Orlando (Handel)

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Orlando (Handel)

Messaggioda MatMarazzi » gio 07 ott 2010, 12:09

Alcune incisioni famose di Orlando.

I PIONIERI

1963 – registrazione radiofonica
Direttore Arnold Goldsbrough
Orlando - Janet Baker
Angelica - April Cantelo
Medoro - Pamela Bowden
Dorinda - Heather Harper
Zoroastro - Stanislav Pieczora
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1970 - in studio
Direttore Stephen Simon
Orlando - Sofia Steffan
Angelica - Graziella Sciutti
Medoro - Bernadette Greevy
Dorinda - Carole Bogard
Zoroastro - Marius Rintzler
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1985 – live
Direttore Charles Mackerras
Orlando - Marilyn Horne
Angelica - Lella Cuberli
Medoro - Jeffrey Gall
Dorinda - Adelina Scarabelli
Zoroastro - Giorgio Surjan


I FILOLOGI
1989-90 – in studio
Direttore Christopher Hogwood
Orlando - James Bowman
Angelica - Arleen Augér
Medoro - Catherine Robbin
Dorinda - Emma Kirkby
Zoroastro - David Thomas
------------------------------------------------------------------
1996 – in studio
Direttore William Christie
Orlando - Patricia Bardon
Angelica - Rosemary Joshua
Medoro - Hilary Summers
Dorinda - Rose Mannion
Zoroastro - Harry van der Kamp
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2003 - live
Direttore Bernard Labadie
Orlando - Bejun Mehta
Angelica - Joyce Guyer
Medoro - Michael Maniaci
Dorinda - Christine Brandes
Zoroastro - David Pittsinger
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2005 - live
Direttore Antony Walker - 2005(LI)
Orlando - Bejun Mehta
Angelica - Amy Burton
Medoro - Matthew White
Dorinda - Jennifer Aylmer
Zoroastro - David Pittsinger
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2007 – Live ufficiale (VIDEO)
Direttore William Christie
Regia: Jens-Daniel Herzog
Orlando - Marjana Mijanovic
Angelica - Martina Janková
Medoro - Katharina Peetz
Dorinda - Christina Clark
Zoroastro - Konstantin Wolff
------------------------------------------------------------------
2008 - live
Direttore Jean-Claude Malgoire - 2008(LI)
Orlando - Christophe Dumaux
Angelica - Elena de la Merced
Medoro - Jean Michel Fumas
Dorinda - Yvette Bonner
Zoroastro - Alaine Buet
------------------------------------------------------------------
2008 – live
Direttore Nicholas McGegan
Orlando - William Towers
Angelica - Dominique Labelle
Medoro - Diana Moore
Dorinda - Susanne Ryden
Zoroastro - Wolf Matthias Friedrich


Eccovi una lista delle principali registrazioni dell'Orlando, suggestivo capolavoro "ariostesco" di Handel.
Non ho sentito tutte le registrazioni che ho citato, ovviamente, però abbastanza da trarne qualche sintesi.

ORLANDO.
Abbiamo recentemente parlato del Senesino a proposito di David Daniels.
Esattamente come il Giulio Cesare, questa parte non-amorosa descrive perfettamente i pregi e i limiti del famoso contraltista haendeliano.
Limiti di vivacità teatrale (abilmente surrogati da Handel in parti poco eroiche e poco amorose, ma estremamente autorevoli, maestose, di calda umanità); limiti di registro acuto (le parti sono veramente basse anche per un contralto, tanto che le interpreti femminili vi si trovano quasi sempre in aperto disagio). In compenso tutto nella scrittura dipanata e affascinante, nell'uso della melodia, ci testimonia il vero pregio del Senesino: una bellezza di suono che travolge e conquista nella sua maestosità e pacatezza).

Difficilmente le contralto donne vi fanno bella figura. Ci sarebbe voluta la Ferrier!!
Il fatto è che la Baker è spostata verso l'acuto e troppo disomogenea; la Horne è abbastanza declinante, funziona ancora bene nelle grandi volute melodiche e le agilità sono abbastanza pulite; peccato per l'accento caricaturale lontanissimo dal vero mondo del Senesino.
Le cose non migliorano con la Mijanovic (che ha finalmente l'estensione giusta e la giusta eleganza, ma pena disperatamente nella scrittura virtuosa: Handel non è per lei, lo capisca una buona volta), nè con la Bardon che è notevolissima come espressione e sensibilità intepretativa, e così pure come vocalità, ma soffre a sua volta delle tessiture bassissime.
Insomma... l'ideale sarebbe che, quando risorgeranno i tenori che passano in falsetto all'acuto, ai quali affideremo la definitiva rinascita del repertorio tenorile pre-romantico, affidassimo a essi il repertorio del senesino.

Al momento dobbiamo accontentarci dei controtenori.
Però anche fra loro le soddisfazioni sono scarse.
L'immenso Mehta è quello che ci si avvicina di più, ma - soffrendo anche lui la bassa scrittura - altera la tonalità, si ritrova chioccio in alto e non comunica alcuna nobilità anti-eroica.
Dumaux è virtuoso, canta in tono e si fa rispettare: ma è veramente troppo "sopranile" come colore e poco perentorio.
Il povero Bowman avrebbe dovuto tenersi alla larga dai ruoli del senesino, specie a fine carriera: gli vengono bene solo le pagine liriche ma nelle agilità fa i gargarismi.
Resterebbe Daniels, in teoria il miglior senesiniano degli ultimi anni, che però non ha mai affrontato il ruolo (che io sappia) probabilmente spaventato da quelle agilità veloci che - obbiettivamente - non sono il suo forte.

