Per prima cosa, Beck, un grazie sentito per questo resoconto eccitante e ricco di stimoli come al solito.
Da parte mia molta, molta invidia, dato che non avevo visto questo spettacolo né nel 2008, né in questa occasione (però la videotrasmissione di Mezzo mi fa ben sperare che fra poco sarà disponibile anche per noi).
Nell'attesa che qualcun altro (che so bene essere stato a sua volta a Bruxelles
) ci dica la sua opinione, vorrei dire la mia su alcuni aspetti da te affrontati.
beckmesser ha scritto:ora disponiamo di una partitura in edizione critica che consente esecuzioni corrette, eppure si continua ad allestire (quelle poche volte che lo si fa) l’impresentabile spartito Ricordi, che non si sa nemmeno bene da chi è stato assemblato.
Esatto. Io poi non ho nulla di personale con la vecchia edizione Lachner (anche se non sopporto la sua odiosa traduzione italiana), tuttavia sono fermamente convinto che oggi - al di là di questioni puramente filologiche - la "vera" Medée possa risultare infinitamente più moderna e gradita a un pubblico giovane.
Lo spirito critico, acuto, post-illuminista, da "cani di volterriani" che si respirava al Feydeau negli anni di Cherubini è assai più vicino a noi che non la seriosità monumentale del wagnerismo di Lachner.
In questo senso, sempre come tappa di avvicinamento, vorrei segnalarti uno splendido concerto di Mireille Delunch (all'Opéra Comique e poi importato al Bru Zane di Venezia) dedicato proprio alla Scio. Tra i brani c'era la grande aria di Medee come stilisticamente sogno da sempre di sentirla.
Le mancavano un po' gli acuti, ma nel complesso è così che questa musica va eseguita.
Mi è difficile parlare della messinscena di Warlikowski, che è uomo di teatro originale, a tratti geniale (anche se non sempre coerente), ma che stavolta, per me, non è stato alle regole del gioco: per far tornare i conti della sua idea drammaturgica, non ha esitato a riscrivere del tutto i dialoghi, ad inserire registrazioni di canzonette anni ’50, a prevedere passi essenziali dell’azione fuori dalla musica (persino alla fine, a musica finita, l’azione proseguiva per diversi minuti nel silenzio e nell’imbarazzo generali).
Abbiamo spesso parlato di questo problema di "convenzioni".
WArlikowsky (come Hereim, che suscitò uno scandalo apocalittico con il Ratto dal Serraglio a Salisburgo) deriva dalla Prosa.
Nella Prosa l'alterazione e la riscrittura del testo è prassi condivisa e per nulla contestata. Addirittura mi capitò di conoscere un vero uomo di teatro, nonché conoscitore finissimo d'opera, che contestò un regista di prosa perché nel proporre il Re Lear non aveva tagliato abbastanza... Lo stesso uomo di teatro inorridirebbe se qualcuno tagliasse un'aria di un'opera.
Si tratta solo di convenzioni, ma sono convenzioni a cui siamo indissolubilmente legati!
Le convenzioni dell'opera (o come tu brillantemente scrivi... le regole del gioco) sono importantissime per i fruitori.
Io, come te, sono molto legato alla convenzione che pretende l'assoluto rispetto dal dato letterario (parole e suoni); anche l'alterazione registica mi piace solo se parte da questo presupposto.
Eppure ci sono tanti che ritengono che il dialogo parlato (in Singspiel, Opéra Comique, operette e musical) sia come la prosa e pertanto sia liberamente riscrivibile dal regista.
WArlikoswky l'ha fatto in Medee, ma anche il nostro amato Pelly l'ha fatto con Offenbach e Carsen col Candide.
Nulla però ci impone di gradire questa tendenza e di non biasimarla ad alta voce.
In questo senso (nel non volere che i dialoghi parlati delle opere siano assimilati alla prosa e come tali alterati dai registi) ci comportiamo da passatisti!
A dimostrazione che non c'è nulla di male a esserlo!
Il tempo ci insegnerà se questa tendenza diventerà convenzione.
Se non lo diventerà (come anche io mi auguro) sarà anche per merito della nostra individuale resistenza!
Su una cosa non sono d'accordo, almeno in linea teorica.
Aprire pause di silenzio (laddove è conesentito da pause già presenti nella musica) non mi pare in contrasto con le libertà convenzionalmente accordate a un regista, né col principio della non alterazione del dato letterario.
Se poi Warlikowsky ha fatto male (parlo del finale) andrà censurato comunque; ma a me pare che un prolungamento dell'azione oltre l'ultima nota della musica non sia affatto grave quanto la riscrittura dei dialoghi parlati o l'inserzione di musica non prevista.
Nadja Michael non c’entra praticamente nulla con la vocalità di Médée: gli acuti sono uno strazio dell’anima, la linea si strappa ad ogni passo ed è evidente che ci vuole un bagaglio da vocalista ben più ferrato per affrontare questa parte, eppure alla fine (specie vedendola anche) il personaggio lo porta a casa. Come dire, farebbe meglio a dedicarsi ad altro, però chapeau…
Certo Chapeau! La Michael è indubbiamente una delle più forti personalità del nostro tempo.
Ma questo non autorizza simili, clamorosi errori di distribuzione.
Oltre a un discorso vocale (la Scio era più acuta di una terza rispetto alla Michael) è una questione meramente tecnica, come hai scritto. Errori di questo tipo accorciano le carriere di un decennio.
Se pensi che a Monaco le hanno addirittura affidato l'altra Medea, quella di Mayr, scritta per la Colbran...
Magnifico invece il Jason di Kurt Streit:
è tanto che lo dico.
Ormai Streit è passatello... ci siamo lasciati sfuggire uno dei maggiori artisti degli ultimi vent'anni; uno che avrebbe potuto nella sua carriera fare tanto di più del tantissimo che comunque ha fatto!
Grazie ancora e salutoni,
Mat