Guillaume Tell (Rossini)

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Guillaume Tell (Rossini)

Messaggioda pbagnoli » ven 14 gen 2011, 18:58

EMI 1974 - Gardelli

Sto preparando la revisione di questa fondamentale registrazione: la conoscete?
Me la sono riascoltata con gusto e, una volta di più, devo dire che un bel po' di acqua è passata sotto i ponti, anche per quanto riguarda il mio amatissimo Gedda.
Voi che ne pensate?
A breve, in home le mie riflessioni sul tema
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda teo.emme » dom 16 gen 2011, 1:24

Conosco bene questa edizione e mi è sempre piaciuta anche se la ritengo non di poco inferiore a quella che secondo me è, ad oggi (e immagino per molto tempo ancora), la migliore edizione in cd del capolavoro di Rossini, ossia l'edizione diretta da Chailly. L'unico vero elemento a favore di Gardelli è l'uso della lingua francese, che da all'opera tutto un'altro aspetto (sulla problematicità della traduzione ritmica italiana, Gossett, nel suo ultimo libro, ci fornisce una disanima definitiva). L'edizione EMI presenta un cast un po' problematico, tolti Gedda e la Caballé, il resto è abbastanza discutibile, a cominciare dal difficilissimo ruolo del protagonista, per non parlare del personaggio "cenerentola" dell'opera, Gessler... Molto interessante la versione video del Tell ripreso dal ROF (1995 credo...), con Kunde e Pertusi.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Enrico » dom 16 gen 2011, 2:43

Il video di Pesaro è quello integrale che dura circa cinque ore e forse più... mi ricordo la diretta radiofonica, che ascoltavo con una radiolina disturbatissima in montagna tentando di immaginare qualcosa e capendo poco perché non conoscevo nemmeno né la lingua francese né la trama dell'opera.
In video mi è piaciuta tantissimo l'edizione francese con Hampson.
Credo di avere anche la registrazione di Gardelli, ma non l'ho ancora ascoltata.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda MatMarazzi » dom 16 gen 2011, 18:35

Pare anche a me che Kunde a Pesaro (benché piuttosto noioso, prevedibile e scarso in quanto a carisma) rappresenti quanto di più vicino si sia ascoltato nel '900 all'estasi nourritiana. Gedda ci arrivava con l'intelligenza più che con la personalità. Per cui risulta appassionante all'ascolto, ma anche in parte superato.
Resta il fatto che Kunde e Gedda restano a tutt'oggi gli unici interpreti plausibili del ruolo.

L'edizione Chailly non mi esalta: e non solo per la gaglioffaggine da retrovia del libretto italiano in pieno 79 (tra l'altro si tratta di una traduzione orripilante) ma per tutto il senso di pompierismo maestoso ed esteriore che la permea.
Anche il cast a me non piace: benino Milnes, male tutti gli altri, almeno per me.

Il personaggio di Tell è strano: noi l'abbiamo assimilato (un po' goffamente) ai baritoni aulici successivi, i Seigneurs donizettiani e verdiani, per cui tendiamo a vederlo in bocca a paterni e regali baritoni "belcantistici".
In pratica non è così: la voce di dabadie fu definita dal grande intellettuale suo contemporaneo Ronteix "concordant" (ossia a metà tra il "basse-taille" che era il baritono e l'"haute-contre" che era il tenore).
Lo stesso Ronteix lo accusa di essere scarsamente rifinito come musicista e come cantante: lo accusa di essere retorico ed esteriore, assai poco "armonioso".
Lo prende addirittura a esempio del "gravissimo declino" del canto lirico ai suoi anni (stiamo parlando degli anni 30 dell'800). : King : : King :
Inoltre fa un malizioso riferimento alla sua recitazione particolarmente "fisica" (pare cioé che le signore apprezzassero i suoi muscoli delle braccia, che egli aveva cura di mettere in evidenza).
In sostanza era un baritono acuto, dal canto ben poco "belcantista", adatto a ruoli per nulla "paterni"e nobili, ma anzi aspri, sensuali, maneschi e popolani.
Non sorprende che un cantante per nulla belcantistico e per nulla vocalista come Hampson si sia ritagliato (ha ragione Enrico) un successo sensazionale nella parte.
Visto il problema da questo punto di vista, non è più tanto "strano" che la parte di Tell sia così "poco virtuosa"; anzi è logico (dato il creatore) che, pur essendo di rossini, si risolva in un canto aspro e sillabico.
In questo senso, la scelta di Bacquier non mi pare più tanto insensata.

