Carissimi,
intanto grazie a tutti del contributo (aspettavo anche Pietro, Luca, Teo, Alberich... e altri, ma possiamo accontentarci del materiale già in nostro possesso).
L'obbiettivo dell'esperimento è vedere se le nostre scelte corrispondono a quelle effettuate dai tre principali compositori che nel corso del '900 hanno dato voce operistica alle Baccanti, e per la precisione Wellesz (Vienna 1931), Ghedini (Milano, 1948) e Henze (Salisburgo 1966).
Partiamo da Cadmo, la scelta più scontata.
Vecchio, saggio, paterno (anzi nonnesco): viene spontaneo affidare il Decano di Tebe alla voce di un basso; una plurisecolare tradizione ci spinge in questa direzione, la prassi era già in voga nel 600 e non è mai venuta meno.
Infatti, anche tra noi, siamo rimasti tutti solidali (con l'eccezione di Ric).
Maugham, Tucidide, Beckmesser propongono un basso. Triboulet e Melomane un bass-baritono.
E' una scelta che avrei sottoscritto anche io.
Completamente fuori dal coro Riccardo, che propone un vecchio (o nel caso di Zednik vecchissimo, tanto che ormai si è ritirato a vita privata) tenore acuto, praticamente un caratterista.
L'attribuzione di un personaggio molto vecchio a un tenore chiaro (senza quei fulgori timbrici che ci fanno associare il registro tenorile alla gioventù) è rara, ma non priva di una sua tradizione: il caso più eclatante è quello di Altoum.
Comunque i tre compositori citati sono concordi tra loro e con noi.
Sia Wellesz (nelle Bakchantinnen), sia Ghedini (nelle Baccanti), sia Henze (Bassarids) affidano Cadmo a un basso.
La tradizione trionfa!
E ora passiamo a quel personaggio grandioso, spaventoso, affascinantissimo che è Agave, la regina-madre.
Io personalmente credevo che sarebbero stati tutti concordi... Se c'è un ruolo da grande soprano drammatico-declamatorio è questo.
Per tradizione è proprio a un soprano drammatico che verrebbe da affidare la grandezza della sovrana impazzita, o la disperazione della madre che, un po' alla volta, si rende conto che la testa che si porta dietro è quella di suo figlio, appena ammazzato da lei in un'orgia di sangue e furore.
Invece a pensarla come me sono stati solo Beckmesser, Maugham (che peraltro propone la Herlitzius) e Melomane (che molto brillantemente propone la Silja, che infatti fu della regina Agave - nella versione Henze - una strepitosa interprete).
Riccardo e Triboulet (e devo dire che la cosa non mi stupisce, dato il loro grande amore per il repertorio ottocentesco) si avventurano in una scelta ardita e certo non molto praticata ai nostri giorni: un soprano acuto e vocalistico.
La cosa è sensata, dato che il recupero del repertorio ottocentesco ci ha dimostrato che "anche i soprani acuti e virtuosi, nel loro piccolo, si incazzano!"
Proponendo la Westbroek (una declamatrice di tessitura centralizzante) Tucidide si avvicina a noi, almeno come tipo di vocalità. Per inciso la Westbroek ha cantato la Agave di Wellesz, diversi anni fa, quando ancora non era famosa.
E tuttavia, proponendo lei, Tuc dà man forte a Ric nella sua insolita aspirazione a una (cito Ric testualmente) "fresca vocalità".
Intendiamoci, io non ho nulla in contrario che Agave sia una giovane, bella e "fresca" quarantenne. Non c'e nulla di male!
Per altro vedere in scena donne giovani e "fresche" fa sempre piacere!
E tuttavia ci sono tante parti (forse troppe) che all'opera "reclamano" interpreti belli, giovani e freschi!
Sono tantissime le parti in cui la bellezza sensuale, rigogliosa di una Westbroek o la freschezza ardimentosa della Pendachanska non sono "optional" ma esigenze, necessità per dare senso al personaggio!
Se c'è un ruolo che proprio non ha bisogno nè di freschezza, nè di sensualità (e non sto dicendo che non "potrebbe" esserci, ma solo che potrebbe anche "non esserci") questo è la regina Agave.
Anche nella prosa, Agave è una di quei ruoli per cui le dive aspettano di aver superato i cinquant'anni... aspettano di essere diventate grandi icone!
Anzi.. il bello del suo personaggio è proprio la sua trasformazione sulla spinta dell'azione di Dioniso:
prima è solenne, matronale, moralista; una signora vittoriana di mezz'età, tanto distinta e per bene... poi diventa una furia scatenata e orgiastica!
Se la affidiamo a una bellissima donna, tutta curve e fuoco passionale, dall'aspetto "fresco", non ci sorprenderà più di tanto che ...faccia le ore piccole in discoteca sul monte Citerone.
Insomma, ci lamentiamo che non esistono abbastanza grandi ruoli (nell'opera) per artisti non più giovani e belli e poi, ...una volta che ne abbiamo uno perfetto (la madre di un re, che tanto ragazza non può essere), cosa facciamo? Andiamo a cercare un'interprete giovane e fresca!