Eccovi qualche esempio tratto da Youtube di "Fammi Combattere"

Questa è la bravissima Anne Hallemberg


Questa è Vivica Genaux, a sua volta meritoria


Ed ecco Bejuin Mehta


E infine una curiosità: il giovane Martin Oro. So anche io che è una prestazione globablmente pessima: il tipo stonacchia più che volentieri,non è affatto un fulmine nelle agilità e la sua musicalità lascia molto a desiderare (non consideriamo poi la presenza scenica).
E tuttavia come timbro e facilità nei gravi pare avvicinarsi abbastanza all'idea che possiamo avere del senesino. Non sarebbe male che si concentrasse di più per mettere a posto ciò che non va, perché potremmo avere un ottimo senesiniano in lui.
Che ne dite?


Salutoni,
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda teo.emme » sab 09 ott 2010, 3:31

Premetto che reputo i controtenori (quale surrogato dei castrati) una grave scorrettezza filologica in Handel, il quale non faceva mistero di non gradirne la voce e - qualora non disponesse di essi - li sostituiva sempre con cantanti donne. La voce del Senesino è tramandata come "da contralto, potente, chiara, uniforme e dolce, con un'intonazione perfetta e una vibrazione eccellente", mi sembra, dunque, poco adatta (anche a voler forzare la filologia) a timbri controtenorili che, faticano nell'emissione di petto, soprattutto nelle agilità e nel canto di forza.
Ritengo che la miglior esecuzione dell'Orlando (almeno di alcune arie - purtroppo non credo abbia mai eseguito l'opera integralmente), sia quella di Ewa Podles: cantanta assai sottovalutata dalla critica e colpevolmente ignorata dalla discografia. Che ne pensate?
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Aristecmo » sab 09 ott 2010, 10:01

Buongiorno a tutti!

La Podles è un Orlando di primissima categoria (esiste un Live completo del 1995, purtroppo diretto da un McGegan al solito privo di nerbo), e ha il vantaggio di essere completamente padrona della tessitura. Nel disco in studio fa delle variazioni a mio parere bruttarelle e comincia a rimarcare troppo quel registro di petto sconnesso dal resto della voce (ben diverso dall'emissione immascherata caratteristica della Horne). Però ad oggi la sua prova rimane, nel complesso, la più convincente.

Marilyn Horne è convincente a Venezia, molto meno nella recita live americana dell'anno successivo. La tessitura è decisamente grave per lei, e, pur sempre immascherato e ben emesso, il suo registro mediograve costantemente in odore di belting rasenta la caricatura.

Quanto ai controtenori non saprei... L'impostazione ideologica non m'interessa, e nemmeno tanto la filologia esecutiva (importatissima invece è per me la filologia del testo musicale). Che Handel odiasse i controtenori non mi sembra un dato acquisito da fonti documentarie e storiche: è un assunto che spesso circola tra i detrattori di questo tipo di voci, ma che non ho mai trovato corroborato da citazioni pertinenti. Che non li usasse in assenza di castrati è, invece, un dato di fatto. Come cantassero i controtenori del sec. XVIII non ci è dato sapere. Va aggiunto che parti molto belle di oratori handeliani, quali David nel Saul o Athamas nella Semele furono composte per falsettisti, e senz'altro hanno un carattere diverso dai grandi personaggi eroici dei melodrammi, ma, specie nel caso del primo, sono comunque ruoli di primo piano. Probabilmente i controtenori dell'epoca, educati e operanti in cantorie ecclesiastiche, non avevano diritto, o interesse, ad ambire alla carriera teatrale. Oppure, data il carattere fortemente classificatorio dei generi musicali e teatrali di quell'epoca, la loro presenza era a priori esclusa dalla distribuzione dei ruoli melodrammatici. Che anche il soprano o contralto femmina fosse un surrogato del castrato è dimostrato dal fatto che l'impiego di cantatrici in ruoli originariamente destinati a castrati è riscontrabile soltanto nei revival minori (Rinaldo, nella revival del 1713) ; altro discorso vale per le parti en travesti nate come tali sin dal debutto dell'opera (la prima versione di Radamisto, il ruolo di Sesto nel Giulio Cesare ecc.).

Il discrimine quindi secondo me sta da una parte nella capacità esecutiva e dall'altra nel gusto individuale e comune. Secondo me non si è ancora sentito un Orlando convincente cantato da un controtenore. Ma non potrei escludere che questo possa accadere un giorno.

