pbagnoli ha scritto:Sto riascoltando (scopo recensione) il suo disco di arie di Offenbach: contrariamente alla prima impressione, lo trovo delizioso ma sempre con un fondo di mancanza di vero abbandono, di credibilità.
Non l'ho mai sentita dal vivo, ma è una cantante che adoro.
Vogliamo parlarne?
Ho sentito dal vivo la Von Otter spessissimo: ho tanti dei suoi dischi.
Bravissima o modestissima?
Per molti anni è stata un mistero per me.
La prima volta dal vivo fu per un magnifico concerto a Ferrara (con Gardiner), dove fu splendida nelle Nuits d'été e non speciale nelle arie di Haendel.
Poi la ...vidi in un'Ariodante a Parigi (che è meglio dimenticare), in un travolgente concerto alla Scala (dove fece di tutto: da Handel a Kurt Weill), poi nel Capriccio di Strauss a Parigi(Clairon), poi nel canto della terra di Mahler a Monaco con Levine, poi nell'Incoronazione di Poppea a Parigi (dirigeva Jacobs, la regia era di McVicar e Nerone era - per la prima volta - la Antonacci).
L'ho sentita persino a Stoccolma come Concepcion dell'Ora Spagnola e recentissimamente di nuovo a Ferrara in un concerto-cretinata diretto Daniel Harding che si intitolava "something stupid" (e io aggiungerei "very stupid"). Era un concerto di canzoni dell'epoca di Berlin e di Porter: in questo repertorio da diva del musical anni ’30-40 la Von Otter è superba, come dimostra anche il disco dedicato a Kurt Weill (con Gardiner) "Speak low".
Di dischi ne ho tantissimi: fra le opere citerò l’Incoronazione con Gardiner, l’Iphigenie en Aulide, il Castello di Barbablù, il Rosenkavalier, ecc…
La voce è piccola, piccola. Senza alcuna vibrazione e lucentezza. Non ha potenza, non ho slancio, non ha alcuno squillo.
In effetti il suo timbro ricorda più le declamatrici che le vocaliste, tanto è aperta e legnosa l’emissione, ma appartiene a quelle declamatrici specializzate nel "sussurro".
Quando canta piano, infatti, ti si aprono degli orizzonti incredibili: la voce assume striature e colori celestiali, i pianissimi hanno qualcosa di talmente seducente, umano e provocante da renderti schiavo.
Come interprete è carismatica, elaboratissima ma anche fredda: non ha la più vaga idea di cosa sia la femminilità (anzi, semmai c’è qualcosa di scostante e androgino in lei) eppure è bellissima, bionda, alta, con due occhi ammalianti.
Come musicista è infallibile; alle volte però hai la sensazione che non si lasci andare e che affronti la musica più con la caparbietà sprezzante della grande professionista che con la voglia di emozionare.
Insomma, è un miscuglio di cose talmente diverse che mi ci è voluto un po’ per capirla.
Indubbiamente è una grande artista, ma anche incurabilmente fredda come quella Scandinavia da cui viene.
Se la conosci un po', ti rendi conto che nasconde una certa timidezza, un bisogno di non svelarsi, dietro la apparenza severa.
Per essere "grande" ha bisogno di personaggi “finti”, convenzionali e manierati.
Solo con questo tipo di ruoli diventerà sincera anche lei: vi metterà una sorvegliatissima ma pur sempre penetrante inquietudine.
Come dicevo sopra ha - proprio come la Schwarzkopf - il limite di non convincere nei ruoli più umani; in compenso sa umanizzare quelli che (come lei) si nascondono dietro alle maschere. Se deve fare la moglie bellissima e algida (ma che non sa amare), la diva d'altri tempi, allora riesce persino a essere sensuale: è splendida anche quando canta Diamond di Marilyn Monroe. Ma è una sensualità distante, costruita su mosse, sguardi e manierismi talmente lontani da noi, da divenire più museale che eccitante.
Vederla in Ottavia della Coronazione di Poppea è stata un’esperienza metafisica; anche visivamente era scioccante: bionda, chiccosissima, glamorous, all'ultima moda, piena di gioielli sobri e miliardari, impegnata a nascondere la solitudine e il vuoto che sono in lei dietro al sapiente maquillage, indecifrabile e apparentemente invulnerabile come una Nicole Kidmann di oggi, consapevole di essere – al confronto della gioventù spensierata di Poppea – un ghiacciolo di buone maniere e alta società.
La sua Ottavia che non sorride, che non guarda nemmeno i piccoli esseri che popolano il suo raffinatissimo salotto, che volge davanti a se i suoi grandi occhi tristi e freddi, finemente ombreggiati d'azzurro, resterà uno dei più grandi ricordi della mia vita.
Vorrei tanto vederla come Didone di Purcell...
Fra pochi mesi mi consolerò sentendola nella Didone di Berlioz.
Il personaggio della Regina di Cartagine mi sembra l'incarnazione ideale del suo essere, la sintesi perfetta della sua arte: una donna terribilmente a disagio fra il suo ruolo di monumento politico-matriarcale e i furori scomposti e infantili di amante.
Fra i suoi dischi ne consiglierei uno che mi pare grandioso: i lieder di Grieg.
Lì la Von Otter esalta il suo manierismo distillato e, di specchio in specchio, lo rende vero.
Salutoni,
Matteo