Josepha Weber, tra Singspiel e Opera Seria

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Josepha Weber, tra Singspiel e Opera Seria

Messaggioda beckmesser » mar 28 set 2010, 23:46

teo.emme ha scritto:Peraltro lo stesso autore riconosce l'errore e ne fa ammenda pubblicamente (ma ovviamente, ed in aperta mala fede, tale circostanza non viene minimamente riportata)


Sinceramente, non vedo dove stia “l'aperta malafede”; che ci fosse stata una replica l'avevo scritto:

beckmesser ha scritto:Avevo provato a far rilevare l'errore, sperando in una correzione, ma mi fu risposto che tanto il qui pro quo non cambiava il succo del discorso.


Ok, non ho specificato "mi fu pubblicamente risposto", ma non lo avevo specificato nemmeno con riferimento al mio intervento, anche perché mi sembra ovvio: in un blog (pubblico), si interviene con commenti (pubblici) cui si risponde con altri commenti (pubblici), altrimenti ci si scambia raccomandate :D. Anche perché, e lo dico sinceramente, la mia intenzione non era stata quella di sbeffeggiare né mettere in mora nessuno: avevo semplicemente fatto rilevare un errore. Dato che fu risposto che era un refuso irrilevante, ho lasciato perdere. Con la bizzarra conseguenza che ancora oggi, un lettore che si imbattesse in quell'articolo (senza magari aver voglia di andare a leggere tutti i commenti scaturitine), leggerebbe che la Regina della Notte fu scritta per Aloysia Weber e, se sa qualcosa dell'argomento, si stropiccerà gli occhi per lo stupore, mentre se non ne sa nulla se ne andrà contento di aver appreso una notizia sbagliata. Non mi sembra un gran risultato, ma contento l'autore contenti tutti, e infatti mi son ben guardato dal replicare...

teo.emme ha scritto:Josepha o Aloysia Weber, dalla vocalità non così distante a sentire le testimonianze


Su questo aspetto mi interesserebbe approfondire, anche perché ho cercato spesso informazioni sulla Weber (Josepha), ma non ho mai trovato nulla che possa confermare un'asserzione del genere (ma ovviamente posso aver cercato male). MI puoi dire (e davvero, non è una provocazione: mi interessa davvero saperlo) quali sono queste testimonianze e da che fonti risultano? Da quel che risulta a me, non cantò mai un repertorio legato all'opera seria, né in teatri di primo livello in cui si esiguiva quel repertorio. In pratica la sua carriera si limitò alla compagnia di Schikaneder, dove certo il repertorio era tutt'altro. A parte la Konigin, per lei Mozart scrisse un solo altro brano (almeno così mi risulta, ma se mi sbaglio sarò ben lieto di correggermi): un'aria (la K580) incompiuta nell'orchestrazione ma compiuta nella parte vocale (addirittura, essendo tripartita, con variazioni originali nella ripresa). E' un'aria che doveva essere inserita in una rappresentazione in tedesco del Barbiere di Paisiello che Schikaneder (sempre lui...) doveva rappresentare a Vienna nel 1790, ma che saltò. Si tratta in pratica dell'aria della lezione, un brano quindi che anche teatralmente doveva servire a mettere in luce tutte le capacità dell'interprete: niente di che... poco più rispetto ai soli della messa in do minore pensati per Constanze, ma nulla in confronto a quanto immaginato per Aloysia. Ciò che se ne deduce non fa che confermare ciò che dall'unica testimonianza diretta (a me nota) su Josepha risultava essere la sua caratteristica: una notevole facilità di sovracuti, unita ad un notevole impaccio nel gestire frasi ampie e cantabili. A me sembrano veramente due mondi completamente diversi: esteticamente e vocalmente...