La voce di castrato è stata così differentemente descritta che la stessa idea che possiamo trarne è frutto di selezione soggettiva delle fonti e opera di estrapolazione speculativa. Le solite incisioni di Moreschi danno un'idea molto sommaria della voce del castrato, nei suoi aspetti fisiologici se vogliamo, ma risentono dei limiti del supporto tecnico e soprattutto della lontananza del periodo in cui sono state effettuate, rispetto al momento di massima espansione del fenomeno. Moreschi canta, nei limiti del suo ruolo di cantore di cappella, con un gusto che potrei definire "verista da salotto". La sua voce sembra in sostanza quella di un signora post-menopausa. Tanto accento, nella questione sui castrati, è stato posto attorno alla questione della privazione di ormoni androgeni derivante da castrazione, ma forse non abbastanza sugli effetti degli ormoni femminili sulla voce umana. Qui sta una differenza cardinale tra quella che poteva essere la voce di un castrato, e quella che è la voce di una donna in età fertile: la voce di castrato non diventa "femminile" perché "non maschile" (pregiudizio questo risalente all'equazione mai abbastanza superata riassumibile in femmina = non maschio). Ma questo discorso è più che vagamente OT, e qui mi fermo.

Orlando, ad ogni modo, è secondo me un'opera straordinariamente bella, e rappresenta, per motivi di omogeneità strutturale, d'innovazione musicale e di ricchezza melodica, il momento più alto della produzione handeliana in ambito teatrale.
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda VGobbi » sab 09 ott 2010, 11:01

Io eliminerei il barocco, non solo i controtenori ... :cry:
Nemmeno noi siamo d'accordo con il gobbo, ma il gobbo è essenziale! Guai se non ci fosse!
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda MatMarazzi » sab 09 ott 2010, 11:02

Caro Aristecmo,
intanto grazie della splendida sintesi, per altro di stimolo a molte riflessioni.
Io non mi spingo a considerare l'Orlando il momento più alto di Handel in ambito teatrale, ma qui, si sa, agiscono i gusti, le personali prospettive.
La mia preferenza va tutta verso la produzione oratoriale inglese (che tu, a rigore, potresti anche non considerare teatrale, tutto sta a intendersi).
Non di meno amo molto quest'opera che mi accingo, con vera emozione, a sentire nella nuova produzione di David Mc Vicar, con la direzione di Emmanuelle Haim, fra pochi giorni nel nord della Francia.
Vi saprò dire...

Aristecmo ha scritto:La Podles è un Orlando di primissima categoria (esiste un Live completo del 1995, purtroppo diretto da un McGegan al solito privo di nerbo), e ha il vantaggio di essere completamente padrona della tessitura. Nel disco in studio fa delle variazioni a mio parere bruttarelle e comincia a rimarcare troppo quel registro di petto sconnesso dal resto della voce (ben diverso dall'emissione immascherata caratteristica della Horne). Però ad oggi la sua prova rimane, nel complesso, la più convincente.


Capisco l'entusiasmo per la Podles, anche se non riesco a condividerlo del tutto.
C'è un qualcosa nella Podles, specie nei ruoli del senesino, che mi irrita un poco, nell'aggressività ribalda e sfacciata (la lezione Horne?) con cui si compiace dell'agilità veloce, che per inciso mi resta fin troppo meccanica.
Bravissima ma in fondo capisco lo scarso successo che ha raccolto: a me pare che la Podles si sia sforzata di dare a questi personaggi, ciò che il pubblico (dopo la Horne e in piene Handel renaissance) si aspettava. E tuttavia per entrare nella storia non basta dare: occorre inventare.
magari ne parleremo.

Marilyn Horne è convincente a Venezia, molto meno nella recita live americana dell'anno successivo. La tessitura è decisamente grave per lei, e, pur sempre immascherato e ben emesso, il suo registro mediograve costantemente in odore di belting rasenta la caricatura.

A me convince pochissimo anche a Venezia: c'è un bel salto fra Arsace e Olrando, saldo di cui nè la Horne né i suoi fanatici adoratori si resero ben conto.

Quanto ai controtenori non saprei... L'impostazione ideologica non m'interessa, e nemmeno tanto la filologia esecutiva (importatissima invece è per me la filologia del testo musicale).


Perfettamente d'accordo.
Solo correggerei un po' il tiro sulla filologia esecutiva: essa è molto importante, purché non punti (come la filologia testuale) a ricostruire un modello esecutivo corretto e originario, ma a costruirne uno "attuale" in grado (come quello originario) di sposare le specificità di una data musica.
In questo senso la Callas e la Sutherland erano "filologhe esecutive": non perché cantassero come la Pasta (ma quando mai!!!), quanto perché avevano scovato una moderna specificità per quella scrittura.
Dovremmo cambiare termine: forse "filologia" esecutiva ci porta fuori strada.

Secondo me non si è ancora sentito un Orlando convincente cantato da un controtenore. Ma non potrei escludere che questo possa accadere un giorno.


Con Orlando, mi tocca essere d'accordo. E' un personaggio un filino troppo agitato e virtuoso rispetto alla media dei "Senesiniani".
Ma non ti pare che, per restare in ambito, David Daniels abbia colto come Giulio Cesare e Bertarido i risultati più persuasivi rispetto a ogni altro interprete documentato (uomo, donna, baritono o caporale)?

