Tucidide ha scritto:Ho letto l'editoriale, Pietro, e mi permetto di dire che ho notato, nella dichiarazione di intenti "montaliana"
una mancanza: l'importanza della regia.
Hai ragione, Alberto: ce ne siamo dimenticati.
D'altra parte è come se avessimo detto: "Intendiamo dare notevole rilievo alla resa del canto". Avremmo fatto ridere, no? Sarebbe stato un pleonasmo, parlando d'opera lirica.
In realtà non è merito nostro il fatto di parlare di regia in ambito teatrale: stiamo parlando di uno spettacolo, la regia è un componente talmente essenziale che far notare ai nostri lettori che ne parliamo ci sembra quasi un insulto alla loro (e nostra) intelligenza.
E invece questo aspetto tu lo definisci "unico", perché siamo gli "unici" a dare un'adeguata rilevanza a questo dato: gli altri o non se ne curano, oppure lo sbertucciano, oppure molto spesso non lo vedono.
Sai, Alberto, io sono fermamente convinto che se oggi stiamo vivendo una stagione meravigliosamente esaltante in ambito di rappresentazione operistica, il merito sia anche e soprattutto dei registi che:
hanno proposto punti di vista completamente nuovi
hanno saputo esaltare capacità dei cantanti che forse nemmeno i cantanti sospettavano di avere
in qualche caso (vedi Wieland nella Bayreuth Anni Cinquanta) hanno proprio guidato la rivoluzione culturale, portando per mano direttori rivoluzionari come Krauss e Karajan (quest'ultimo per poco, purtroppo), o tradizionalisti come Knappertsbusch, e crescendo una scuola di cantanti che hanno inventato di sana pianta il loro approccio ai personaggi che affrontavano
Io credo che sia facile sbeffeggiare il "teatro di regia", come viene genericamente chiamato tutto quello che prevede la presenza di un regista che detta i propri ritmi a uno spettacolo; facile, dicevo, ma infantile, perché la regia è ormai quella che, di comune accordo con il direttore, dà la direzione allo spettacolo.
E le voci, dirai tu?...
Cazzo, Alberto, ti sembra che manchino le voci?!?