Saluti,

Beck
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda teo.emme » mer 29 set 2010, 1:20

Certo Mozart scrisse per Aloysia pezzi tra i più spettacolari. Poche sono le informazioni che riguardano la sorella, Josepha Hofer (indubbiamente meno dotata) e, consentimi una certa approssimazione: oltre ai lavori mozartiani Josepha cantò, nel 1789, in un singspiel di Wranitzky (un compositore ceco coetaneo di Mozart) Oberon, König der Elfen, nel ruolo en travesti del protagonista. La parte non è certo leggera, almeno a giudicare da come viene descritta (e si noti che è stata calibrata sulle caratteristiche della cantante). Cito da un saggio di David Joseph Buch pubblicato nel 2008: "Magic Flutes and Enchanted Forests: The Supernatural in Eighteenth-Century Musical Theater". Parlando della cavatina di Oberon descrive la musica come esemplificazione del suo carattere soprannaturale, magico (direi astratto) che l'autore ricollega a certe raffigurazioni della musica barocca: la scrittura prevede che la voce salga e scenda in salti fino a due ottave di intervallo, oltre ad una coloratura acrobatica. A seguire è previsto un denso recitativo drammatico. Nel saggio la Hofer è descritta come "authoritative coloratura soprano". Cantò pure (7 anni dopo il Flauto - a quasi 40 anni) la parte di Servilia nella Clemenza di Tito, ma pare fosse già in avanzato declino vocale. Appare dunque una cantante assai meno dotata della sorella - grande virtuosa - ma comunque non riconducibile a certi soprani leggeri che si approprieranno del ruolo della Regina (concentrandosi unicamente nei sopracuti). Non dico che fosse migliore dei soprani leggeri, intendiamoci, ma diversa.

Ps: la frase che riporti e che deriva dal New Grove Dcitionary of Music, non tiene probabilmente conto della scrittura dell'Oberon di Wranitzky.
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » gio 30 set 2010, 12:06

Vedi Teo.Emme,
temo che tu non abbia finalmente compreso il concetto che io e Beckmesser stiamo difendendo.
Noi, a distanza di più di due secoli, tendiamo a non distinguere più tanto bene tra Singspiel e Opera Seria.
L'unica differenza che vi scorgiamo è (ovviamente) di natura "testuale": le partiture divergono infatti in modo radicale, come chiunque sa.
Cambia la lingua (italiano vs tedesco), cambia l'organizzazione del materiale drammaturgico (recitativi vs sezioni parlate), ma soprattutto cambiano i soggetti, cambiano i registri espressivi, cambiano le formule musicali; storicamente sappiamo anche che cambiavano anche i "target" di pubblico, i valori e persino l'idelogia (assai più modernista e borghese di quanto non fosse l'opera seria italiana).
Quello che non sappiamo ...perché la distanza di tempo ha confuso tutto, ma che è assurdo non immaginare, è la differenza di stile esecutivo (il ché significa tecnico, musicale, espressivo) fra gli interpreti specializzati in un genere o nell'altro.

Mutatis mutandis, è un po' come l'enorme differenza (negli anni 10 del Novecento) fra cantanti-attori che agissero al Metropolitan di New York e cantanti-attori che agissero nei teatri di Broadway.
L'esempio calza perché grosso modo le rispettive tecniche vocali non erano allora tanto dissimile (i primi interpreti di musical provenivano dall'operetta viennese e francese, né era ancora invalso, nel musical, l'uso di una tecnica contaminata col Jazz).
Poteva persino succedere che star del Met si cimentassero saltuariamente col Musical (così come poteva succedere nell' Austria del secondo 700 che grandi interpreti d'opera seria si concedessero ogni tanto al Singspiel); semmai era impossibile il contrario: che un artista proveniente dalla musica popolare accedesse all'opera era considerato - allora come oggi - scandaloso.
Eppure se confrontiamo un disco dei primi del 900 di un cantante di musical e lo confrontiamo a un disco di un cantante d'opera sentiamo una differenza di stile, formazione, espressività impressionante: sarebbe impossibile confonderli.
Purtroppo non abbiamo dischi che possano ugualmente farci apprezzare la differenza fra cantanti da Singspiel del 1780 e coevi interpreti d'opera seria; così come non ne abbiamo che possano testimoniarci l'abisso a Parigi fra una diva dell'Opérette (come la Schneider) e una diva del Grand-Opéra (e tuttavia sappiamo bene che quando Saint-Saens - innamorato come tutta Parigi della Schneider - la propose come Dalila, ci fu l'insurrezione e lo scandalo generale).