Grazie infinite,
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Aristecmo » sab 09 ott 2010, 12:07

VGobbi ha scritto:Io eliminerei il barocco, non solo i controtenori ... :cry:


Tempo fa ti dissi d'ascoltarti il tuo Tomlison nell'Alcina... L'hai fatto? : CoolGun :
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda pbagnoli » sab 09 ott 2010, 12:25

Trovo molto interessanti le considerazioni di Aristecmo.
In tutta franchezza - pur rispettando il pensiero di Teo - penso che sia ora di guardare alla voce di controtenore (non è sempre il termine più adatto ma, in mancanza di meglio, va bene un'approssimazione) con rinnovato interesse rispetto ad un passato in cui certe critiche apparivano ragionevoli.
Dai tempi di Bowman, per lo più davvero inascoltabile, si sono fatti notevoli passi in avanti, sino a quel Bejun Mehta che anche per me è un vero fuoriclasse, ma penso che sia giusto fare dei distinguo anche in questo campo perché c'è voce e voce; questo argomento, se vi ricordate, l'avevamo già affrontato nel thread dedicato agli interpreti di Giulio Cesare.
So che Teo apprezza moltissimo Ewa Podles. Concordo in parte con lui: è cantante dotata di un mezzo naturalmente scurissimo ma con un'estensione notevole e di notevoli capacità tecniche, ma la fantasia dell'interprete - per esempio - non mi sembra eccelsa, ed è un aspetto fondamentale in un ruolo come questo.

E poi c'è un'altra cosa, e premetto che sarà un argomento di rilievo prossimamente per il nostro sito: la questione barocca (o...baroccara, come la definiscono i nostri "cugini") e che, in qualche modo, è correlata al tema proposto da Matteo.
La rivoluzione del modo di interpretare il repertorio barocco è uno dei più importanti topics della storia della rappresentazione del teatro musicale degli ultimi vent'anni. Dai tempi di Malgoire, Pinnock, Parrott e McGegan sono stati fatti passi avanti impressionanti, non solo per quanto concerne il sound delle orchestre, ma anche per lo stile esecutivo: oggi come oggi non sarebbe quasi (nota a beneficio di Teo e di altri tradizionalisti come lui: ho volutamente sottolineato il quasi, perché non esistono dogmi in tema di rappresentazione artistica) più ammissibile l'esecuzione di un lavoro di quell'area con criteri tradizionali, e me ne rendevo conto paragonando fra di loro la realizzazione della Matthaus Passio di Klemperer (un capolavoro; anzi, di più, un caposaldo in quel repertorio) con quella di Harnoncourt del 2001 (diversissima dalla prima registrazione che aveva fatto ai tempi che furono) o quella di McCreesh 2003: ciò che è cambiato non è solo l'impostazione orchestrale, ma è il plusvalore di teatralità che, sino a quel momento, non interessava granché in questo specifico repertorio. Ma è un discorso sul quale conto di ritornare ben presto
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Aristecmo » sab 09 ott 2010, 12:28

Ciao Mat!

MatMarazzi ha scritto:La mia preferenza va tutta verso la produzione oratoriale inglese (che tu, a rigore, potresti anche non considerare teatrale, tutto sta a intendersi).


Sì, hai ragione, tendo a escludere aprioristicamente la produzione oratoriale da quella melodrammatica... Ma considero anch'io titoli come Theodora o lo stesso Saul di altissimo valore musicale e drammaturgico!


MatMarazzi ha scritto:Capisco l'entusiasmo per la Podles, anche se non riesco a condividerlo del tutto.
C'è un qualcosa nella Podles, specie nei ruoli del senesino, che mi irrita un poco, nell'aggressività ribalda e sfacciata (la lezione Horne?) con cui si compiace dell'agilità veloce, che per inciso mi resta fin troppo meccanica.
Bravissima ma in fondo capisco lo scarso successo che ha raccolto: a me pare che la Podles si sia sforzata di dare a questi personaggi, ciò che il pubblico (dopo la Horne e in piene Handel renaissance) si aspettava. E tuttavia per entrare nella storia non basta dare: occorre inventare.
magari ne parleremo.


Però la Podles vanta un timbro assai diverso rispetto a quello della Horne. Personalmente ho sempre sentito nella voce della Podles una qualità vagamente controtenorile, per via di quell'uso eccellente del puro registro di testa sin dalle prime note dell'ottava centrale del contralto e per il carattere un po' velato del registro medio.

Certamente vuoi per l'ambiente di formazione (Polonia degli anni '70), vuoi per le premesse culturali che giustamente appunti (d'altronde la Podles apparve al Met nel Rinaldo - anno del Signore 1984 - quale doppio della Horne, imitandola in ogni punto, variazioni comprese, e con scarsissimo impatto sul pubblico ; una registrazione live esiste e lo attesta), la Polacca, quando lasciata a se stessa, rischia di dare un'impostazione romantico-baraccona allo svolgimento della retorica handeliana (penso appunto a certi eccessi nel registro di puro petto, specie negli ultimi anni). Ma il suo Polinesso diretto da Minkowski è secondo me magistrale e difficile raggiungibile.

MatMarazzi ha scritto:
Aristecmo ha scritto:Quanto ai controtenori non saprei... L'impostazione ideologica non m'interessa, e nemmeno tanto la filologia esecutiva (importatissima invece è per me la filologia del testo musicale).

