Poliuto (Donizetti)

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Poliuto (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » lun 20 set 2010, 12:56

BERGAMO 2010

Solo qualche considerazione, avendo ieri visto lo spettacolo.

ALLE COCORITE LOGGIONISTICHE: AVETE ROTTO!
Personalmente rivolgo un caloroso applauso al Teatro Donizetti di Bergamo, per essere riuscito a offrirci (nonostante i pochi fondi, le poche sovvenzioni, il poco personale, l'aura di crisi che che incombe nel settore) il debutto di un grande leone da palcoscenici internazionali come Gregory Kunde in un ruolo simile e a permetterci di fruirne non solo a due passi da casa, senza dover come al solito andare a Parigi o Londra, ma con poca spesa.
Chiunque avrebbe capito che, su tutto il resto, si è dovuti andare al risparmio: a parte Kunde, gli errori ci sono stati, i pasticci filologici, le scelte di casting assurde, l'atmosfera parrocchiale, l'impresentabilità dell'allestimento, la schematicità della direzione, preoccupata, giustamente, di tenere almeno tutti insieme.
Ma cosa ci si aspettava dal Donizetti di Bergamo, un teatro costretto a realizzare una produzione con meno soldi e mezzi di quelli che a Vienna o Parigi destinerebbero a dieci minuti di rappresentazione?
Andando in un teatro piccolo, di provincia, è già moltissimo che ci venga offerta, ripeto, l'occasione di sentire un Kunde che debutta in Poliuto.
Solo per quello si è andati, e solo quello ci si doveva aspettare... se un minimo si conosce il mondo. E di quello si doveva ringraziare il teatro.

Il problema è che i coglioncelli in trasferta, venuti appositamente a Bergamo a spendere le loro due lire in loggione e ricavarne pochi attimi di gloria personale, tutto questo non lo sanno.
Mettersi a "buare" l'orchestra (ovviamente non proprio gloriosa) che il Teatro è riuscito a raccogliere e a mettere in fossa, senza potersi permettere - si suppone - un numero adeguato di prove, orchestra che per inciso non ha poi prodotto soverchi orrori (a parte l'ouverture iniziale), è come andare a messa e fischiare i chierichetti! Cosa si aspettavano a Bergamo? I Chicago Symphony?
Umanamente provo una simpatia malinconica per questi assidui frequentatori della provincia operistica, che vanno solo in provincia per potersi scandalizzare del suo provincialismo e sentirsi vivi traducendo in show personali la povertà dei loro quotidiani (show che in altri teatri europei sarebbero risolti a suon di calcioni nel sedere): mi ricordano quelli che telefonano alle trasmissioni radiofoniche nello spazio riservato alle "domande" e che invece delle domande fanno interminabili conferenze, fino a che il conduttore non è costretto a chiudere la comunicazione.
Tristezza e simpatia, lo ammetto...
Chissà, ad esempio, quale brivido vitale avrà provato la povera donnicciola che dal loggione ha urlato (dopo l'esplosione da stadio seguita al do sopracuto di Kunde) "lasciate finire la musica": certo è un commento di assoluta inutilità e idiozia oltre che prova di totale inesperienza di teatro, ma che ha dato alla suddetta una delle poche occasioni di protagonismo della sua vita... con tanta gente che costretta ad ascoltarla!
Lo so anche io che umanamente si prova tenerezza per questi infelici in gita domenicale, che se ne vengono a Bergamo (ripeto, non al Met o a Vienna o a Parigi) per fischiare l'orchestra, creare disturbo onde sentirsi importanti, chiacchierare e sbuffare per tutta la rappresentazione salvo poi zittirsi rumorosamente fra loro, approfittare di ogni pausa e attimo di silenzio per lanciare i loro proclami da cocorite eccitate e relativi battibecchi.
Ma non si può nemmeno negare che, così facendo, rompono le palle a chi, a differenza loro, non vive per i teatri di provincia e che qui a Bergamo è venuto solo per ascoltare un grande debutto in una grande opera, senza aspettarsi quello che la Provincia non può dare e senza bisogno di inventarsi una paradossale visibilità in una vita invisibile, al buio di un palchetto e avvolti da altri teppistelli come in un branco da scuole medie, che si sentono grandi suonando ai campanelli e poi scappando via.
E ora lasciamo perdere le note di "colore" (e l'umana partecipazione verso gli sfigati) e parliamo di cose serie.


PAOLETTA MARROCU
Si può sorvolare su tutto (anche sulle debolezze in acuto di un baritono che, per essere così giovane, fa mostra anche di maturità e sensibilità); si può sorvolare sui limiti endemici di un cast riunito con pochi mezzi e praticamente come "supporto" a una grande star.
Ma non si può sorvolare sul caso della Marrocu, perché stiamo parlando di una artista di prestigio e collocazione internazionale.
L'errore prevedibile e clamoroso di scritturarla per Paolina era da evitare.
Cantante di grande talento, forte personalità, una delle poche vere declamatrici italiane, con colori aspri e suggestivi in zona centrale, valorose capacità sceniche; dei declamatori ha ovviamente la difficoltà a sostenere scritture vocalistiche. Paolina poi (nonostante le sue evoluzioni da "Ronzi" a "Dorus-Gras" a "Tadolini") è più che un ruolo vocalistico: è un ruolo belcantistico.
Ma al di là di questo c'è il problema dell'estensione vocale: non ci vuole un genio per capire che c'è almeno una terza fra le possibilità in acuto della Marrocu e la scrittura di Paolina; che la sua esecuzione si sarebbe risolta in una serie spaventosa di latrati e stridori imbarazzanti era non solo prevedibile (e infatti noi l'avevamo previsto diversi mesi fa) ma inevitabile.
Passi che di questo non si accorgano i cosidetti direttori artistici; passi che non se ne accorgano agenti e consulenti...
Ma lei?
Lei non era in grado di capirlo? Non se ne doveva accorgere la prima volta che ha letto lo spartito?
E' ovvio che se ne è accorta, ma ha comunque pensato di far finta di niente e accettare un impegno palesemente lontano dalle sue possibilità, magari solo per aggiungere un grande ruolo al suo repertorio, e magari andarne fieri nelle interviste, da presentare nell'innocua periferia dove magari nessuno si sarebbe accorto di nulla...
Ho avuto compassione di lei, nel sentirla affondare in una delle prestazioni più catastrofiche della mia vita, col pubblico che rumoreggiava a ogni verso lancinante e a una voce che si tendeva e spezzava, riducendosi a brandelli lungo tutto il corso della rappresentazione.
Poi la compassione è passata. Mi spiace ma la Marrocu non ne merita alcuna: è lei che ha recato insulto a Donizetti, al pubblico e a se stessa.
E' lei l'unica che poteva evitare questo scempio, di cui pagherà salatissime conseguenze.

