Premetto che ho letto con passione l'articolo di Riccardo sulla Donna del Lago di Ginevra, anche perché è fuor di dubbio che si trattava di un avvenimento importantissimo dell'attuale stagione (più che a Loy si puntava l'interesse sul Rodrigo di Kunde e sull'Elena della DiDonato).
E invece Loy è quello che ha colpito di più Riccardo, che ha dedicato a lui le proprie impressioni.
Devo dire che sono molto impressionato dall'ascesa folgorante di questo regista che, sulle prime, non avevo considerato degno di attenzione.
Quando lo vidi io per la prima volta dal vivo (Devereux a Monaco con la Gruberova), l'impressione fu mitigata.
Molto più avvincente mi era parsa la produzione di Vienna che vidi nel 2001 sempre con la Gruberova, molto più spettacolare vocalmente e scenicamente.
L'avevo giudicato il solito regista tedesco, tanto concettoso e naturalmente "critico" verso questa nostra società brutta e cattiva, ma non abbastanza famoso per fare Wagner e Berg, quindi costretto a ripiegare su Donizetti.
Alla fine quel Devereux non fu brutto, ma nemmeno esaltante. Già più varia e interessante (ma sempre senza il colpo d'ala) mi era parsa la sua Alcina con la Nagelstad e la Coote (video prestatomi da Maugham), ma ancora una volta senza il senso della rivelazione piena.
Mi ero convinto che questo Loy non avrebbe fatto una carriera così importante: sarebbe rimasto confinato in Germania e "grave onta" nel ruolo di serie B (per i criteri di molti tedeschi) di fare regie d'opera belcantistiche.
Quando però ho visto (questa volta solo in video) la sua Lucrezia Borgia dell'anno scorso, sempre a Monaco (e questa volta con una Gruberova davvero indecente) sono invece rimasto impressionatissimo.
A livello di linguaggio e di comprensione della drammaturgia dell'opera italiana il salto era abissale.
Ho colto proprio tutto ciò che dice Riccardo nel suo articolo, ossia la capacità di ragionare non solo sulla musica, ma proprio sulle "forme" (così apparentemente statiche, superate, lontane da noi) della musica di Donizetti per scatenare da essa immagini di forza prodigiosa.
solo per dire, l'arietta "Di Pescatore ignobile" con quel melodizzare semplicione e la sua assurdità drammaturgica (questo giovane seduttore che volendo "farsi" la nobile sconosciuta gli parla della sua mamma) con Loy diventava splendida: Gennaro, da vero adolescente scomposto, la cantava quasi saltellando, con l'indifferenza impacciata di un ragazzo che racconta della "mamma perduta" per rendersi interessante, con movimenti che si adattavano splendidamente alla musica e svelavano impensate relazioni con i fantasmi della contemporaneità.
tutto assumeva un senso: la melodia infantile, il bisogno di dimostrare che anche se si è un ragazzo da strada si hanno comunque dei sentimenti, il malestro tentativo (da bullo che seduce la donna "grande") di far leva sull'istinto materno.
Ma tutta quella Lucrezia Borgia era piena di gemme di questo tipo (specie quando la Gruberova non rovinava tutto).
Il disegno generale faceva acqua, lo ammetto, ma i singoli rapporti musica-immagine erano prodigiosi.
Purtroppo quella Lucrezia Borgia (nuovissima e bellissima nel linguaggio) era vecchia nelle ossessioni contenutistiche, figlie (nipoti e pronipoti) di un sessantottismo di maniera, che si sente in dovere di rappresentare la nostra civiltà come solo brutta, cattiva, sporca, grigia, violenta e tutto il resto di quelle banalità che a me rompono tanto le scatole.
Ma poiché, si sa, per me il linguaggio è assai più importante del contenuto (se parliamo di arte) allora ho dovuto ammettere che quella lucrezia era grandiosa.
Nel frattempo la carriera di Loy ha preso il volo in modo straordinario: la Theodora a Salisburgo ha fatto epoca, il Covent Garden l'ha interpellato per Tristano e Lulu, a Aix fra pochi giorni vedrò la sua Alceste (e non so davvero cosa aspettarmi) mentre Salisburgo pensa a lui nientemeno che per la Donna senz'Ombra.
Oggi si parla di Loy come di uno dei "grandissimi" della regia d'opera contemporanea, insieme a Guth il più autorevole dei "giovani" tedeschi. Gli elogi appassionati di Riccardo ci confermano che la sua ricerca nelle articolazioni antiche e misteriose dell'opera italiana si sta affinando sempre più.
Mi piacerebbe sapere le opinioni di qualcun'altro. Ad esempio ricordo che Marco ha visto la Theodora a Salisburgo.
Dite dite! Come fu?
Salutoni,
Mat