Perfettamente d'accordo.
Solo correggerei un po' il tiro sulla filologia esecutiva: essa è molto importante, purché non punti (come la filologia testuale) a ricostruire un modello esecutivo corretto e originario, ma a costruirne uno "attuale" in grado (come quello originario) di sposare le specificità di una data musica.
In questo senso la Callas e la Sutherland erano "filologhe esecutive": non perché cantassero come la Pasta (ma quando mai!!!), quanto perché avevano scovato una moderna specificità per quella scrittura.
Dovremmo cambiare termine: forse "filologia" esecutiva ci porta fuori strada.


Anche in questo caso è una questione di definizioni: la filologia esecutiva che intendi tu mi trova assai più partecipe, dal punto di vista "intellettuale", che non la mera ricostruzione storica della prassi!

MatMarazzi ha scritto:
Aristecmo ha scritto:Secondo me non si è ancora sentito un Orlando convincente cantato da un controtenore. Ma non potrei escludere che questo possa accadere un giorno.

Con Orlando, mi tocca essere d'accordo. E' un personaggio un filino troppo agitato e virtuoso rispetto alla media dei "Senesiniani".
Ma non ti pare che, per restare in ambito, David Daniels abbia colto come Giulio Cesare e Bertarido i risultati più persuasivi rispetto a ogni altro interprete documentato (uomo, donna, baritono o caporale)?


Daniels è gradevole nei dischi. Non avendolo mai sentito dal vivo non saprei se la sua voce sia adatta al teatro, dove pure si esibisce con successo. Certamente è un musicista d'alto profilo, ma non lo accosterei alle tessiture centralissime del Senesino, per il quale ci vogliono centri e un registro grave di grande solidità. In questo la stessa Mijanovic è del tutto deficitaria (ed onestamente non vedo differenza tra la sua emissione vocale e quella di un falsettista).

Infine, credo come te che né la Podles né la Horne abbiano detto qualcosa di particolarmente innovativo o profondo su questo ruolo handeliano, o su altri... Però sono le uniche (la Horne parzialmente) ad averne soddisfatto almeno le esigenze di scrittura, al di fuori dalle quali è difficile parlare di interpretazione.

Buon pomeriggio! Ari.
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda teo.emme » sab 09 ott 2010, 16:30

pbagnoli ha scritto:Trovo molto interessanti le considerazioni di Aristecmo.
In tutta franchezza - pur rispettando il pensiero di Teo - penso che sia ora di guardare alla voce di controtenore (non è sempre il termine più adatto ma, in mancanza di meglio, va bene un'approssimazione) con rinnovato interesse rispetto ad un passato in cui certe critiche apparivano ragionevoli...


In realtà no è questione di mero tradizionalismo: ovviamente da Bowman (davvero inascoltabile) ad oggi di passi avanti se ne sono fatti. Il controtenore oggi ha quasi sempre una tecnica molto più rifinita rispetto agli esordi del genere. Il problema sta in alcune caratteristiche intrinseche del mezzo che mi appaiono insuperabili: in particolare l'emissione di forza che appare necessaria in taluni personaggi "eroici" handeliani e che il controtenore (utilizziamo il temine in senso generale, pur consci della sua non completa esattezza) non riesce a padroneggiare. Il registro controtenorile - basato sul falsetto - impedisce tutta una serie di posizioni della voce, tra cui quella di petto: ecco perchè il falsettista che si barcamena (più o meno bene) in arie elegiache tende a faticare in "arie di furore" oppure lascia a desiderare nella tragicità eroica dell'accento. Voglio prescindere qui dagli altri problemi legati alla pronuncia e alla dizione (assolutamente trascurata, purtroppo, dalla cosiddetta "filologia esecutiva" che permette autentiche brutture e scempi, come se la lingua fosse un optional: ancora peggio accade quando affronta il recitar cantando - naturalmente non vale solo per i controtenori!). Mi voglio attenere alla sola ed esclusiva vocalità: il controtenore era sgradito ad Handel e ai suoi contemporanei, tanto che - ed è storia, non opinione - qualora i castrati non fossero disponibili, essi venivano sostituiti da cantanti donne (e le parti aggiustate a volte), diverso discorso negli oratori, dove la presenza controtenorile era già più diffusa. Ora, si può obbiettare che i falsettisti di allora erano tecnicamente inferiori a quelli odierni: forse sì (anzi, sicuramente), ma la storia non si fa con i "se". Resta la suggestione scenica, ma essa è poca cosa rispetto all'astrattezza del teatro barocco.