Già... perché non tutti dispongono, come noi, della capacità di distinguere fra la tecnica vocalistica (che lei non ha) e quella declamatoria (in cui eccelle); non tutti capiscono che un tono di differenza fra il baricentro di una voce e la scrittura di un personaggio è sufficiente a provocare disastri. E qui eravamo ben oltre il tono di differenza...
L'unica sensazione che molti (compresi dirigenti teatrali, critici, operatori) si porteranno dietro sarà il ricordo di una esecuzione miserabile.
E l'unica cosa che verrà detta e ripetuta è che "la Marrocu è finita".
Il ché non è affatto vero: la Marrocu è e resta una delle migliori artiste italiane, una delle più incisive (e rare) declamatrici nostrane, un'interprete potenzialmente imbattibile di molto repertorio italiano-francese a cavallo fra otto e novecento (potrebbe essere l'unica alternativa italiana ai personaggi Viardot di cui si è parlato in altro thread). L'unica che potrebbe osare certo Wagner (una Brangania e una Fricka in versione soprano) anche a livello internazionale.
E tuttavia basta molto meno di una figuraccia simile per oscurare una carriera.


GREGORY KUNDE
E ora veniamo all'unica ragione di questo Poliuto.
Come da previsioni, Kunde è stato sensazionale.
Una lezione su come si canta questo repertorio, su come lo si nobilita esaltandosi nel fraseggio, su come lo si rivitalizza attraverso una coraggiosa varietà di colori (a scapito, talvolta, di certa morbidezza nei cantabili).
Una prova di rigore artistico e professionale da restare sconcertati, una conferma di lungo amore per questo repertorio e di rispetto per che ama l'Opera, il Belcanto, Donizetti.
Infine una vittoria schiacciante anche in senso atletico, con un artista che vicino ai sessant'anni divora una delle scritture più ardue e massacranti che esistano, con vette di splendore vocale e controllo tecnico da annali dell'Opera.
E' stato un piacere, per me, partecipare all'ovazione spaventosa che ha coronato la sua grande aria.
E tuttavia...

Vorrei ricordare quello che ho scritto - a proposito dei ruoli Nourrit - nell'editoriale che ho dedicato a Kunde qualche settimana fa.

Con Nourrit (l’altro “modello” tenorile al cui repertorio il giovane Kunde ha attinto) i risultati non sono stati altrettanto sconvolgenti, anche se sempre superiori a quelli normalmente conseguiti dai Rossiniani d’America.

Il fatto che i ruoli Rubini e quelli Nourrit appartengano circa alla stessa epoca (l’alba del romanticismo operistico) e che presentino scritture vocali estesissime in alto non li rende poeticamente e vocalmente uguali.
Tra loro si apre un abisso vocale (Nourrit non era acuto e chiaro come Rubini; era anzi piuttosto baritonale: se gli autori scrivevano sopracuti per lui è solo perché egli usava il falsetto). Ma ancora più vasto è l’abisso poetico.
I ruoli rubiniani sono evanescenti come angeli di luce: inutile cercare in essi psicologie o ragioni che trascendano il semplice status di allegorie romantiche.
In essi il distacco arrendevole e gentilizio del giovane Kunde era un pregio.
Al contrario Adolphe Nourrit era una personalità multiforme e sofferta, un intellettuale inquieto, colto e tormentato, una raffinata mescolanza di introversione altera ed esaltazione: in lui il canto romantico trovò il proprio poeta e il proprio martire.
Per affrontare i personaggi scritti per lui non basta un canto algido e sublimante, ma – al contrario – una vocazione ai sommovimenti dell’anima, alle discese negli abissi della coscienza che Kunde non era in grado di esprimere.
Nè in Raoul, né nel Comte Ory, né in Arnould (ruolo in cui, per la verità, si fece applaudire ovunque e a cui si arrese persino il festival di Pesaro) Kunde colse la stessa verità dei ruoli Rubini. Restava lo splendore della patina: l’eleganza della presenza scenica, la facilità vocalistica, la musicalità...
Tanta ammirazione. Nessuna rivelazione
: il mistero Nourrit resta aperto.


Dopo aver sentito l'ultimo debutto-Nourrit di Kunde mi trovo a dover sottoscrivere ogni parola.
Tanta ammirazione, nessuna rivelazione.
E' il sottotesto di respiro romantico, di umanità ferita, di statura intellettuale che "urla" dietro ogni nota scritta per Nourrit, a mancare dolorosamente anche in questo Poliuto.
Se come scrittura nessuno (nemmeno tra gli americani) ha potuto e può esaltare questi ruoli come lui, come dimensione culturale, psicolgoica e poetica Kunde è irrimediabilmente distante; non è questo il suo mondo, il suo universo poetico.
Nessuna rivelazione. Il personaggio si muove in scena, sciorina le sue grazie tecnico-stilistico-vocali senza che un'ombra dei grandi turbamenti corneilliani faccia capolino, senza lasciar percepire nemmeno un alito di quel carisma abbagliante (carisma per il quale Donizetti scriveva e senza il quale la sua musica pare sgonfiarsi). Il tormento mistico, la luminosità del santo proto-cristiano, la naturalezza epica del personaggio (e in generale dei personaggi Nourrit) è qualcosa che a Kunde non appartiene.

Ora... so anche io che è rarissimo trovare un Raoul, un Arnould, un Ory e oggi un Poliuto che sappia non solo cantare tanto bene queste parti, ma anche - e soprattutto - farle respirare musicalmente con tanta eleganza e musicalità.
Ma (questa è la domanda) siamo davvero tenuti a fermarci a questo e accontentarci?
E lui... a questo stadio di gloria e di carriera, è veramente tenuto ad accontentarsene, considerando le miscele esplosive e vere rivelazioni poetiche che nel contempo produce a contatto con altri personaggi (un tempo l'"angelo" rubiniamo oggi il baritenore pre-romantico o il tenore napoleonico...)?
Io no.
Non vado a sentire un Poliuto per dire "però! Che bravo". Io voglio essere travolto dalla sua grandezza, voglio subirne il carisma!
Allo stesso modo, non voglio dire "però! che bravo" quando sento un Gregory Kunde.
Voglio poter sentirmi galvanizzato dalla sua grandezza artistica e umana, che splende in personaggi poeticamente e culturalmente più vicini a lui.

Così almeno la penso io.
Saltuoni,
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » lun 20 set 2010, 13:15

E' un peccato non essere riuscito a trovare biglietti per tempo, e di non aver potuto assistere a questo importante debutto.
A parte la curiosità su Kunde, noto un po' ovunque che la prova della Marrocu è stata da tutti censurata. In effetti era prevedibile. Un peccato, direi, perché la personalità c'è, eccome. Mi chiedo però se non ci sia anche un fatto di usura vocale dietro a questo, visto che la parte della Lady Macbeth, di certo più bassa di Paolina, ma anch'essa ben spostata sul versante vocalistico, le riuscì assai bene (parlo del DVD con Hampson). Anche lì si percepiscono stridori in acuto, che presumo essere stati ancora più evidenti in Paolina, ma il legato, le dinamiche, persino la coloratura li fa senza particolari problemi.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda teo.emme » lun 20 set 2010, 14:16

Pure io ho assistito a questo Poliuto, caro Marazzi, e dissento fortemente dalla tua cronaca, o meglio dai presupposti di essa.

