Caro Rodrigo,
sia pure in ritardo voglio dire la mia su questo bellissimo thread (evitando accuratamente devianze culinarie e volgari approssimazioni da milanesi gnuranti).
Concordo anzitutto sulla tua ironia nei confronti dei "loggionisti esperti" (e sempre più sdentati a causa dell'età), per cui l'accento verdiano è anzitutto l'esigenza di sentire suoni confortevoli e già sentiti.
Concordo anche sulla tua (e non solo tua) perplessità nei confronti di qualsiasi crisma di oggettività che si possa apporre al canto verdiano e alla sua storia complessa e contraddittoria.
Esistono però alcuni elementi oggettivi, dati dalla scrittura e dai problemi che pone e su questo sono d'accordo tanto con te, quanto con Maugham.
Si può fare un Verdi meraviglioso anche forzandone la scrittura (penso al Radames di Vickers) o pessimo pur con tutte le caratteristiche giuste (qualsiasi cosa della Cossotto

).
E nondimeno alcuni elementi "a priori" nella scrittura ci sono.
Tanto per dire, che la scrittura di Verdi sia vocalistica è vero e troppo vero per essere messo in discussione.
Con tutto l'affetto per la Stemme (citata da Pietro) e la convinzione che in certi ruoli verdiani avrebbe moltissimo da dire (Desdemona, Elisabetta di Valois...), non potrei riconoscere nel suo un canto autenticamente verdiano.
La sua Forza del Destino, a mio gusto, resta inifnitamente migliore di quella della Tebaldi, e non di meno la Tebaldi era più appropriata (molto di più) della Stemme.
Il vocalismo è la prima tappa verso i ruoli di Verdi. Ma non si tratta di un vocalismo generico.
Ci sono problemi in Verdi che non tutti i cantanti vocalistici potrebbero affrontare.
Ad esempio il martellamento della parola, anzi della sillaba, furioso e (secondo i contemporanei) distruttivo e volgare.
Questo aspetto rientra fra i tanti aspetti rivoluzionari del rapporto Verdi-Piave e soprattutto spiega perché alcuni declamatori o simil-declamatori (Vinay, Del Monaco, Vickers, Bastianini, ecc..) si sono talvolta ricavati un grande spazio - sia pure discusso e discutibile - nei personaggi di Verdi.
Diciamo allora che se si possiede un vocalismo dinamico sì, ma più percussivo che virtuoso, si è favoriti nel cantare Verdi (la Tebaldi è un buon esempio, ma per certi versi anche la Price, Bergonzi, ecc...)
Infine c'è il discorso del "colorismo" (sia pure embrionale) che Verdi ricavò dal Donizetti maturo e che Celletti e i cellettiani non considerano punto.
Un belliniano (pur essendo vocalista) fatica a star dietro a Verdi in genere perché l'omogeneità del flusso sonoro viene rimpiazzato da un linea spezzata e franta nei colori: sono i colori che devono alimentare tanto le parole quanto le melodie (che altrimenti suonano sciocche e da "organetto") e dar loro senso anche in rapporto all'organico orchestrale.
questo spiega perché una Sutherland risultava grandiosa in "Qual cor tradisti" e noiosissima in "Addio del passato".
Infine io non considero tanto la questione del "peso" vocale. Però per molti ascoltatori è un problema anche quello.
In teoria una Tebaldi, un Corelli, un Milnes e una Simionato possedevano tutte queste caratteristiche: vocalismo, percussività sillabica, colorismo, peso sonoro. Però alla fine non mi persuadono.
Me ne faccio poco del "canto verdiano" se i risultati non sono comunque grandi prove espressive.
Vicinissimi all'ideale sono poi quegli strani vocalisti-declamatori fioriti in Germania fra gli anni 10 e 40, a cui si devono - ancora oggi - alcune delle più complete definizioni verdiane che sia possibile sentire, anche perchè erano musicisti e interpreti ben superiori ai nostri.
Infine voglio ricordare una delle mie "protette"

La Gencer (specie della prima maniera) incarnava per me una realizzazione quasi perfetta di ciò che mi pare reclami Verdi: dinamica, esaltazione della parola, senso del chiaroscuro... tutto rientrava nel suo bagaglio, per non parlare di intuizioni espressive da grandissima artista.
Solo i sostenitori del volume la guardavano con sufficienza.
Con lei un recitativo (ad esempio "Lida, Lida, ove fuggi" della Battaglia di Legnano) valeva più di dieci arie perfettamente distillate da Bergonzi o dalla Tebaldi.
OVVIAMENTE a mio gusto!
Saltuoni,
Mat