Il fatto è che ogni forma di teatro "popolare" quando diventa vecchia viene assorbita dall'Opera.
Comincia a essere cantata dagli stessi artisti, stili, tecniche ed emissioni si confondono: la Schwarzkopf, per fare un esempio, cantava l'opera buffa italiana (Contessa), il Singspiel (Pamina) e la Vedova Allegra (operetta) con la stessa tecnica, lo stesso stile, la stessa scuola.
Ma era così anche ai tempi di Josepha Weber?
Sicuramente no... Alla sua epoca il Singspiel non era parte integrante del "genere opera" (come è adesso), ma era una forma di teatro alternativo, diversissimo a livello testuale, diversissimo a livello musicale, diversissimo a livello ideale, certamente diversissimo a livello esecutivo.
Mentre la sorella si specializzava nell'opera seria, l'opera di corte, Josepha prese un'altra strada. Divenne specialista nel teatro popolare.
Poi è vero! Anche Aloysia cantò un Singspiel: il Ratto del Serraglio, ma era un Singspiel sui generis... Era IMPERIALE, creato nel teatro dell'Imperatore; un po' come quando alla Staatsoper di vienne chiamarono Lehar a fare la Giuditta!!!!
Ma, appunto perché creata alla Staatsoper, la Giuditta è molto più "operistica" delle solite operette di Lehar e, ovviamente, la creatrice fu una grande interprete d'opera: Jarmila Novotna.

Per tornare a noi, e all'importanza (senza polemica) dell'errore di attribuire ad Aloysa la creazione della Regina della Notte, sarebbe come se io avessi scritto - per una svista - che il Musical "The Sound of the Music" fu creato a Broadway da Antonietta Stella!
Chi leggesse una cosa del genere resterebbe allibito... Oddio, non sarebbe la prima volta che un'interprete d'opera crea un personaggio di musical (nello stesso Sound of the Music, la creatrice della Madre Superiora era una celebratissima operista, Patricia Newey, che vinse anche il Tony Award per quell'interpretazione).
Ma la notizia sarebbe stata rilevantissima, proprio perché sottintenderebbe - da parte del compositore - la volontà di occhieggiare un genere (l'opera) avvertito da pubblico e critica completamente diverso, molto più "elevato", con importanti conseguenze musicali e drammaturgiche.

Idem nel caso di Aloysia e di Josepha.
Se Aloysia avesse creato il Flauto Magico e ...non al Burgtheater imperiale, bensì in un teatro indipendente e periferico, la notizia sarebbe assolutamente sconcertante e soprattutto ...in quel caso sarebbe giusto osservare - come hai fatto tu - che le ascendenze della Regina della Notte sono "barocche" e addirittura aristocratiche, da grande opera seria.
Ciò non è proprio perché fu invece Josepha a creare la parte, ossia la solita specialista del teatro popolare, l'artista che scelse di dedicarsi a una forma di teatro musicale diverso, e che si orientò in quello specifico tipo di spettacolo non per "inferiorità tecnica", ma per scelta; non dimentichiamo infatti che proprio la parte della Regina è una delle più paurose e spettacolari mai scritte).

Il fatto che tu citi proprio un altro Singspiel creato da lei (il celeberrimo Oberon di Wranitzky, uno degli esempi più famosi di "magico" connesso al Singspiel, di cui sicuramente anche Beckmesser - come tutti noi - aveva letto) è una conferma della nostra tesi.
Quello era il suo mondo e il suo universo, quello era il suo ambito espressivo e musicale.
Hai forse notizia di una vera opera seria cantata da Josepha?