Ero in loggione (francamente buttare 50 € per Bergamo - di cui conosco tanti precedenti - non m'andava), ero in trasferta. Ero puro un "coglioncello"? Spero l'accusa non fosse - al solito - generalizzata! Anche perchè - rimasto muto e zitto (come i miei vicini) per tutto lo spettacolo - al calare del sipario me ne sono andato in tutta fretta: amareggiato e deluso. Senza esprimere il dissenso e la rabbia (che comunque trovo del tutto legittimi).

Fermo restando la condivisione per quel che scrivi della Marrocu (anche se vorrei sentirla in quello che tu ritieni il suo repertorio d'elezione), sul fatto che EVIDENTEMENTE, lei per prima avrebbe dovuto evitare un ruolo al di là delle sue capacità, o meglio del tutto estraneo a quelle che sarebbero le sue capacità se meglio gestite. D'accordissimo cul fatto che la Marrocu in primis ha recato offesa a sé stessa, a Donizetti e al pubblico pagante.

In parte d'accordo su Kunde, solo in parte però: cantante che amo particolarmente, che non è certo uno sprovveduto, che fa uso di tecnica perfetta etc..., è stato, secondo me, molto deludente. Colora, sfuma, interpreta...ma manca nel dato puramente vocale. E questo in un repertorio prettamente vocalistico, è un problema serio. Kunde mostrava serie difficoltà nel reggere le frasi lunghe, il canto spianato, il suono lben legato, e alla fine è arrivato spossato. Dove ha mostrato le sue doti? Nella grande scena, nelle variazioni della cabaletta, negli acuti (che sono sempre belli), in tutto ciò che di "rossiniano" (con licenza di linguaggio) si trova nello stile di Donizetti (ossia il canto di agilità). Questo mi fa credere che Kunde avrebbe ancora da dire come tenore (acuto) nelle opere di Rossini: non capisco l'equazione per cui ad invecchiamento e avanzamento di carriera debba corrispondere una virata verso un repertorio "pesante". Mi sembra di assistere alla parabola di Merritt: da Rossini ad un incerto Donizetti, sino allo sfascio col Verdi dei Vespri (e proprio i Vespri - guarda il caso - saranno il futuro prossimo di Kunde). Il salto a Donizetti è sempre pericoloso, perchè la sua scrittura tenorile è complessa e rivoluzionata rispetto a quella rossiniana e post rossiniana (tornando a Merritt: anche nel suo bel cd Heroic Bel Canto Tenor, l'aria di Poliuto resta quella meno riuscita). Ma si tratta comunque di pareri legittimi (il tuo e il mio credo).

Su cosa dissento? Sul fatto che "a Bergamo che cosa ci si può aspettare"? Eh no, caro Marazzi, capisco tutto e comprendo tutto: so bene l'esiguità di prove, i costi, la mancanza di fondi etc... Ma certe cose non si possono tollerare da nessuna parte: Parigi, Milano, Bergamo o Roccacannuccia. Non mi aspettavo il Poliuto del secolo, ma onesto professionismo. Non sciatteria e spreco. Procedo per punti:
1) l'orchestra non è raccogliticcia, non è una banda in gita domenicale: è composta da professionisti e ha carattere di orchestra stabile (peraltro va in tourné all'estero, esporta spettacoli etc...). L'ho sentita altre volte e, con altri direttori, ha saputo dare molto di più (vedi la Favorite di un paio d'anni fa).
2) il direttore avrebbe potuto avere una maggior sensibilità, di fronte ad una partitura ricchissima di suggestioni e sfumature (l'accento tragico, il dramma, la solennità di alcuni momenti): io ho sentito solo frettolosità, mancanza di convinzione, sciatteria (nessun ritmo, nessun impegno). Con che piglio sono state accompagnate le cabalette? E i colpi di gong del finale? E il tempo scandito con la zappa? Io ho ascoltato tanti direttori, anche in provincia, e non bisogna essere Karajan o Abbado per metterci un po' di impegno e fare almeno finta di "crederci" in quel che si dirige!
3) l'ambito in cui l'opera è stata presentata: non una normale stagione di provincia, ma un Festival dedicato a Gaetano Donizetti, dove si vorrebbero proporre edizioni critiche, debutti importanti, riscoperte di titoli rari o sconosciuti. Non può valere la logica del "chi si contenta gode".
4) l'allestimento: espressione di un deteriore "vorrei ma non posso", in cui il "non posso" non è imputabile alla scarsezza di mezzi (che può essere meglio sfruttata), ma alla scarsezza di idee! Che senso ha proprorre la solita accoppiata antica Roma/Fascismo, senza avere la capacità intellettuale e tecnica per reggere tale tipo di lettura? Il proconsole vestito come Himmler, che comandava a legionari romani che marciavano col passo dell'oca! Severo e Paolina che si scambiano insulti...comodamente seduti l'uno di fianco all'altra in u salotto borghese, dopo che un miliziano del Duce porta loro il tè! A questo punto meglio la cartapesta, magari con la presenza di un vero regista...già, perchè io ho assistito a un concerto in costume, come al solito! Si poteva far di meglio? Certo! Si poteva evitare il ridicolo...

Su questo non posso seguirti: Bergamo non è il Met o il Covent Garden o ilFestspielhaus di Salisburgo...d'accordo, ma l'onestà professionalità è principio non negoziabile. Qui si è superato il limite. E pensare che 'sta roba percepisce soldi pubblici è sconfortante. Pensare che il direttore artistico - che ha assemblato un cast da film horror e che pure dovrebbe intendersene - insegna all'Università di Venezia è incomprensibile! Pensare che tutto questo sia da giustificare o comprendere perchè "tanto siamo a Bergamo" è inaccettabile!

Donizetti necessità - più di Verdi e Rossini - di un festival serio, ma se questi sono i presupposti Bergamo non diventerà mai come Pesaro.

Ps: la Signora che invitava a lasciar finire la musica non dissentiva affatto...si lamentava del fatto che - durante gli intervalli - i suoi vicini avessero criticato lo spettacolo (e rispondeva ad una timida contestazione verso Kunde).