E addirittura proponiamo (come Ric e Tucidide) una cantante che ha anagraficamente la stessa età dei rispettivi figli (per Ric Penteo dovrebbe essere Schrott e per Tucidide Kaufmann).
Comunque i tre compositori sono stati più tradizionalisti ...
e quindi più vicini a Beckmesser, Maugham, Melomane e me!
Hanno chiamato mature cantanti declamatrici in bilico fra soprano e mezzosoprano.
Addirittura Wellesz a Vienna volle Rose Pauly, la più grande Elektra della prima metà del '900 (questo sarebbe stato un bel ruolo per la Nilsson, altro che Isolde!).
Ghedini e Henze hanno entrambi segnato "mezzosoprano" sullo spartito: in pratica la creatrice delle Baccanti di Ghedini alla Scala fu un grande soprano drammatico come Augusta Oltrabella; e anche la Agave di Henze (benché creata dalla Meyer) è diventata terreno di caccia di veri e propri soprani, anche se in fase di maturità: tra le più grandi ricordiamo la Silja, la Armstrong e un'incredibile June Anderson, che ho ascoltato dal vivo a Parigi in questo ruolo.
Ecco qualche foto di quell'incredibile spettacolo (2005 Chatelet di Parigi, direttore Kazushi Ono, regista Kokkos, nel cast Reiner Trost e Franco Pomponi e in platea lo stesso Henze).
E ora veniamo ai due ruoli più importanti e per quali la scelta era più delicata...
Penteo e Dioniso.
Ovviamente sul personaggio di Dioniso ci siamo sbizzarriti!
Ed è giusto così... tutti hanno avvertito il bisogno di sottolinearne l'alterità... la dimensione soprannaturale.
Un baritono?
Be'... in una chiave "tradizionalistica" avrebbe senso.
Infatti se l'eroe romantico è il tenore, il baritono è il suo tipico antagonista: un essere blasfemo, "il" cattivo...
Ovvio che nell' "omaggio" alla tradizione siano caduti tanto il più vecchio fra i tre compositori (Wellesz) quanto quello più tradizionalista (Ghedini... si sa che noi italiani siamo sempre i più tradizionalisti"!)
Sia per Wellesz, sia per Ghedini Dioniso è infatti un baritono...
La cattiveria del personaggio, la "negatività" prevalgono sulla sua "divinità".
Nel nostro gruppo, solo Triboulet ha optato per un baritono (ma un baritono particolarmente "seduttore" come Hampson) evidentemente per contrapporlo al "tenore" Villazon. Trib, quindi, è in buona compagnia ...e ci dimostra anche in questo la sua grande passione per l'operismo romantico!
Per gli altri, la "diversità" di Dioniso, la sua soprannaturalità aprono invece porte suggestive nel terreno dell' ambiguità vocale.
Splendida l'idea del controtenore contraltista avanzata da Tucidide e Maugham, sul modello di Oberon.
Anche io mi sarei orientato su una cosa simile.
Riccardo (prima versione) e Melomane avanzano l'ipotesi del tenore acuto... e anche questa è una soluzione brillante, forte di una sua bella tradizione. Magia = virtuosismo acuto e leggerezza aerea. Gli esempi sono diversi: in fondo Loge è già su questa rotta.
Riccardo (seconda versione) si spinge su una proposta azzardatissima: la Bartoli!
In realtà l'idea del contralto en-travesti potrebbe essere straordinaria (non so se proprio affidata alla Bartoli!
).
Chi di voi ha visto quel capolavoro di mediometraggio che era "Simon del deserto" di Bunuel?
Bene, lì il demonio, il tentatore, Lucifero si presentava col volto di una donna: e una donna di grande fascino, simpatia e femminilità come Silvia Pinal...
Beckmesser si stacca dal gruppo e gioca d'attacco con un heldentenor straussiano: anche questa mi pare una proposta impressionante.
Infatti non solo anche il tenore straussiano - col suo eroismo stereotipato, trombettiero, molto colossal (penso a Apollo o Bacco o Menelao) - rappresenta una deroga da ogni forma di realismo, ma soprattutto questo tipo di vocalità darebbe un diverso orientamento al tipo di "seduzione" esercitato su Penteo.
Con un tenore eroico, non sarebbe la solita effeminatezza sensuale da "delicatus" a sedurre i personaggi, ma una virilità stentorea, ipocrita, irrealistica, da supereroe da fumetto.
Bella idea!
Insomma tutte splendide idee che alla fine tradiscono la medesima necessità: sottolineare l'alterità di Dioniso, la sua distanza infinitamente grande rispetto al mondo dei mortali, il suo essere come un "avatar" di un pensiero superiore allo spazio-tempo in cui agiscono gli altri.
Non abbiamo detto però come si comporta Henze!
Henze fa esattamente quello che hanno proposto Riccardo (prima versione) e Melomane: affida il dio a un tenore acuto e di memoria vocalistica.
