Riapro questo thread perché proprio ieri ho visto integralmente il video la Lulu di Salisburgo di due anni fa.
La cito perché mi pare un buon esempio (rivolto a chi ancora crede al fatto che bastino belle voci per fare l'opera) di quanto poco possano i cantanti, anche se straordinari, quando regia e direzione non funzionano.
Marc Albrecht non avrà una personalità sulfurea, ma quando è in botta e ha per le mani un'orchestra che risponde riesce a garantire buoni risultati.
Forse la scarsa ispirazione, forse la riottosità dei Wiener che, benché adusi a questo repertorio, sono sempre troppo edonistici, forse il caos che regnava in scena... insomme la sua direzione è pasticciata, slegata, disarticolata.
La Nemirova poi (di cui avevo visto una bella Dama di Picche a Vienna) pare andare giù di testa fin dalla prima scena: questa giovane donna, ingolfata di pregiudizi ideologici, buonismi d'accatto, strumenti espressivi logori e stantii ereditati dal vecchio teatro di denuncia e dalle caricature del cinema d'autore... deve essersi talmente esaltata di fronte a Lulu (che a differenza di Macbeth o Dama di Picche nasce proprio da quel contesto di espressionismo e critica) da aver perso la ragione.
Tutta l'opera è trasformata in una caricatura: la gestualità è assurda, le espressioni regolarmente contratte in spasmi di sesso e cattiveria, tutto è caotico, tutto è forzato...
In più manca una visione coerente: l'ansia di aderire a quanto di forte e provocatorio è insito nel testo la spinge a estremizzare in tutte le direzioni, perdendo così la rotta e navigando a vista.
Non si può dire che tutto fosse dilettantesco e brutto (anche a livello di luci e gestioni dello spazio), ma il dilettantesco e il brutto la faceva comunque da padrone, tanto l'ossessione per i predicozzi moral-femministi, le critiche alla società brutta e cattiva, il non poter far passare un attimo senza che qualcuno metta la mano sull'utero (o sul pene) di qualcun altro (come se la Tragedia di Lulu fosse tutta qui), l'umorismo greve e noioso di chi umorismo non ha... finivano per travolgere tutto: in particolare l'umanità dei personaggi, la linearità narrativa, la forza stessa dell'opera.
Un vero disastro!
Eppure i cantanti erano strepitosi.
In particolare la Petibon, che si attesta quale la migliore Lulu del nostro tempo.
Vocalmente si mangia (quasi) ogni difficoltà del ruolo, con facilità di re sopracuti, virtuosismo, declamazione iper-colorista, sbalzo ritmico perfetto, espressività attorale che pare non aver confini
Eppure alla fine la sua Lulu (costretta a combattere qui contro l'assurdità registica, il caos orchestrale, la volgarità costante) finiva per suscitare più ammirazione che emozione.
Se uno sente e vede Michael Volle (di gran lunga il migliore Schoen dei nostri tempi) nella produzione di Londra (Pappano - Loy), se uno ha in testa la sua eleganza, la sua nobiltà, l'umanità struggente del suo canto, sia pure compressa nella maschera del buon borghese, difficilmente potrà riconoscerlo in quel pagliaccio isterico che ne fa la Nemirova, schiacciato in un stile circense che ne tradisce completamente la personalità.
Anche vocalmente a Salisburgo, costretto a urlare e dimenarsi, non è riconoscibile il vero Volle.
Breslik come Walter, Grundheber come Schigolck, la Baumgartner come Geshwitz, Piffka come Alwa (e la chicca di Zednik come Principe e cameriere): anche il resto del cast aveva veri splendori. Eppure in un allestimento tanto slegato, incorerente, superficiale nessuno lascia un senso davvero forte.
La già citata edizione di Londra (Pappano - Loy) sembra al confronto su un altro pianeta e questo benché - in teoria - la Eichenholz sia mille volte meno fantasiosa e geniale della Petibon. Ma almeno a Londra c'era una storia, c'era un personaggio, c'era un discorso...
A Salisburgo solo due pagliacci che si affrontano a suon di pagliacciate...
Salutoni,
Mat