Pps: la cosa veramente fastidiosa non sono stati applausi o fischi al termine, ma le grida "brava" alla Marrocu dopo ogni sezione dei suoi brani (perchè evidentemente in mala fede). O i continui applausi durante l'atto ad ogni intervento corale (che spezzavano la tensione musicale)
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » lun 20 set 2010, 14:44

Domanda uno: esiste un Poliuto in disco (anche live ovviamente) che si avvicini all'espressione del personaggio costruito da Donizetti? Poliuto è un'opera che adoro, eppure nè Corelli nè Carreras (menchè meno lo Zambon dell'edizione con la Gencer) ne fanno l'eroe tormentato che dovrebbe essere.
Quindi la domanda non è solo "c'è un Poliuto credibile oggi" ma "c'è mai stato?".
Mi ricordo Kunde grandissimo nelle prove con la Fleming (Straniera e Armida) ma pure nel Dr. Faust con Hampson... in Poliuto non saprei figurarmelo.
Mentre mi dispiace per la Marrocu, che ha fatto davvero una bella Lady nel dvd sempre con Hampson (bellissima edizione nel complesso, anche la regia)... penso che, correggetemi se sbaglio, siamo di fronte a quel genere di voce ibrida un po' declamatrice ma non a disagio coi passaggi vocalistici (me lo conferma Mat implicitamente citanto la Viardot). Tant'è che come dice Tuc con la scrittura da drammatico d'agilità verdiana tutto sommato se la cava. Ma quì è un altro discorso. Aldilà del fatto che, probabilmente, siamo su un baricentro tendenzialmente più alto, Paolina è proprio ruolo da belcanto, come è stato giustamente sottolineato, lo cantava la Tadolini (Linda di Chamounix, Maria di Rohan), insomma se è un po' più semplice della media forse solo perchè in questo caso non è la protagonista assoluta della scena.
Tuttavia persino Callas e Gencer (entrambe sul viale del tramonto) sono in ambasce, quindi ci credo sì che la Marrocu abbia combinato i macelli. Peccato.
Comunque, esiste un Poliuto di riferimento (di ieri o di oggi)? e se non c'è, chi potrebbe potenzialmente realizzarlo? fate i nomi, io, contrariamente a ciò che qualcuno sostiene, non conosco poi così tanti cantanti : Chessygrin :
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » lun 20 set 2010, 15:44

teo.emme ha scritto:Ero puro io un "coglioncello"? Spero l'accusa non fosse - al solito - generalizzata! Anche perchè - rimasto muto e zitto (come i miei vicini) per tutto lo spettacolo - al calare del sipario me ne sono andato in tutta fretta: amareggiato e deluso. Senza esprimere il dissenso e la rabbia (che comunque trovo del tutto legittimi).


Caro Teo.Emme
ovvio che se le cose stanno così (ossia se davvero tu e i tuoi vicini siete rimasti muti e zitti) non mi riferivo a voi.
Ho descritto molto dettagliatamente l'atteggiamento "coglioncello" di chi la domenica va in gita nei loggioni dei teatrini a far baldoria per sentirsi "grande".
Non potevo vedere chi ha disturbato e rotto le palle per tutta l'opera; potevo sentirlo...


Fermo restando la condivisione per quel che scrivi della Marrocu (anche se vorrei sentirla in quello che tu ritieni il suo repertorio d'elezione)


Ne avresti avuto la possibilità quando alla Scala ha eseguito uno dei maggiori personaggi femminili del '900, la Madre disperata nel Prigioniero di DallaPiccola: ruolo di cui quasi nessuna delle cantanti italiane (proprio perché dedite al vocalismo) potrebbe venire a capo.
La Marrocu lanciava per lo spazio "parole cantate" che erano fulmini di emozione e cariche di un'evidenza espressiva degna delle più grandi wagneriane (che però, non essendo italiane, non sarebbero in grado, quanto lei, di valorizzare "declamatoriamente" la nostra lingua).
C'è un vasto arcipelago di opere italiane del primo Novecento (in particolare quelle della generazione dell'80) che - se allestite - non troverebbero fra i cantanti nostrani validi difensori: opere concepite per una declamazione italiana, desunta dal modo "italiano" di affrontare Wagner.
Occorrerebbe rifarsi ai declamatori anglo-tedeschi, ma col rischio di non sentire valorizzati i veri sapori e retroterra linguistici che solo un madrelingua può conoscere.
In questo la Marrocu potrebbe essere una benedizione: italianissima e grande, incisiva declamatrice.
La prova ce l'ha offerta con la Corifea dell'Assassinio della Cattedrale, unica nel cast a dominare la scrittura pizzettiana (specie a fronte del modesto protagonista) e capace di conferire alla melopea un sapore di antiche profezie, rurali, pagane e divinatorie.

E' vero che, non contando Cavalleria Rusticana e Puccini (dove però i risultati sono stati alterni, a causa - more solito - di una scrittura troppo elevata per lei), la Marrocu si è raramente mossa in questi terreni. I soprani italiani nemmeno capiscono le proprie caratteristiche e si lasciano condizionare dall'ossessione post-callassiana del Belcanto a tutti i costi, anche quando non si ha né la voce, né la tecnica, né la disposizione poetica per farlo.
E così anche lei ci ammorba da anni con Borgie, Vitellie ecc...
Anche Lady Macbeth non fa eccezione.
Non sono affatto d'accordo che si trattasse di una prova positiva.
O per lo meno: era tollerabile, alla fine, perché:
1) era sostenuta da un regista di genio, in grado di valorizzarne ogni espressione e ogni gesto, scatenando tutte le sue potenzialità attorali
2) si trattava di una registrazione non live, ma ufficiale. Le recite di Zurigo sono state filtrate, selezionate, mescolate e soprattutto emendate e corrette: a queste condizioni, è chiaro che la scommessa del do ci sembri quasi sempre vinta (a teatro invece un do su tre era ben oltre l'incidente). Ma la sua voce è sempre ai limiti umanamente tollerabili. E soprattutto: è vero che le agilità (se in zona grave o medio grave) hanno un senso, ma questo non fa di lei una vocalista.
Anche i declamatori (seppure molto raramente) possono arrivarvi: la Leider aveva trilli facili facili!
Il vero punto è "come" vengono emesse le note: legate? omogenee? funzionali a un discorso ritmico-dinamico di fraseggio... oppure sparate, con ogni sillaba che vive di vita propria, nel fulgore emozionale dell'emissione?
Ecco: io credo che la Marrocu, anche in Lady Macbeth, appartenesse a questa seconda categoria.

Bergamo non è il Met o il Covent Garden o ilFestspielhaus di Salisburgo...d'accordo, ma l'onestà professionalità è principio non negoziabile. Qui si è superato il limite.


Spesso gli appassionati sognano di sostiursi a direttori artici e alle dirigenze teatrali; ma deve restare un gioco.
In senso pratico, mettere insieme uno spettacolo coinvolge un dispendio di mezzi, di risorse, di professionalità che, davvero, chi come noi vive dalla parte opposta della barricata non può nemmeno immaginare.
Non basta avere un direttore artistico impegnato all'università, non basta nemmeno avere qualche decina di migliaia di euro di contributi pubblici.
Solo per chiamare tre (non dico dieci) cantanti di grido non basterebbero.
E il resto? come pagare le orchestre (che fra l'altro esigono - giustamente - compensi anche per le prove)? come pagare il personale del teatro? come pagare gli allestimenti? Poi ci sono le questioni logistiche, organizzative, promozionali...