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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda pbagnoli » dom 16 gen 2011, 19:25

MatMarazzi ha scritto: ...la parte di Tell sia non ci sembra più stranamente "poco virtuosa"; anzi è perfettamente normale che, pur essendo di Rossini, si risolva in un canto aspro e sillabico.
In questo senso, la scelta di Bacquier non mi pare più tanto insensata.

Hai ben ragione.
Infatti Tell si esprime attraverso una specie di protodeclamato, molto interessante dato l'autore; anche nel duetto del primo atto con Arnold, questi canta in modo molto tradizionale, mentre Tell declama.
Traduzione "canora" del suo essere un uomo di dura scorza, tutto d'un pezzo? Non so, ma è un aspetto che mi ha sempre affascinato.
Bacquier effettivamente non suona gradevole alle orecchie di chi cerca la bellezza dell'emissione, ma è estremamente funzionale a questo punto di vista; anche Milnes, a mio modo di vedere, lo è (ed è anche il più interessante di tutto il cast).
Invece Zancanaro dell'incisione di Muti è meno interessante.

Due parole su Gedda.
La mia impressione al riascolto di questi dischi è un po' controversa.
Da un lato penso che sia molto adeguato per un ruolo del genere (anche se penso che, ai nostri tempi, la perfezione in Arnold sia stata raggiunta da Chris Merritt); dall'altro credo che faccia più fatica del lecito. Non so perché. Sarà perché ho l'impressione che faccia maggiormente uso del registro di petto, anziché dell'emissione mista di testa che utilizzava per esempio nel Raoul degli Ugonotti?
Boh! Comunque, grande prova
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Riccardo » lun 17 gen 2011, 12:54

pbagnoli ha scritto:Inoltre fa un malizioso riferimento alla sua recitazione particolarmente "fisica" (pare cioé che le signore apprezzassero i suoi muscoli delle braccia, che egli aveva cura di mettere in evidenza).

Chissà se è un caso che Henri-Bernard Dabadie, primo Tell, tra le varie cose sia stato pure il creatore di Belcore per Donizetti... :D
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda MatMarazzi » lun 17 gen 2011, 13:23

Riccardo ha scritto:
pbagnoli ha scritto:Inoltre fa un malizioso riferimento alla sua recitazione particolarmente "fisica" (pare cioé che le signore apprezzassero i suoi muscoli delle braccia, che egli aveva cura di mettere in evidenza).

Chissà se è un caso che Henri-Bernard Dabadie, primo Tell, tra le varie cose sia stato pure il creatore di Belcore per Donizetti... :D


Altra parte che siamo soliti affidare a baritonini lirici, raffinati e ben educati, mentre dovrebbe essere il soldataccio tutto muscoli, dal piglio quasi tenorile.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Enrico » lun 17 gen 2011, 18:57

MatMarazzi ha scritto:Altra parte che siamo soliti affidare a baritonini lirici, raffinati e ben educati, mentre dovrebbe essere il soldataccio tutto muscoli, dal piglio quasi tenorile.
Salutoni,
Mat


Che? e Leo Nucci e Juan Pons nelle mille recite e registrazioni di Elisir al Met e altrove ti sembrano baritonini raffinati e ben educati?
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda MatMarazzi » lun 17 gen 2011, 19:20

Enrico ha scritto:
MatMarazzi ha scritto:Altra parte che siamo soliti affidare a baritonini lirici, raffinati e ben educati, mentre dovrebbe essere il soldataccio tutto muscoli, dal piglio quasi tenorile.
Salutoni,
Mat


Che? e Leo Nucci e Juan Pons nelle mille recite e registrazioni di Elisir al Met e altrove ti sembrano baritonini raffinati e ben educati?


eheheheh... hai ragione! :)
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Tucidide » gio 20 gen 2011, 0:17