Ps: un'ultima annotazione circa la modalità esecutiva del repertorio barocco. Sono assolutamente convinto che non sia più riproponibile il passato che ha forzato, spesso, i parametri esecutivi; so bene che i criteri tradizionali di un Klemperer oggi sarebbero improponibili (pur essendo le sue interpretazioni delle pietre miliari: anche se, ti confesso, non le mie preferite, trovandole - anche per l'epoca - troppo "piene"...se pensi al Messiah, preferisco 100 volte quello di Scherchen a quello di Klemperer, così come la Passione secondo Matteo di Mengelberg, infinitamente superiore, a mio giudizio, a quella di Klemperer). Certo è che non mi piace quando un modus esecutivo viene imposto come l'unico ed autentico: è questa la mia più grande critica a certi esponenti barocchisti o baroccari (come scherzosamente li amo definire), ossia il presentarsi come "detentori di una verità assodata". Non è così, e i filologi più seri lo sanno bene. Del resto alternative a certo specialismo (un po' manicheo) ve ne sono: lo stesso Harnoncourt ne è un esempio. E poi il grande Chailly, che sta incidendo alcune interessantissime esecuzioni bachiane (con la meravigliosa orchestra di Lipisa) che pur non abbracciando lo specialismo dei cosiddetti strumenti originali etc, non ricalca affatto una scimmiottatura post-romantica di Bach, anzi, ne da una moderna e sorprendente alternativa. Ecco, proprio Chailly, per questa scelta controcorrente è stato aspramente criticato in Francia da taluni talebani del barocchismo ad oltranza. Ecco, io credo che tali estremismi siano sciocchi e profondamente antifilologici.
Ultima modifica di teo.emme il sab 09 ott 2010, 18:20, modificato 1 volta in totale.
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Riccardo » sab 09 ott 2010, 17:41

teo.emme ha scritto:Certo è che non mi piace quando un modus esecutivo viene imposto come l'unico ed autentico: è questa la mia più grande critica a certi esponenti barocchisti o baroccari (come scherzosamente li amo definire), ossia il presentarsi come "detentori di una verità assodata".

Questo è verissimo: non sopporto nemmeno io quando sento giustificare la scelta di sonorità secche senza vibrato o l'uso di strumenti antichi come esigenze di fedeltà alla presunta prassi esecutiva originale, "per suonare davvero come allora".

E' evidente che un violino dell'epoca di Vivaldi, suonato oggi non è comunque "originale" per il semplice fatto che da allora è invecchiato di duecentocinquant'anni. E nemmeno noi ascoltatori siamo originali rispetto a quelli di allora, essendo passati per le nostre orecchie Wagner e i Beatles.

In questo repertorio come in altri, le nostre sono solo convenzioni dell'oggi per rivificare qualcosa che è nato ieri.

Ciò però naturalmente non impedisce di riconoscere a Jacobs, Christie o Hogwood - al di là dei loro eventuali proclami ideologici - chiavi di lettura talvolta riuscite per determinata musica. Sia essa di Haendel Mozart o Haydn.

Insomma, dal musicista mi aspetto un'esecuzione convincente. Che sappia giustificarmela con gli opportuni argomenti mi interessa relativamente (semmai questo compito spetterebbe a critici ed affini).

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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda pbagnoli » sab 09 ott 2010, 18:22

Il che è vero, siamo d'accordo.
Ma è anche vero che questa prassi esecutiva ha portato come dote due conseguenze notevolissime:
:arrow: il recupero di un repertorio in gran parte dimenticato: pensiamo a molte delle opere di Haendel, o a tutto il corpus vivaldiano
:arrow: la creazione di una nuova teatralità, spesso integrata da regie che si combinano alla perfezione con le direzioni musicali. Penso, per esempio, alla Alcina con la direzione musicale di Bill Christie (alla testa della sua splendida compagine de Les Arts Florissants) e la regia di Robert Carsen.
Prima di queste realizzazioni, molti di noi neppure sospettavano il potenziale di teatralità di questi capolavori. Io credo che in molti casi il merito sia stato proprio del sound nuovo, particolarissimo di certe compagini: penso all'Ensemble Matheus di Spinosi che, per certi versi, è proprio l'espressione di una di quelle estremizzazioni di cui parlavano Teo e Riccardo, ma che io amo tantissimo perché trovo i riff orchestrali di una modernità sconvolgente: è una di quelle situazioni in cui il suono acquista una valenza espressiva che arriva talvolta a travalicare la stessa scrittura musicale.
Croce o delizia: non ci sono santi. O si ama pazzamente un'impostazione del genere, o la si detesta con tutto il cuore. Io ne vado matto, ma è chiaro che qui è solo questione di gusto.
Ho notato che - solitamente - chi ama il Vivaldi di Sardelli detesta quello di Spinosi e viceversa. Io amo Spinosi, ma apprezzo la musicalità di Sardelli, anche se sono portato a considerarlo spesso un po' stucchevole
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda mattioli » sab 09 ott 2010, 18:32