I grandi teatri d'Opera d'Europa sono infatti vere macchine da guerra, con professionisti di esperienza e capacità intimidatorie, risorse economiche e strutturali potenti e implacabili. Per mettere insieme uno spettacolo ...quello che viene mosso da questi teatri è al di fuori delle possibilità di immaginazione del pubblico.
Lo dimostrò Celletti con le raccapriccianti rappresentazioni di Martina Franca, dove... ok... potevi trovare ogni tanto qualche cantante di pregio (molto raramente) o qualche ipotesi stilistica interessante e persino innovativa.
Ma soprattutto ci trovavi orchestre assai più ripugnanti di quella di ieri a Bergamo, cori dove il migliore in campo era il figlio del droghiere raccolto la sera prima al bar, seconde e talvolta prime parti affidate a impacciatissimi studentelli, regie ripensando alle quali ancora mi vengono attacchi di riso semplicemente incontenibili.... e un'atmosfera da gioiosa e grottesca jacquerie che si tollerava perché... si sapeva benissimo Martina Franca non avrebbe potuto offrire niente di più e niente di diverso.
Andare nella Val d'Itria a scandalizzarsi per l'orchestra, magari fingendo i toni oltraggiati del grande esperto per un corno che scrocca (eh... DIOO!!! SE CE N'ERANO DI CORNI CHE SCROCCAVANO) sarebbe stato sciocco, patetico: ci si andava per altri motivi, ci si divertiva pure!
Altrimenti, se si volevano sentire i Wiener Philharmoniker, si andava a Vienna!

E ora a Trib! :)

Triboulet ha scritto:esiste un Poliuto in disco (anche live ovviamente) che si avvicini all'espressione del personaggio costruito da Donizetti? Poliuto è un'opera che adoro, eppure nè Corelli nè Carreras (menchè meno lo Zambon dell'edizione con la Gencer) ne fanno l'eroe tormentato che dovrebbe essere.


Ti rispondo per me....
Non ho mai sentito un Poliuto che mi convincesse.
E, prima di Kunde, non avevo mai sentito un Poliuto che cantasse decentemente la parte (anche se corelli è in forma vocale travolgente; ma la scrittura vorrebbe cose diverse almeno per me).

Chiediamoci allora chi è risultato "perfetto" nei ruoli Nourrit?
Anche qui, fra tutti quelli che ho sentito io... direi nessuno.
Solo buone (e talvolta ottime) approssimazioni.
Kunde è un ottima approssimazione, se non altro perché canta come un Dio in terra.
Ma idealmente non riesco a considerarlo una degna risposta ai ruoli Nourrit.
Ci si avvicinò Gedda, che infatti sarebbe stato sicuramente un Poliuto convincente, come lo fu, nonostante tutto, in Arnoldo e Raoul.
Lauri Volpi aveva la vocalità di questi ruoli, ma assolutamente non la grandezza interiore: i suoi Nourrit (per quel poco che ci resta) sono trombonate irritanti...
Meglio nei Duprez a questo punto.

Se dobbiamo rifugiarci nei sogni, allora potremmo pensare ai grandi vocalisti tedeschi fra le due guerre (da Jadlowker a Wittrich e Roswaenge).
Per me sarebbe stato inarrivabile nei ruoli Nourrit (che invece non cantò mai) Jussi Bjoerling.
Ma (tu dirai) se c'era un interprete amorfo era lui.
E' vero... ma da giovane la sua voce aveva un tale splendore cavalleresco, radioso eppure introverso, nobile ma senza eroismo, che ne avrebbe fatto un Raoul, un Arnold, un Robert le Diable, un Poliuto di sogno...

Se guardiamo agli interpreti di oggi, ce n'è uno che (nei ruoli Nourrit) si sta facendo largo con risultati impressionanti.
E' l'americano Eric Cutler, che ascoltai dal vivo a Salisburgo come Amenophi (ruolo Nourrit) e che fra poco ascolterò come Raoul.
Ecco lui (pur senza avere una gran voce, che in questo repertorio forse nemmeno serve) ha una profondità di artista e una intensità di poetica che potrebbero riservarci molte sorprese.

Ecco, da lui io mi aspetterei un grande Poliuto. Che ne dici?

Salutoni,
Mat
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Triboulet » lun 20 set 2010, 17:08

MatMarazzi ha scritto:Per me sarebbe stato inarrivabile nei ruoli Nourrit (che invece non cantò mai) Jussi Bjoerling.Ma (tu dirai) se c'era un interprete amorfo era lui.E' vero... ma da giovane la sua voce aveva un tale splendore cavalleresco, radioso eppure introverso, nobile ma senza eroismo, che ne avrebbe fatto un Raoul, un Arnold, un Robert le Diable, un Poliuto di sogno...Se guardiamo agli interpreti di oggi, ce n'è uno che (nei ruoli Nourrit) si sta facendo largo con risultati impressionanti.E' l'americano Eric Cutler, che ascoltai dal vivo a Salisburgo come Amenophi (ruolo Nourrit) e che fra poco ascolterò come Raoul.Ecco lui (pur senza avere una gran voce, che in questo repertorio forse nemmeno serve) ha una profondità di artista e una intensità di poetica che potrebbero riservarci molte sorprese.


Ma chi? l'Arturo dei Puritani della Netrebko? io lo conosco solo per quello... e ti dirò che non c'avrei pensato, non perchè non sia bravo, forse perchè l'ho ascoltato solo lì quindi un po' poco per pensarlo altrove. E... sì, lì per lì ho pensato... come? Bjoerling? : Chessygrin : alchè mi sono fatto un po' di ascolti, e devo dire che forse comincio a capire dove vuoi arrivare:

(anche se quì non fa Eleazar... peccato)




Sottoscrivo Gedda, che sarebbe piaciuto tanto anche a me visti i risultati del suo Tell.
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda beckmesser » lun 20 set 2010, 17:29

MatMarazzi ha scritto:Chiediamoci allora chi è risultato "perfetto" nei ruoli Nourrit?


Io però ho dei seri dubbi che Poliuto possa essere incluso in un generale “repertorio Nourrit” e le sue caratteristiche ne fanno un unicum direi assoluto nella storia del melodramma: il manifesto di quello che Nourrit era voluto (o almeno sarebbe voluto) diventare, completamente diverso dal se stesso di soli due prima. Se guardiamo la scrittura di Poliuto e la si confronta con quella di Raoul (in fin dei conti anteriore di soli 2 anni) c’è da trasecolare: sono d’accordo e convinto che anche in precedenza la forza di Nourrit si giocava al centro, ma Poliuto non sale MAI oltre il la naturale (e spessissimo nemmeno a quello): persino poche parti del primo ‘900 sono più centrali di questa, sia in termini di estensione che di tessitura; nemmeno negli anni precedenti la coloratura era uno degli aspetti principali della sua vocalità, ma in tutto Poliuto non c’è mai nemmeno un accenno di agilità, nemmeno una semplice quartina di semicrome buttata lì a ricordo dei bei tempi passati (ancora: passati da una manciata d’anni, mica un’era geologica…): un canto esclusivamente sillabico, centrale e del tutto privo di quegli improvvisi e vertiginosi sfoghi al sovracuto (in falsetto) che fino a pochissimo prima erano il suo marchio di fabbrica.