Beh, nel bene e nel male è un'incisione storica, per la lingua francese, per l'integralità, per Gedda.
Anch'io, come Pietro, trovo Merritt un grande Arnoldo, per certi versi anche superiore a Gedda, di certo a Pavarotti (che comunque non mi dispiace). La Caballé fa una bellissima "Sombre forêt", poi mi sembra meno convincente della Freni, che a me piace moltissimo. Bacquier a me piace, e anch'io non lo trovo insensato nella parte di Guillaume.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Rodrigo » sab 22 gen 2011, 13:06

Concordo che in linea di principio il Tell di Chailly sia stata un'operazione di retrovia: un po' per la scelta dell'italiano, un po' per il cast, un po' per l'indirizzo impresso dalla bacchetta. Ma, all'interno di questo contesto, è per me un'edizione complessivamente ben riuscita.
Due parole sul Pavarotti-Arnoldo:il tenore modenese non è mai stato un fine interprete e nello specifico affronta la parte nell'ottica Duprez, ma proprio per questo ritengo che l'esito sia stato interessantissimo. Duprez ai suoi tempi compì una scelta discutibile dal punto di vista "filologico", ma di enorme successo presso il pubblico. In una prospettiva storica l'Arnoldo di Nourrit con le sue finezze di fraseggio e gli acuti in falsettone risultò da subito perdente rispetto all'Arnoldo (apocrifo) del rivale tutto squillo e forza perentoria. Ripeto: Duprez diede alla parte una connotazione certamente arbitraria, ma in prospettiva molto più ricca di sviluppi rispetto all'approccio del creatore del ruolo, approccio che in pratica si esaurì con lui fino ai nostri giorni. Quanti ruoli tenorili dell'Ottocento furono invece scritti avendo per modello l'Arnoldo di Rossini "rivisitato" da Duprez?
Pavarotti, con i suoi limiti congeniti di interprete, non avrebbe certo potuto (neppure volendo) rifarsi all'approccio di Nourritt, si accostò alla parte dell'ottica Duprez e lo fece - secondo me - con ottima aderenza a quello che a noi posteri sembra essere stata la sua cifra interpretativa e con una resa superiore alle prove di un Filippeschi o di un Raimondi. Non a caso uno dei ruoli prediletti da Pavarotti - prima della svolta nazionalpopolare - fu Edgardo della Lucia di Lammermoor scritto da Donizetti appositamente per Duprez.
Mat ha tempo fa espresso motivate riserve su Pavarotti come interprete dei grandi ruoli protoromantici; per quanto mi riguarda ritengo che i ruoli Duprez (e Arnoldo è in un certo senso una parte che rientra nella categoria) siano quanto di più vicino alle sue possibilità ed alla sua personalità.
Saluti.
Ultima modifica di Rodrigo il gio 27 gen 2011, 15:54, modificato 1 volta in totale.
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda teo.emme » sab 22 gen 2011, 14:19

Rodrigo ha scritto:Concordo che in linea di principio il Tell di Chailly sia stata un'operazione di retrovia: un po' per la scelta dell'italiano, un po' per il cast, un po' per l'indirizzo impresso dalla bacchetta...


Ma perché mai sarebbe operazione di retrovia? Retrovia rispetto a che? Cosa si faceva "altrove" con quest'opera, per dire che Chailly opta per scelte da "retrovia" culturale (odio quest'espressione in stile "Elvio Giudici")? Mi sembra un pregiudizio...ecco.

1) Scelta dell'italiano: sicuramente preferibile il francese, ma pure il più "chic" Riccardo Muti opta per l'italiano - con la foglia di fico di una risistemata al testo - tutti quelli che hanno affrontato il Tell l'hanno fatto in italiano. Solo Gardelli sceglie la lingua originale. Ora, logica vorrebbe che la parola "retrovia" indicasse una scelta retrograda rispetto ad un'evoluzione costante in altro senso: non vedo, però tutta questa massa di Tell in francese (negli anni '70/80), rispetto ai quali l'edizione DECCA figuri da retrovia...
2) Indirizzo della bacchetta: Chailly toglie alla partitura l'impeto risorgimental-verdiano con cui veniva eseguita solitamente, optando per una lettura "classica" senza indulgere in facili e scorrette suggestioni romantiche. Evita però il catatonico trattamento di Gardelli: corretto, ma grigio e anonimo nel suo compitare la partitura senza alcun guizzo. Chailly apre poi tutti i tagli di una partitura solitamente martoriata. Questa sarebbe retrovia? Integralità, interpretazione riportata al classicismo musicale, senso della costruzione, vitalità. Ripeto, se si usa la parola retrovia, bisognerebbe indicare dove si faceva in modo diverso.
3) Cast: Chailly sceglie un cast equilibrato, studiato sulle possibilità di reggere una scrittura del genere. In quest'ottica la scelta di Pavarotti è ideale (soprattutto coerente con l'edizione in italiano), e nel complesso assai preferibile a quella di Gardelli. Retrovia non è affidare Arnoldo ad un tenore da melodramma protoromantico (come io ritengo sia Pavarotti), quanto piuttosto l'utilizzo dei vari Bonissoli, Filippeschi e Raimondi, ossia coloro che avevano il personaggio in repertorio...
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda Tucidide » sab 22 gen 2011, 15:28