Argomento interessante (non Orlando, o meglio anche Orlando, ma quel che ne è seguito nella discussione). Si può generalizzare un po’? Allora, quando si ammetterà che non esiste un modo “corretto” di eseguire l’opera barocca? Che ogni epoca la rilegge secondo le sue esigenze e i suoi gusti e che non ha nessuna importanza cosa fosse gradito o sgradito a Haendel, ma soltanto ciò che è gradito o sgradito a noi? Che il passato è sempre lo specchio dove si legge il presente?
Veramente l’idealismo non muore mai: si deve fare così perché è giusto fare così. C’è la poesia e c’è la non poesia. Invece la realtà è che si fa così perché oggi va bene che si faccia così, mentre ieri si faceva in maniera diversa e domani cambierà ancora. Giusto per riportare la discussione alla realtà del 2010, fra l’assolutismo dei barocchisti e il controassolutismo di chi negava la loro validità, gli opposti estremismi dei detentori della Verità si scontrano con il fatto che oggi sempre più la verità è contaminata (forse perché non esiste), che Harnoncourt dirige i Wiener Philharmonicker e Rattle l’Age of Enlightenment, che Abbado fa la Passione secondo Matteo con i Berliner ma con la tiorba nel continuo, che Christie dirige orchestre “moderne”, che l’opera barocca è “astratta” se la mette in scena Pizzi, ma che nel mondo civilizzato tutto è meno che astratta, come ci hanno insegnato la Rodelinda di Villégier e quella di Alden, il Giulio Cesare di Jones e quello di McVicar, tanto per citare qualche esempio di chi fa il teatro musicale, tutto, da Monteverdi a Lloyd Webber, come se non fosse un museo delle cere ma, molto semplicemente, uno dei tanti aspetti della Contemporaneità.
Allora, i controtenori (chiamiamoli così per comodità dialettica). Intanto possiamo pure dire che Daniels o Scholl o Jaroussky o Mehta o Zazzo, tanto per citare i primi che mi vengono in mente, non siano dei grandi cantanti e nemmeno dei cantanti decenti. Ma a patto di dire, contestualmente, dire che gli spettatori di tutto il mondo sono o sordi o plagiati o deficienti. Attenzione: non è che siano bravi perché sono famosi (ma poi: bravi rispetto a cosa?), ma che sono famosi perché interpretano il loro tempo, cioè il nostro, che mi sembra la principale missione dell’artista. Altrimenti, se decidiamo che l’Alcina va cantata come nel disco di Bonynge (meraviglioso, intendiamoci) e solo così e il Rinaldo va messo in scena come nella produzione di Pizzi (meravigliosa, intendiamoci) e solo così, non serve più andare a teatro. Anzi, non serve più il teatro, che o esprime passioni, interessi e magari anche contraddizioni di oggi o è inutile, com’è inutile infatti il teatro d’opera che si fa oggi in Italia.
Se i controtenori esistono, se vendono dischi, se sono popolari come popstar è perché esprimono quello che del presente ritroviamo nel passato remoto dell’opera barocca a cominciare, proprio, da quell’ambiguità sessuale che è una caratteristica della nostra epoca come lo era - generalizzando, è ovvio - del Barocco. Ricercare una (molto ipotetica) verità è assurdo. Come giustamente notava Riccardo, l’unica cosa che conta è un’esecuzione convincente (aggiungerei: un’esecuzione convincente OGGI, perché un Messia vittoriano con cento orchestrali e trecento coristi era, per i vittoriani, assolutamente convincente), perché tutto il resto è cambiato: il nostro modo “sociale” di andare all’opera, la nostra sensibilità, il significato delle parole, perfino il nostro orecchio. Per esempio: cos’era un suono “forte” per chi non ha mai ascoltato il rombo di un jet o un allarme antifurto o (sempre per restare nell’ambito del rumore...) un concerto rock? E la voce del castrato, lo sappiamo, non è né quella di una donna né quella di un controtenore...
Ho sbrodolato, che vergogna. Scusate (anche le ripetizioni, vado di fretta)
AM

PS: segnalo l’uscita di un bel libro, “Controtenori” di Alessandro Mormile che, secondo me, fa il punto su un fenomeno complesso con notevole precisione. E senza preclusioni idealistiche...
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Tucidide » sab 09 ott 2010, 18:51

Riccardo ha scritto:
teo.emme ha scritto:Certo è che non mi piace quando un modus esecutivo viene imposto come l'unico ed autentico: è questa la mia più grande critica a certi esponenti barocchisti o baroccari (come scherzosamente li amo definire), ossia il presentarsi come "detentori di una verità assodata".

Questo è verissimo: non sopporto nemmeno io quando sento giustificare la scelta di sonorità secche senza vibrato o l'uso di strumenti antichi come esigenze di fedeltà alla presunta prassi esecutiva originale, "per suonare davvero come allora".

Su questo punto sono molto d'accordo, e infatti trovo le affermazioni dei musicisti "guru" sempre al limite dell'arbitrio, e d'altronde non spostano di una virgola il giudizio di valore su quello che poi alla fine "salta fuori".

pbagnoli ha scritto:questa prassi esecutiva ha portato come dote due conseguenze notevolissime:
:arrow: il recupero di un repertorio in gran parte dimenticato: pensiamo a molte delle opere di Haendel, o a tutto il corpus vivaldiano
:arrow: la creazione di una nuova teatralità, spesso integrata da regie che si combinano alla perfezione con le direzioni musicali. Penso, per esempio, alla Alcina con la direzione musicale di Bill Christie (alla testa della sua splendida compagine de Les Arts Florissants) e la regia di Robert Carsen.