Non credo esista in tutta la storia del melodramma il caso di un artista che si sia imposto una così completa ed improvvisa rivoluzione vocale. Anche nel suo epistolario mi ha sempre colpito il modo in cui sembra pervicacemente negare il se stesso di solo qualche anno prima. Arrivato a Napoli rifiuta l’offerta di cantare Arnoldo: il mondo deve conoscere il nuovo Nourrit solo attraverso la parte che ha costruito con Donizetti nota dopo nota, che deve essere il suo manifesto. È talmente ostinato in questa sua convinzione che, andato a monte Poliuto, rifiuta di cantare nella Pia dei Tolomei che la stessa compagnia canta al posto dell’opera proibita e offre a Donizetti di comprare per sé solo il nuovo spartito: non vuole che qualcun altro possa cantare quella parte al posto suo. C’è qualcosa di persino commovente in quella sua ossessione, tanto più che nemmeno possiamo essere sicuri che avesse ragione: non avendo mai cantato quella parte non possiamo sapere (e io ho qualche dubbio) se il “nuovo Nourrit” esisteva veramente, se sarebbe stato in grado di dare il via ad un nuovo repertorio, o se invece sarebbe risultato solo un sopravvissuto che non sa invecchiare.

Per questo sono convinto che non esisterà mai un tenore in grado di cantare sia il vero “repertorio Nourrit” che Poliuto: sono due mondi diversi, il secondo dei quali nemmeno siamo sicuri sia mai realmente esistito; in fondo io preferisco vederlo come l’utopia di uomo che ha cercato di inventarsi un altro se stesso, che forse nemmeno lui sarebbe riuscito ad impersonare…

Cutler farà benissimo Raoul, ma non credo uscirebbe bene in Poliuto; Shicoff sarebbe stato un grande Poliuto, ma è riuscito a cantare Eleazar solo a costo di violenze testuali al limite dell’arbitrio (in pratica, lo ha “poliutizzato”…) e nemmeno è immaginabile un suo Raoul… A costo di farti inorridire :evil: , come potenziale grande Poliuto ho sempre pensato a Bergonzi. Anzi, per farti accapponare la pelle,negli anni 70 mi sarebbe piaciuto un Poliuto con Bergonzi, Freni e Bruson, e magari Muti sul podio… :shock:

Saluti,

Beck
Ultima modifica di beckmesser il lun 20 set 2010, 17:34, modificato 1 volta in totale.
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » lun 20 set 2010, 17:30

Triboulet ha scritto:Ma chi? l'Arturo dei Puritani della Netrebko? io lo conosco solo per quello...


Orrore! :)
Quello è penoso... :(

e ti dirò che non c'avrei pensato

E hai ragione! A giudicare da quell'Arturo il caso Cutler sarebbe stato da cestinare subito.
E questo può servirci da ammonimento: non ipotizzare un possibile "Nourrit" a partire dai suoi "Rubini"... e viceversa. :)

Credimi, nel Mosé fu grandioso; e poi, se vuoi valutarne la grandezza come spessore artistico e culturale, ascoltalo nel Pastore del Re ruggero, in veste di grasso e grottesco "figlio dei fiori".


Quanto a Bjoerling,
prova a sentirlo in personaggi più francesi e vicini al Grand Opéra.
Ad esempio qui:



o qui

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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda beckmesser » lun 20 set 2010, 17:44

MatMarazzi ha scritto:Chiediamoci allora chi è risultato "perfetto" nei ruoli Nourrit?


Io però ho dei seri dubbi che Poliuto possa essere incluso in un generale “repertorio Nourrit” e le sue caratteristiche ne fanno un unicum direi assoluto nella storia del melodramma: il manifesto di quello che Nourrit era voluto (o almeno sarebbe voluto) diventare, completamente diverso dal se stesso di soli due prima. Se guardiamo la scrittura di Poliuto e la si confronta con quella di Raoul (in fin dei conti anteriore di soli 2 anni) c’è da trasecolare: sono d’accordo e convinto che anche in precedenza la forza di Nourrit si giocava al centro, ma Poliuto non sale MAI oltre il la naturale (e spessissimo nemmeno a quello): persino poche parti del primo ‘900 sono più centrali di questa, sia in termini di estensione che di tessitura; nemmeno negli anni precedenti la coloratura era uno degli aspetti principali della sua vocalità, ma in tutto Poliuto non c’è mai nemmeno un accenno di agilità, nemmeno una semplice quartina di semicrome buttata lì a ricordo dei bei tempi passati (ancora: passati da una manciata d’anni, mica un’era geologica…): un canto esclusivamente sillabico, centrale e del tutto privo di quegli improvvisi e vertiginosi sfoghi al sovracuto (in falsetto) che fino a pochissimo prima erano il suo marchio di fabbrica.

Non credo esista in tutta la storia del melodramma il caso di un artista che si sia imposto una così completa ed improvvisa rivoluzione vocale. Anche nel suo epistolario mi ha sempre colpito il modo in cui sembra pervicacemente negare il se stesso di solo qualche anno prima. Arrivato a Napoli rifiuta l’offerta di cantare Arnoldo: il mondo deve conoscere il nuovo Nourrit solo attraverso la parte che ha costruito con Donizetti nota dopo nota, che deve essere il suo manifesto. È talmente ostinato in questa sua convinzione che, andato a monte Poliuto, rifiuta di cantare nella Pia dei Tolomei che la stessa compagnia canta al posto dell’opera proibita e offre a Donizetti di comprare per sé solo il nuovo spartito: non vuole che qualcun altro possa cantare quella parte al posto suo. C’è qualcosa di persino commovente in quella sua ossessione, tanto più che nemmeno possiamo essere sicuri che avesse ragione: non avendo mai cantato quella parte non possiamo sapere (e io ho qualche dubbio) se il “nuovo Nourrit” esisteva veramente, se sarebbe stato in grado di dare il via ad un nuovo repertorio, o se invece sarebbe risultato solo un sopravvissuto che non sa invecchiare.

Per questo sono convinto che non esisterà mai un tenore in grado di cantare sia il vero “repertorio Nourrit” che Poliuto: sono due mondi diversi, il secondo dei quali nemmeno siamo sicuri sia mai realmente esistito; in fondo io preferisco vederlo come l’utopia di uomo che ha cercato di inventarsi un altro se stesso, che forse nemmeno lui sarebbe riuscito ad impersonare…

Cutler farà benissimo Raoul, ma non credo uscirebbe bene in Poliuto; Shicoff sarebbe stato un grande Poliuto, ma è riuscito a cantare Eleazar solo a costo di violenze testuali al limite dell’arbitrio (in pratica, lo ha “poliutizzato”…) e nemmeno è immaginabile un suo Raoul… A costo di farti inorridire :twisted: , come potenziale grande Poliuto ho sempre pensato a Bergonzi. Anzi, per farti accapponare la pelle,negli anni 70 mi sarebbe piaciuto un Poliuto con Bergonzi, Freni e Bruson, e magari Muti sul podio… :shock:

Saluti,

Beck
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Tucidide » lun 20 set 2010, 17:56

beckmesser ha scritto:Poliuto non sale MAI oltre il la naturale (e spessissimo nemmeno a quello): persino poche parti del primo ‘900 sono più centrali di questa, sia in termini di estensione che di tessitura; nemmeno negli anni precedenti la coloratura era uno degli aspetti principali della sua vocalità, ma in tutto Poliuto non c’è mai nemmeno un accenno di agilità, nemmeno una semplice quartina di semicrome buttata lì a ricordo dei bei tempi passati (ancora: passati da una manciata d’anni, mica un’era geologica…): un canto esclusivamente sillabico, centrale e del tutto privo di quegli improvvisi e vertiginosi sfoghi al sovracuto (in falsetto) che fino a pochissimo prima erano il suo marchio di fabbrica.