Se un'opera è stata autorizzata dall'autore in lingua diversa dall'originale, non mi pare scandaloso utilizzare la traduzione.

A proposito di Nourrit e Duprez alle prese con Arnoldo, mi sono sempre chiesto (domanda forse, anzi, senza dubbio sciocca) se il famoso e salace commento di Rossini alle prodezze di petto di Duprez («urlo di un cappone sgozzato») fosse dovuto solo alla stranezza del suono oppure, perché no?, ad un'effettiva bruttezza di quei suoni, allora pionieristici e sperimentali. In altre parole, adesso come adesso, i do di Duprez ci sembrerebbero belli, oppure concorderemmo con Rossini, abituati come siamo ai do di Kraus, di Pavarotti, di Filippeschi, di Raimondi, di Florez...?
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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda MatMarazzi » dom 23 gen 2011, 2:11

Rodrigo ha scritto: ritengo che i ruoli Duprez (e Arnoldo è in un certo senso una parte che rientra nella categoria) siano quanto di più vicino alle sue possibilità ed alla sua personalità..(ndr di Pavarotti)


Eppure, caro Rodrigo, Arnoldo non è un ruolo duprez.
Non lo è proprio come Norma non è un ruolo Burzio (anche se le Norme-Gioconda come lei hanno avuto una tradizione più lunga e fortunata - oltre un secolo e fino a oggi - di quella delle intepreti pastiane e belcantiste).
Quale che sia l'impatto sul pubblico delle coeve o future "varianti", un ruolo si porta comunque dietro il marchio non tanto di colui che l'ha creato, quanto - come in questo caso - di colui per le cui caratteristiche, per la cui personalità, per la cui voce, per la cui tecnica è stato scritto, voluto, pensato, elaborato parola dopo parola, nota dopo nota, da librettista e compositore.
Se anche non possedessimo la prova del disprezzo di rossini per la variante duprez in Arnould (prova che invece possediamo), la questione non cambierebbe.
Per quanto sia lecita ogni aberrazione rispetto alle note e al loro spirito (le leggi, si è detto tante volte, non appartengono all'arte e alla cultura), è pur sempre evidente che duprez e i suoi numerosissimi eredi non hanno servito lo spartito e il testo dell'opera bensì piegato alle loro caratteristiche, proprio come la Burzio, la Cigna e la dimitrova hanno fatto con Norma.

E non sto solo parlando della solita questione del falsetto (a cui d'altronde non ricorrevano nemmeno Gedda e Kunde): il vero problema è che i tenori alla duprez (con la forza delle loro maledizioni, delle loro invettive, del loro eroismo pret à porter) non potevano nemmeno sognarsi di ricreare quell'abisso di tormento byroniano, quella vertigine romantica, quel fremito di grandezza intellettuale e solitudine esistenziale che erano racchiusi nei suoni scuri, baritonali, morbidissimi, a volte aspri a volte disarmati di Nourrit... suoni che Rossini aveva ben impressi nella sua testa mentre scriveva ogni nota del personaggio.

