. Alla fine si ha una raggelante sensazione di prevedibilità... Mi ha colpito come dopo l'aria abbia avuto un franco e meritato applauso, ma niente in confronto al finimondo cui ci aveva (e si era) abituati: ci si finisce con l'abituare anche ai fuoriclasse, se la statura dell'interprete non corrisponde, in un dato ruolo, alle bellurie vocali. Discorso simile per la Barcellona: gran classe, ma mi sembra che ormai debba decidersi al grande passo; in questo repertorio dà l'impressione di sentirsi ormai stretta, e la sua voce, a questo punto della sua maturazione, sembra reclamare altre direzioni... Io avevo Spires invece di Osborne: non ha azzeccato uno che fosse uno dei tanti do acuti di cui la parte è costellata, ridotti a timidi accenni, sempre calanti e spesso stonati. Peccato, perché quando può starsene al riparo del suo registro centrale il fraseggio è interessante, ma i ruoli Nozzari non fanno per lui, e anche lui contribuiva alla sensazione di vedere gente (tranne la protagonista) alle prese con cose troppo al di là delle loro forze...

Infine la DiDonato, appunto, ossia l'unica vera ragione per sentire questa Donna del Lago: magnifica, anche se credo che fra i ruoli Colbran non sia forse quello più adatto a lei (meglio decisamente un'Elisabetta, perfino Armida). Pure anche lei, come già notato da Riccardo, sembrava subire il clima della serata, senza riuscire a liberare tutto il suo potenziale, trattenuta dall'idiozia dello spettacolo e dall'incertezza della direzione. Almeno fino al finale, dove finalmente la rete di sicurezza viene tolta per lanciarsi in un gioco di dinamiche (certi pianissimi incredibili) e di virtuosismo fenomenali, da restare col fiato sospeso... Veramente un grande artista. Oltretutto, posso dire di averla sentita in meno di un mese come Octavian e come Elena ugualmente straordinari: non credo sia cosa riuscita a molte...

In sintesi, l'edizione di vent'anni fa un posto nella storia dell'interpretazione rossiniana se l'è guadagnato: magari controverso, ma ce l'ha. Questa non credo l'otterrà, se non per una protagonista che speriamo possa rifarsi in un contesto degno di lei...

Saluti,

Beck
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Re: La donna del lago

Messaggioda VGobbi » mar 01 nov 2011, 13:24

Ragazzi, da esperti e profondi conoscitori di questo capolavoro del cigno pesarese, cosa ne pensate dell'incisione discografica diretta da Pollini e con Ricciarelli, Gonzales, Raffanti, Valentini-Terrani e Ramey?
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: La donna del lago

Messaggioda Maugham » gio 10 nov 2011, 12:05

beckmesser ha scritto:Io ho visto la seconda recita, sabato, e confesso di essere un filo deluso...


In generale concordo con te. Solo che io non sono rimasto "completamente" deluso. Penso che questo derivi dall'aspettativa che, nel mio caso, è di solito inversamente proporzionale al mio divertimento.
In pratica tutti, amici e consocenti, mi avevano detto "cosa vai a fare?"
E invece sono stato contento di esserci andato. :)
La delusione maggiore mi arrivata da Florez. Ho notato una prudenza insolita (tipo accellerare il ritmo delle frasi prima di sparare un do, tipo rincorsa), fiati meno poderosi e, soprattutto, un volume minore rispetto a un tempo. Di solito un cantante, quando invecchia, perde in estensione e guadagna in volume. Invece mi è parso -ma forse è solo una mia impressione- che Florez si sia, come posso dire, rimpicciolito. Ovviamente parliamo di un fuoriclasse. Monotono e invece ripetitivo come interprete. Mi è sempre parso un tenore fotocopia che però scatenava in me entusiasmo per la sfolgorante luminosità dello strumento. Qui certe prudenze mi hanno raffreddato.
La Barcellona secondo me ha voluto dimostrare di essere qualcosa che non è: ovvero una mitraglietta tonante di agilità nell'ambito di un'estensione poderosa. Al di là della disamina sui singoli suoni devo dire che mi è parso un modo molto vecchio di intendere Rossini. Ancora di più, questo Rossini che ha portato molti appassionati ad instaurare paragoni imbarazzanti.
Come cartina al tornasole vicino a lei c'era la DiDonato la quale dimostrava invece come anche una scala cromatica discendente potesse diventare espressiva prima che dimostrativa.
Inoltre mi è bastato ascoltare come sia riuscita a valorizzare una piccola frasetta del recitativo prima del duetto con Uberto nel 1 atto "pace, amistade, amor filiale, onore" differenziando tutti i termini a seconda del loro significato scenico-verbale per conquistarmi senza mezze misure.
Osborne? Cosa vi devo dire, non mi è sembrato poi così disastroso come avevano predetto. La sezione centrale dell'aria aveva colori, intenzioni espressive, suggestioni ritmiche di alto livello. Negli insieme si perdeva un poco e soprattutto nella gara all'acuto perdeva punti rispetto alle lame pure e brillanti del collega peruviano, però non ritengo fosse il caso di buarlo. Anche perchè molti buatori giustificano la caciara concionando del rigido, metronomico pavarottesco Rodrigo di Raffanti che, riascoltato in macchina dopo vent'anni, davvero si è rimpicciolito.
Allestimento non allestimento. Grazioso però a vedersi.
Mat, a te la palla.
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