C'è un cantante attualmente in carriera che mi sembra aderire come un guanto a questa descrizione: Michael Spyres. L'ho sentito nella parte di Ozia nella Betulia liberata a Ravenna e sono rimasto impressionato (davvero!) dalla sua statura vocale ed interpretativa. Merritteggia un po' : Chessygrin : eppure del modello gli mancano i sovracuti sfolgoranti e la coloratura sciolta. In compenso è intonato più dell'originale ed ha un timbro piacevole e molto omogeneo.
Se ne è parlato su questo forum a proposito di una sua prova come Raoul, e lì mi parve un po' a disagio in alto. Come Poliuto, che come dice Beck è molto più centrale di Raoul, andrebbe da dio.
Il mondo dei melomani è talmente contorto che nemmeno Krafft-Ebing sarebbe riuscito a capirci qualcosa...
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda MatMarazzi » lun 20 set 2010, 18:08

beckmesser ha scritto:sono d’accordo e convinto che anche in precedenza la forza di Nourrit si giocava al centro, ma Poliuto non sale MAI oltre il la naturale (e spessissimo nemmeno a quello): persino poche parti del primo ‘900 sono più centrali di questa, sia in termini di estensione che di tessitura


Sì', Beck,
però considera che se Nourrit avesse evitato il falsetto (come decise di evitarlo a Napoli) nemmeno negli Ugonotti o nel Guglielmo Tell avremmo trovato tante note oltre il la. A me pare che un registro acuto schiettamente tenorile, Nourrit non l'abbia mai avuto.
Inoltre, come sappiamo, al tempo della sua permanenza italiana la sua voce si era lievemente abbassata, forse proprio per il tentativo di sperimentare un'emissione più moderna. Se ne lamentò la moglie in una lettera (fra l'altro lei non digeriva l'idea del marito di rinunciare al falsetto).

nemmeno negli anni precedenti la coloratura era uno degli aspetti principali della sua vocalità, ma in tutto Poliuto non c’è mai nemmeno un accenno di agilità, nemmeno una semplice quartina di semicrome buttata lì a ricordo dei bei tempi passati (ancora: passati da una manciata d’anni, mica un’era geologica…)


Però se ci pensi, ben poco virtuosistica era la scrittura di Héleazar o Raoul; erano i tempi e i nuovi canoni estetici che spingevano verso una semplificazione lirica delle parti tenorili, dopo Rossini, conseguenza anch'essa - fra l'altro - del canto omogeneamente detto "di petto". La nuova emissione introdotta da Duprez rendeva più faticosa la vocalizzazione rapida: rinunciando al falsetto, anche il virtuosismo veniva un po' meno.
Il canto tutto di petto favoriva melodie più sillabiche e percussive.

Come dicevamo con Riccardo, se dovessimo fermarci alle "differenze" fra una partitura e l'altra (e guai se non ci fossero) chi mai crederebbe che la Marescialla e Zerbinetta sono state scritte per la stessa Siems e da un compositore che certamente molto la conosceva e molto la stimava?
Eppure è così: e questo significa che dobbiamo andare sotto l'apparenza a cercare un po' più in profondità rispetto ai fa sopracuti (e virtuosismi disumani) scritti per la prima Zerbinetta, contro i si naturali (uno solo) e la totale assenza di melismi scritti per la prima Marescialla.
Che una "comunità" sotto ci sia comunque è la storia a dircelo.
Tornando a Poliuto, certo, hai ragione... ci sono differenze vistose fra questo e altri ruoli del Carnet-Nourrit.
E tuttavia tali differenze (dovute ad alcune evoluzioni tecniche o vocali documentate e fisiologiche, ma anche all'evoluzione dei gusti e alle peculiarità compositive di Donizetti) non ci autorizzano però - in teoria - a rinunciare a identificare anche in quest'opera il "quid" nourritiano, anzi... specie in quest'opera, pensata per lui, voluta per lui, ritagliata su di lui, a cui lui ha contribuito sia in termini di libretto sia di composizione musicale.
Lo dimostra il fatto che Kunde ha trovato in questo ruolo (nonostante i vent'anni trascorsi) le stesse strepitose qualità e anche gli stessi limiti interpretativi già evidenziati in Arnoldo e Raoul.
Non concordi?

non avendo mai cantato quella parte non possiamo sapere (e io ho qualche dubbio) se il “nuovo Nourrit” esisteva veramente, se sarebbe stato in grado di dare il via ad un nuovo repertorio, o se invece sarebbe risultato solo un sopravvissuto che non sa invecchiare.


be', anche se all'epoca la vita media era più bassa, parlare di "vecchiaia" per un tenore trentaseienne (l'età di Nourrit al tempo di Poliuto) mi sembra francamente esagerato.
Uno dei suoi immediati predecessori, Etienne Lainez, a quasi sessant'anni era ancora primo haute-contre all'Opéra e creava il Fernando Cortez di Spontini.
Parliamo pure di evoluzione tecnica, di consapevolezza della rapidissima evoluzione dei gusti e difficoltà ad adeguarvisi, ma quanto a qualificarlo un "sopravvissuto" ci andrei piano.

A costo di farti inorridire :evil: , come potenziale grande Poliuto ho sempre pensato a Bergonzi. Anzi, per farti accapponare la pelle,negli anni 70 mi sarebbe piaciuto un Poliuto con Bergonzi, Freni e Bruson, e magari Muti sul podio… :shock:


Siiiiii... hai ragione! ;)
Me lo vedo, in calzamaglia grinzosa, alzare il braccio destro (con la mano rivolta in basso) e pontificare "schfolgorò divino raggio".
:)

Salutoni,
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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Maugham » mar 21 set 2010, 10:50