Grazie dei bei contributi!
Salutoni,
Mat
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda teo.emme » gio 30 set 2010, 14:15

MatMarazzi ha scritto: Il fatto che tu citi proprio un altro Singspiel creato da lei (il celeberrimo Oberon di Wranitzky, uno degli esempi più famosi di "magico" connesso al Singspiel, di cui sicuramente anche Beckmesser - come tutti noi - aveva letto) è una conferma della nostra tesi.
Quello era il suo mondo e il suo universo, quello era il suo ambito espressivo e musicale.
Hai forse notizia di una vera opera seria cantata da Josepha?


Vero, quello era il mondo di Josepha, ma non era certamente il mondo di Mozart. Nel senso - e forse su questo non mi sono soffermato - che pure nell'ossequio alle convenzioni (che regolavano la vita dei teatri), pur nell'innegabile adattamento del proprio stile e delle proprie istanze ad un genere più "basso" (che tale veniva reputato il singspiel rispetto all'opera italiana), Mozart secondo me tende ad allargare l'orizzonte del genere. Già l'aveva fatto - pur nella diversità sostanziale - con il Ratto, altro singspiel (almeno formalmente), ma creato per l'imperiale Burgthater e non per il più popolare Auf Der Wieden. Mi dirai che i due lavori non possono essere equiparati, e in parte ti do ragione, ma credo che il Flauto prosegua i medesimi intenti del Ratto, ossia la nobilitazione dell'opera tedesca. Ma con una differenza: nel Ratto l'operazione è condotta dall'alto (forse per fini anche politici) giacchè è la committenza imperiale, il mondo musicale "togato" a cercare di ricondurre a sé l'opera tedesca; nel Flauto l'operazione è inversa, dato che è il genere popolare a contaminarsi di caratteri più "alti". Insomma Mozart non è Wranitzky e non mi sembra corretto ritenere che procedesse per compartimenti stagni (opera, singspiel e nell'affrontare l'uno o l'altro genere si "scordasse" improvvisamente dell'uno o dell'altro). Peraltro la genesi del Flauto è tormentata - parlo dell'intreccio - e la trama originaria viene rivoluzionata (in esito del tutto distanti dalle convenzioni del genere). Ma è nella scrittura musicale, cioè, che Mozart spariglia le carte... La scrittura della Regina della Notte, a prescindere dall'interprete, riecheggia un'elaborazione barocca, alta, una citazione colta di un genere quasi defunto, anacronistico, distante (come distante e astratto è il personaggio). La medesima contaminazione si osserva in altri luoghi della partitura: la stessa citazione del corale luterano "Ach Gott, vom Himmel sieh darein" non è un semplice riferimento alle matrici popolari e religiose (il corale tedesco è il modo di pregare del popolo, per di più protestante, non certo dell'aristocrazia) e che sarebbe poco comprensibile atteso il fatto che si trovava in un paese cattolico. Mozart cita una forma musicale alta, un corale sì, ma non nella sua forma semplice, bensì come fuga e contrappunto di modello bachiano. Quello che voglio suggerire è che non si può ragionare per generi chiusi né prescindere da suggestioni e citazioni tipiche del procedere di Mozart, soprattutto nel Flauto che è certo un singspiel nella forma, ma nel contenuto è molto di più. Per nulla paragonabile all'Oberon.
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Maugham » gio 30 set 2010, 16:51

teo.emme ha scritto: il Ratto, altro singspiel (almeno formalmente), ma creato per l'imperiale Burgthater e non per il più popolare Auf Der Wieden.


Traghettato da teatro di corte, mi sembra, poco dopo all Auf DW dove riscosse un notevole successo con due mesi di repliche. E fu anche il successo di quello a spingere la commissione della Zauberflote.