E' difficile darti torto: che piaccia o no, lo Handel ed il Vivaldi operistici stanno vivendo una fase eccezionalmente felice proprio grazie alle amorevoli cure dei direttori barocchisti e del teatro di regia ("intelligente", mi verrebbe da aggiungere per circoscrivere e limitare l'affermazione).
E' anche vero che proprio Christie è, fra i direttori barocchisti, uno dei più amati anche da chi non apprezzi questo genere di complessi. Non so come la pensi al riguardo Teo.emme, ma a me pare che questo direttore e la sua orchestra tengano una condotta tutto sommato "tradizionale", senza di certo arrivare alle estroversioni dell'attuale Spinosi, ma temperando anche le asperità di Harnoncourt. Christie mi sembra un po' sulla linea di Gardiner, altro direttore barocchista "moderato".
Non è un caso se quell'Alcina (che qualcosa di importante avrà pur significato, se a 11 anni di distanza ancora stiam qui a parlarne... : WohoW : ) era rivoluzionaria "con juicio". :wink: Nessun controtenore, tre primedonne non specialiste del barocco, a fronte di un'orchestra barocca ma con un suono molto intenso, e una regia rivoluzionaria sì ma senza particolari scossoni provocatori (a meno che non vogliamo considerare tali gli uomini nudi). : Sig :

Aristecmo ha scritto:la Polacca, quando lasciata a se stessa, rischia di dare un'impostazione romantico-baraccona allo svolgimento della retorica handeliana (penso appunto a certi eccessi nel registro di puro petto, specie negli ultimi anni). Ma il suo Polinesso diretto da Minkowski è secondo me magistrale e difficile raggiungibile.

Sì!!! Mamma mia, è proprio brava in quell'Ariodante! Ha una grinta incredibile!

Sulla Podles devo dire che la considero una grande cantante, e il suo disco handeliano Rinaldo-Orlando, per quanto diretto in modo preistorico da Orbelian, è un caposaldo dell'interpretazione di questi ruoli.
In generale, sui controtenori concordo con Aristecmo sulla secondarietà della filologia esecutiva, nonché le presunte ricostruzioni dei gusti di Handel. Non dimentichiamolo, il Grande Sassone è senz'altro stato l'autore di queste musiche, ma è anche uomo di trecento anni fa, che ci ha lasciato grandi capolavori sulla carta. Quello che era per lui un punto fermo può non esserlo per noi, e non mi pare che questo costituisca una violazione della sua volontà. Se adesso vado a teatro a vedere Medea di Euripide, non mi aspetto che la parte dell'eroina sia interpretata da un uomo con i coturni e la maschera. Adesso è normale che le parti femminili siano appannaggio di attrici donne. Allo stesso modo, la voce di controtenore è stata, per così dire, "sdoganata", pur con tutti i suoi difetti che Teo.emme pone in luce, e che talvolta sono davvero pesanti. Ma se qualcosa si perde (mordente, registro di petto, agilità di forza), si guadagna qualcosa, non solo in termini scenici, ma anche in termini timbrici, perché la voce di falsettista ha una sua riconoscibilità, una sua particolare sonorità che la fa percepire "altra" rispetto alle altre voci.

Un saluto,
Tuc

P.S. Mentre scrivevo, il mio omonimo Mattioli ha scritto cose che condivido assolutamente. : Thumbup :
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda Riccardo » sab 09 ott 2010, 20:02

Ma poi bisogna anche fare attenzione al termine "filologia" che tante, troppe volte passa per essere sinonimo di conservazione, restauro, immobilismo, quando in realtà è l'esatto contrario!
E questo anche per la filologia esecutiva...

Del testo o dell'esecuzione, filologia significa studio approfondito, circostanziato e contestualizzato. Dopodiché le scelte dell'esecutore sono del tutto indipendenti e svincolate. L'intento della filologia è soltanto quello di dare il maggior numero possibile di strumenti critici per l'esecutore: sulle tradizioni esecutive del passato, su che cosa ha scritto e non scritto l'autore, su come si faceva al suo tempo e dopo, su che cosa la trattatistica diceva che bisognava fare, su come facevano X e Y...

Dopodiché, acquisiti questi elementi, come diceva bene Mattioli sarà l'Oggi, con le proprie sensibilità e i propri strumenti - anche quelli dell'ideologismo filologico!! - a scegliere le più efficienti soluzioni realizzative.

Salutoni
Ric
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Re: Orlando (Handel)

Messaggioda pbagnoli » sab 09 ott 2010, 20:03

mattioli ha scritto: Allora, quando si ammetterà che non esiste un modo “corretto” di eseguire l’opera barocca? Che ogni epoca la rilegge secondo le sue esigenze e i suoi gusti e che non ha nessuna importanza cosa fosse gradito o sgradito a Haendel, ma soltanto ciò che è gradito o sgradito a noi? Che il passato è sempre lo specchio dove si legge il presente?

Mi ha colpito molto quest'affermazione.
Se potesse essere applicata a tutto il repertorio operistico, ci darebbe probabilmente la chiave di lettura di quello che vediamo ed ascoltiamo in giro; il passaporto per ogni teatro; la sconfitta di ogni pregiudizio dogmatico che stabilisce che esiste un solo modo possibile per cantare qualunque cosa. Ridimensionerebbe - in chi segue questo precetto - la venerazione aprioristica e apodittica per tutto ciò che è passato in sistematico spregio del presente.
Quando Matteo e io abbiamo aperto questo sito, pensavamo esattamente a questo
"Dopo morto, tornerò sulla terra come portiere di bordello e non farò entrare nessuno di voi!"
(Arturo Toscanini, ai musicisti della NBC Orchestra)
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