E quindi veniamo a Penteo.
Mi aspettavo che molti avrebbero dato a Penteo il registro tenorile.
In fondo è l'eroe dell'opera, il giovane, il buono... La tradizione romantica non avrebbe avuto dubbi: il tenore è lui.
E infatti ancora una volta tanto Wellesz (il più vecchio) quanto Ghedini (il più ...tradizionalista) si rivolgono a un tenore.
Sulla stessa lunghezza d'onda, ci siamo collocati quasi tutti noi; sia Melomane, sia Triboulet, sia Maugham, sia Tucidide (proprio come Wellesz e Ghedini) optano per la scelta più "romantica" e tradizionale: quella per cui il nesso eroismo-protagonismo-gioventù-positività ha una sola possibile voce: il tenore!
E' una scelta condivisibilissima, che avrei sottoscritto anche io (e aggiungo che sia l'idea di Kaufmann, sia quella di Villazon mi paiono staordinariamente felici: non sarebbe male che entrambi buttassero un occhio alla partitura di Wellesz).
Al contrario Henze (1966) opta per un baritono.
E su questa strada si sono mossi il solito Ric (che propone Schrott) e Beckmesser, suggerendo un'ipotesi che, secondo me, dimostra una chiara disposizione verso le nuove poetiche novecentesche.
Interessante questa cosa.
Ciò che possiamo vedere per tutto il '900 (specie nella seconda metà) è il tentativo della corda di baritono di strappare al tenore - senza riuscirci del tutto - il possesso del "nesso" di cui sopra (eroismo-protagonismo-gioventù-positività). Già il rapporto fra Erode-Jochanaan e fra Egist-Orest invertiva le normali dialettiche tenore-baritono, ma pensate a certo Britten (Vere-Budd) o a tutto Henze (Elegia per due giovani amanti, Prinz von Homburg, ecc...). Prolegomena di questa tendenza si possono ravvisare anche in Massenet (Thais)...
La colonizzazione da parte del baritono dei ruoli di jeune-premier nel corso del '900 ha due ragioni facili e non di meno interessanti: intanto descrive la tendenza (tipicamente post-bellica) a ridimensionare l'eroismo dei protagonisti in senso "umano" (il tenore è più spettacolare e invitto, il baritono più terreno), l'altro è l'accentuazione della componente della sessualità (il baritono appare più virile) che il 900 era maggiormente disposto a investigare rispetto al secolo precedente.
Ma c'è un'altra ragione per cui Henze, secondo me, ha optato per questa strana soluzione (Penteo-baritono vs Dioniso-tenore acuto), staccandosi con forza dai suoi predecessori Wellesz e Ghedini, anzi proprio invertendone diametralmente i fattori.
Secondo me Henze si è attaccato a un'altra "tradizione" tipicamente novecentesca... quella che descrive in maniera incredibilmente persuasiva il rapporto fra "corruttore" e "corrotto".
Solo il '900 (a meno che non mi troviate casi simili nei secoli precedenti) ha usato la contrapposizione timbrica fra tenore e baritono per descrivere la tensione e l'opposizione tra due personaggi maschili di cui uno trascina l'altro verso il male e l'altro vi si lascia trascinare.
Ci è arrivato Busoni, col suo capolavoro
Doktor Faust: contravvenendo a quanto i massimi compositori romantici avevano fatto (Berlioz, Gounod, Boito, lo stesso Schumann), Busoni strappò ai bassi la parte del demonio, Mefistofele, per affidarla a un tenore acutissimo, che si presenta in scena con un bel do sopracuto. Il Kunde di cui abbiamo recentemente parlato è stato un magnifico Mefistofele, un Mefistofele "rubiniano" e "angelico" contro il Faust di Hampson.
Poi Szymanowsky.
Nel suo
Re Ruggero, il solido, buono, luminoso, razionale (nonché protagonista) Re di Palermo è ancora una volta un baritono, mentre il surreale, seducente, inebriante pastore che trascina al delirio e alla lussuria tutta la corte (compresa la regina Roxana) è ancora una volta un tenore acutissimo.
Da ultimo il
Prigioniero di Dalla Piccola: anche in questo caso il protagonista (la vittima: il giovane e distrutto carcerato) è un baritono, mentre colui che lo seduce, l'angelico carceriere che raccoglie le sue lacrime, lo conforta, gli apre le porte della speranza e gli fa sognare la fuga e la libertà ...solo per farlo piombare in un orrore ancora più mostruoso (rivelandosi il grande inquisitore) è ovviamente un tenore; anzi, un tenore acuto di memorie vocalistiche.
A questa trilogia di capolavori novecenteschi (dove il rapporto fra corrotto e corruttore si configura come dialogo tra il timbro caldo del baritono e quello estatico di un tenore acuto) Henze ha così dato il suo contributo.
In questa ottica che Penteo sia un baritono e Dioniso un tenore pare la più normale delle scelte.
Salutoni,
Mat