Uno tra i maggiori avvenimenti della prossima stagione sarà la Leggenda della Città Invisibile di Kitesh, grande opera della maturità (1907) di Rimskij Korsakov.
Al di là del valore dell'Opera (un vero capolavoro) questa scelta riverste, per noi di Operadisc, un significato particolare.
Intanto perché amiamo follemente Rimskij e ci aspettiamo che i prossimi anni ne svelino finalmente l'importanza.
E poi perché ci aspettiamo molto dalla regia del "nostro" Cerniakov.
Mi piacerebbe però che ragionassimo sul cast, perché - per una futura rinascita di Rimskij - è importante liberarsi dell'eredità dei russi (che nel corso dei decenni hanno smarrito la via per la valorizzazione il repertorio) e sfruttare il meglio delle nuove scuole occidentali con cognizione di causa.
Ad Amsterdam si sono mossi abbastanza bene, ma non senza qualche errore...
In astratto, trovo eccitante l'idea di Kristine Opalais come fanciulla Fevronia.
La Opalais una delle migliori artiste del nostro tempo: è carismatica, intelligente, molto bella e canta benissimo.
Inoltre il ruolo è scomodo, singolare (Fevronia è una specie di santa panteista, martire ed ecologista, costantemente in fuga dalla realtà) è reclama una personalità molto forte per potersi reggere (e la Opalais lo è).
Infine è scritto su una tessitura centralizzante, ideale per la Opalais, con rade escursioni in alto e in basso.
Tuttavia, solo per essere precisi, mentre la Opalais ha una formazione declamatoria, la parte è stata scritta per una vocalista provetta come la Koustnezova.
Cantante di primissimo piano nell'Europa fra i due secoli, bellissima donna, sensuale, prima Salome a Parigi, creatrice della Cleopatra di Massenet, celebrata Violetta e Thais, la Kusnetzova aveva voce acuta, non grandissima ma penetrante, facilità al virtuosismo, leggerezza di impasti.
Poi era un matta completa! cosa che la rendeva adatta a personaggi anche contraddittori e spregiudicati (era un po' la Sanderson dei russi).
I tanti e celebri dischi rimasti di lei testimoniano anche una tendenza a essere un po' disordinata (nel ritmo e nell'intonazione) quando si lasciava trasportare dalla sua personalità, ma rifinitissima quando aleggiava sul filo del fiato.
Ora... non è che la parte preveda virtuosismi e sopracuti: tutt'altro.
Limitandoci alla scrittura, un soprano lirico (sia pure declamatorio) può muovercisi con disinvoltura.
E tuttavia le caratteristiche della creatrice ci fanno pensare che Rimskij (anche a livello di orchestrazione) scrivesse pensando a una vocalità che, anche senza essere "leggera" o acuta, fosse strumentale e trasparente.
La Opalais non è invece nè l'una, nè l'altra cosa.
Il rischio è che quel continuo flusso melodico, come di arioso senza soluzione di continuità, in cui il personaggio si esprime, finisca per diventare con una declamatrice un po' troppo schematico e legnoso (come puntualmente avviene con la giunonica Gorchakova scelta da Gergev nell'incisione discografica).
Il suo innamorato è, ovviamente, un tenore.
IL principe Vsevolod, erede al trono della città "grande" di Kitesch, ha tessitura molto acuta e vocazione schiettamente lirica.
Parte creata da Andrey Labinsky, richiederebbe a sua voltà una formazione da vero belcantista.
Labinsky era un Sobinov ante litteram, dagli impasti vaporosi, il timbro chiaro e una straordinaria propensione ai pianissimi.
Gergev (ancora una volta) scazza completamente la scrittura, affidando la parte a Marusin, tenore greve, baritonale, aspro e totalmente declamatore (oltre che di dubbia intonazione).
Nemmeno ad Amsterdam però ci hanno preso davvero.
Hanno scelto infatti Maxim Aksenov, giovane artista russo di gradevole aspetto e simpatica vocalità. E tuttavia il suo baricentro non è acutissimo e, quel che è peggio, la sua formazione non è affatto vocalistica: cortino di acuti, limitato nella dinamica, piuttosto legnoso nella vocalità.
Non ci vuole un genio per prevedere che farà molta fatica per risultati scarsi.
Comunque non sarà lui il vero "primo tenore".
Vi è infatti nell'opera un personaggio per tenore di gran lunga più impressionante: Grishka Kuterma, tragico, rissoso, sprezzante ubriacone che bivacca nella "piccola" Kitesh.
Questo personaggio, non presente nelle fonti ma voluto da Rimskij, non ha in apparenza molto a che fare con la storia.
E' semplicemente colui che, per evitare le torture dei tartari, accetta di condurre gli invasori presso la città grande, difficile da trovare perché avvolta dalle nebbie del lago Jar.
