pbagnoli ha scritto:Ho aggiunto qualche pensiero supplementare che vi ho postato
qui.
E' un po' una
lenzuolata - come dice il nostro Maugham - ma mi piacerebbe se gli deste un'occhiata lo stesso.
Le considerazioni di Maugham mi hanno ovviamente indotto a riflettere con attenzione: lui è sempre convincente e argomenta sempre benissimo le proprie idee.
E tuttavia...
Mah, non so
Caro Pietro,
ho letto la tua lenzuolata. E come sempre l'ho trovata convincente e argomentata.
Le mie perplessità, almeno in prima battuta, prescindevano però da una valutazione dettagliata.
Operadisc è sempre stata piuttosto critica nei confronti della gestione Lissner. Giustamente ne ha sottolineato le mancavolezze e i provincialismi e soprattutto ha sempre cercato di smontare tutte le costruzioni mediatiche e promozionali messe in piedi per difendere produzioni a volte scadenti a volte semplicemente già viste da altre parti e spacciate per novità assolute.
Però Operadisc sa anche riconoscere quando le cose girano diversamente. Di poco, ma girano.
Senza dubbio questa Walkiria non sarà di quelle da mandare a mente e nella storia dell'Opera magari guadagnerà soltanto l'onore di una nota a piè di pagina. Però, a differenza di altre inaugurazioni, non è stato di certo uno spettacolo privinciale, terzomondista, da quattro soldi.
Siamo davvero molto lontani dalla Carmen dell'anno scorso (che doveva essere un evento epocale) e invece è stata solo la Carmen di Kaufmann tra l'altro sottotono rispetto sia a Londra che a Zurigo.
Questa è stata una Walkiria di livello medio ma che, a differenza di altre produzioni scaligere, poteva benissimo non sfigurare in un cartellone d'opera di qualsiasi grande piazza internazionale.
Certo, la regia. Un buco nero di dilettantismo sia a livello tecnico che contenutistico, zeppa di simbolini da scuola serale, fuorviante nella drammaturgia (non vi dico le controscene della Stemme durante Als junger liebe), statica nella gestione dei cantanti, sfilacciata persino nell'effetto.
Musicalmente (è già separare le cose mi innervosisce in Wagner) eravamo su un altro livello.
A cominciare dalla Stemme, che è stata semplicemente una grande -a volte grandissima- Brunnhilde. Tu Pietro la definisci fuori parte e, ti sono sincero, anch'io prima di sentirla lo pensavo. Ma mi è bastato l'attacco dell'Annuncio di Morte per sorvolare su qualsiasi remora. Distacca le attuali colleghe senza mezze misure; appassionata, magnetica, vocalmente sicura sia in alto che in basso, capace di un finale che, saranno anche impressioni personali, me la fanno mettere di poco al di sotto della mia amatissima Varnay. Al suo confronto la Nilsson era un surgelato. E che la Scala ci abbia dato un artista del genere, onestamente, mi sembra giusto riconoscerlo. Non è però un debutto, è vero.
Vorrei ricordarti che a Vienna c'era la Johannson alternata alla Bullock, a Mannheim Caroline Whisnant, ad Hannover nel nuovo allestimento di Barrie Kosky c'era Brigitte Hahn a Los Angeles e Bayreuth la Watson a Parigi la Daylaman, a Berlino nello stesso allestimento della Scala ci sarà la Theorin (e non la Stemme), al Met la Voigt
... insomma, sono queste le wagneriane su piazza e, tolta l'Herlitzius di Dresda -che io ho sentito nel ruolo un sacco di anni fa e non so come sia messa- non trovo qualcuna che possa solleticare il mio interesse quanto la signora scaligera.
La Meier. Ok, l'abbiamo sentita in tutte le salse e io stesso -da Meieriano convinto- ero rimasto un po' perplesso dalla sua Isolde. Qui, lo ammetto, in alcuni punti sono davvero trasecolato. Certo, è una grandissima e riesce per virtù propria a tirare fuoria sangue da quella rapa di regista che è Cassiers, ma ti assicuro che mi sembrava di sentirla per la prima volta. Riascolta cosa riesce a tirare fuori, nel terz'atto da "Nicht sehre dich Sorge" in avanti. Basterebbe solo quel pezzo per metterla sullo scaffale dei wagneriani doc. Quel pezzo è esattamente l'esplicazione di quello che io, ma penso anche tu e Mat, intendiamo per declamato.
Certo, lo sapevamo già da un pezzo che la Meier è una grande Sieglinde. E' vero.
Vitalij Kowaljow. Certo, un Wotan immaturo e noiosino. Però, per i vocalisti wagneriani -un ossimoro, non c'è che dire- sicuro negli acuti, musicale e morbidissimo. Comunque vorrei ricordarti il Titus di Bayreuth (ne dico uno a caso e potrei aggiungere che non è che con il Dohmen di quest'anno fossimo messi molto meglio) prima di definire "provinciale" questa prova. A te il cosiddetto Wagner internazionale -e che io chiamo d'esportazione- non piace. Kowaljow è su questa strada. E tra pco lo sentiremo in tutte la salse. Tipo Uusitalo.
Il tenore? Taccio.
Barenboim mi è sembrato meno sbrodoloso del solito, scatenato nel guazzabiglio delle Walkirie al terz'atto, hollywoodiano nell'Addio di Wotan, e l'orchestra ha suonato benissimo.
Voglio dire... ho visto e sentito molto di peggio sia in Italia che all'estero.
Che poi questo non sposti di una virgola tutto quello che tu, Mat e Teo sostenete sulla gestione Scala è ovvio.
Ma questa volta la Scala non ha inaugurato in ciabatte.
Almeno, io la penso così.
WSM