Pavarotti è meglio di Filippeschi? Vero! E questo lo assolverebbe?
Assolve la Cigna il fatto che la Souliotis fosse una Norma peggiore?
Il problema sta nel fatto che il personaggio di Arnould è stato per un lunghissimo periodo tradito nella sua vera dimensione vocale e drammatica, ricondotto a un figurino borghese di eroismo e patriottismo da feuilletton... che non gli appartiene.
Pavarotti per altro non riscatta il "tradimento" con una qualche geniale rilettura (come i vari Vinay, del monaco e Vickers fecero col "tradimento" di Otello, quello sì un ruolo alla duprez). Anche in questo Tell resta il solito Pavarotti, incerto ritmicamente, scarsamente consapevole di quel che dice (nonostante l'orrida traduzione in italiano che avrebbe dovuto favorirlo), povero nella dinamico e spaventosamente prosaico...
Se ottica "duprez" deve essere (e per me semplicemente "non deve") allora teniamoci i frammenti di Slezak e di Lauri Volpi, molto più interessanti...

Quanto alla questione della traduzione, veniamo a Teo.emme.

Ma perché mai sarebbe operazione di retrovia? Retrovia rispetto a che? Cosa si faceva "altrove" con quest'opera, per dire che Chailly opta per scelte da "retrovia" culturale (odio quest'espressione in stile "Elvio Giudici")? Mi sembra un pregiudizio...ecco.


Il fatto che Giudici abbia un italiano particolarmente ricco e colorato (anche troppo alle volte) è vero! :) Che abbia introdotto espressioni nuove e particolarmente "icastiche" (molte delle quali, per altro, hanno fatto scuola) è pure vero.
Ma da questo a attribuirgli la paternità di un'espressione diffusissima e di uso comune come "retrovia culturale"... e per questo arrivare a odiare tale espressione (e perché poi? :shock: :shock: ) mi pare esagerato! :)

A proposito del concetto di "retrovia", proprio tu - parlando in altro thread dei compositori "artigiani" del medio e secondo 800 italiano - ne hai offerto una più che corretta definizione.

Il teatro musicale era fatto di convenzioni che si ripetevano uguali da decenni, tanto che nel 1850 si potevano ancora sentire opere di matrice rossiniana con recitativi al cembalo. Tali convenzioni hanno di fatto impedito uno sviluppo più rapido (i più grandi andavano in Francia, per liberarsi dai lacci e lacciuoli imposti dalla tradizione e necessari affinché il pubblico gradisse...), e hanno creato uno stuolo infinito di artigiani delle 7 note, di cui solo una minima parte ambiva a velleità artistiche. Le convenzioni hanno certamente garantito una generale piacevolezza di genere, ma hanno sclerotizzato quel mondo. La maggior parte di quei lavori era finalizzato ad esporre le virtù dei divi, e funzionano (o meglio "meravigliano") solo laddove l'interprete sia all'altezza di superare le enormi difficoltà di quelle parti (scritte per i più grandi cantanti dell'epoca).


Ecco, trasportiamo le tue osservazioni e le tue critiche dai palcoscenici italiani ottocenteschi agli studi della decca nel 1979 e le possiamo riproporre di sana pianta per il Guillaume Tell (scusa se lo chiamo come lo ha chiamato Rossini, in francese...).
Tu ti chiedi quanti Tell circolassero all'epoca in lingua originale.
Certo non molti. Le tradizioni infatti (proprio come tu hai scritto nel passaggio testé citato) sono dure a morire anche quando ...sono moribonde.
Spesso si faceva il Tell in italiano anche negli anni 70 e addirittura 80, proprio come nel 1850 sopravvivevano in certe opere italiane i recitativi secchi.
Ma questo non toglie che nel 1850 (in tutto il mondo e persino in Italia) la tendenza non era più quella dei recitativi secchi.
Chi li praticava era retrovia .
Allo stesso modo, nel 1979 la tendenza in atto - da almeno un trentennio - era quella di recuperare la lingua originale per ogni opera: non si eseguivano più le opere tedesche in italiano o quelle italiane in tedesco...
e questo specialmente nel caso del prodotto discografico, che aveva ambizioni più universali che non il singolo teatro.
Lo dimostra il fatto che... proprio la precedente edizione del Guillaume Tell (quella di Gardelli appunto) era in francese.