Ho poco da aggiungere a quanto brillantemente scritto su questo Poliuto se non che:

a) c'ero anch'io
b) non ho sufficiente competenza nei ruoli Nourrit per poter dire se Kunde fosse o meno adatto alla parte. Anche perchè era la prima volta che vedevo dal vivo Kunde in un ruolo scritto per quel tenore. Posso dire che in scena era fermo e inespressivo (non me lo sarei aspettato) ma penso che questo dipenda anche dall'inesperienza del regista e dalle poche (presumo) prove. L'ho trovato vocalmente in forma smagliante (bellissime le variazioni nella cabaletta ma anche i mille colori nel duetto del terzo atto). Ho qualche riserva sui centri; mi sembrava che, in quella zona, Kunde non fosse più in grado di gestire perfettamente il suo strumento. Devo dire pero che quelli che domenica mi sono sembrati difetti, nei ruoli Nozzari pesaresi non mi hanno minimamente infastidito. Anzi. Dal che, deduco, penso proprio si tratti di scrittura unita al taglio del personaggio che a Kunde non calza del tutto.
c) plauso al Donizetti di Bergamo. Un debutto di un divo internazionale in un ruolo di cui negli ultimi anni si è solo sentito parlare mi sembra, in questi tempi di vacche magre, assolutamente da riconoscere.
d) Marrocu. Sottoscrivo in pieno Mat. Aggiungo ai ruoli in cui la signora ha dato risultati eccellenti, una Fanciulla del West con Thielemann (2004) e la sua Santuzza di Zurigo per la regia di Ashagaroff. Stridori a parte e qualche acuto non perfettamente a fuoco non hanno penalizzato troppo due prove, a mio parere, emozionanti.
e) caciara loggionistica. Premetto che, a differenza di altri, non sono contrario al dissenso anche espresso in maniera colorita; fa parte delle regole del gioco. Ci sono gli urli di entusiasmo e ci stanno i muggiti di dissenso. Però, in ambedue i casi, un'esternazione espressa in maniera così palese dovrebbe avere un "senso". Buare questo Poliuto (con l'eccezione di Kunde) è, ahimè, una dimostrazione d'incompetenza. Solo un neofita operistico poteva, scorrendo la locandina, aspettarsi qualcosa di diverso. I chiassosi riprovatori mi sono sembrati quelli che, di fronte al Gladiatore di Scott, dicono "che palle un film sui gladiatori!". :D Cosa ti aspettavi? Se invece i buatori erano convinti di "dare una bella lezione alla Marrocu e al regista, nonchè insegnare al Donizetti (teatro) come si deve "suonare e cantare" il Donizetti (compositore) allora non si è trattato più di una prova di incmpetenza, ma di idiozia.

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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Riccardo » mer 22 set 2010, 12:09

Sottoscrivo anch'io in toto le raffinate osservazioni di Matteo. Molti, credo, fuori di qui, farebbero bene a leggerle e a tenerne conto...

Per quanto riguarda Kunde, non è un caso che abbiano scatenato una tale ovazione proprio l'aria e cabaletta del secondo atto, ossia il luogo in cui lo stile e la personalità di Nourrit vengono genialmente declinati da Donizetti in quelle forme convenzionali particolarmente in auge in Italia e a Napoli in particolare.
La preghiera inziale ed il terzo atto sono in questo senso più genuinamente francesi e nourritiane, dunque più lontane dalla tipologia "napoletana" di Nozzari, oggi uno dei terreni assolutamente più congeniali al nostro tenore.

Credo tutto questo giustifichi parte delle osservazioni di Beck quando scrive:
beckmesser ha scritto:Per questo sono convinto che non esisterà mai un tenore in grado di cantare sia il vero “repertorio Nourrit” che Poliuto: sono due mondi diversi, il secondo dei quali nemmeno siamo sicuri sia mai realmente esistito;


Sul questa affermazione invece
beckmesser ha scritto:Shicoff sarebbe stato un grande Poliuto
ho francamente qualche dubbio...
Se il Nourrit "napoletano" sembra essere più "moderno" in termini di vocalità ed emissione (discorso sul registro sovracuto), sembra invece decisamente più "arretrato" a livello stilistico... E Shicoff, se si è aggiustato Eleazar, figuriamoci cosa dovrebbe fare nell'aria del secondo atto di Poliuto!
Senza contare che la personalità da eroe maledetto tipica di Shicoff, pur con tratti intellettualeggianti, non so quanto risponda al modello Nourrit. Forse funziona di più, malgrado i compromessi vocali, con Duprez. Vedi Edgardo che ha cantato più volte e anche inciso.

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Re: Poliuto (Donizetti)

Messaggioda teo.emme » mer 22 set 2010, 14:10

Riccardo ha scritto:Sottoscrivo anch'io in toto le raffinate osservazioni di Matteo. Molti, credo, fuori di qui, farebbero bene a leggerle e a tenerne conto...


Non sono affatto d'accordo: un conto sono i limiti altra cosa è il disinteresse. Nessuno si aspettava i Wiener, è evidente, e neppure si immaginava un'esecuzione memorabile. Ero ben conscio dei limiti di una produzione di provincia, ma proprio perchè la provincia la giro (e non ne ho un'idea fantasiosa e truculenta come spesso mi capita di leggere qui) mi aspettavo di più. Il Teatro Donizetti gode di finanziamenti statali, emolumenti comunali e un sacco di sponsorizzazioni (il tutto gestito dalla Fondazione Donizetti): si tratta di cifre importanti. Il Festival Donizetti (emanazione della Fondazione, che di fatto assorbe e controlla tutto: dai soldi alle scelte musicali, ed esprime il direttore artistico/sovrintendente) ha pretese di eccellenza, sia nell'attività accademica (edizioni critiche delle opere in collaborazione con Ricordi), sia in quella esecutiva, sia nella diffusione dei suoi prodotti (tourné estere, esportazione degli spettacoli in Italia, cd e dvd: da cui ha un notevole rientro economico). Non corrisponde al vero il quadro dipinto da Marazzi, di una sorta di circo dell'opera, con orchestra raccogliticcia e 2 prove scarse: è un'organizzazione che si vuole seria e competente. Ma a parte tutto ciò, bisognerebbe conoscere maggiormente quella realtà: come dicevo, a Bergamo sono stato diverse volte, e, pur con tutti i limiti, non ho mai assistito ad una recita tanto scalcagnata! Neppure i Puritani di due anni fa (a parte Casciarri, ma va detto che è stato un sostituto dell'ultim'ora). Ora si può fare filosofia finchè si vuole...ma la regola per cui a Bergamo non ci si può aspettare altro, per me è sbagliata.
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Poliuto (Donizetti)

Messaggioda Riccardo » mer 22 set 2010, 14:44

teo.emme ha scritto:
Riccardo ha scritto:Ora si può fare filosofia finchè si vuole...ma la regola per cui a Bergamo non ci si può aspettare altro, per me è sbagliata.

Non è questo il punto...ovvio che si apprezzerebbe sempre il massimo.

Quello che credo intendesse Matteo, e che penso io, è che i limiti di un'orchestra non raffinata e di un direttore non di prima scelta sono speculari al provincialismo di chi urlando contro pensa di dimostrare al mondo l'acqua calda...
Penso che il teatro stesso in questo caso sia consapevole dei limiti dell'orchestra, del direttore e di molte altre scelte fatte al risparmio, magari a vantaggio di altre in cui si è ritenuto di spendere di più.

Tanto per fare un altro esempio...rispetto all'orchestra che ha accompagnato la Anderson a Budrio (!) alcuni mesi fa nel concerto Pasta, la compagine di questo Poliuto a Bergamo suonava come i Berliner, ma nessuno in quel teatrino si è sognato di mettersi a buare o a fare polemiche infinte su un'ovvietà... Si ascoltava la Anderson e amen.
Ogni cosa va secondo me valutata nel suo contesto.
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