Ma è nella scrittura musicale, cioè, che Mozart spariglia le carte... La scrittura della Regina della Notte, a prescindere dall'interprete, riecheggia un'elaborazione barocca, alta, una citazione colta di un genere quasi defunto, anacronistico, distante (come distante e astratto è il personaggio).

Premetto di non essere un barocchista provetto, ma su questo non sono d'accordo.
Per me le due arie della Regina sono una sorta di unicum. Non trovo nessuna parentela tra la linea vocale di ques'ultima con il modo di scrivere per soprano di Handel o di Bononcini o di Hasse. Forse in qualche aria dei napoletani...
Però, come ho detto, non ho la pretesa di aver sentito tutto. Magari qualche studioso mozartiano addirittura ci ha scritto sopra un libro. :)
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Re: Josepha Weber, tra Singspiel e Opera Seria

Messaggioda beckmesser » gio 30 set 2010, 17:56

Maugham ha scritto:Per me le due arie della Regina sono una sorta di unicum.


Esatto, e secondo me sono un unicum (come un po’ tutta la scrittura vocale del Flauto) che deriva proprio dalle circostanze in cui Mozart si trovava a scrivere in quell’occasione, ossia:

1) per un pubblico che non era in grado di decodificare il linguaggio vocale che aveva usato fino a quel momento e che cercava altro da uno spettacolo;
2) per degli interpreti che non avevano dimestichezza con quel linguaggio e quelle scritture e che dovevano cercare di raggiungere il pubblico non attraverso la sublimazione vocale (qualcuno direbbe la “stilizzazione”) di situazioni e stati d’animo (cosa che quel pubblico non avrebbe capito) ma attraverso un linguaggio certo non più semplice ma più diretto sì, più finalizzato a raccontare una storia e con un'attenzione più diretta e specifica alla parola da far passare.

In questo senso, per come la vedo io, le agilità della Regina non discendono da quelle dell’opera seria ma ne sono mere citazioni, dei virgolettati inseriti come effetti vocali all’interno di arie strutturate in altro modo e per altre finalità.

Nelle arie da opera seria (barocche o di Mozart, poco importa), le agilità hanno una precisa funzione anche armonico-strutturale: servono a collegare sezioni diverse, a consentire i consueti passaggi modulanti da tonica a dominante e ritorno, ecc. Nelle arie della Regina questo non avviene: sono meri (e dico “meri” non certo in senso riduttivo: è anzi uno dei colpi di genio più memorabili della storia dell’opera) “effetti sonori” che improvvisamente scattano fuori da una scrittura che per il resto è rigorosamente sillabica. Se si prende la prima aria, tutto l’andante non ha il minimo accenno di agilità, coloratura, nemmeno il più lieve melisma. L’allegro è condotto per buona parte allo stesso modo, salvo che a un certo punto parte quella raffica quasi casuale di note che finisce inaspettatamente come era iniziata. La seconda aria è ancora più anomala: i famosi picchettati non hanno nulla (alle mie orecchie) della funzione che le agilità hanno nell’opera seria: non collegano alcunché, non modulano, musicalmente e strutturalmente non hanno alcuna funzione, sono “solo” un effetto sonoro che a un certo punto blocca il discorso musicale per girare come a vuoto su se stesso, e poi si interrompe e l’aria riprende. Un colpo di genio memorabile, ma veramente non mi viene in mente nessun altro brano in cui la coloratura è usata in quel modo…

In questo senso non sono nemmeno così d’accordo che la parte sia follemente difficile. Certo, è difficilissimo essere una grande Regina della Notte, ma qualunque passabile soprano leggero (categoria a cui, in base all’idea che mi sono fatto, apparteneva Josepha) riesce in qualche modo ad uscirne viva, cosa che certo non avviene con Popoli di Tessaglia…

Saluti,

Beck
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