Ora, logica vorrebbe che la parola "retrovia" indicasse una scelta retrograda rispetto ad un'evoluzione costante in altro senso

ehehehe... Ottimo questo tuo richiamo alla logica!
Per la stessa ragione ti invito a osservare che incidere un'opera nel 1979 per una grande multinazionale del disco non nella lingua in cui fu composta, ma nella traduzione delle più assurde consuetudini teatrali (ed evidentemente con nessun altro scopo se non quello di favorire "un divo" che - oltre a non conoscere il solfeggio - non conosceva nemmeno il francese) era proprio una scelta "retrograda rispetto a un'evoluzione costante in altro senso": l'evoluzione in atto era infatti indiscutibilmente quella di recuperare la lingua originale per ogni repertorio; o meglio di riconnettere i suoni di una partitura alle parole esatte per cui quei suoni erano stati pensati e scritti.
Che quella fosse la tendenza in atto - se ce ne fosse ancora bisogno - lo dimostra anche il fatto che pochi anni dopo (ossia oggi) il Tell in italiano non lo fa quasi più nessuno.

pure il più "chic" Riccardo Muti opta per l'italiano - con la foglia di fico di una risistemata al testo - tutti quelli che hanno affrontato il Tell l'hanno fatto in italiano.


Personalmente non ho mai affermato che Muti fosse più "chic" di Chailly...
E nemmeno che fosse più "avanzato" filologicamente..
sai, io purtroppo sono abbastanza vecchio... abbastanza da essere potuto andare alla Scala per sentire il Tell di Muti; in quella occasione già ero fra i tanti che si scandalizzarono per la scelta della lingua italiana. Anzi le polemiche furono tali in quell'occasione che Muti dovette persino giustificarsi sulla stampa prima della recita: ebbe a dire che non si poteva imporre ai professori del coro l'imponente e massacrante studio di quest'opera in lingua francese!
Per fortuna lo stesso Muti si arrese, qualche anno dopo, all'avanzare dei tempi, in occasione del Moise (anche se trovò il modo di compiere scelleratezze filologiche pure in quell'occasione).
Il fatto che Muti portasse avanti a sua volta (come ha sempre fatto) scelte di retrovia, non assolve però Chailly dalla stessa accusa! :)
Semmai l'unica differenza - questo lo dico a titolo personale - è che Muti... era assai più bravo di Chailly... e il suo Tell (benché in Italiano) assai più bello.




2) Indirizzo della bacchetta: Chailly toglie alla partitura l'impeto risorgimental-verdiano con cui veniva eseguita solitamente, optando per una lettura "classica" senza indulgere in facili e scorrette suggestioni romantiche.


A te pare così?
A me no.
A me pare che le suggestioni romantiche (per nulla facili e per nulla scorrette) nella partitura ci siano eccome.
Solo che Chailly, come al suo solito, non sa renderle. Sa unicamente gonfiare l'effettismo, pompare il dettaglio perdendo di vista la prospettiva drammaturgica e culturale dell'opera. Nonostante la brillantezza da vetrina "operistica" con cui Chailly tradisce la dimensione notturna e il vasto respiro tipicamente francese che Rossini ha impresso alla sua musica, l'effetto che si prova è quello di un impianto sconnesso e facilmente noioso, proprio per la sua deprimente superficialità.
Il "corretto" Gardelli - che in quest'opera non tocca certo il vertice della sua carriera discografica - sa comunque innervare molte pagine, specie al secondo atto, di una consapevolezza poetica che al povero Chailly (e non solo in Rossini) è spesso mancata.

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Re: Guillaume Tell Gardelli

Messaggioda pbagnoli » lun 24 gen 2011, 16:14

Tucidide ha scritto:Se un'opera è stata autorizzata dall'autore in lingua diversa dall'originale, non mi pare scandaloso utilizzare la traduzione.

Può essere, Alberto.
Ma qui ha clamorosamente ragione Matteo: la traduzione ritmica italiana è un cesso fatto e finito.
Quando Muti nel 1988 propose Guglielmo Tell in italiano per l'inaugurazione della Scala (e l'anno dopo i Vespri siciliani, sempre in italiano!!!) fummo in molti a scandalizzarci.
Lui poi ci ripagò con una lettura incandescente e... con Merritt (ma so che qui Matteo non è d'accordo con me), ma quella della lingua era una zeppa non da ridere.
Poi l'Autore autorizzò la lingua alternativa ai tempi; adesso, secondo me, non ha più nessun senso
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