La sua è la parte più tragica e reattiva dell'opera.
Quest'uomo senza valori, ridotto dalla vita a un cinismo devastato e miserabile, va continuamente mostra del proprio disprezzo per i valori e i giusti sentimenti, ma sarà proprio il senso di colpa e l'orrore di se stesso che lo faranno precipitare nella pazzia.
Per questa parte, ad Amsterdam, hanno commesso una grave, grave leggerezza.
Evidentemente, invece di ragionare sulla partitura e sul creatore, si sono fidati delle apparenze.
Abbiamo due tenori: uno nobile e innamorato, l'altro ubriacone e grottesco.
E' ovvio che il primo avrà voce "eroica", il secondo più da "caratterista".
Inoltre ...la parte di Grishka è psicologicamente articolata.
Bene... chiameremo un tenore all'inglese, mozartiano-britteniano, abituato a ruoli complessi.
Inforcata questa strada, sbagliata come vedremo, non sono andati al risparmio, anzi hanno interpellato uno dei maggiori britteniani del presente, John Daszak.
Al di là del fatto che Dazsak è secondo me un po' sopravvalutato (l'ho sentito due volte nel Billy Budd, la seconda addirittura con Jones e Mattei), il problema è che la parte non è assolutamente compatibile con le caratteristiche di un tenore come lui, leggerino, "colorista", intellettuale.
Non a caso il creatore fu uno dei massimi divi della sua epoca, uno dei più spettacolari tenori drammatici che abbia avuto la Russia:
Ivan Yershov.
A sua volta di formazione schiettamente vocalistica, Yershov fu uno degli eredi di Tamberlick.
Pur non avendo la terza acuta del predecessore, il suo canto era di quelli tipidi del tardo-romanticismo, ossia verticali, squillanti, sfolgoranti come una tromba.
Fu glorioso interprete del Profeta e degli Ugonotti (sia pure con le alterazioni del caso), ma fu anche uno dei primi Otelli internazionali, celebratissimo wagneriano (Siegfried, Tristano, Tannahuser), primo Canio in Russia.
Attore poderoso e fortissima personalità, Yershov era la vera Star della produzione.
E questo spiega perchè tutto il libretto è sbilanciato in suo favore.
Gergev, una volta tanto, dimostra di saperla più lunga.
Infatti affida la parte al tenore drammatico russo più celebrato degli ultimi anni: Wladimir Galuzin.
Semmai il problema di Galuzin è che costretto a trattare da declamatore una parte che richiederebbe splendore vocalistico (anche se, nemmeno nel suo caso, sono previsti sopracuti fuori ordinanza).
Ecco comunque Galuzin nella drammatica fuga con Fevronia al quarto atto.
Secondo voi chi potrebbe oggi fare furore in questa parte?
Ricapitolando: grande parte drammatica e contrastatissima a livello psicologico (quindi un grande attore, rotto alle più grandi disperazioni).
Non complicata da acuti eccessivi, ma che impone un'emissione di antica scuola vocalistica!
Infine concepita per una super-star.
Vediamo cosa salta fuori!
In compenso ad Amsterdam si sono mossi molto bene nella scelta dei bassi.
Il nobile e regale Principe Yuriy Vsevolodovich, padre di Vsevolod, è un classicissimo basso da opera romantica: solenne, virtuoso, saggio, regale e paterno, anche un po' palloso (nonostante lo sfarzo di mi gravi e un'aria bellissima, dolente e melodica al terzo atto).
Se ad Amsterdam avessero chiamato il solito bassone russo, di quelli che oggi vanno per la maggiore (come i pachidermici Burchuladze, Kotcherga, Ognovenko) la parte ne sarebbe uscita musicalmente distrutta.
Se invece avessero scritturato uno dei soliti bassoni rassicuranti da repertorio occidentale, abituati a fare sempre i padre e i re, con barba bianca e pose ieratiche, il risultato sarebbe stato teatralmente infelice.
E così, a sorpresa, hanno interpellato Robert Holl, uno dei più signorili bassi inglesi, grande intellettuale e raffinato liederista, abituato ad alternare Mozart a Purcell, Wagner a Schubert.
E proprio di Schubert è l'ascolto che vi propongo.
E non di meno anche i bassoni russi saranno presenti ad Amsterdam e con sfarzo davvero inusitato.
Potremo infatti ascoltare insieme nientemeno che Burchuladze e Ognovenko: i due celebri artisti si divideranno i due spaventosi e grossolani capi Tartari (praticamente la versione russa di Fasolt e Fafner).
E non solo saranno un vero e proprio lusso (direi persino spropositato, considerato il modesto rilievo delle parti), ma finalmente il loro canto ursino da patriarchi sbevazzoni sarà esattamente quello che ci vuole!
Salutoni,
Mat